Videogiochi > NieR:Automata
Ricorda la storia  |      
Autore: HikariRin    20/09/2019    1 recensioni
Il suo intento, non sapeva se definirlo nobile o meno. Voleva rompere i suoi schemi. Voleva che lei si rompesse.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Shūchaku

 

Un’altra missione conclusa, un altro pleonastico rapporto al Comandante. La osservava con la coda dell'occhio, mentre teneva le braccia conserte; sapeva che sarebbe stato inutile, che le avrebbe assegnato l'ennesimo compito che l’avrebbe vista in pericolo, eppure seguitava ad abbassare la testa in virtù di un qualche legaccio che aveva con lei, sul quale non intendeva indagare. Non poteva soffrire gli ossequi che le rivolgeva, l'atonia con cui parlava, la fermezza della sua postura e il fatto che lei stessa pareva costringersi a rientrare al bunker e appressarsi all’altra più di quanto non volesse essere altrove, e lo percepiva in ogni microespressione, in qualunque parola di troppo, in ogni suo passo sdrucciolevole e ogni qualvolta i suoi fendenti esitavano un momento. Perché lei diceva che non avrebbero dovuto permettersi le emozioni, ma esprimeva sempre molto di più.

9S sospirava d’impazienza, mentre 2B tornava indietro senza minimamente scomporsi. La Comandante era dispotica, considerava gli altri inferiori a lei, ma dopo elogiava con rinnovato spirito i suoi subordinati il quale ruolo pure non cambiava. Unicamente la sua partner nelle missioni continuava a lasciarsi ingannare dalle sue parole. Deliberatamente. E ogni qualvolta le chiedeva di lei, la sua espressione tradiva un solido consenso; gli angoli della bocca corrucciati, come se ci fosse qualcosa che voleva dire, ma che non poteva. E lo infastidiva, lo irritava.

Lei, la ragazza che avanzava con passo deciso di fronte a lui, non era interessante. Mostrava sempre gli stessi pattern nel combattimento e reagiva con atarassia a tutto ciò che le accadeva intorno. E lui fingeva soltanto di essere dolce, mentre lei gli dava le spalle. Il suo intento, non sapeva se definirlo nobile o meno. Voleva rompere i suoi schemi. Voleva che lei si rompesse.

Lei, la ragazza che pur tuttavia avrebbe seguito dovunque, non era bella; perché non sorrideva. Aveva delle memorie stipate in qualche angolo remoto della sua mente, di una 2B più confidente. Tornavano alle volte, mentre attraversavano insieme determinati luoghi, ma non sapeva se erano reali, non parevano recuperabili, ma in qualche modo vi associava una sensazione di tranquillità come con lei non l’aveva mai. Ogni qualvolta erano insieme cercava di soffermarsi su come potevano essere nati quei ricordi, ma poi qualcosa di lei lo colpiva ancora ed era costretto a osservare. Doveva capire. Perché s’inibiva a tal punto, come poterla macchiare, come avrebbe potuto spingerla a corrodersi dall’interno, e c’erano delle volte in cui credeva di sapere tutto di lei.

Era una consapevolezza che lo accompagnava perpetuamente, assieme alla sensazione che doveva esserci qualcosa che ancora non sapeva, il tassello mancante, il nesso che legava ciò che vedeva accadere e ciò che ricordava essere accaduto, del quale il modo di operare di lei era conseguenza.

Non avrebbe mai potuto frenare l’innata curiosità che caratterizzava il suo modello; ecco perché non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Tentava continuamente di saggiare la sua durevolezza, la determinazione delle sue decisioni; di tanto in tanto s’assicurava di conoscere il suo parere.

Coglieva ogni minimo cambiamento, ogni più esigua esitazione nelle parole e nei gesti, che altresì gli confermavano che anche lei doveva conoscerlo molto bene. Si chiedeva se fosse perché erano insieme da più tempo di quanto lui potesse ricordare, oppure perché al di sotto della sua purezza lei nascondeva un altrettanto innato spirito di osservazione. Poiché 2B non pareva rendersi conto delle contraddizioni che mostrava nel mentre che si rapportava a lui, propendeva per la prima.

Eppure non poteva fare altro che starle vicino, nonostante sapesse che lei voleva stargli lontana. Alle volte lei tradiva un’insolita confidenza, perfino nel tono in cui gli diceva di non lamentarsi. Altre volte s’incupiva senz’alcuna motivazione apparente, quando lui le mostrava il suo sorriso. Sentiva gli occhi di lei su di sé quando non poteva vederla, o quando si ritirava a riflettere, quasi volesse sorvegliarlo; ma era chiaro che in quel gioco di sguardi non avrebbero dovuto incontrarsi.

Camminava lungo il corridoio del colore del niente senza voltarsi indietro. 2B non si voltava mai. Non si sarebbe voltata nemmeno se l’avesse chiamata, per accertarsi che lui fosse ancora con lei. La sua pelle aveva il colore candido di una lacrima lunare. Apparentemente ferma ma disorientata, era un involucro vuoto. Non avrebbe dovuto impegnarsi tanto. Odiava questo pensiero di lei.

Se 2B gli avesse sorriso, se di fronte a lui una lacrima le avesse rigato il viso, se si fosse arrabbiata o se avesse conosciuto qualcosa e lo avesse amato o odiato, il suo obiettivo sarebbe stato raggiunto; ma non avrebbe potuto comunque lasciarla sola, perché avrebbe dovuto comprenderla ancora.

Lei non meritava tutta la sua attenzione; c’era qualcosa che la rapiva in continuazione, ma non avrebbe saputo dire cos’era. L’avrebbe accompagnata anche nell’oscurità più profonda, perché si sarebbe lasciata distrarre e si sarebbe persa; perché aveva necessità di qualcuno che si voltasse verso di lui. Che gli dicesse di essere utile, che lo facesse sentire parte di un qualcosa, apprezzato.

Detestava l’essere dipendente a tal punto dal giudizio altrui, il suo ruolo sarebbe dovuto essere quello di farsi bastare la solitudine; d’altronde, era il reale motivo per il quale non poteva andarle apertamente contro. 2B era come lo specchio riflesso della sua anima. Avrebbe tollerato il fatto di essere sbagliato, o anche il fatto di trovarsi da solo, quando una sola volta l’avesse fatta sorridere.

 

Note dell’autrice:

Il titolo di questa One Shot significa ‘Ossessione’.

Non è un termine scelto a caso, è volutamente poco e molto profondo.

L’idea è sorta quasi per caso, in un caldo pomeriggio di fine estate.

Ovviamente l’avrei voluta leggermente diversa, ma niente è mai come lo vogliamo.

Sono contenta, comunque, che questo 9S si sia praticamente scritto da solo. Amo NieR perché ogni volta si scopre qualcosa di nuovo, e scavando nei personaggi si può quasi cogliere ogni sfumatura dei loro pensieri più radicati. Per esempio, di 9S è interessante quello che non ci hanno fatto vedere; ma lo è anche come 2B, anche senza parole, nella rassegnazione e nello sconforto abbia trovato un intenso modo di comunicare. Anzi, è l’unico modo in cui può dirgli ciò che sente.

Ringrazio tutti voi per aver letto, l’opera di Taro è meravigliosa e spero di poterne scrivere ancora.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > NieR:Automata / Vai alla pagina dell'autore: HikariRin