Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    20/09/2019    1 recensioni
Clopin aveva dedicato tutta la sua vita nel donare il sorriso ai bambini di Parigi. Non desiderava altro nella sua umile vita da giullare della piazza. Eppure, qualcosa stava per stravolgere quella felice monotonia, e la paura di essere dimenticato o messo da parte ( per colpa dell'arrivo di un nuovo cantastorie ) lo avrebbe logorato. Per non parlare dell'imminente giorno della Festa dei Folli. I due giullari si sarebbero scontrati in un duello all'ultimo spettacolo? O sarebbe accaduto qualcosa di assolutamente inaspettato da far rovesciare gli eventi? Il re degli zingari non si era mai posto il quesito: e se esistesse, in questo mondo folle, una persona come me ?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                          Cuore impavido

Il mese di gennaio stava giungendo al termine. Il tempo era rimasto incerto in quel periodo. Sembrava che il sole cercasse in tutti i modi di sconfiggere il manto nuvoloso, ma tutto rimaneva grigio e sembrava che la pioggia sarebbe caduta, da un momento all'altro. Ma questo non era un pensiero per gli abitanti della Corte dei Miracoli. Situati nel sottosuolo, lontano dal maltempo, potevano stare tranquilli. Inoltre, un semplice temporale non era certo preoccupante.
La vera tempesta era di altra natura. Tutti avevano capito la gravità della situazione, specialmente da quando il loro sovrano aveva lasciato il rifugio.  Nessuno sapeva dove si fosse nascosto, neanche la bella Esmeralda, che essendo la sorella, doveva conoscerne l'ubicazione più di chiunque altro. Quel giorno era nella tenda di Michelle. Erano le prime ore del pomeriggio. La zingara era in pensiero, non tanto per Clopin, ma per la sua amica dagli occhi vermigli.

PV Roxanne

Esmeralda mi aiutò con l'acconciatura, e dopo aver sistemato i ferretti e i nastri tra le ciocche ben pettinate, mi offrì una bella minestra calda. Avevo passato due giorni interi nel mio carretto, senza voler vedere nessuno. Non avvertivo più né fame e sete. Provavo solo una grande amarezza. Quel giorno, dopo pranzo, Esme era venuta a cercarmi, e quando mi vide, tutta disordinata, stretta ai cuscini sul tappeto, mi aveva quasi costretta a uscire. Nella tenda di Michelle c'erano altre due donne, che dovevano avere più o meno 40 anni. La guaritrice dalla lunga treccia bruna, mi abbracciò forte appena mi vide, e mi sentì carica di calore e affetto. Una cosa certa era che, se e quando avrei lasciato Parigi, mi sarebbe mancato tutto, soprattutto le persone che mi avevano accettata in quella dimora, e in quella grande famiglia. Al solo pensiero mi si spezzava il cuore. Ma fra qualche sera sarebbe sorta la luna calante e con ciò voleva dire che il mio tempo stava terminano. Intanto, Esmeralda e Michelle cercarono di distrarmi, e le altre due donne sembravano molto simpatiche e a modo. Zephyr si svegliò, e anche lui partecipò alla serena riunione, a suo modo, con vagiti allegri e gesti teneri. Tenendolo tra le braccia non riuscì a resistergli e cominciai a giocare con lui. La tristezza e l'ansia mi diedero un attimo di tregua. Perfino Djali, che fino a quel momento dormiva vicino al ventre di Topazia, la capra di Michelle, volle farmi compagnia, strofinando la testolina tra le gambe. Ci stavamo godendo quel momento spensierato tra donne, quando però udimmo delle voci allarmate, fuori la tenda.
- Esmeralda! Esmeralda! - gridarono alcune persone.
La zingara si alzò di scatto, e mentre cercavo di capire cosa stesse accadendo, la tenda si aprì.
Entrarono due donne, le amiche guaritrici di Michelle, che sorreggevano un uomo, coperto da un mantello.
Sembrava così stanco da non riuscire a stare in piedi.
- Cosa succede? - chiese Esme, presa dall'agitazione. Le due donne strapparono via il mantello dall' uomo, e solo in quel momento capimmo che si trattava di Andrè, uno zingaro della Corte, uno degli uomini migliori di Clopin. Appena lo vidi soffocai un gemito di puro shock. Era completamente sporco di sangue, e aveva una ferita profonda sul petto. Anche Esmeralda rimase sconvolta, ma subito si precipitò accanto a lui, mentre le donne lo adagiavano sul tappeto.
Esme guardò la terribile ferita, e poi rivolse lo sguardo alle due donne. Senza dire nulla, scossero il capo, amareggiate.
In quel momento capì che nemmeno le guaritrici potevano fare qualcosa per lui, e che le cure non sarebbero state sufficienti per salvarlo. Aveva perso troppo sangue. Sarebbe morto lì per lì. Allora la zingara si fece più vicina ad Andrè per potergli parlare. 
- Andrè, cosa è successo? - gli chiese, scandendo bene le parole per farsi capire. L'uomo respirava a gran sorsi, mentre il sangue scarlatto non smetteva di scorrere. Inizialmente non disse nulla, ma appena le pupille trovarono quelle di Esmeralda, mosse le labbra.
