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Autore: satakyoya    22/09/2019    1 recensioni
Una ragazza che vive a Tokyo e nei giorni nostri, trascorre le giornate tranquille insieme alla sua famiglia e ai suoi nonni.
Ma suo nonno, prima della sua morte, gli raccontava una storia ambientata in un periodo storico giapponese non ben definito. Tutto quello che conosciamo adesso però in quel periodo non esistevano, le città erano villaggi e le case di legno che componevano i villaggi erano governate da qualcuno al di sopra degli abitanti.
La protagonista è una povera cameriera del castello della città di Wake, in Giappone, ma quella povera cameriera vivrà un'esperienza che nemmeno si aspettava e proverà emozioni che non ha mai provato prima.
Se siete curiosi leggete la storia e lasciatemi una recensione. Spero che vi piaccia!
[In questa storia sono presenti alcuni personaggi della Mitologia Giapponese]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Chiusi gli occhi e cercai di dormire. Per due o tre ore ci riuscii e riposai benissimo, ma poi udii un rumore. Un rumore simile ad un fruscio che durò una decina di secondi. Feci finta di nulla e, senza essermi mossa, tornai a dormire.
Ma tempo cinque o sei minuti e tornai a sentire lo stesso rumore. Così mi sedetti e mi guardai intorno per capire da dove proveniva. Vidi in lontananza una scia nel campo muoversi da una parte all’altra e più questa scia si spostava, più questa non lasciava alcun segno dietro di sé. La situazione mi sembrò molto strana e mi feci una strana domanda: com’era possibile che dov’ero passata io la traccia era rimasta, mentre quello che stavo vedendo non lasciava traccia? Non lo sapevo.
A un certo punto la scia di prima si fermò ed io, impaurita, presi in mano la spada di Aki e mi alzai in piedi rivolgendola nel punto in cui si era fermata. Le mani mi tremavano e la paura mi saliva sempre di più, non avevo idea di cosa fare.
Nel punto in cui la scia si era fermata udii un rumore di ossa che, non sapevo se era per magia o per altro, alcune si misero una sopra l’altro ed altre a fianco. Questo lo vidi per circa un minuto e non riuscivo a capire che cosa stavo vedendo finché non si venne a creare enorme scheletro.
Questo scheletro era alto cinque metri, sul lato sinistro del teschio c’era un occhio, mentre su quello destro  non c’era un occhio ma l’orbita era attraversata da una canna di bambù.
Tutto ciò che avevo appena visto sembrava sia strano sia spaventoso. Abbassai il corpo e toccai Aki per diverse volte cercando di svegliarlo.
“Aki! Aki svegliati!” dissi io.
“Mmmh… ma cosa ti è preso. Lasciami dormire…” disse lui scuotendosi e senza aprire gli occhi.
Dato che non si svegliava non insistetti tanto e, guardando dritto davanti a me, vidi che l’enorme scheletro si spostava da una parte all’altra emettendo un gran pianto.
“Aiuto! Aiuto! Aiutateci! Qualcuno ci salvi! Aiuto!” dissero diverse voci provenire dallo scheletro.
All’improvviso si fermò di fronte a me e continuava a lamentarsi. Vedere uno scheletro lamentarsi non mi era mai capitato e il tutto mi sembrò molto strano.
“Aki! Aki, dai svegliati!” dissi io scuotendolo di nuovo.
“Mmmh… Iris, ti ho detto di lasciarmi dormire.” Disse lui.
“No, devi alzarti! Forza, alzati e guarda là!” dissi io.
Lui alzò la testa, guardò nella mia stessa direzione per una decina di secondi e si appoggiò di nuovo a terra.
“Non c’è niente, quindi torna a dormire.” Disse lui.
‘Uffa, perché non mi da ascolto…” pensai io.
Mi alzai in piedi e poco per volta mi alzai allo scheletro. Avevo paura e non capivo bene che cosa stava succedendo. Ogni tre o quattro passi mi fermai, guardai lo scheletro per qualche secondo poi avanzai ancora. Questo lo feci per 6 volte, finché non ci arrivai davanti. La paura che mi potesse succedere qualcosa era altissima e sentivo il mio cuore battere fortissimo. Vidi che lo scheletro era ricolmo di tantissime luci gialle e verdi.
“Chi c’è oh, una ragazzina.” Disse lo scheletro.
“t-t-t-tu ci sei? C-che cosa sei?” chiesi io.
Dalle scheletro uscirono diversi nomi con diverse voci: “Irina… Naoki… Satoshi… Akemi… Shido… Shiro…Yoshido…” Ne sentii anche altre ma non ero in grado di capirli e non riuscivo a ricordarli tutti.
“A-a-aspetta, non ci sto capendo nulla. C-chi o c-che cosa siete?” dissi io.
“Tranquilla, non avere paura. Io sono un Gashadokuro, ma chi parla è Shido. Chiamami semplicemente Shido.” Disse lo scheletro.
“Shido… ancora non capisco. Che cos’è un Gashadokuro?” chiesi io.
“Siamo il Gashadokuro. Siamo un insieme di tante anime di diverse persone che sono state uccise.” Disse Shido.
“Uccise? Da chi? E perché uno scheletro?” chiesi io.
“In realtà queste sono le ossa del mio corpo unito a quello di tanti altri. Maschi e femmine di età simile alla mia.” Disse lui.
“Ancora non riesco a capire… età come la tua? Ma tu quanti anni hai? E come sei morto?” chiesi io.
“Io avevo vent’anni, ma oramai sono passati quindici anni da quando sono morto.” Disse lui.
“Vent’anni? Eri molto giovane. Ma cosa ti è successo?” Chiesi io.
“Sono stato ucciso alle spalle da mio zio e i corpi sono stati portati qui per poi essere abbandonati. Nessuno è mai venuto cercarmi, nemmeno i miei genitori, così con il passare del tempo il mio corpo si è ridotto a uno scheletro. Da quel giorno mio zio continuò ad uccidere altre persone e ogni tre settimane altri corpi vennero portati qui e si sono uniti al mio. Ecco cosa è successo.” Disse Shido.
“Che cattiveria… Ma come mai hai una canna di bambù in un occhio?” Chiesi io.
“Un paio di anni fa, gli abitanti del villaggio in cui abbiamo vissuto e che si trova qui vicino ci coltivavano il bambù. Una di quelle canne cresceva sotto di me e ha continuato a crescere vicino al mio occhio. Anche se ormai hanno cambiato, da quando ce l’ho ne soffro molto e per questo mi servirebbe l’aiuto di qualcuno per potermelo togliere.” Disse lui.
Mentre lo ascoltai rimasi un silenzio e poi dissi: “Ti aiuterò io! che cosa devo fare?”
“È molto semplice. io mi abbasserò alla tua altezza mentre tu dovrai prendere con le mani la canna di bambù e tirare più forte che puoi verso di te.” Disse Shido.
“Io non ho molta forza… Va bene, ci proverò.” Dissi io facendomi coraggio.
Guardai per qualche secondo nel punto in cui si trovava Aki, per vedere se si era svegliato. Non fu così e girai di nuovo la testa davanti a me. Shido invece abbassò la testa e una parte del corpo verso di me, mentre io tremai come una foglia.
“Non avere paura, va tutto bene.” disse lui cercando di farmi coraggio.
Mi avvicinai lentamente alla canna di bambù fino a prenderla con le mani. Strinsi forte e iniziai a tirare. Tirai davvero tanto ma i miei piedi grattarono la terra per 5 o 10 metri. Ci misi tutta la forza che avevo ma non sembrava cambiare nulla. Mi fermai un attimo, stesi le braccia, strinsi di più la canna di bambù e ripresi a tirare.
Per i primi 5 o 10 secondi i miei piedi tornarono a grattare la terra nello stesso modo, ma poi iniziò ad uscire qualcosa dal suo occhio. Uscì poco per volta mentre io stavo facendo una fatica enorme.
All’improvviso, con l’ultimo tiro da parte mia, riuscii a far venire fuori tutta la canna di bambù. Ben 35 centimetri della canna era incastrata in mezzo al teschio e avevo un gran fiatone dovuto allo sforzo che avevo fatto.
Lui si alzò in piedi e mosse la testa in tutte le direzioni.
“Grazie mille per avermi liberato. Ora sto molto meglio.” disse lo scheletro con la voce di Shido.
“Grazie… Grazie…Grazie… Grazie… Grazie…” dissero diverse voci, sempre provenienti dallo scheletro.
“Voglio fare in modo che la vostra morte non sia vana. Vorrei che lo zio di Shido la paghi per tutto ciò che ha fatto.” Dissi io.
“Lo vorremmo anche noi, ma l’unico modo sarebbe quello di coglierlo mentre uccide qualcuno. In quel momento bisognerebbe prenderlo e fargliela pagare, però è molto difficile coglierlo sul fatto perché lui sta attento a qualsiasi cosa.” Dissero una voce maschile e una voce femminile.
“Sì, ma devo fare lo stesso qualcosa. Come si chiama il villaggio più vicino e quanto tempo ci vuole per arrivarci?” Chiesi io.
“Il villaggio più vicino si chiama Taisho e ci vuole circa un’ora di camminata per arrivarci. Si trova in direzione di quegli alberi.” Disse una voce femminile indicando nella direzione di Aki.
“Okay… Adesso vado a dormire e vedrò di trovare un modo per poter incastrare lo zio di Shido. Grazie per tutto ciò che mi avete detto.” dissi io.
