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Autore: Journey    20/09/2019    4 recensioni
Che cosa succederebbe se Lucifer e Chloe si fossero incontrati quand'erano ragazzi per poi perdersi di vista e ritrovarsi solo da adulti? E che cosa succederebbe se nei loro giorni di gioventù avessero avuto una figlia che hanno rincontrato solo dopo diciotto anni? In questa FF un po' AU, un po' OCC, e sicuramente What If? i nostri protagonisti si troveranno a fare i conti con questa nuova nuova situazione.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloe Decker, Lucifer Morningstar, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo


“Dove andrai adesso, tesoro?”
“A cercare i miei genitori”
“Ne sei sicura? Abbi potresti rimanerne molto delusa, lo sai”
“Lo so, Janet. Ma ho passato tutta la vita in questa casa-famiglia, sperando che qualcuno mi adottasse. E non è mai successo”
“Abbi, in tanti hanno cercato di adottarti e lo sai, ma purtroppo senza successo”
“Esatto, sono l’unica sfigata a cui succedeva sempre qualcosa proprio quando stava per trovare una famiglia. Adesso che sono maggiorenne non posso più stare con voi che siete la mia casa da che ne ho memoria. L’unica cosa che posso fare è cercare una chiusura definitiva con la mia famiglia biologica. Voglio rintracciarli, voglio guardarli in faccia e capire perché mi hanno dato via. Voglio che sappiano quanto io abbia sofferto in questi anni”
“Tesoro sei piena di rabbia, ma fa attenzione. Non puoi sapere chi ti troverai di fronte. E soprattutto lascia che ti spieghino le loro ragioni prima di fare qualunque cosa. Non sappiamo perché non ti abbiano tenuta. Magari avevano delle valide motivazioni”
“Quale motivazione potrebbe essere tanto valida da giustificare l’abbandono di un figlio?”
Janet, una donna di colore sulla cinquantina, bassina con pessimo gusto nel vestire, ma col cuore grande, la guardò con tenerezza. Aveva cominciato a lavorare per quella casa-famiglia quando Abigail aveva solo tre anni. E, non potendo avere figli suoi, pensò dal primo istante di adottarla. Quella bambina era una meraviglia, sveglia come pochi e tanto dolce. Crescendo aveva dimostrato di avere un lato molto irrequieto e lei era l’unica che riusciva a farla calmare. Non solo, aveva un cuore grande ed era molto empatica. Si era sempre schierata contro i bulli, finendo anche in qualche rissa per difendere i più deboli. Aveva sempre cercato di confortare e di far sentire a casa loro tutti gli ospiti di quel luogo che di felice aveva molto poco. Nascondeva il suo dolore, non era brava a mostrarsi vulnerabile. Non con tutti almeno. Lei era l’unica con cui riusciva ad aprirsi completamente. E a quante disgrazie era sopravvissuta dacché era al mondo! Dapprima abbandonata dai genitori biologici, non è mai riuscita a trovare una famiglia che l’adottasse. Quasi come fosse sotto l’effetto di una maledizione, tutte le famiglie a cui interessava, finivano per interrompere il processo d’adozione. Avrebbe tanto voluto prenderla con lei, ma non era una candidata idonea. E adesso era arrivato il momento di salutarla, il giorno dopo il suo diciottesimo compleanno. La guardò dritta negli occhi, quegli occhi che cambiavano colore passando dal verde all’azzurro del cielo d’estate. Le accarezzò il volto con fare materno e le spostò una ciocca dei lunghi capelli biondo cenere dietro l’orecchio.
“Tesoro, ti prego prenditi cura di te. Hai il mio numero perciò in qualunque momento chiamami. Se non avessi un posto in cui stare o semplicemente se avessi voglia di parlare o di vedere un volto amico, tu chiamami”
“Ti voglio bene, Janet”
“Anche io te ne voglio, Abigail”
 