- Siamo...stati attaccati...i vandali...- cercò di dire Andrè, con un filo di voce. Esme aveva praticamente l'orecchio vicinissimo alle labbra del moribondo. Il mio cuore cominciò a battere come un tamburo. Era ciò che avevo temuto fin dal principio.  
- Dove sono tutti gli altri, e Clopin? - chiese poi la zingara, agitandosi ancora di più. Mi feci più avanti anche io, per poter udire. L'uomo era quasi al limite delle forze. Del sangue cominciò a uscirgli dalla bocca.
- Tutti...morti...- rispose a bassa voce, e in quell'istante mi pietrificai. Non era possibile! No, non riuscivo a crederci! In quel momento, mi resi conto che molte altre persone erano presenti nella tenda di Michelle. Tutti gli abitanti della Corte erano accorsi, probabilmente attirati dalle grida di disperazione di poco fa. Alcuni erano dentro insieme a noi, altri si stavano accalcando fuori, e ognuno cercava di farsi largo nella folla per vedere cosa succedeva.
- Tutti?! Anche Clopin?! Ti, prego Andrè, resisti - lo incitò Esmeralda, prendendogli il viso tra le mani - Anche Clopin è rimasto ucciso? -. Andrè, che non sembrava più lucido, guardò la zingara per l'ultima volta, mosse leggermente le labbra, ma non uscì neanche una sillaba. Dopo aver esalato l'ultimo respiro, Andrè chiuse gli occhi e si lasciò morire. Un silenzio tombale era sceso tra noi, e la mia angoscia si fece più massacrante. Mon Diè, dimmi che non è vero!
Esmeralda aveva una mano sul petto, e quando cercò di alzarsi, le sue gambe cedettero, e rischiò di svenire e finire a terra. Michelle, meno male, la sorresse.
- Esme! Mon ami, che hai? - disse, mentre le altre donne corsero ad aiutarla. Mai avevo visto la mia amica, così forte e tenace, in quello stato. Mentre Michelle e le due guaritrici si occupavano di lei, alcuni zingari coprirono il corpo senza vita di Andrè e lo portarono via. Mi feci il segno della croce mentre lo vedevo sparire fuori dalla tenda. Esmeralda era adagiata sul cumulo di cuscini, semi cosciente, con il sudore che le scendeva sulla fronte.
- Tutto questo stress deve averla sfinita. E lo shock del momento ha fatto il resto - spiegarono le donne, mentre cercarono di farla riprendere. Mi sedetti vicino a Esmeralda, mentre continuavo a cullare Zephyr. Era davvero stremata, e si massaggiava la testa. Poi aprì gli occhi e si rivolse a tutte noi.
- Dobbiamo fare un'adunanza. Adesso -.

PV Esmeralda

Nel giro di pochi minuti, l'intera Corte si radunò sotto il palco del patibolo. Nonostante tutto il malessere di quei ultimi giorni, le notte insonne per Zephyr, e lo shock subito, ebbi la forza di salire sulla piattaforma in legno, per fare un annuncio alla mia gente, che aspettava con ansia le mie parole. Lasciai in un primo momento vagare lo sguardo su quella folla silenziosa, e con fermezza cominciai a parlare.
- Fratelli e sorelle, figli della Corte dei Miracoli, voi sapete benissimo cosa sta succedendo in quest'ultimo periodo -.
Feci una pausa per riprendere fiato. E pensare che qualche tempo fa al mio posto c'era ancora il mio fratellone, che con decisione e forza di nervi, guidava il popolo gitano. 
- Per garantire la sicurezza e il benessere di tutti noi, Clopin ha lasciato la sua casa, in modo che i criminali, gli stessi che hanno preso di mira Parigi,  potessero stare lontani dal nostro rifugio. Il nostro re ha sempre fatto di tutto per tenerci protetti e farci vivere lontano dai pericoli. Ma adesso, è lui che ha bisogno di noi -
Un vociare si mosse in mezzo alla folla, e molti sembravano preoccupati per la faccenda. Uno di loro alzò la voce:
- Cosa ci stai chiedendo? Di uscire da qui, ed esporci tutti a un serio pericolo? -. Qualcun'altro intervenne:
- Sei sicura che sia la cosa giusta? Clopin ti avrebbe lasciato fare ciò? -. E qualcun'altro ancora disse:
- Hanno ragione. E se fosse una trappola? Non siamo neanche certi che Clopin sia sopravvissuto -.
Udendo quelle frasi mi sentì annebbiare dalla rabbia e dall'amarezza. Come potevano parlare così? Potevo comprendere i loro dubbi, ma non potevo sopportare che si stessero rifiutando di dare il loro aiuto. Si trattava pur sempre del loro sovrano. La realtà e che avevano tutti paura. Quando si è spaventati, quell'istinto di sopravvivenza e l'egoismo prendono il sopravvento, si chiama natura umana. Dopo qualche secondo, dopo aver lasciato parlare il popolo, feci dei passi in avanti, alzai le braccia al cielo per avere maggiore attenzione e ripresi la parola. 
- Vi pongo un quesito, e lo faccio anche a nome di mio fratello. Dopo aver passato una vita intera, in mezzo alla polvere e al fango. Dopo aver ricevuto l'etichetta come "ladri". Dopo aver subito le peggiori ingiustizie solo per il nostro ceto sociale, abbiamo avuto la forza di ribellarci a un mostro come Claude Frollo -.