Mi girai a destra  e iniziai a correre verso Aki. a metà strada mi fermai e mi girai a salutare lo scheletro. Una volta arrivata dove si trovava Aki, mi sedetti per terra e mi coricai su un lato del corpo cercando di dormire. Ci riuscii anche se durò poco.
Dormii solo  ore e venni svegliata dalla luce del sole. Mi ritrovai con il corpo steso a pancia in su, con la mano destra sugli occhi, l’altro braccio e le gambe erano distese per terra.
Spostai in alto la mano e, dopo un primo bagliore agli occhi, vidi diversi uomini di diversa età fissarci. Subito mi spaventai e alzai di scatto la schiena. Con una mano scossi forte Aki finché lui non si svegliò girandosi verso di me. Guardò davanti a sé e anche lui si spaventò e si sedette di scatto.
Gli uomini che avevamo davanti avevano diverse età e tra le mani avevano tutti un oggetto in legno e piuttosto affilato da un lato. Rimanemmo tutti in silenzio per circa un minuto. Io e Aki ci alzammo di scatto in piedi ed io mi misi dietro di lui.
“Chi siete? E che cosa volete?” chiese Aki. ma nessuno di loro rispose.
“Allora, che siete! Rispondete!” disse di nuovo Aki.
“Questo lo dovremmo chiedere noi.” Disse un uomo muovendosi tra gli uomini e avvicinandosi a noi. Sembrava essere il più anziano di tutti.
“Noi siamo dei semplici viaggiatori e ci siamo fermati per la notte. Però non sappiamo dove ci troviamo… E voi chi siete?” chiese Aki.
“Siamo vicino al villaggio Taisho, che è da dove noi veniamo e questo è il nostro campo di grano.” Disse l’uomo di prima.
‘Un campo di grano?’ pensai io.
“Già, il nostro campo di grano. Avete dormito qui e guardate che cosa avete fatto!” disse un uomo di giovane età con tono arrabbiato. Era il più giovane tra tutti.
“M-mi dispiace molto per ciò che abbiamo fatto. Adesso ce ne andiamo.” Dissi io.
Io e Aki iniziammo a camminare all’indietro.
“Ecco bravi, andate via da qui.” disse l’uomo giovane di prima.
Dopo quelle parole noi ci girammo e iniziammo a camminare. Lo facemmo per due o tre metri, poi ci mettemmo a correre fino ad arrivare sotto un albero. Una volta che ci eravamo fermati di correre, entrambi ci mettemmo a ridere e dopo un paio di minuti ci raggiunse Urushi venendo da un cespuglio.
“E tu da dove spunti fuori?” chiese Aki. Urushi non gli rispose, così lui disse: “Beh, se non vuoi dirmelo fa lo stesso. Forza, andiamo.”
Iniziammo a camminare restando in silenzio. Con il passare del tempo mi ci stavo abituando a stare in silenzio, quando notai che Aki mi stava fissando. La cosa mi sembrò un po’ strana e pensai cosa poteva essere successo per fissarmi a lungo e per diverse volte. Ma non mi veniva nessuna ragione in mente.
“Aki, che cos’hai? Perché mi fissi in quel modo? Ho qualcosa di strano?” chiesi io.
“No, non hai nulla. Però…” disse lui.
“Però cosa?” chiese Urushi.
“Iris, come stai? Hai dormito bene stanotte?” chiese Aki.
“Beh, ho dormito poco, però sto bene. Ma perché mi fai queste domande?” risposi io.
“Stanotte mi hai svegliato perché volevi che guardassi qualcosa, ma non ho visto nulla. Per questo voglio chiederti: che cosa volevi farmi vedere?” chiese Aki.
“Beh, è successa una cosa che non ci crederesti se te lo dicessi.” Dissi io.
“Eh? Che cos’è? Dai dimmelo, dimmelo, dimmelo!!” disse Aki tutto curioso e camminando all’indietro davanti a me.
Io sospirai, aspettai un attimo e gli dissi: “Ho incontrato un Gashadokuro e ho parlato con lui.”
“Un che?” chiese Aki guardandomi in modo strano.
“Ti spiegherò tutto. Un Gashadokuro è…” dissi io. Così gli spiegai tutto ciò che mi era capitato, ma lui sembrava diventare sempre più confuso.
“Non ho capito molto, ma non ci credo che è successo tutto quello che hai detto.” disse Aki.
“Ma è vero! E Shido mi ha detto che devo andare nel villaggio e fare in modo che non succeda di nuovo.” Dissi io.
“Sì, certo.” Disse Aki.
“Certo che sei strana. Però io ti credo.” Disse Urushi.
“Io non sono strana e quello che vi ho detto è ciò che è successo! E io voglio fare qualcosa per Shido e tutti quelli che sono morti come lui!” Dissi io.
“E mi dici come vuoi fare? Per quel che ne so tu non ne hai la minima idea e non sea nemmeno com’è lo zio di questo Shido.” Disse Aki.
Io misi la mano a pugno davanti a me, alzai l’indice e aprii la bocca per dire qualcosa. Ma la richiusi pochi secondi dopo perché mi accorsi che non potevo dire nulla, così pensai ad un’idea.
All’improvviso mi venne in mente qualcosa e aprii di nuovo la bocca per dirla, ma mi accorsi che non poteva avere tanto senso come idea. Chiusi la bocca e abbassai la mano.
Proprio in quel momento mi accorsi che Aki aveva ragione nel dire che non sapevo cosa fare. Ed era anche vero che io non sapevo che aspetto aveva lo zio. E nemmeno Shido me lo aveva detto quando avevamo parlato.
“Mi dispiace, ma nemmeno tu hai idea di cosa fare. Ammettilo che tutto ciò che hai detto prima non era vero e che non intendi fare ciò che hai detto.” disse Aki mettendo una mano sulla mia spalla.
Io mi rifiutare di accettare ciò che lui aveva detto. tolsi con espressione seria la sua mano da me e camminando gli dissi: “No, io lo farò. A costa di farlo anche da sola, ma lo farò.”
Dopo solo alcuni metri Aki e Urushi mi raggiunsero e continuammo ad avanzare. Ero arrabbiata perché lui non mi credeva e mi aveva detto di non fare nulla. Mi aveva detto di non aiutare delle persone che avevano bisogno e io mi rifiutai di accettarlo.
Mentre camminavo pensai a  cosa potevo fare per aiutare Shido. Ci pensai a lungo quando Aki disse qualcosa.
“Guarda, siamo vicino ad un villaggio!” disse Aki indicando dritto davanti a noi.
Non gli risposi perché ero ancora arrabbiata con lui.
“Dai Iris, non essere arrabbiata. Scusami se ho detto qualcosa che non ti è piaciuto.” Disse Aki.
Quando entrammo nel villaggio notai che alcune case erano completamente chiuse, mentre altre avevano le finestre aperte e le porte chiuse. Per strada c’erano delle persone che camminavano per strada, ma erano poche rispetto ai villaggi in cui eravamo rimasti.
Davanti a me vidi dei  piccoli e strani fuochi di colore azzurro. Erano tanti, uno dietro l’altro e distanti 30 o 40 centimetri. Mi chiesi nella mia mente come mai quel fuoco era sospeso in aria invece di essere a terra come tutti quei fuochi che avevo sempre visto. Pur non avendo una risposta sentii una voce sottile che continuava a dire la stessa cosa.
“Seguici… Seguici…” disse la voce.
“Aki, l’hai sentita anche ti quella voce?” chiesi io.
“Voce? Quale voce? Io non sento nulla.” Disse lui.
Sentii di nuovo quella voce e decisi di avvicinarmi al primo fuoco che vedevo davanti a me.
“Ehi Iris, dove stai andando?” chiese Aki.
Ma io non risposi, ero concentrata a raggiungere il fuoco. Non capivo che cos’era ed ero curiosa di capire come mai ripeteva più volte quella parola. Ero molto curiosa e dopo qualche metro mi trovai davanti al piccolo fuocherello. Mi fermai, allungai la mano cercando di toccarlo ma a pochissimi centimetri di distanza questo sparì nel nulla. Sparì lasciandomi ancora una volta alla stessa distanza di prima da un altro fuoco azzurro.
“Eh? eppure pensavo di averlo preso…” dissi io.
“ma che stai dicendo? Preso che cosa?” chiese Aki.
“Il fuoco che era qui non c’è più e adesso ce n’è uno là davanti.” Dissi io.
“Fuoco azzurro? Iris non capisco che cosa stai dicendo. Io non vedo nulla e penso che tu ti stai immaginando tutto, proprio come quello che mi hai detto prima su quel Shido.” Disse Aki.
“Io non sto inventando nulla!” dissi io.
Continuai a camminare inseguendo quello strano fuoco, ma ogni volta che mi avvicinavo e allungavo la mano, questo spariva davanti ai miei occhi. Non riuscivo a darmi una spiegazione del perché succedeva questo, ma continuai a seguirli.
Senza accorgermene avanzai di 50 metri circa, girai a sinistra, a destra e di nuovo a sinistra. Percorsi una ventina di metri quando notai che l’ultimo fuoco era situato davanti alla porta di una casa.
Mi avvicinai alla finestra per vedere se c’era qualcuno, ma non vidi nessuno.
“E adesso che cosa vuoi fare?” chiese Aki.
“Non ne ho idea, però è strano che quei fuochi mi hanno indicato questo posto se non c’è nessuno.” Dissi io.
