Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ghost Writer TNCS    21/09/2019    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

34. Sotto custodia

Erano settimane che camminavano, combattendo contro la fatica e il freddo. Ogni giorno sembrava identico al precedente: marciavano, marciavano e poi marciavano ancora, con la perenne minaccia dei mostri in agguato.

Tenko non era più in grado di dire da quanto tempo erano stati catturati, né quanto tempo ci sarebbe voluto per raggiungere il villaggio più vicino. O quanto le restava da vivere.

Dopo quello che l’inquisitrice aveva fatto a Zabar, qualcosa sembrava essersi rotto dentro di lei: non aveva più la forza e la determinazione per provare a fuggire. Sapeva che se non faceva qualcosa il suo destino era segnato, eppure non aveva più il coraggio di tentare una fuga disperata. Aveva paura: non tanto di quello che avrebbero fatto a lei, ma di quello che avrebbero fatto a Zabar. Il chierico non le aveva più rivolto la parola, eppure lei preferiva rinunciare a combattere piuttosto che farlo soffrire ulteriormente. Era forse questo che significava essere compagni?

Una notte i suoi tormenti interiori sembravano particolarmente intenzionati a non farle chiudere occhio, così si alzò e si avvicinò al fuoco.

«Ti spiace se mi siedo?»

Leonidas le fece cenno di accomodarsi. Cercava di dimostrarsi serio e concentrato, ma anche lui era al limite.

Rimasero in silenzio a lungo, fissando il fuoco o scrutando la foresta, ascoltando i rumori intorno a loro. Era una notte molto tranquilla.

«Perché sei diventato un soldato?»

Il felidiano si prese qualche secondo prima di rispondere. «Volevo proteggere la mia famiglia. I miei amici. Quelli che non potevano proteggersi da soli. Lo so, è un motivo banale, ma è così.»

«È un bel motivo» rispose la demone.

Per un po’ non dissero nulla, poi Leonidas riprese a parlare: «Posso chiederti perché sei diventata una fuorilegge?»

Questa volta fu la demone a concedersi qualche momento per riflettere. «La mia famiglia faceva parte di un circo itinerante. Sarei diventata una circense anche io, ma il Clero ha scoperto che facevamo pozioni e quindi ha ucciso tutti quanti. Ero ancora una bambina, ero arrabbiata e spaventata, e dovevo trovare un modo per cavarmela da sola. Non è stato facile, ma sono sopravvissuta.»

«Mi dispiace. Per la tua famiglia, e per quello che hai dovuto passare.»

Un sorriso mesto ma sincero affiorò sulle labbra di Tenko. «Grazie.»

«Ora capisco perché ce l’hai con il Clero, ma non sono tutti cattivi. Ci sono anche molte brave persone. Persone che dedicano la vita ad aiutare gli altri.»

La demone continuò a fissare il fuoco per alcuni lunghi istanti. «Probabilmente hai ragione. Ma non è così per tutti. Non è così per gli dei.»

«Perché ti ostini a diffidare degli dei?» Il tono di Leonidas era calmo: voleva davvero capire le ragioni della giovane.

«All’inizio era solo rabbia, vendetta, grazie a Zabar però ho cominciato a capire meglio come stanno davvero le cose. Mi ha mostrato le incongruenze, le menzogne, e ora abbiamo trovato la goccia con i ricordi. È chiaro che ci stanno ingannando.»

«Anche ammettendo che l’abbiano fatto, e non sto dicendo che è così, sono sicuro che avrebbero avuto le loro ragioni. In fondo noi esistiamo grazie agli dei. Se non fosse per loro, non ci sarebbe nulla.»

Tenko scosse il capo. «Questa è solo una delle menzogne degli dei, forse la più grande di tutte. Gli dei non hanno creato un bel niente, hanno solo preso quello che c’era e ci hanno detto che l’avevano fatto loro.»

«E allora come lo spieghi il sole? La terra, il cielo, tutto quanto. Come spieghi la magia, se non sono stati gli dei a crearla?»