A quel nome, i gitani rimasero immobili e senza emettere alcun fiato.
- Dopo tutto questo, volete davvero lasciare che un branco di criminali, venuti a seminare il caos nella bella Parigi, ci tolgano la nostra libertà? Ricordate mio padre? Ha costruito questo rifugio per noi, non perché diventasse la nostra prigione eterna, ma un posto che potessimo chiamare casa -. 
I miei occhi, in maniera spontanea, si riempirono di lacrime. Ripensai al mio caro padre, il re degli zingari, che con la sua sete di giustizia ci aveva dato la vita. E dopo lui, Clopin aveva preso il suo posto, che con altrettanta forza e tanti sacrifici, ci aveva donato la sua guida. Potevo anche essere una donna, ma volevo eguagliarlo, specialmente in quel momento in cui eravamo spogli della sua presenza.
- Lo so che avete paura, e so quanto possa essere rischioso. Ma io non voglio tornare a vivere come una povera emarginata, che ha paura di mettere il piede fuori, solo perché un'altra persona ha deciso così. Sono una zingara. Ma voglio essere una zingara libera, col mio posto di diritto in questo mondo -.
Un silenzio colmo di ammirazione e rispetto governava in quell'istante. All'improvviso una voce si alzò, rompendo il ghiaccio:
- Vive la liberté! - e insieme a quella, si unirono tante altre voci, fino a creare un boato glorioso e sconfinato.

PV Roxanne

Un'emozione mi fece rabbrividire e sentivo che anche io volevo unirmi a quel coro. Avevo visto in Esmeralda quella stessa sete di giustizia che avevo letto negli occhi del mio Clopin. Sembrava una vera regina degli zingari, coraggiosa e tenace. Dopo aver calmato la folla, la mia amica riprese a parlare.
- Se allora siete con me, voglio organizzare una squadra di soccorso. Voglio i migliori uomini e ragazzi della Corte per andare a cercare Clopin -. 
Non aveva ancora finito, che salirono sul palco alcune persone. Tutti uomini dai 20 ai 40 anni. Erano almeno una decina. 
- Conta su di noi, principessa Esmeralda - disse un uomo, alto e con i capelli bruni. Mentre lei annuiva soddisfatta, ebbi l'impulso di fare la mia mossa. Per tutto quel tempo ero rimasta in disparte, nell'ombra. Ma le parole di Esme mi avevano dato nuova forza. Inoltre, era la mia occasione per andare a salvare Clopin.
- Anche io! - dissi, aggregandomi alla squadra, mentre avvertivo versi di sgomento in mezzo alla folla. 
- Cosa!? Una donna nella squadra? Non si è mai visto! -. Sentendomi toccata nel vivo, girai di scatto la testa, e fulminai con lo sguardo l'uomo che aveva parlato. Lui rimase interdetto, e non parlò più. Come odiavo essere così sottovalutata! Poi tornai a guardare la mia amica.
- Esmeralda, lasciami andare con loro - cominciai, usando un tono fermo e deciso - Non posso rimanere qui senza far nulla, sapendo che là fuori Clopin sta rischiando la vita per tutti noi. Sei stata tu a dirmi che devo seguire il mio cuore. E io sento che devo andare a cercarlo. Anche in capo al mondo -.
Dietro di me, gli uomini si stavano sussurrando cose che non riuscivo a comprendere, ma non me ne curai. Intanto Esme era rimasta a riflettere. 
- Ma è troppo pericoloso per te, signorina Roxanne! - disse poi un ragazzo, che doveva avere 25 anni. Aveva un tono gentile, in fondo - Inoltre nessuno di noi sa dove andare a cercare Clopin! Potrebbe essere andato chissà dove! -. In effetti non aveva tutti i torti. Il tempo era limitato, e noi dovevamo essere sicuri della strada da percorrere.
- L'ultima cosa che lui mi ha detto, prima di partire, è stata che si sarebbe diretto " verso il luogo a lui tanto caro " - intervenne Esme. Rimasi a riflettere su quella frase. Pensa, Roxanne, dove andrebbe Clopin, a parte la Corte dei Miracoli, e il piazzale di Notre Dame? Dove? Poi, un'idea mi passò nella mente. 
- Io so dov'è! Sì, credo di saperlo! - esclamai, guardando tutti i presenti. Sussulti di stupore si alzarono dalle bocche del popolo gitano.
- Lo credi solo, o ne sei davvero sicura? - tuonò una voce, dietro alle mie spalle. Un uomo grande e grosso, che non avevo mai visto, si era unito al gruppo. Mi fissava con occhi di un bel color ambra dorata, e i capelli scuri scendevano lunghi sulle spalle e il petto. Aveva un'aria molto seria.
- Lo so, e basta! - risposi, cercando di non farmi intimorire. Poi, la mia amica si avvicinò, mi prese le mani e mi disse:
- Se è quello che tanto desideri, cherì, e sei sicura di poterlo ritrovare, allora mi metto nelle tue mani -. Esmeralda mi donò un sorriso, e per un attimo mi sembrò che mi stesse supplicando.
- Sarai tu, a guidare la squadra. Conducili nel posto segreto di Clopin, e promettimi che tornerai sana e salva, con o senza di lui -. 
Tutti i presenti rimasero con un palmo di naso. Compresa io. Dovevo guidare la spedizione? Ma superata la sorpresa iniziale, non mi tirai indietro e accettai. 