Rimanemmo fermi per qualche secondo quando alla mia destra udii una voce femminile.
“Chi siete? E che cosa ci fate davanti a casa mia?” disse la voce.
Girai la testa e vidi una donna di età intorno ai 35 anni. Era alta, magra, aveva i capelli marroni ed era lontano un paio di metri da noi tre.
Lei si avvicinò mentre io dissi: “Ah, ehm… noi non vogliamo fare nulla di male.”
“Oh, bene.” disse la signora davanti alla porta.
“Scusa, come si chiama questo villaggio?” chiese Aki.
“Questo è il villaggio Taisho.” Disse la donna.
“Un certo Taisho mi ha parlato di questo villaggio e degli strani fuochi azzurri mi hanno portato in questa casa.” dissi io.
Mentre io parlai lei ne rimase immobile per alcuni secondi, ma non appena finii lei si guardò intorno tre volte. Poi aprì la porta e ci invitò ad entrare.
“Non posso parlare qui fuori. Venite dentro per favore.” Disse la signora.
Aveva un tono serio e triste. Entrò prima lei nella stanza e poi lo facemmo noi tre. Lei non ci guardò nemmeno una volta e non disse nemmeno una parola. Ci fece camminare dritto per un paio di metri facendoci poi sedere per terra mentre lei portò una scodella di t+ verde per tutti e quattro.
“Non vi ho visto in questo villaggio. Siete nuovi? Da dove venite?” chiese la signora.
“Siamo appena arrivati e veniamo da un villaggio molto lontano.” Disse Aki.
“Allora ditemi, come fate a sapere di Shido?” chiese lei.
“Io non lo conosco, ma lei sì.” Disse Aki.
“Beh, come fai a sapere di lui se venite da lontano?” chiese la signora.
“E’ difficile da spiegare, ma ho parlato con lui stanotte. Voi lo conoscete?” dissi  io.
“Lui è mio figlio.” Disse la signora.
Quelle parole mi sconvolsero. Non potevo immaginare che Shido fosse il figlio di questa signora.
“Come vi chiamate?” chiese la signora.
“Io sono Iris e loro sono Aki e Urushi.” Dissi io.
“Piacere.” disse Urushi.
“Io sono Rita e mio marito si chiama Kenneth. Insieme a noi vive il fratello di mio marito che si chiama Jil. Nostro figlio si chiamava Shido ma è morto…” disse Rita.
“Quindici anni fa, lo so.” dissi io finendo la frase di lei.
“E tu come fai saperlo?” chiese lei rimanendone stupita.
“Ecco… Me lo ha detto lui.” dissi io.
“Lo ha detto lui? Questo non ha senso, lui…” disse Rita fermandosi e facendo un’espressione triste.
“Mi dispiace… Vorrei fare qualcosa per aiutarla ma capisco che è difficile.” Dissi io.
Ci fu un minuto di silenzio che sembrava essere lunghissimo. Tutti noi guardammo in basso e non dicemmo nulla. Percepii la sensazione che più stavo lì, più la situazione sembrava diventare sempre più triste.
“Ecco… Mi dispiace chiederlo, ma possiamo rimanere qui a dormire stanotte?” chiesi io.
“Eh? Oh, sì certo, con piacere. Potere mettere le vostre cose nella stanza di là.” Disse Rita indicando una stanza un po’ buia.
“Grazie.” Dissi io.
Mi tolsi dalle spalle arco e frecce e le diedi ad Aki che le andò ad appoggiare nella stanza indicata da Rita. Poco dopo lui tornò, io le dissi che saremmo andati a fare una camminata per il villaggio e lei disse che non era un problema. Ci disse anche che più tardi ci sarebbe stata la cena.
Così uscimmo di casa e girando a sinistra ci incamminammo lungo la strada. Intorno a noi passeggiavano diverse persone, ma non ci prestai molta attenzione.
“Rita era molto triste.” Dissi io.
“Già, l’ho visto anch’io.” disse Aki.
“si vede che soffre per la mancanza di Shido.” Dissi io.
“Già. Peccato che non possiamo fare nulla per aiutarla.” Disse Aki.
Continuammo a camminare per un po’ di tempo mentre io riflettei su ciò che potevamo fare. Dovevamo fare qualcosa. Ma fin da subito non mi venne in mente nulla. Anche perché era molto difficile poter sostituire l’amore e la presenza di un figlio.
Poi però mi venne in mente una cosa. quando parlai con Shido, lui mi disse che il colpevole della sua morte era lo zio. Quindi mi chiesi una cosa: se la morte di Shido e di altre era avvenuta per mano dello zio e se lui mi ha detto  che lo rifarà, quand’è che accadrà?
“In realtà ci sarebbe qualcosa che possiamo fare.” dissi io.
“Che cosa? Che cosa?” chiese Aki.
“prendere lo zio di Shido e fare in modo che non faccia del male a nessuno.” Dissi io.
“Ancora a dire queste cose. Senti, te l’ho detto prima, hai intenzione di prendere una persona sapendo di non avere nessuna idea di come fare.” disse Aki.
“Lo so, ma voglio provarci lo stesso. E poi una qualche idea mi verrà in mente.” Dissi io riprendendo a camminare.
Aki fece un lungo sospiro e dopo alcuni metri notai  che davanti a me c’era la casa di Rita.
“Eh? ma com’è possibile che questa sia la casa di Rita? Abbiamo sbagliato strada?” dissi io.
“Non credo…” disse Aki.
Proprio in quell’istante vidi due signori, uno a fianco all’altro, dirigersi verso la casa e venire dalla direzione opposta a quella da cui io stessa venivo.
“Chi sono quelle persone?” chiesi io.
“Non ne ho idea, non li ho mai visti. Però guarda, stanno entrando in casa.” disse Aki.
“Andiamo anche noi.” Dissi io.
Lui mi fece cenno di sì con la testa e ci avvicinammo verso la casa. entrammo e vidi Rita che stava cucinando.
“Oh, stavo proprio per chiamarvi. Andate pure nella stanza a fianco, tra poco servo la cena.” disse lei.
“Evviva! Avevo proprio fame!” disse Aki tutto molto contento.
Noi ci spostammo nella stanza a fianco dove trovammo seduti per terra davanti a un tavolino basso i due signori che avevamo visto entrare.
Il primo signore era di mezza età, un po’ ben messo, gli occhi e i capelli marroni, indossava pantaloni azzurri e una maglia bianca. il secondo signore invece si trovava dalla parte opposta del tavolo rispetto al primo, era un pochino ben messi anche lui, aveva i capelli e gli occhi neri, indossava una maglia e dei pantaloni fino al ginocchio di colore nero.
Mi sedetti a fianco all’uomo con i capelli marroni, Aki si mise difronte a me mentre Urushi si sedette alla mia sinistra. Rita facendo due giri mise davanti a tutti un piatto rettangolare pieno di riso arrotolato su delle fette di salmone (chiamati nigiri). Ce n’erano 12 in ogni piatto e Rita si sedette a fianco ai signori. Notai che il signore vicino ad Aki mi fissava e non staccava mai gli occhi da me. Nemmeno per mangiare.
“Itadakimasu (buon appetito in giapponese)”dicemmo tutti in coro unendo le mani davanti a noi.
“Prima di iniziare a mangiare vorrei presentarvi mio marito Kenneth e suo fratello Jil.” Disse Rita indicando prima l’uomo alla sua destra e poi a sinistra.
‘Quindi lui è lo zio di Shido…’ pensai io guardando Jil che mi fissava.
Io mangiai lentamente i miei nigiri, Urushi ne mangiò la meta di quelli che aveva sul piatto, mentre Aki li mangiò tutti in modo velocissimo. Il riso era buonissimo e, dopo averci aggiunto un po’ di salsa di soia in uno di quelli rimasti, lo misi in bocca e assaporai il buonissimo nigiri. Feci la stessa cosa per altri due o tre e, senza accorgermene, li finii tutti.
“Oh no, li ho già finiti.” Dissi io.
“Se vuoi ce ne sono altri. Li vuoi?” disse Rita.
“No, grazie. Però sono buonissimi.” Dissi io.
“È vero, sono buonissimi!” disse Aki tutto contento.
“Grazie ad entrambi.” disse Rita sorridendo.
Rimanemmo per circa un minuto in silenzio mentre notai che Jil continuava a fissarmi. Questo mi fece pensare che forse io avevo qualcosa di strano addosso e mi imbarazzò un pochino. Mi venne anche un leggero mal di testa, ma decisi di non dirlo a nessuno.
Con un tono imbarazzato dissi: “Io… io sono un po’ stanca. Scusate ma vado a dormire.”
“Eeeh? Iris sta bene?” chiese Aki.
“Sì certo, sono solo un po’ stanca.” Dissi io.
“Allora vengo anch’io.” disse Aki.
“Capisco… allora buon riposo.” Disse Rita.
“Buon riposo.” Disse Kenneth.
Così ci spostammo nella stanza in cui avevamo lasciato le nostre cose. Tirai fuori due futon, ne presi uno e lo stesi vicino ad un angolo.
“Allora io mi siederò qui e mi addormenterò a fianco a te.” Disse Aki.
“Ah… sì…” dissi io.
“Che c’è? Perché mi rispondi così? ” Chiese lui.
mi alzai in piedi e dissi: “Aki, sono sporca da qualche parte? Ho fatto qualcosa di male? ho qualcosa che non va?”