Abigail uscì dalla casa-famiglia con un borsone in spalla. Tutti i suoi diciott’anni erano racchiusi in quella borsa. La sua intera vita si riduceva al contenuto di quel bagaglio. Aveva i suoi risparmi in tasca e tanta voglia di mettersi alla ricerca di quelle persone che l’avevano abbandonata. Voleva poterli guardare in faccia e dir loro quanto le facessero schifo. Per prima cosa doveva andare all’ufficio dei servizi sociali per ritirare il suo fascicolo in cui era incluso il suo certificato di nascita con il nome della sua madre biologica. Perciò camminò fino alla fermata dell’autobus e aspettò l’arrivo del mezzo. Continuava a torturarsi le mani. Era nervosa. Aveva aspettato quel momento per tutta la sua vita. Finalmente stava per dare un nome e un volto a quelle orribili persone che avevano avuto il coraggio di darla via, quasi come fosse un regalo non desiderato. Continuava a chiedersi se somigliasse a loro e che tipo di persone fossero. Si domandò che mestiere facessero e se avessero altri figli. Più la sua testa si riempiva di domanda e più sentiva la rabbia salire. Ce n’era una che la tormentava più delle altre: pensavano mai a lei? Era una di quelle cose che si era sempre chiesta, soprattutto nel giorno del suo compleanno. Da anni pensava a cosa gli avrebbe detto una volta avutili davanti. E nella maggior parte degli scenari, quella era la prima domanda che gli poneva, seguita da: perché? Solo e semplicemente perché?
Il rumore dell’autobus la distolse dai suoi pensieri. Salì sul mezzo e si sedette rimanendo concentrata sulle fermate per evitare di perdere la sua. Quando scese si guardò intorno. Non conosceva bene quella parte della città. Tirò fuori il cellulare e lasciò che il navigatore la guidasse davanti al maestoso palazzo dei servizi sociali. Entrò a passo sicuro, ma mentre aspettava che l’impiegata le stampasse il suo fascicolo, sentì le ginocchia tremare. Si sentì divorare dall’ansia. Quando la donna le porse i suoi documenti, li afferrò incerta e, ancora tremolante si andò a sedere in sala d’attesa. Fissò per un tempo indeterminato quella cartellina gialla che riportava il suo nome. Poi ripensò a quanto disperatamente avesse aspettato quel momento. Tutti i natali, tutti i compleanni e le varie feste. Chiuse le dita in un pugno e dopo aver sospirato profondamente, aprì il fascicolo.

 
Nel prossimo capitolo:
“Trix è arrivata la babysitter, vieni qui!” esclamò “Ciao, sono la detective Chloe Decker e lei è Beatrice, mia figlia”
“No, ma io non” cominciò a dire la ragazza, ma venne interrotta dalla più piccola.
“Puoi chiamarmi Trixie, tu come ti chiami?”
“Abigail”
“Bene ragazze vi lascio, devo tornare in centrale immediatamente. Ti pago al mio ritorno” detto questo la donna uscì in fretta. Entrò in macchina e guidò fino alla centrale.
Journey's Corner:
Salve a tutti, ho cominciato a scrivere questa fanfiction anni fa. Ed ero titubante all'idea di pubblicarla perché per molto tempo l'ho lasciata in disparte, incapace di continuarla. A qualcuno di voi che legge le mie storie e che gentilmente le recensisce, ho parlato di questo progetto. Ho ripreso a scriverla da poco e avevo intenzione di pubblicarla soltanto una volta finita perché odio quando le FF sono incompiute e ci vogliono anni per avere un nuovo capitolo. Ma, mi sono resa conto che non ho idea di come proseguirà questa storia o in che direzione voglio che vada, perciò sono sicura che uno scambio di opinioni con voi, mi guiderà nella direzione giusta, portandomi a trovare una conclusione degna e che spero sarà apprezzata. Dunque ho deciso di pubblicare il prologo e a breve il primo capitolo perché sono sicura che leggere i vostri commenti e le vostre opinioni mi aiuterà a capire se questo progetto sia più o meno interessante e se vale la pena continuarlo. Spero vi piaccia. È ambientata nel 2015. So che non ha a che fare propriamente con gli eventi della serie e che cambia parecchio con l'elemento Abigail, ma spero lo troviate interessante. Se aveste voglia di dare un volto a questo personaggio, mentre scrivevo di lei avevo in mente Kristine Froseth. Quindi Abigail è Kristine.
Pubblicherò i capitoli ogni venerdì. Spero vi piacciano e spero di leggere le vostre recensioni.
   
 
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