- Esmeralda, perdonami, ma sei sicura di questa scelta? - chiese un altro zingaro del gruppo. Ma questa volta intervenne l'uomo grosso di prima, con gli occhi dorati.
- Non mettere in dubbio gli ordini della principessa. Inoltre, Esmeralda deve rimanere qui come vice-capo della Corte, e noi abbiamo bisogno di una guida - mentre diceva ciò, lui tornò a guardarmi, e mi fece un'occhiata furba.
- Non dimenticate, che costei è la giullare che ha salvato il nostro capo. Portatele rispetto, o vi taglierò la gola senza neanche pensarci -.  
Tutto fu preparato nei minimi dettagli. I volontari per la spedizione avevano sistemati varie armi da taglio, dai pugnali alle spade, e c'erano anche fiaschette contenenti ogni genere di veleno. Per quanto riguardava me, mi munì del mio inseparabile pugnale, legato alla coscia con il cinturino in cuoio. Michelle mi diede una gran scorta di erbe medicinali, fasciature, e ago e filo. Anche le altre guaritrici mi diedero molte cose utili, e io ne fui davvero grata.  Eravamo fuori dalla Corte, e due cavalli dal manto nero erano stati sistemati per trasportare il teatrino mobile. Esmeralda ne caricò l'interno con ogni genere di cibo, vino e coperte. Dopo di che, mi abbracciò forte e a lungo. Mi sentivo come se stessi andando in guerra. Ma non avevo paura.
Dopo aver terminato i saluti, gli uomini presero posto all'interno del carretto, e io mi arrampicai al posto di guida, insieme all'omone dagli occhi ambrati. Appena furono incitati i cavalli con un colpo di frusta, mi voltai per un’ultima volta, e salutai con un gesto della mano la mia migliore amica, accompagnata dalle straordinarie donne della Corte. Mio Signore, veglia su di loro, pregai in silenzio.
- Hai già cambiato idea, violinista? - disse in tono duro il mio compagno di viaggio. Mi girai verso di lui, e incrociando le braccia al petto dissi:
- Assolutamente no. Non mi pento della mia decisione -. Perfino io ero stupita di quel mio comportamento. Ma sentivo che era quello che desideravo di più. Trovare Clopin e riportarlo a casa. Sperando solo che fosse ancora vivo...
Quando partimmo il cielo si era già dipinto dei tipici ma spettacolari colori del tramonto. Durante il viaggio rimasi in silenzio e mi godetti quel favoloso paesaggio. Anche il mio amico, accanto a me, rimase in silenzio. Che tipo serio e scorbutico, pensai. Eravamo diretti, secondo le mie direttive, alle porte di Parigi, e una volta lì dovevamo cambiare strada. Il carretto dondolava così freneticamente che dovevo stare attenta a non trovarmi sbattuta fuori dal mio 
posto. I cavalli erano molto forti e andavano a un passo notevolmente veloce. Non ero abituata a quel nauseante sbattimento.
- Tutto bene, violinista? - mi chiese lui, che aveva notato il mio disagio. Con tutto quel movimento sentivo la minestra di verdure salirmi su dallo stomaco.
- Sì, sto bene - dissi, poco convinta. Non volevo fare la figura della donnicciola fragile che non sapesse tenere a bada degli stupidi malesseri. Con la coda dell'occhio, vidi il suo viso compiaciuto, per poi tornare a concentrarsi sulla guida. Grazie a quella velocità, riuscimmo a superare la città, e ci lasciammo alle spalle le porte di Parigi in pochissimo tempo. Da lì, diedi nuove indicazioni al mio compare sulla strada che dovevamo percorrere. In un primo tratto non avevamo avuto problemi, ma a un certo punto dovettimo fermarci. La strada si stava facendo più stretta e non facilmente percorribile con un grosso carretto.
Avevo dimenticato quel dettaglio. Io e lo zingaro scendemmo giù dai nostri posti e scrutammo la zona. Ormai era sera inoltrata, e c'era poca luce.
- Dobbiamo andare da quella parte - lo avvisai, indicandogli un sentiero che si allungava in mezzo a un boschetto, pieno di cespugli e alberi. Lui annuì, e dopo aver radunato i suoi uomini, ordinò alla metà di stare di guardia al teatrino, mentre il resto sarebbe venuto con noi. Il gruppo si munì di vari pugnali, che nascosero negli incavi degli stivali e dei guanti. Io tenni pronto il mio pugnale personale.
- Credo che ti servirà qualcosa di meglio, violinista - mi canzonò il mio amico, e mi porse un pugnale più grande e affilato. Sull'elsa aveva in rilievo la testa di un ariete, con grandi corna attorcigliate. Mi sembrava alquanto antico e prezioso.  
- Non serve, grazie - gli risposi, tornando a fare ciò che stavo facendo. Non volevo sembrare antipatica o sgarbata, ma volevo solo dimostrare che ero in grado di gestire la situazione. Avevo scelto liberamente di andare con loro, e non volevo essere né un peso né una povera donzella da proteggere. Appena fummo pronti, mi misi a capo del gruppo, per poterli guidare nel tragitto. L'omone rimase di fianco a me, per ogni evenienza. Con il favore delle prime ombre della sera, ci stavamo muovendo lentamente, in maniera furtiva, e senza emettere alcun rumore. Poteva esserci qualche spia o qualche membro della banda
nemica nei paraggi. I cespugli ci aiutarono a nasconderci, mentre ci avvicinavamo sempre di più al cuore del boschetto. Finalmente, raggiungemmo il ruscello. Quel posto, anche se nella completa penombra, mi suscitò un tornado di dolci ricordi ed emozioni. Era quello il posto tanto caro a Clopin. Ricordai ancora con quanta nostalgia mi avesse parlato dei suoi momenti felici legati a quel luogo così ricco di vita. 