“Vediamo, hai detto delle cose strane tutto il giorno…” disse lui.
“Aki sii serio!” dissi io facendo un’espressione un po’ imbronciata.
“Okay okay. Non hai nulla che non va. Ma perché me lo chiedi?” disse lui.
“Beh, Jil è stato a fissarmi da quando abbiamo iniziato a mangiare. Non so perché mi guardava, ma mi sono sentita un po’ in imbarazzo.” Dissi io.
“Sì però adesso non lo sta facendo più. quindi rilassati e non pensarci.” Disse lui.
In quel momento entrò nella stanza Urushi che si avvicinò a noi molto tranquillamente.
“Urushi, sei qui. ti abbiamo lasciato il futon per dormire.” Dissi io.
“Grazie.” Rispose lui.
Sia io che Urushi ci infilammo nei nostri futon e ci addormentammo. Ognuno di noi riposò molto bene e avevamo un sonno molto profondo. Non ci svegliammo fino alla mattina dopo.
La prima a svegliarsi fui io grazie ad un raggio di sole che ce lo avevo proprio in faccia. Mi alzai in piedi e mi spostai nella stanza a fianco dove trovai Rita beveva un bicchiere di tè. Quando mi sedetti al tavolo, Rita si alzò in piedi, mi portò un bicchiere di tè e tornò a sedersi.
“Buongiorno, come stai?” chiese Rita.
“Sto bene, non ho più il mal di testa che avevo ieri sera.” Dissi io.
“Mi fa piacere sentirlo.” Disse lei.
“Ecco… ci sarebbe una cosa che vorrei dirle.” Dissi io.
“Sì, di cosa si tratta?” chiese lei.
“Riguarda la morte di suo figlio e di altre persone.” Dissi io. Lei fece un’espressione scioccata.
“Eh?” chiese lei.
“Shido mi ha detto chi li ha uccisi.” Dissi io. Lei ne rimase ancora più scioccata e le tremarono le mani.
“E… e chi sarebbe?” chiese lei.
“Lo zio di Shido, Jil.” Dissi io.
Lei ne rimase sconvolta, non si aspettava un’affermazione come quella che avevo detto. lei avvicinò le mani al corpo ma, senza accorgersene, lo fece cadere sul tavolino.
“M-ma che cosa ho combinato, guarda qui.” disse lei con tono spaventato.
Rimanemmo in silenzio per un paio di minuti mentre lei andò a prendere uno straccio bagnato che aveva in cucina e lo passò sulla parte del tavolo bagnato. Solo che nel momento in cui faceva questo, le sue mani tremarono molto e dovette fermarsi.
“Mi dispiace per questa notizia.” Dissi io.
“N-no, n-n-non è possibile che s-sia stato lui. Lui è una persona molto tranquilla che non farebbe mai del male a nessuno. Nemmeno a mio figlio.” Disse lei.
“Però me lo ha detto lui stesso.” Dissi io.
Rita abbassò la testa e rimase in silenzio. Nello stesso momento si avvicinò a noi Aki e Urushi che si sedettero vicino a me, poi passò per la stanza Jil che si diresse verso la porta.
“Devo andare a fare delle cose in giro per il villaggio. Non tornerò per l’ora di pranzo, ma stasera.” Disse Jil prima di aprire la porta ed uscire.
Ma nessuno, nemmeno Rita, gli diede una risposta. Quelle sue parole mi crearono molte domande nella mia testa. che cos’erano quelle cose di cui parlava? che cosa doveva fare in giro per il villaggio? E perché non doveva tornare per pranzo? Non ne avevo idea e no sapevo rispondere. La curiosità di quel momento era così forte che decisi di seguirlo.
“Ecco… anche io vorrei visitare il villaggio.” Dissi io.
“Eh? perché vuoi andarci?” chiese Aki.
“oh, ehm… sì, certo. Andate pure se volete.” Disse Rita.
“Grazie.” Dissi io.
Mi alzai in piedi quando sentimmo tutti un urlo molto forte. Questo urlo mi spaventò e allo stesso tempo mi incuriosì.
“Che cosa è successo?” chiesi io.
“Non lo so. Andiamo a vedere?” disse Rita.
“Sì.” Dissi io.
Rita si avvicinò a noi tre e notammo che tante persone corsero da destra a sinistra. Li seguimmo anche noi e, dopo aver girato a destra e poi a sinistra, trovammo tantissime persone affacciate alle due finestre e alla porta. Ci avvicinammo e passammo davanti a tutti per vedere che cos’era successo. Ma ciò che vidi sconvolse me, Aki e Urushi.
Davanti a me c’era il corpo di una ragazza steso a terra in mezzo a molto sangue. Una ragazzina che a prima vista poteva avere 18 anni. A una trentina di distanza dai piedi di lei c’era una donna, io pensavo fosse la madre, che piangeva come una disperata.
“Oh, ecco, un’altra persona morta.” Disse Rita.
“Un’altra?” chiesi io.
“Sì, l’ultima è successo sei giorni fa e anche quella volta era stata uccisa una ragazzina. Peccato che nessuno ha idea di chi sia stato, quando e chi colpirà la prossima volta.” Disse Rita.
Proprio in quel momento vidi in un angolo della finestra passare Jil con un’espressione seria in faccia. Quella sua espressione non mi piaceva, così, stando in silenzio, uscii dalla casa e mi misi a camminare seguendolo.
“Iris! Ehi Iris, dove stai andando! Iris!” disse Aki seguendomi. Ma non risposi.
Ero curiosa di sapere dove stava andando e, camminando per diverse strade, lo vidi fermarsi alcune volte ed entrare in diverse case. Noi non entrammo in nessuna di quelle, aspettammo sempre fuori. Una di quelle case aveva delle strane luci rosse al primo piano.
“Aki che posto è questo?” chiesi io.
“Non lo so, ma non voglio che ci entri.” Disse Aki.
“Mh, okay.” Dissi io.
“Perché ti sei messa ad inseguirlo?” chiese Aki.
“C’è qualcosa in lui che non mi piace. E poi mi è venuta un’ idea.” dissi io.
“Idea? Idea per cosa?” chiese Aki.
“Per prendere Jil e fargliela pagare per aver ucciso Shido.”dissi io.
“Ancora con questa storia.” Disse Aki con tono scocciato.
 Dopo un paio di minuti Jil uscì dalla casa con le strane luci rosse e per tutto il resto della giornata noi lo seguimmo. Ovviamente senza mai entrare da nessuna parte. Era strano come lui entrava ed usciva con estrema facilità dalle diverse abitazioni, e mi sarebbe tanto piaciuto sapere che cosa faceva o diceva alle persone che c’erano dentro. Non appena lui uscì dalla casa, io entrai nella casa di fronte a me e feci una domanda ad una signora che vi era dentro.
“Scusi, per caso è entrato qui il signor Jil e ha parlato con voi?” chiesi io.
“Sì esatto, è appena uscito. Lui è il capo villaggio e si prende cura di tutti, anche di quelli che hanno perso qualcuno. Perché, è successo qualcosa?” chiese la donna.
“No, nulla. Posso chiedere che cos’ha detto?” dissi io.
“Due mesi fa è stato ucciso mio figlio e lui è venuto a farmi sentire meglio e ad aiutarmi.” Disse la donna.
“Capisco, grazie.” Dissi io. Poi uscii di casa e, vedendo Jil da lontano, lo iniziai a seguire.
“Iris, Ehi, iris, fermati!” disse Aki seguendomi. Ma io non dissi nulla.
“Iris, perché le hai fatto quelle domande?” mi chiese lui.
“Per curiosità.” Dissi io camminando con passo veloce.
“Non ci credo. Beh, se non vuoi dirmelo fa lo stesso.” Disse lui.
Poco dopo feci a stessa cosa e ottenni la stessa risposta di prima. Di nuovo, una volta uscita quella casa  continuai a seguire Jil.
Feci così per tutto il pomeriggio, finché non ci ritrovammo a percorrere la strada che portava alla casa di Rita. A noi scese dl cielo e si avvicinò Urushi con le sue grandi ali nere, ma non appena appoggiò i piedi a terra nascose le sue ali.
Il primo ad entrare in casa era Jil poi entrammo noi. Non appena lui mi vide mi fece uno sguardo freddo e un’espressione seria. Quello sguardo mi spaventò, ebbi paura e rimasi immobile per alcuni secondi, ovvero quando lui tolse lo sguardo da me.
Arrivò l’ora di cena e tutti e tre, concentrati a mettere a posto delle cose nella nostra stanza, venimmo chiamati da Rita a cena e ci spostammo nella stanza a fianco. Ci sedemmo al tavolino, lei portò a tutti un bicchiere di tè verde e una ciotola piena di riso e la mangiammo tutti insieme. Durante tutta la cena io vidi che Jil mi fissava e non mi lasciava in pace.
“Hai bisogno di qualcosa da me?” chiesi io.
“Cosa? no, non ho bisogno di nulla.” Disse Jil.
“Oh… okay.” Dissi io.
Io ed Aki fummo i primi a finire il riso e bevemmo tutto d’un sorso il tè. Il tè era molto buono e dolce, mentre all’interno del riso entrambi ci trovammo all’interno del buonissimo salmone affumicato. Un paio di minuti dopo di noi finii di mangiare anche Urushi.