«Questo non lo so. Ma questo non vuol dire che gli dei abbiano ragione. Magari una spiegazione c’è, solo non la conosciamo. Non ancora per lo meno.»

Tra i due calò un lungo silenzio, interrotto solo dal verso di qualche uccello in lontananza.

«Non c’è possibilità che tu ti penta e chieda una grazia agli dei, vero?»

Lei scosse il capo. «No. E non c’è possibilità che tu riconosca le menzogne degli dei e decida di combattere con noi, vero?»

Questa volta fu lui a scuotere il capo. «No.»

Di nuovo silenzio.

La demone si alzò. «Meglio che vada a dormire, domani sarà una giornata faticosa.»

Leonidas continuò a fissare il fuoco per un momento, poi le lanciò uno sguardo. «Sai, è strano, ma forse in un’altra vita saremmo potuti essere amici.»

Lei si coricò. «Hai ragione: è strano. Ma forse è proprio così.»

Era dalla sera prima che la foresta aveva cominciato a diradarsi. Gli alberi si erano fatti man mano meno imponenti, tornando gradualmente alla stazza a cui i quattro erano abituati.

Persephone fu la prima ad avvistare il villaggio, così lontano che era solo un puntino fra i tronchi, ma non diede subito la notizia: una parte di lei temeva ancora che i due demoni avrebbero provato a scappare. Un ultimo disperato tentativo prima di venire sbattuti in cella. In realtà non credeva ne sarebbero stati in grado, ma non voleva rischiare.

Fu Leonidas a dare l’annuncio, e a quel punto il cuore di Tenko cominciò a battere all’impazzata. Aveva paura, una paura folle: tra poco le sue ultime chance di salvezza sarebbero svanite per sempre.

Guardò Zabar, che invece aveva ancora la sua aria mesta, rassegnata. Provò ad avvicinarglisi. «Se vogliamo scappare, dobbiamo farlo adesso.»

«Abbiamo perso, Tenko, fattene una ragione. Ma se proprio ci tieni, vai pure. Tanto sono morto comunque.»

La demone deglutì. Non era sicura che lui le avrebbe risposto, ma di certo non si aspettava quelle parole. Non sapeva cosa fare. Se non provava a scappare, avrebbe perso tutto, anche quella minuscola possibilità di mostrare a tutti le menzogne degli dei. Se lei si arrendeva, nessun altro avrebbe portato avanti la loro battaglia. E poi Zabar aveva ragione: lo avrebbero ucciso in ogni caso.

Cosa doveva fare?

Guardò Leonidas, che camminava pochi passi più avanti, poi Persephone, qualche metro alle loro spalle. Era un tentativo disperato, ma era meglio di niente, no? Morire per morire, tanto valeva farlo combattendo.

Guardò un’ultima volta verso Zabar. «Questa volta no. Tanto non riuscirei a combinare nulla di buono senza di te.»

Lui si sforzò di trattenere una punta di ilarità. «Non è da te arrenderti.»

«Non mi sto arrendendo. Troveremo un altro modo per fuggire.»

Il chierico non disse nulla, ma la sua espressione non era più così abbattuta.

Quando raggiunsero il villaggio, ad attenderli c’era già un nutrito numero di persone, incluso il priore. Sembravano intenzionati a festeggiarli, ma quando videro quanto fossero stanchi ed emaciati, il loro entusiasmo si smorzò.

«Miei signori, è un onore e un piacere riavervi qui con noi» affermò il capo religioso mascherando lo stupore con un profondo inchino. «Vedo che avete caturato gli eretici, ero sicuro che ci sareste riusciti.» Fece avvicinare alcune guardie. «Avanti, portateli subito in cela. Intanto voi seguitemi, vi prego, vi facio preparare subito un pasto caldo.»

I due militari, stanchi e affamati, lasciarono ai colleghi il compito di occuparsi dei due demoni e si fecero guidare dal priore verso la caserma. Era un sollievo essere finalmente tornati alla civiltà: avere un tetto sopra la testa, un pasto caldo sulla tavola, avere una tavola.