- Sarebbe questo il rifugio segreto del nostro re? - chiese a bassa voce il più giovane di tutti. Gli altri lo zittirono, mentre il mio compagno di viaggio mi chiedeva conferma, guardandomi negli occhi. Io annuì decisa, e dato che sembrava proprio che non ci fosse nessuno nei paraggi, uscimmo fuori allo scoperto. 
- Uomini, ispezionate la zona circostante. Cercate ogni traccia, indizio, qualunque cosa - ordinò lo zingaro agli altri, e tutti eseguirono alla lettera ciò che era stato chiesto. Io mi guardai attorno, cercando di studiare ogni parte. Ero sicura che Clopin fosse lì, o che almeno ci fosse passato. Ma di lui neanche l'ombra. Cominciai a sentirmi frustrata e ansiosa. E se mi fossi completamente sbagliata? Poi, mentre ero nei pressi di un albero, qualcosa catturò la mia attenzione. Su un ramo coperto di spine vi era un pezzo di stoffa lacerato. Lo afferrai incuriosita, e lo studiai per bene. Con la poca luce riuscì a riconoscerlo. Il mio fazzoletto rosso!
Clopin lo portava ancora al braccio ferito, quella sera quando ci eravamo parlati per l'ultima volta. Non c'erano dubbi. Era una traccia.
- Cosa hai trovato? - mi chiese lo zingaro, e si avvicinò per guardare. Gli spiegai di cosa si trattava, e lui come me arrivò alla seguente conclusione.
- Clopin è stato qui, questo è certo. Avevi ragione, violinista! - mi disse, con una certa nota di soddisfazione - Temo però che sia avvenuto qui l'attacco da parte dei vandali -. Mentre lui mi spiegava la sua teoria, uno degli uomini tornò da noi, tutto trafelato.
Nei suoi occhi non lessi nulla di buono. 
- Venite, presto! - ci incalzò, con la voce bassa. Lo seguimmo di corsa lungo un piccolo sentiero, che conduceva dietro a un mucchio di cespugli e piante rampicanti. Lì, trovammo una grossa fossa che era stata probabilmente scavata da molte mani. Mi affacciai per poter vedere e avvertì un tanfo orrendo. Fino a quel momento non avevamo torce accese, per evitare di rivelarci da probabili occhi nemici. Infine, lo zingaro fece luce con un fiammifero. Bastò quella fiammella per farci scoprire cosa si celasse in quel grosso buco. Almeno una decina di uomini, tutti zingari della Corte, erano ammucchiati e senza vita, in quella tomba in comune. C'era un forte odore di sangue e di carne in decomposizione, mentre dei topi orrendi si stavano cibando delle carcasse. 
- Non guardare! - mi ammonì il mio compare, afferrandomi da dietro, e coprendomi gli occhi con una mano. Se ero riuscita a trattenermi durante il viaggio traballante, non potei fare lo stesso in quel momento. La puzza insopportabile e la scena cruda mi fecero rivoltare lo stomaco e vomitai. 
- Oh, per Diana! Ragazzi, vi affido tutto il lavoro. Appena finito raggiungeteci al carretto -. Sentì lo zingaro dare tali ordini, poi, senza preavviso, mi sollevò in braccio e mi porto via. Ero ancora cosciente, ma avevo voglia di svenire per quanto stessi male. Mai nella mia vita avevo visto una cosa del genere. Mi portò all'interno del carretto, mi fece sdraiare sui cuscini e cominciò a bagnarmi la fronte con un panno freddo. Cominciai a sentirmi meglio.
- Si vede che sei cresciuta nella bambagia, violinista - disse lui, come se mi stesse prendendo in giro. Nonostante lo stato in cui mi trovassi, feci una faccia storta e risposi a tono:
- Non sono cresciuta nella bambagia! Cosa ne sai tu di me? -. Mi dava un gran fastidio essere giudicata in modo superficiale, e avevo imparato a non sopportare più tali situazioni. L'amicizia con Clopin, Esmeralda e gli altri mi avevano cambiata, e di molto. Lo zingaro sorrise, per niente scosso, e riprese:
- Ne so abbastanza da poter dire che nella tua vita non hai mai visto la morte nuda e cruda. Perché sei cresciuta nel tuo mondo felice, umile ma pur sempre felice. Ecco cosa intendevo con "bambagia" - mi spiegò lui, mentre continuava a rinfrescarmi la fronte. In quel momento mi rilassai. In fin dei conti, era un brav'uomo. E dovevo ammettere che se non fosse stato per lui, gli altri del gruppo non mi avrebbero accettata con facilità. Era duro e schietto, ma non cattivo.
- Non conosco ancora il tuo nome - confessai, e rimasi in ascolto. Lui mi guardò con i suoi occhi d'ambra dorata, e poi rispose:
- Zacarias -. 