Una volta che finimmo, sia io che Aki ci alzammo in piedi e ci spostammo nella camera dove avevamo tutte le nostre cose. presi il futon, lo misi vicino ad un angolo e mi infilai dentro il futon. Aki invece, come la notte prima, sedette a fianco a me e parlammo un pochino prima di addormentarci.
“Aki, prima ho avuto paura.” Dissi io.
“Quando Jil ti ha guardato?” disse Aki.
“Sì, e anche quando abbiamo mangiato. Aveva uno sguardo spaventoso.” Dissi io.
“Non c’è motivo di avere paura, perché lui non ci può fare nulla.” Disse lui.
“Può darsi… va bene se domani ce ne andiamo di qui?” dissi io.
“Per me va benissimo. Quando partiamo?” chiese lui.
“Domani mattina molto presto, credo…” dissi io.
“okay. Già non vedo l’ora di partire.” Disse Aki tutto contento.
“Allora buonanotte.” Dissi io.
“Notte.” Disse Aki.
Urushi non entrò in camera nostra per tutta la notte, ma si addormentò davanti alla porta della stanza. io e Aki invece ci addormentammo e dormimmo pesante per alcune ore.
Avevo sempre avuto un sonno leggero, ma proprio nel bel mezzo della notte, quando avevo il corpo steso da una parte, sentii una strana sensazione. Mentre avevo gli occhi chiusi sentii che il mio corpo veniva girato da qualcuno a pancia in su e sentii una presenza sopra di me. Ma chi poteva essere?
Aprii gli occhi e mi terrorizzai vedendo sopra di me Jil. Lo riconobbi perché a pochi centimetri dalla mia sinistra vi era una piccola candela accesa. Lui aveva una mano sul mio collo e nell’altra mano un piccolo coltello da cucina dove la lama toccava la parte sinistra del mio collo.
Ero così terrorizzata e scioccata che non mi mossi neanche di un centimetro. Non sapevo cosa fare e come reagire a una situazione come quella in cui ero. In quel momento di panico apparve una lama affilata proveniente da destra. spostai lo sguardo e vidi che era Aki che aveva una mano appoggiata a terra, l’altra mano vicino alla faccia che teneva la spada rivolta verso Jil.
“Togli quella lama dal suo collo e allontanati da lei.” disse Aki con tono molto serio.
L’uomo non fece nulla e non si mosse. Io continuai ad avere paura e continuai a rimanere immobile. Aki invece sembrava molto arrabbiato.
“Ho detto di togliere quella lama da lei.” disse di nuovo Aki.
Pochi secondi dopo lui allontanò la lama dal mio collo e la appoggiò a terra, ma tenne la mano sul coltello, l’altra mano la lasciò attorno al mio collo. Io potei rilassarmi un pochino visto che aveva allontanato quella lama affilata e spaventosa, ma non abbastanza perché avevo ancora qualcosa sul mio collo.
“Cosa sei venuto a fare qui? E che cosa vuoi da noi?” chiese Aki.
“Che domande fredde che mi fai.” Disse Jil.
“RISPONDIMI! Che cosa sei venuto a fare!” disse Aki.
“Sono venuto uccidere voi due. Lei per prima.” Disse Jil con un enorme sorriso.
Quelle parole ci scioccarono. Non ci aspettavamo una risposta come quella e non sapevamo cosa fare. io non riuscivo a spiegarmi il perché volesse ucciderci. Perché proprio noi due?
“Perché vuoi uccidermi? T-ti ho fatto qualcosa?” chiesi io.
Lui non disse nulla e questo fece arrabbiare Aki.
“Rispondile e togli la mano da lei.” Dissi io.
Jil tolse la mano dal mio collo e ridendo disse: “La vostra presenza qui è nauseante e non meritate di vivere, come non sopportavo Shido. E non ho nemmeno sopportato tutti gli altri giovani che ho ucciso in questi anni.”
“P-perché? Perché lo hai fatto?” chiese Rita tremando e trovandosi davanti alla porta.
Anch’io me lo stavo chiedendo nella mente. Insieme a Rita c’erano diverse donne, forse erano le madri di tutti i giovani che erano morti, e ad un fianco c’era Urushi con le braccia incrociate.
“Perché lo hai fatto! Mi sono sempre fidato di te, anche tutte loro lo hanno fatto! Perché!” disse Rita scuotendosi verso di noi. Urushi e altre due donne la tennero ferma.
Jil si alzò in pedi, si rivolse verso di me e disse: “Io sono il capo villaggio e devo mantenere un certo numero di persone dentro il villaggio. Se quel numero viene superato si fa fatica a dare da mangiare a tutti. Così ho preso una decisione molto forte: uccidere coloro che sono di troppo.”
“Cosa?” disse Rita con le lacrime agli occhi. Anche le altre donne si misero a piangere prese dalla disperazione.
“Non è tutto. Iniziai con l’uccidere Shido, figlio di Rita, ma questo non mi soddisfaceva. Da quel giorni ogni tre settimane uccisi qualcuno e mi sentii sempre meglio. Ma loro mi hanno scoperto.”
“Prendetelo e portatelo via!” disse Rita.
Tre donne girarono intorno a Jil e, tenendogli stretto le braccialo portarono fuori. Tutte le altre signore che erano lì si avvicinarono a noi e ci strinsero le mani ringraziandoci.
“Grazie mille ad entrambi per ciò che avete fatto e mi dispiace se avete avuto paura. Stanotte potrete rilassarvi e dormire sonni tranquilli.” Disse Rita.
“Grazie.” Disse Aki mettendo un braccio intorno al mio collo. Dopo ciò che era successo rimasi per qualche secondo spaventata, ma poi mi rilassai.
“Domani vorremmo fare una festa per voi. Potete rimanere qui anche domani?” chiese Rita.
“Mi dispiace ma noi domani mattina dobbiamo ripartire.” Dissi io.
“Che peccato… Beh, a questo punto vi lascio dormire. Buonanotte e a domani mattina.” Disse Rita.
“Sì.” Dissi io.
Poi lei si girò e allontanò tutte le signore. Noi tre invece ci stendemmo per terra e ci addormentammo profondamente.  Questa volta Urushi dormì vicino a noi.…
Chiusi gli occhi e cercai di dormire. Per due o tre ore ci riuscii e riposai benissimo, ma poi udii un rumore. Un rumore simile ad un fruscio che durò una decina di secondi. Feci finta di nulla e, senza essermi mossa, tornai a dormire.
Ma tempo cinque o sei minuti e tornai a sentire lo stesso rumore. Così mi sedetti e mi guardai intorno per capire da dove proveniva. Vidi in lontananza una scia nel campo muoversi da una parte all’altra e più questa scia si spostava, più questa non lasciava alcun segno dietro di sé. La situazione mi sembrò molto strana e mi feci una strana domanda: com’era possibile che dov’ero passata io la traccia era rimasta, mentre quello che stavo vedendo non lasciava traccia? Non lo sapevo.
A un certo punto la scia di prima si fermò ed io, impaurita, presi in mano la spada di Aki e mi alzai in piedi rivolgendola nel punto in cui si era fermata. Le mani mi tremavano e la paura mi saliva sempre di più, non avevo idea di cosa fare.
Nel punto in cui la scia si era fermata udii un rumore di ossa che, non sapevo se era per magia o per altro, alcune si misero una sopra l’altro ed altre a fianco. Questo lo vidi per circa un minuto e non riuscivo a capire che cosa stavo vedendo finché non si venne a creare enorme scheletro.
Questo scheletro era alto cinque metri, sul lato sinistro del teschio c’era un occhio, mentre su quello destro  non c’era un occhio ma l’orbita era attraversata da una canna di bambù.
Tutto ciò che avevo appena visto sembrava sia strano sia spaventoso. Abbassai il corpo e toccai Aki per diverse volte cercando di svegliarlo.
“Aki! Aki svegliati!” dissi io.
“Mmmh… ma cosa ti è preso. Lasciami dormire…” disse lui scuotendosi e senza aprire gli occhi.
Dato che non si svegliava non insistetti tanto e, guardando dritto davanti a me, vidi che l’enorme scheletro si spostava da una parte all’altra emettendo un gran pianto.
“Aiuto! Aiuto! Aiutateci! Qualcuno ci salvi! Aiuto!” dissero diverse voci provenire dallo scheletro.
All’improvviso si fermò di fronte a me e continuava a lamentarsi. Vedere uno scheletro lamentarsi non mi era mai capitato e il tutto mi sembrò molto strano.
“Aki! Aki, dai svegliati!” dissi io scuotendolo di nuovo.
“Mmmh… Iris, ti ho detto di lasciarmi dormire.” Disse lui.
“No, devi alzarti! Forza, alzati e guarda là!” dissi io.
Lui alzò la testa, guardò nella mia stessa direzione per una decina di secondi e si appoggiò di nuovo a terra.
“Non c’è niente, quindi torna a dormire.” Disse lui.
‘Uffa, perché non mi da ascolto…” pensai io.
Mi alzai in piedi e poco per volta mi alzai allo scheletro. Avevo paura e non capivo bene che cosa stava succedendo. Ogni tre o quattro passi mi fermai, guardai lo scheletro per qualche secondo poi avanzai ancora. Questo lo feci per 6 volte, finché non ci arrivai davanti. La paura che mi potesse succedere qualcosa era altissima e sentivo il mio cuore battere fortissimo. Vidi che lo scheletro era ricolmo di tantissime luci gialle e verdi.
“Chi c’è oh, una ragazzina.” Disse lo scheletro.