«Mandate un messaggero, ci servono dei grifoni per portare i prigionieri a Theopolis» ordinò Persephone dopo aver mangiato e bevuto. I cuochi avevano preparato della costosa carne, ma in quel momento era interessata soprattutto al più umile contorno di frutta e verdura.

«Come desiderate, inquisitrice» annuì il priore. Batté le mani per chiamare un inserviente e passò subito l’ordine. «Sono certo che vorete riposare, vi facio preparare subito delle camere» proseguì il religioso con il consueto tono ossequioso.

Una volta soli nelle rispettive stanze, la prima cosa che fecero i due militari fu sdraiarsi sui morbidi letti di pellicce. Avevano quasi dimenticato cosa significava avere un letto, quanto fosse piacevole abbandonarsi alla sua avvolgente morbidezza.

Persephone si concesse qualche momento per assaporare fino in fondo la ritrovata comodità, dopodiché infilò le mani in una delle tasche interne del vestito e ne tirò fuori il bracciale e la goccia che aveva sequestrato all’eretico.

Aveva pensato a quegli oggetti per tutto il viaggio, desiderava controllare in maniera più approfondita la misteriosa visione, ma non si era azzardata a farlo: non voleva che altri la vedessero mentre lo faceva. Ora però era sola: poteva studiare quegli artefatti senza preoccuparsi di nessuno.

Le ci volle un po’ per capire come farli funzionare, ma alla fine riuscì a far apparire la collezione di ritratti e a vedere un ricordo. Lo studiò con attenzione, analizzandone ogni dettaglio, cercando di trovare anche il minimo indizio per dimostrare che fosse un falso. Ma non trovò nulla di sospetto. Per di più non sembrava esserci magia in quegli artefatti: come facevano a funzionare?

Quei ricordi erano autentici, non poteva negarlo, ma non poteva nemmeno ammetterlo: farlo avrebbe fatto crollare tutte le sue certezze. Avrebbe significato dare ragione agli eretici. Diventare lei stessa un’eretica.

Fece dissolvere le figure diafane e ripose i due artefatti nella tasca della giacca, prima che qualcuno entrasse e li vedesse.

Era strano: aveva assicurato alla giustizia i due fuggitivi, eppure in quel momento si sentiva più in trappola di loro. Doveva pensare bene a cosa fare: qualsiasi decisione avesse preso, non avrebbe avuto la possibilità di tornare indietro.

A pochi metri di distanza, anche Leonidas era immerso nei suoi pensieri, gli occhi fissi sul soffitto. Era ancora convinto che gli dei fossero dalla parte del giusto, ma in quel momento aveva anche lui qualcosa da nascondere.

Infilò una mano in tasca e prese un bracciale molto simile a quello di Persephone. Era l’artefatto di Tenko, ma non era stato lui a sequestrarlo: era stata lei stessa ad affidarglielo un paio di sere prima.

“Ti prego, prendilo tu. E tienilo al sicuro. Non voglio che lo prendano gli altri.”

Il felidiano sapeva di doverlo consegnare ai suoi superiori, magari alla stessa inquisitrice, ma non ne aveva avuto il coraggio. Quella era una prova della colpevolezza dei due demoni: se lo scoprivano avrebbero potuto accusarlo di essere loro complice, eppure qualcosa lo tratteneva dal fare il suo dovere.

Ripose l’artefatto e chiuse gli occhi. Magari una sana dormita gli avrebbe portato consiglio.

Era passata più di una settimana dal loro arrivo quando nel villaggio si sparse la notizia di alcuni grifoni in avvicinamento.

I due militari si aspettavano di ricevere come rinforzo dei semplici soldati, magari guidati da un altro capitano, per questo rimasero molto stupiti quando le sentinelle riportarono la presenza di un inquisitore.

Nel villaggio crebbe rapidamente il fermento: non si erano mai visti due inquisitori contemporaneamente in un centro abitato così sperduto.