Dopo che tutti gli uomini si erano riuniti di nuovo a noi, fummo pronti a ripartire. Non volli sapere cosa ne avessero fatto di quei poveri cadaveri. Non ci tenevo. Pregai profondamente per le loro anime, mentre ero ancora seduta al solito posto, accanto allo zingaro. Avvertivo i suoi occhi addosso.
- Lo sai, che non serve a nulla pregare - mi disse, col suo solito tono serio. Non rimasi offesa, perché avevo capito che non parlava con cattiveria.
- Ognuno ha il bisogno di credere in qualcosa, Zacarias. Anche in un qualcosa che è invisibile ai nostri occhi -  gli risposi, con calma e pazienza. Poi, dato che stavamo parlando, gli raccontai che la mia condotta veniva dall'esempio di mio padre. Un uomo veneziano di fede cristiana, e che nonostante avesse sposato mia madre, una zingara francese atea, non aveva mai smesso di pregare. La preghiera e la fede erano i valori che mi univano ancora al ricordo dei miei cari. Lui ascoltò senza interrompermi, mentre continuava a guidare i cavalli. Notai che aveva rallentato l'andatura, da quando ci eravamo rimessi in viaggio.
Che lo avesse fatto per me? Il cielo si faceva sempre più scuro, mentre le stelle cominciarono a splendere e la luna irradiava i suo raggi argentei.
- Chi erano i tuoi genitori? - mi chiese poi Zacarias. Gli risposi che mio padre era un artista di strada, mentre mia madre proveniva da una famiglia gitana di Marsiglia chiamati " i gitani della falce lunare". Lui aggrottò le sopracciglia, e cominciò a grattarsi il mento.
- Questo titolo non mi è nuovo - disse alla fine - ma, forse è solo una mia sensazione. Comunque è tardi, meglio se ti riposi un po’, violinista -.
In effetti, dopo tutte le emozioni e gli avvenimenti vissuti in quella giornata, mi sentivo distrutta. Ma prima di accettare quel consiglio precisai:
- Va bene, ma sappi che anche io ho un nome, se non te ne sei accorto. E' Roxanne -. Lui rise piano, e indispettita, mi appoggiai allo schienale.
- Certo, certo, come vuoi, violinista -. Ma allora era un vizio! 
La notte passò in fretta, e alle prima luci dell'alba i miei occhi si aprirono. Ancora un po’ stordita, mi resi conto che ero accoccolata sulla spalla possente di Zacarias, e addosso avevo un mantello di stoffa pesante color verde muschio. Doveva appartenere a lui, di certo. Mi sentì un po’ imbarazzata.
- Buenos dias, mi violinista - fece lo zingaro, donandomi un bel sorriso. Stropicciandomi gli occhi, rimasi stranita da quella sorta di saluto.
- Eh? Cosa hai detto? - gli chiesi, avvolgendomi di più nel mantello. L'aria era molto fredda.
- E' spagnolo. Vuol dire " Buongiorno, mia violinista " - mi spiegò, facendo poi una risata. Oh no, anche in spagnolo, no! Ma quella novità svegliò in me la curiosità. Cominciai a fargli varie domande. Come ad esempio, se anche lui era originario dell'Andalusia. Mi rivelò che, prima di arrivare alla Corte, aveva passato parecchio tempo in Spagna, ma la sua vera terra d'origine era la grande India. Fui sbalordita da quella scoperta, e mi interessai appassionatamente alla sua storia. Notai che gli altri zingari non erano così socievoli con lui. Preferivano starsene tra loro sia nel carretto, che quando facevamo qualche sosta. Ma in verità, era proprio Zacarias che si isolava dagli altri, e se ne stava per i fatti suoi. Doveva essere un lupo solitario, pensai. Ma per qualche motivo, nonostante il suo carattere, mi sentivo più in sintonia con lui. Inoltre, più il tempo passava, e più capivo che la sua era solo apparenza. Anche lui, indossava una "maschera". Eravamo ancora in viaggio, e il mio compare mi rassicurò che stavamo andando nella direzione giusta. Stava seguendo il suo istinto da zingaro.
- Spero davvero che riusciremo a trovarlo - confessai a voce alta. Zacarias scrutò il mio volto di profilo. Chissà cosa stava pensando?
Una domanda, poi, mi sorse spontanea.
- Come fai ad essere sicuro che stiamo seguendo la strada giusta? -. Ero sicura che non ci fossero alcun tipo di tracce, né impronte, né altro che potesse condurci a Clopin, a parte il fazzoletto rosso che avevamo trovato nel boschetto. Zacarias distaccò lo sguardo da me per tornare a concentrarsi sulla via.
- Conoscendo bene Clopin, so più o meno cosa farebbe - mi confidò, e io mi incuriosì. 
- Siete buoni amici? - gli chiesi, mentre il sole cercava di mostrarsi, in quel cielo nuvoloso e grigio.
- Non esattamente - mi rispose, con tono serio - Quando suo padre morì, nei primi tempi lo presi con me, e cercai di educarlo. Era un ragazzino molto esuberante, pieno di energia e molto difficile da tenere a bada -. Mentre il dondolio del carretto ci accompagnava, sentivo la voglia di saperne di più. 