“t-t-t-tu ci sei? C-che cosa sei?” chiesi io.
Dalle scheletro uscirono diversi nomi con diverse voci: “Irina… Naoki… Satoshi… Akemi… Shido… Shiro…Yoshido…” Ne sentii anche altre ma non ero in grado di capirli e non riuscivo a ricordarli tutti.
“A-a-aspetta, non ci sto capendo nulla. C-chi o c-che cosa siete?” dissi io.
“Tranquilla, non avere paura. Io sono un Gashadokuro, ma chi parla è Shido. Chiamami semplicemente Shido.” Disse lo scheletro.
“Shido… ancora non capisco. Che cos’è un Gashadokuro?” chiesi io.
“Siamo il Gashadokuro. Siamo un insieme di tante anime di diverse persone che sono state uccise.” Disse Shido.
“Uccise? Da chi? E perché uno scheletro?” chiesi io.
“In realtà queste sono le ossa del mio corpo unito a quello di tanti altri. Maschi e femmine di età simile alla mia.” Disse lui.
“Ancora non riesco a capire… età come la tua? Ma tu quanti anni hai? E come sei morto?” chiesi io.
“Io avevo vent’anni, ma oramai sono passati quindici anni da quando sono morto.” Disse lui.
“Vent’anni? Eri molto giovane. Ma cosa ti è successo?” Chiesi io.
“Sono stato ucciso alle spalle da mio zio e i corpi sono stati portati qui per poi essere abbandonati. Nessuno è mai venuto cercarmi, nemmeno i miei genitori, così con il passare del tempo il mio corpo si è ridotto a uno scheletro. Da quel giorno mio zio continuò ad uccidere altre persone e ogni tre settimane altri corpi vennero portati qui e si sono uniti al mio. Ecco cosa è successo.” Disse Shido.
“Che cattiveria… Ma come mai hai una canna di bambù in un occhio?” Chiesi io.
“Un paio di anni fa, gli abitanti del villaggio in cui abbiamo vissuto e che si trova qui vicino ci coltivavano il bambù. Una di quelle canne cresceva sotto di me e ha continuato a crescere vicino al mio occhio. Anche se ormai hanno cambiato, da quando ce l’ho ne soffro molto e per questo mi servirebbe l’aiuto di qualcuno per potermelo togliere.” Disse lui.
Mentre lo ascoltai rimasi un silenzio e poi dissi: “Ti aiuterò io! che cosa devo fare?”
“È molto semplice. io mi abbasserò alla tua altezza mentre tu dovrai prendere con le mani la canna di bambù e tirare più forte che puoi verso di te.” Disse Shido.
“Io non ho molta forza… Va bene, ci proverò.” Dissi io facendomi coraggio.
Guardai per qualche secondo nel punto in cui si trovava Aki, per vedere se si era svegliato. Non fu così e girai di nuovo la testa davanti a me. Shido invece abbassò la testa e una parte del corpo verso di me, mentre io tremai come una foglia.
“Non avere paura, va tutto bene.” disse lui cercando di farmi coraggio.
Mi avvicinai lentamente alla canna di bambù fino a prenderla con le mani. Strinsi forte e iniziai a tirare. Tirai davvero tanto ma i miei piedi grattarono la terra per 5 o 10 metri. Ci misi tutta la forza che avevo ma non sembrava cambiare nulla. Mi fermai un attimo, stesi le braccia, strinsi di più la canna di bambù e ripresi a tirare.
Per i primi 5 o 10 secondi i miei piedi tornarono a grattare la terra nello stesso modo, ma poi iniziò ad uscire qualcosa dal suo occhio. Uscì poco per volta mentre io stavo facendo una fatica enorme.
All’improvviso, con l’ultimo tiro da parte mia, riuscii a far venire fuori tutta la canna di bambù. Ben 35 centimetri della canna era incastrata in mezzo al teschio e avevo un gran fiatone dovuto allo sforzo che avevo fatto.
Lui si alzò in piedi e mosse la testa in tutte le direzioni.
“Grazie mille per avermi liberato. Ora sto molto meglio.” disse lo scheletro con la voce di Shido.
“Grazie… Grazie…Grazie… Grazie… Grazie…” dissero diverse voci, sempre provenienti dallo scheletro.
“Voglio fare in modo che la vostra morte non sia vana. Vorrei che lo zio di Shido la paghi per tutto ciò che ha fatto.” Dissi io.
“Lo vorremmo anche noi, ma l’unico modo sarebbe quello di coglierlo mentre uccide qualcuno. In quel momento bisognerebbe prenderlo e fargliela pagare, però è molto difficile coglierlo sul fatto perché lui sta attento a qualsiasi cosa.” Dissero una voce maschile e una voce femminile.
“Sì, ma devo fare lo stesso qualcosa. Come si chiama il villaggio più vicino e quanto tempo ci vuole per arrivarci?” Chiesi io.
“Il villaggio più vicino si chiama Taisho e ci vuole circa un’ora di camminata per arrivarci. Si trova in direzione di quegli alberi.” Disse una voce femminile indicando nella direzione di Aki.
“Okay… Adesso vado a dormire e vedrò di trovare un modo per poter incastrare lo zio di Shido. Grazie per tutto ciò che mi avete detto.” dissi io.
Mi girai a destra  e iniziai a correre verso Aki. a metà strada mi fermai e mi girai a salutare lo scheletro. Una volta arrivata dove si trovava Aki, mi sedetti per terra e mi coricai su un lato del corpo cercando di dormire. Ci riuscii anche se durò poco.
Dormii solo  ore e venni svegliata dalla luce del sole. Mi ritrovai con il corpo steso a pancia in su, con la mano destra sugli occhi, l’altro braccio e le gambe erano distese per terra.
Spostai in alto la mano e, dopo un primo bagliore agli occhi, vidi diversi uomini di diversa età fissarci. Subito mi spaventai e alzai di scatto la schiena. Con una mano scossi forte Aki finché lui non si svegliò girandosi verso di me. Guardò davanti a sé e anche lui si spaventò e si sedette di scatto.
Gli uomini che avevamo davanti avevano diverse età e tra le mani avevano tutti un oggetto in legno e piuttosto affilato da un lato. Rimanemmo tutti in silenzio per circa un minuto. Io e Aki ci alzammo di scatto in piedi ed io mi misi dietro di lui.
“Chi siete? E che cosa volete?” chiese Aki. ma nessuno di loro rispose.
“Allora, che siete! Rispondete!” disse di nuovo Aki.
“Questo lo dovremmo chiedere noi.” Disse un uomo muovendosi tra gli uomini e avvicinandosi a noi. Sembrava essere il più anziano di tutti.
“Noi siamo dei semplici viaggiatori e ci siamo fermati per la notte. Però non sappiamo dove ci troviamo… E voi chi siete?” chiese Aki.
“Siamo vicino al villaggio Taisho, che è da dove noi veniamo e questo è il nostro campo di grano.” Disse l’uomo di prima.
‘Un campo di grano?’ pensai io.
“Già, il nostro campo di grano. Avete dormito qui e guardate che cosa avete fatto!” disse un uomo di giovane età con tono arrabbiato. Era il più giovane tra tutti.
“M-mi dispiace molto per ciò che abbiamo fatto. Adesso ce ne andiamo.” Dissi io.
Io e Aki iniziammo a camminare all’indietro.
“Ecco bravi, andate via da qui.” disse l’uomo giovane di prima.
Dopo quelle parole noi ci girammo e iniziammo a camminare. Lo facemmo per due o tre metri, poi ci mettemmo a correre fino ad arrivare sotto un albero. Una volta che ci eravamo fermati di correre, entrambi ci mettemmo a ridere e dopo un paio di minuti ci raggiunse Urushi venendo da un cespuglio.
“E tu da dove spunti fuori?” chiese Aki. Urushi non gli rispose, così lui disse: “Beh, se non vuoi dirmelo fa lo stesso. Forza, andiamo.”
Iniziammo a camminare restando in silenzio. Con il passare del tempo mi ci stavo abituando a stare in silenzio, quando notai che Aki mi stava fissando. La cosa mi sembrò un po’ strana e pensai cosa poteva essere successo per fissarmi a lungo e per diverse volte. Ma non mi veniva nessuna ragione in mente.
“Aki, che cos’hai? Perché mi fissi in quel modo? Ho qualcosa di strano?” chiesi io.
“No, non hai nulla. Però…” disse lui.
“Però cosa?” chiese Urushi.
“Iris, come stai? Hai dormito bene stanotte?” chiese Aki.
“Beh, ho dormito poco, però sto bene. Ma perché mi fai queste domande?” risposi io.
“Stanotte mi hai svegliato perché volevi che guardassi qualcosa, ma non ho visto nulla. Per questo voglio chiederti: che cosa volevi farmi vedere?” chiese Aki.
“Beh, è successa una cosa che non ci crederesti se te lo dicessi.” Dissi io.
“Eh? Che cos’è? Dai dimmelo, dimmelo, dimmelo!!” disse Aki tutto curioso e camminando all’indietro davanti a me.
Io sospirai, aspettai un attimo e gli dissi: “Ho incontrato un Gashadokuro e ho parlato con lui.”
“Un che?” chiese Aki guardandomi in modo strano.
“Ti spiegherò tutto. Un Gashadokuro è…” dissi io. Così gli spiegai tutto ciò che mi era capitato, ma lui sembrava diventare sempre più confuso.