Il priore diede disposizioni a tutto il villaggio, anche i bambini vennero coinvolti nei preparativi per dare ai nuovi arrivati la migliore delle accoglienze.

Persephone non sapeva chi si sarebbe trovata davanti, ma in realtà non le importava più di tanto: tutti gli inquisitori che conosceva la disprezzavano o per lo meno la consideravano inferiore a loro. Mentre i volatili si avvicinavano, osservò le pregiate finiture del grifone in testa – un pellegrino particolarmente grande – e, grazie alla sua vista acuta, riuscì a distinguere anche il volto dell’uomo in sella. Nonostante il disappunto, la sua espressione rimase impassibile.

La maestosa creatura atterrò e l’inquisitore scese con un movimento elegante. Era un metarpia di tipo falco particolarmente alto per la sua sottospecie, aveva la pelle scura e dei tratti molto virili. Le piume del capo erano dritte a formare una cresta piuttosto scenografica, e nonostante il clima non portava abiti particolarmente pesanti, anzi attraverso la scollatura si potevano vedere i suoi muscoli scolpiti.

«Nobile inquisitore, è un onore avervi nel nostro umile vilagio» affermò il priore sprofondando in un inchino. «Se avesimo saputo del vostro arivo, avremo preparato un’acoglienza più consona.»

«No, non preoccupatevi» rispose lui con un sorriso affabile. «Ero nei paraggi e ho pensato di dare una mano. Purtroppo non posso trattenermi.»

Osservò rapidamente gli abitanti del villaggio, tutti intenti a osservarlo con profonda ammirazione.

«Lasciate che mi presenti. Sono Ramses, figlio del divino Horus, semidio del sole. Mio padre è molto compiaciuto per l’aiuto che avete dato nell’assicurare alla giustizia questi due eretici.»

Colti di sorpresa, gli abitanti si lasciarono andare ad applausi e preghiere, euforici: al mondo non esisteva onore più grande di ricevere la visita di un semidio.

«Nobile Ramses, è un onore incontrarvi» disse Persephone, inespressiva, facendo un inchino.

«Sai, quando mi hanno detto che la missione era stata affidata a te, ho temuto che ci avresti fatto fare brutta figura.» Squadrò i due demoni con i suoi intensi occhi scuri. «E invece eccoti qua con le due persone più ricercate al mondo. Non male per una plebea. A proposito, quella benda ti dona. Sono stati gli eretici o sei inciampata?»

La metarpia, impassibile, ignorò completamente la domanda. «Quando volete, noi siamo pronti a partire.»

«Ottimo, partiamo subito» affermò Ramses. Fece un cenno ai suoi uomini e quelli andarono a prendere i due demoni. «Non vedo l’ora di arrivare a Theopolis. Mi aspettavo qualcuno di più robusto, ma sono curioso di vedere come se la caveranno nelle arene. È sempre bello quando arrivano dei nuovi gladiatori.»


Note dell’autore

Ben ritrovati!

Dopo tanti scontri, questa volta il confronto tra Tenko e Leonidas è stato sorprendentemente pacifico. Per la prima volta si sono aperti una con l’altro in maniera sincera, entrambi hanno esposto le loro ragioni, ed entrambi hanno chiarito che non intendono cambiare idea.

Alla fine i due militari sono riusciti a portare a termine la loro missione e ora i due demoni sono sotto custodia. La giovane avrebbe potuto provare a scappare, ma per una volta ha preferito pensare agli altri prima che a se stessa.

Nel finale sono riuscito a presentare il primo semidio del racconto: Ramses, figlio di Horus. Ora che c’è lui, di certo Tenko e Zabar non avranno molto margine per tentare la fuga.

Cosa ne sarà adesso dei due demoni? Riusciranno a sopravvivere nelle arene?

Lo scopriremo il primo weekend di ottobre.

Non mancate!


Segui Project Crossover: facebook, twitter, feed RSS e newsletter!

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ghost Writer TNCS