- Quindi, sei stato una specie di mentore per lui? -. Non mi sarei mai aspettata, che quell'uomo grande e grosso, così schivo e solitario, fosse in realtà così vicino al re degli zingari. 
- Se vuoi metterla così. Diciamo che ci ho provato  - disse semplicemente, facendosi sempre più misterioso. Corrugai le sopracciglia e lo guardai con aria interrogativa.
- Cioè, che vuol dire? - gli chiesi ancora. Lui si grattò la testa e si spettinò qualche ciocca di capelli. Sembrava un po’ a disagio.
- Tu fai troppe domande, violinista - rispose alla fine, tagliando corto. Detto ciò, decisi di non indagare oltre. Quella situazione mi fece ricordare il mio giullare, e di come anche lui aveva sempre cercato di tenere all'oscuro alcune cose del suo passato. Che strano. Sembrava che, per un motivo a me sconosciuto, certi dettagli della sua vita dovevano rimanere chiusi e sepolti. Ben presto ci fermammo per sgranchirci le gambe, e per far riposare un po’ i cavalli. Come al solito, il gruppo si riunì per parlare e bere vino, tutti tranne Zacarias, che se ne stava in disparte. Io ne approfittai della sosta per allenarmi.
Eseguì le mie solite mosse acrobatiche e salti mortali, alternando con calci e pugni strategici. Dovevo essere pronta per eventuali attacchi da parte dei nemici. A un certo punto, avvertì dei passi dietro di me. Mi immobilizzai di colpo e mi girai di scatto, allungando un calcio. Ma una mano, grane quanto il mio piede, afferrò la mia scarpa e con forza mi fece cadere a terra.
- Troppo lenta - mi disse una voce, mentre mi ritrovai in mezzo all'erba - Hai delle buone tattiche, ma puoi fare di più -. Zacarias mi sollevò da terra, e cominciò a darmi qualche lezione per attaccare in maniera fulminea, migliorando così i miei riflessi. Tutto ciò mi fece tornare in mente quando mio padre mi insegnava la lotta a corpo a corpo, tanto tempo fa. Quel momento mi fece sorridere, e riprovai nuovamente quell'emozione, di un tempo ormai andato.
- Insegnavi come combattere, a Clopin? - gli chiesi, appena finì la sua lezione. Zacarias si allontanò, facendo finta di non avermi sentito. Lo seguì a ruota ma senza proferire parola. Ci stavamo avviando verso il carretto, dato che era giunto il tempo di ripartire. Poi si rivolse a me.
- Ricorda la regola principale: non dare neanche un secondo di vantaggio al tuo nemico. E' stata la prima cosa che il tuo giullare ha imparato -.
A quella frase, che valeva come risposta di conferma alla mia domanda, sorrisi contenta al mio compagno di viaggio. Era pieno pomeriggio, quando ci trovammo nei pressi di una foresta. Zacarias radunò nuovamente gli zingari, e decidemmo di dividerci in tre gruppi, per perlustrare meglio la zona. Secondo l'istinto del mio amico, Clopin poteva trovarsi lì, da qualche parte. Io e Zacarias rimanemmo l'una accanto all'altro, mentre due dei nostri compagni ci guardavano le spalle.
Avevo i nervi a fior di pelle. Ogni piccolo suono, fruscio, mi metteva sull'attenti, e l'ansia mi faceva venire un nodo allo stomaco. Nonostante ciò, sembrava tutto tranquillo. Quando arrivammo in una zona dove l'erba era alta, seguì l'esempio dello zingaro, e mi trascinai per terra, in mezzo ai fili verdi che mi solleticavano il corpo. Poi, proprio lì, vicino a un cespuglio, impigliato tra i rovi, vidi un cappello violaceo. Lo riconobbi subito. Il cappello di Clopin!
Ero sul punto di avvicinarmi, ma Zacarias mi trattenne. Mi disse che non si fidava di quella situazione. Poteva essere una trappola. Poi, si pietrificò di colpo. Annusò l'aria, fece vagare lo sguardo nei dintorni, e sembrava in stato di allerta. All'improvviso, avvertimmo un guaito. Sembrava il verso di un cane da caccia, quando avverte il suo padrone che ha trovato la preda. Un cane? Un momento, non poteva essere... Zacarias mi sollevò da un fianco e gridò 
- Correte! Un agguato! -. Accadde tutto troppo rapidamente. I nostri compagni si dileguarono, ognuno verso una direzione diversa. Una pioggia di frecce cadde dall'alto, e solo allora capì che ci avevano preparato un'imboscata. Ero sicura che quel verso era del cane inferocito dell'altra volta. Doveva aver sentito il nostro odore. Zacarias mi tenne stretta a se, portandomi con l'aiuto di un solo braccio. Riuscimmo ad arrivare dietro a una grossa quercia, e mi lasciò andare solo quando fummo al sicuro. 
- Maledetti! Ora capisco perché non hanno ucciso subito Andrè. Era tutto un piano per attirarci qui, ma facendo in modo che non potesse rivelarci altro - disse lui, ringhiando come un lupo arrabbiato. Mentre cercava qualche arma nell'incavo dello stivale, mi accorsi che aveva una freccia sulla spalla.
- Zacarias, sei ferito! - dissi, ed ero già in procinto di occuparmi di lui. Con tutta la forza che avevo, gli tirai via la freccia, e cominciai a fasciare la ferita con uno dei miei fazzoletti. Dovevo almeno far fermare l'emorragia. 