“Non ho capito molto, ma non ci credo che è successo tutto quello che hai detto.” disse Aki.
“Ma è vero! E Shido mi ha detto che devo andare nel villaggio e fare in modo che non succeda di nuovo.” Dissi io.
“Sì, certo.” Disse Aki.
“Certo che sei strana. Però io ti credo.” Disse Urushi.
“Io non sono strana e quello che vi ho detto è ciò che è successo! E io voglio fare qualcosa per Shido e tutti quelli che sono morti come lui!” Dissi io.
“E mi dici come vuoi fare? Per quel che ne so tu non ne hai la minima idea e non sea nemmeno com’è lo zio di questo Shido.” Disse Aki.
Io misi la mano a pugno davanti a me, alzai l’indice e aprii la bocca per dire qualcosa. Ma la richiusi pochi secondi dopo perché mi accorsi che non potevo dire nulla, così pensai ad un’idea.
All’improvviso mi venne in mente qualcosa e aprii di nuovo la bocca per dirla, ma mi accorsi che non poteva avere tanto senso come idea. Chiusi la bocca e abbassai la mano.
Proprio in quel momento mi accorsi che Aki aveva ragione nel dire che non sapevo cosa fare. Ed era anche vero che io non sapevo che aspetto aveva lo zio. E nemmeno Shido me lo aveva detto quando avevamo parlato.
“Mi dispiace, ma nemmeno tu hai idea di cosa fare. Ammettilo che tutto ciò che hai detto prima non era vero e che non intendi fare ciò che hai detto.” disse Aki mettendo una mano sulla mia spalla.
Io mi rifiutare di accettare ciò che lui aveva detto. tolsi con espressione seria la sua mano da me e camminando gli dissi: “No, io lo farò. A costa di farlo anche da sola, ma lo farò.”
Dopo solo alcuni metri Aki e Urushi mi raggiunsero e continuammo ad avanzare. Ero arrabbiata perché lui non mi credeva e mi aveva detto di non fare nulla. Mi aveva detto di non aiutare delle persone che avevano bisogno e io mi rifiutai di accettarlo.
Mentre camminavo pensai a  cosa potevo fare per aiutare Shido. Ci pensai a lungo quando Aki disse qualcosa.
“Guarda, siamo vicino ad un villaggio!” disse Aki indicando dritto davanti a noi.
Non gli risposi perché ero ancora arrabbiata con lui.
“Dai Iris, non essere arrabbiata. Scusami se ho detto qualcosa che non ti è piaciuto.” Disse Aki.
Quando entrammo nel villaggio notai che alcune case erano completamente chiuse, mentre altre avevano le finestre aperte e le porte chiuse. Per strada c’erano delle persone che camminavano per strada, ma erano poche rispetto ai villaggi in cui eravamo rimasti.
Davanti a me vidi dei  piccoli e strani fuochi di colore azzurro. Erano tanti, uno dietro l’altro e distanti 30 o 40 centimetri. Mi chiesi nella mia mente come mai quel fuoco era sospeso in aria invece di essere a terra come tutti quei fuochi che avevo sempre visto. Pur non avendo una risposta sentii una voce sottile che continuava a dire la stessa cosa.
“Seguici… Seguici…” disse la voce.
“Aki, l’hai sentita anche ti quella voce?” chiesi io.
“Voce? Quale voce? Io non sento nulla.” Disse lui.
Sentii di nuovo quella voce e decisi di avvicinarmi al primo fuoco che vedevo davanti a me.
“Ehi Iris, dove stai andando?” chiese Aki.
Ma io non risposi, ero concentrata a raggiungere il fuoco. Non capivo che cos’era ed ero curiosa di capire come mai ripeteva più volte quella parola. Ero molto curiosa e dopo qualche metro mi trovai davanti al piccolo fuocherello. Mi fermai, allungai la mano cercando di toccarlo ma a pochissimi centimetri di distanza questo sparì nel nulla. Sparì lasciandomi ancora una volta alla stessa distanza di prima da un altro fuoco azzurro.
“Eh? eppure pensavo di averlo preso…” dissi io.
“ma che stai dicendo? Preso che cosa?” chiese Aki.
“Il fuoco che era qui non c’è più e adesso ce n’è uno là davanti.” Dissi io.
“Fuoco azzurro? Iris non capisco che cosa stai dicendo. Io non vedo nulla e penso che tu ti stai immaginando tutto, proprio come quello che mi hai detto prima su quel Shido.” Disse Aki.
“Io non sto inventando nulla!” dissi io.
Continuai a camminare inseguendo quello strano fuoco, ma ogni volta che mi avvicinavo e allungavo la mano, questo spariva davanti ai miei occhi. Non riuscivo a darmi una spiegazione del perché succedeva questo, ma continuai a seguirli.
Senza accorgermene avanzai di 50 metri circa, girai a sinistra, a destra e di nuovo a sinistra. Percorsi una ventina di metri quando notai che l’ultimo fuoco era situato davanti alla porta di una casa.
Mi avvicinai alla finestra per vedere se c’era qualcuno, ma non vidi nessuno.
“E adesso che cosa vuoi fare?” chiese Aki.
“Non ne ho idea, però è strano che quei fuochi mi hanno indicato questo posto se non c’è nessuno.” Dissi io.
Rimanemmo fermi per qualche secondo quando alla mia destra udii una voce femminile.
“Chi siete? E che cosa ci fate davanti a casa mia?” disse la voce.
Girai la testa e vidi una donna di età intorno ai 35 anni. Era alta, magra, aveva i capelli marroni ed era lontano un paio di metri da noi tre.
Lei si avvicinò mentre io dissi: “Ah, ehm… noi non vogliamo fare nulla di male.”
“Oh, bene.” disse la signora davanti alla porta.
“Scusa, come si chiama questo villaggio?” chiese Aki.
“Questo è il villaggio Taisho.” Disse la donna.
“Un certo Taisho mi ha parlato di questo villaggio e degli strani fuochi azzurri mi hanno portato in questa casa.” dissi io.
Mentre io parlai lei ne rimase immobile per alcuni secondi, ma non appena finii lei si guardò intorno tre volte. Poi aprì la porta e ci invitò ad entrare.
“Non posso parlare qui fuori. Venite dentro per favore.” Disse la signora.
Aveva un tono serio e triste. Entrò prima lei nella stanza e poi lo facemmo noi tre. Lei non ci guardò nemmeno una volta e non disse nemmeno una parola. Ci fece camminare dritto per un paio di metri facendoci poi sedere per terra mentre lei portò una scodella di t+ verde per tutti e quattro.
“Non vi ho visto in questo villaggio. Siete nuovi? Da dove venite?” chiese la signora.
“Siamo appena arrivati e veniamo da un villaggio molto lontano.” Disse Aki.
“Allora ditemi, come fate a sapere di Shido?” chiese lei.
“Io non lo conosco, ma lei sì.” Disse Aki.
“Beh, come fai a sapere di lui se venite da lontano?” chiese la signora.
“E’ difficile da spiegare, ma ho parlato con lui stanotte. Voi lo conoscete?” dissi  io.
“Lui è mio figlio.” Disse la signora.
Quelle parole mi sconvolsero. Non potevo immaginare che Shido fosse il figlio di questa signora.
“Come vi chiamate?” chiese la signora.
“Io sono Iris e loro sono Aki e Urushi.” Dissi io.
“Piacere.” disse Urushi.
“Io sono Rita e mio marito si chiama Kenneth. Insieme a noi vive il fratello di mio marito che si chiama Jil. Nostro figlio si chiamava Shido ma è morto…” disse Rita.
“Quindici anni fa, lo so.” dissi io finendo la frase di lei.
“E tu come fai saperlo?” chiese lei rimanendone stupita.
“Ecco… Me lo ha detto lui.” dissi io.
“Lo ha detto lui? Questo non ha senso, lui…” disse Rita fermandosi e facendo un’espressione triste.
“Mi dispiace… Vorrei fare qualcosa per aiutarla ma capisco che è difficile.” Dissi io.
Ci fu un minuto di silenzio che sembrava essere lunghissimo. Tutti noi guardammo in basso e non dicemmo nulla. Percepii la sensazione che più stavo lì, più la situazione sembrava diventare sempre più triste.
“Ecco… Mi dispiace chiederlo, ma possiamo rimanere qui a dormire stanotte?” chiesi io.
“Eh? Oh, sì certo, con piacere. Potere mettere le vostre cose nella stanza di là.” Disse Rita indicando una stanza un po’ buia.
“Grazie.” Dissi io.
Mi tolsi dalle spalle arco e frecce e le diedi ad Aki che le andò ad appoggiare nella stanza indicata da Rita. Poco dopo lui tornò, io le dissi che saremmo andati a fare una camminata per il villaggio e lei disse che non era un problema. Ci disse anche che più tardi ci sarebbe stata la cena.
Così uscimmo di casa e girando a sinistra ci incamminammo lungo la strada. Intorno a noi passeggiavano diverse persone, ma non ci prestai molta attenzione.
“Rita era molto triste.” Dissi io.
“Già, l’ho visto anch’io.” disse Aki.
“si vede che soffre per la mancanza di Shido.” Dissi io.
“Già. Peccato che non possiamo fare nulla per aiutarla.” Disse Aki.
Continuammo a camminare per un po’ di tempo mentre io riflettei su ciò che potevamo fare. Dovevamo fare qualcosa. Ma fin da subito non mi venne in mente nulla. Anche perché era molto difficile poter sostituire l’amore e la presenza di un figlio.