- Non è niente. Maledetti bastardi! Dove avranno preso tutto questo armamento? - disse lo zingaro. I nostri nemici non ci davano tregua, e intanto sentivo le urla dei nostri compagni, che molto probabilmente erano stati feriti gravemente in mezzo alla pioggia di frecce. Come avrei voluto soccorrerli!
- Prendi questo, striscia sotto i cespugli, dove il fango è più denso, così quella bestiaccia non sentirà il tuo odore. Appena raggiungerai il carretto, scappa il più lontano possibile - mi disse Zacarias.
Mi stava porgendo il grosso pugnale che mi offrì il giorno precedente. Lo guardai, e non potei crederci che dicesse sul serio.
- E tu che farai? Non posso lasciarti qui! - gli dissi, mentre terminai di legare la fasciatura. Lui si fece più serio del solito.
- La mia priorità era di accompagnarti in questa missione evitando di farti ammazzare, e la tua è quella di rimanere in vita per trovare il nostro re - disse e mi gettò tra le mani il pugnale - Ora mantieni il tuo ruolo, violinista! -. Un senso di smarrimento mi invase la mente e il cuore. Non avevo avuto tutto il tempo di conoscere bene Zacarias, ma sentivo che era già diventato un amico prezioso per me. L'unico zingaro, a parte Clopin, che aveva avuto fiducia in me.
- Sei troppo buona, Roxanne - fece, pronunciando per la prima volta il mio nome - Ma tu devi lottare per ciò che ti è davvero caro...e per la persona che davvero conta nella tua vita - aggiunse, e mi donò uno sguardo pieno di calore, quasi paterno. Memorizzai nella mente quegli occhi color ambra dorata, come per poterli portare con me per darmi coraggio. 
- Non ti dimenticherò mai...- dissi infine, prima di voltarmi e sparire tra i fili d'erba. Feci esattamente ciò che mi aveva detto Zacarias, lasciando che il fango mi sporcasse i vestiti e la pelle. Sentivo ancora il rumore della battaglia, ma non mi voltai indietro nemmeno un istante. Dopo aver strisciato per un po’, ero arrivata al teatrino mobile, che meno male, era ancora lì ad aspettarmi. Senza perdere tempo, salì sul posto di guida, e spronai i cavalli a partire. Il carretto corse come una giostra impazzita, ma non potevo rallentare. Dovevo allontanarmi assolutamente da quel luogo. Se non lo avessi fatto, avrei reso il sacrificio del mio amico completamente vano. Forse era per via dell'aria fredda che mi sferrava sul viso, perché alcune lacrime volarono via dei miei occhi. Mi asciugai il viso con una mano, e dopo aver spronato ancora i cavalli con le redini, mi strinsi al collo il mantello verde muschio.
" Zacarias, troverò Clopin non solo per me, ma anche per te " promisi tra me e me, mentre mi lasciavo alle spalle quel massacro.

Le lingue di fuoco che stavano bruciando all'orizzonte, diedero un colore vivace che sfumava dal giallo-arancio al rosa-violaceo. La foresta sarebbe stato un luogo perfetto per ammirare lo splendido tramonto di quella sera. Ma purtroppo era invasa da un gruppo di uomini incappucciati, armati fino ai denti, che stavano distruggendo ogni cosa sul loro cammino. Per l'ennesima volta avevano messo in atto il loro spregevole piano. Senza scrupoli stavano scavando una buca profonda che avrebbero riempito con i resti delle loro vittime. In disparte, vicino a un cavallo dagli zoccoli larghi, c'era il loro capo, che assisteva la scena.
In quel momento, un cane enorme dal mantello nero si avvicinò a lui, e gli porse un pezzo di stoffa di colore rosso. Soddisfatto, l'uomo accarezzò la testa del segugio e prese tra le mani quel pezzo.
- Tutto sta andando secondo i piani. Ancora qualche ora e vedremo la luna calante. E finalmente saremo riuniti.
Non è così, Roxanne Roux? -.

Angolo dell'autrice
Ecco a voi il nuovo capitolo <3 Come potete vedere è molto diverso dagli altri, (ci ho inserito un po’ più di azione, e momenti un po’ crudi, e questa volta la romanticheria è messa più da parte). Vi starete chiedendo che fino abbia fatto Clopin, beh temo che dovrete aspettare, intanto ho inserito un nuovo personaggio. Ammetto che mentre scrivevo, non ero certa che tipo di ruolo dovesse avere Zacarias, ma una cosa certa è che, come Roxanne, più andavo avanti, più mi affezionavo a lui <3 In poco tempo si è ritrovato a fare da mentore e un po’ "surrogato padre" per la nostra giullare, che non è facile per lei stare in mezzo a un gruppo
di soli uomini che l'hanno subito sottovalutata. Fatemi sapere che ne pensate di lui, e se vi dispiace (perché è così, ditelo) di averlo subito fatto uscire di scena. E per ultimo, il cattivone si è "mostrato", ma è giusto un anteprima. Secondo voi che collegamento ha con Roxanne? (Perché sembra di conoscerla bene, dato che ha pronunciato anche il suo nome e cognome O.O). Spero che vi stia continuando a piacere, e abbiate pazienza che ci stiamo avvicinando alla fine.
Grazie mille a tutti <3
   
 
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