Poi però mi venne in mente una cosa. quando parlai con Shido, lui mi disse che il colpevole della sua morte era lo zio. Quindi mi chiesi una cosa: se la morte di Shido e di altre era avvenuta per mano dello zio e se lui mi ha detto  che lo rifarà, quand’è che accadrà?
“In realtà ci sarebbe qualcosa che possiamo fare.” dissi io.
“Che cosa? Che cosa?” chiese Aki.
“prendere lo zio di Shido e fare in modo che non faccia del male a nessuno.” Dissi io.
“Ancora a dire queste cose. Senti, te l’ho detto prima, hai intenzione di prendere una persona sapendo di non avere nessuna idea di come fare.” disse Aki.
“Lo so, ma voglio provarci lo stesso. E poi una qualche idea mi verrà in mente.” Dissi io riprendendo a camminare.
Aki fece un lungo sospiro e dopo alcuni metri notai  che davanti a me c’era la casa di Rita.
“Eh? ma com’è possibile che questa sia la casa di Rita? Abbiamo sbagliato strada?” dissi io.
“Non credo…” disse Aki.
Proprio in quell’istante vidi due signori, uno a fianco all’altro, dirigersi verso la casa e venire dalla direzione opposta a quella da cui io stessa venivo.
“Chi sono quelle persone?” chiesi io.
“Non ne ho idea, non li ho mai visti. Però guarda, stanno entrando in casa.” disse Aki.
“Andiamo anche noi.” Dissi io.
Lui mi fece cenno di sì con la testa e ci avvicinammo verso la casa. entrammo e vidi Rita che stava cucinando.
“Oh, stavo proprio per chiamarvi. Andate pure nella stanza a fianco, tra poco servo la cena.” disse lei.
“Evviva! Avevo proprio fame!” disse Aki tutto molto contento.
Noi ci spostammo nella stanza a fianco dove trovammo seduti per terra davanti a un tavolino basso i due signori che avevamo visto entrare.
Il primo signore era di mezza età, un po’ ben messo, gli occhi e i capelli marroni, indossava pantaloni azzurri e una maglia bianca. il secondo signore invece si trovava dalla parte opposta del tavolo rispetto al primo, era un pochino ben messi anche lui, aveva i capelli e gli occhi neri, indossava una maglia e dei pantaloni fino al ginocchio di colore nero.
Mi sedetti a fianco all’uomo con i capelli marroni, Aki si mise difronte a me mentre Urushi si sedette alla mia sinistra. Rita facendo due giri mise davanti a tutti un piatto rettangolare pieno di riso arrotolato su delle fette di salmone (chiamati nigiri). Ce n’erano 12 in ogni piatto e Rita si sedette a fianco ai signori. Notai che il signore vicino ad Aki mi fissava e non staccava mai gli occhi da me. Nemmeno per mangiare.
“Itadakimasu (buon appetito in giapponese)”dicemmo tutti in coro unendo le mani davanti a noi.
“Prima di iniziare a mangiare vorrei presentarvi mio marito Kenneth e suo fratello Jil.” Disse Rita indicando prima l’uomo alla sua destra e poi a sinistra.
‘Quindi lui è lo zio di Shido…’ pensai io guardando Jil che mi fissava.
Io mangiai lentamente i miei nigiri, Urushi ne mangiò la meta di quelli che aveva sul piatto, mentre Aki li mangiò tutti in modo velocissimo. Il riso era buonissimo e, dopo averci aggiunto un po’ di salsa di soia in uno di quelli rimasti, lo misi in bocca e assaporai il buonissimo nigiri. Feci la stessa cosa per altri due o tre e, senza accorgermene, li finii tutti.
“Oh no, li ho già finiti.” Dissi io.
“Se vuoi ce ne sono altri. Li vuoi?” disse Rita.
“No, grazie. Però sono buonissimi.” Dissi io.
“È vero, sono buonissimi!” disse Aki tutto contento.
“Grazie ad entrambi.” disse Rita sorridendo.
Rimanemmo per circa un minuto in silenzio mentre notai che Jil continuava a fissarmi. Questo mi fece pensare che forse io avevo qualcosa di strano addosso e mi imbarazzò un pochino. Mi venne anche un leggero mal di testa, ma decisi di non dirlo a nessuno.
Con un tono imbarazzato dissi: “Io… io sono un po’ stanca. Scusate ma vado a dormire.”
“Eeeh? Iris sta bene?” chiese Aki.
“Sì certo, sono solo un po’ stanca.” Dissi io.
“Allora vengo anch’io.” disse Aki.
“Capisco… allora buon riposo.” Disse Rita.
“Buon riposo.” Disse Kenneth.
Così ci spostammo nella stanza in cui avevamo lasciato le nostre cose. Tirai fuori due futon, ne presi uno e lo stesi vicino ad un angolo.
“Allora io mi siederò qui e mi addormenterò a fianco a te.” Disse Aki.
“Ah… sì…” dissi io.
“Che c’è? Perché mi rispondi così? ” Chiese lui.
mi alzai in piedi e dissi: “Aki, sono sporca da qualche parte? Ho fatto qualcosa di male? ho qualcosa che non va?”
“Vediamo, hai detto delle cose strane tutto il giorno…” disse lui.
“Aki sii serio!” dissi io facendo un’espressione un po’ imbronciata.
“Okay okay. Non hai nulla che non va. Ma perché me lo chiedi?” disse lui.
“Beh, Jil è stato a fissarmi da quando abbiamo iniziato a mangiare. Non so perché mi guardava, ma mi sono sentita un po’ in imbarazzo.” Dissi io.
“Sì però adesso non lo sta facendo più. quindi rilassati e non pensarci.” Disse lui.
In quel momento entrò nella stanza Urushi che si avvicinò a noi molto tranquillamente.
“Urushi, sei qui. ti abbiamo lasciato il futon per dormire.” Dissi io.
“Grazie.” Rispose lui.
Sia io che Urushi ci infilammo nei nostri futon e ci addormentammo. Ognuno di noi riposò molto bene e avevamo un sonno molto profondo. Non ci svegliammo fino alla mattina dopo.
La prima a svegliarsi fui io grazie ad un raggio di sole che ce lo avevo proprio in faccia. Mi alzai in piedi e mi spostai nella stanza a fianco dove trovai Rita beveva un bicchiere di tè. Quando mi sedetti al tavolo, Rita si alzò in piedi, mi portò un bicchiere di tè e tornò a sedersi.
“Buongiorno, come stai?” chiese Rita.
“Sto bene, non ho più il mal di testa che avevo ieri sera.” Dissi io.
“Mi fa piacere sentirlo.” Disse lei.
“Ecco… ci sarebbe una cosa che vorrei dirle.” Dissi io.
“Sì, di cosa si tratta?” chiese lei.
“Riguarda la morte di suo figlio e di altre persone.” Dissi io. Lei fece un’espressione scioccata.
“Eh?” chiese lei.
“Shido mi ha detto chi li ha uccisi.” Dissi io. Lei ne rimase ancora più scioccata e le tremarono le mani.
“E… e chi sarebbe?” chiese lei.
“Lo zio di Shido, Jil.” Dissi io.
Lei ne rimase sconvolta, non si aspettava un’affermazione come quella che avevo detto. lei avvicinò le mani al corpo ma, senza accorgersene, lo fece cadere sul tavolino.
“M-ma che cosa ho combinato, guarda qui.” disse lei con tono spaventato.
Rimanemmo in silenzio per un paio di minuti mentre lei andò a prendere uno straccio bagnato che aveva in cucina e lo passò sulla parte del tavolo bagnato. Solo che nel momento in cui faceva questo, le sue mani tremarono molto e dovette fermarsi.
“Mi dispiace per questa notizia.” Dissi io.
“N-no, n-n-non è possibile che s-sia stato lui. Lui è una persona molto tranquilla che non farebbe mai del male a nessuno. Nemmeno a mio figlio.” Disse lei.
“Però me lo ha detto lui stesso.” Dissi io.
Rita abbassò la testa e rimase in silenzio. Nello stesso momento si avvicinò a noi Aki e Urushi che si sedettero vicino a me, poi passò per la stanza Jil che si diresse verso la porta.
“Devo andare a fare delle cose in giro per il villaggio. Non tornerò per l’ora di pranzo, ma stasera.” Disse Jil prima di aprire la porta ed uscire.
Ma nessuno, nemmeno Rita, gli diede una risposta. Quelle sue parole mi crearono molte domande nella mia testa. che cos’erano quelle cose di cui parlava? che cosa doveva fare in giro per il villaggio? E perché non doveva tornare per pranzo? Non ne avevo idea e no sapevo rispondere. La curiosità di quel momento era così forte che decisi di seguirlo.
“Ecco… anche io vorrei visitare il villaggio.” Dissi io.
“Eh? perché vuoi andarci?” chiese Aki.
“oh, ehm… sì, certo. Andate pure se volete.” Disse Rita.
“Grazie.” Dissi io.
Mi alzai in piedi quando sentimmo tutti un urlo molto forte. Questo urlo mi spaventò e allo stesso tempo mi incuriosì.
“Che cosa è successo?” chiesi io.
“Non lo so. Andiamo a vedere?” disse Rita.
“Sì.” Dissi io.
Rita si avvicinò a noi tre e notammo che tante persone corsero da destra a sinistra. Li seguimmo anche noi e, dopo aver girato a destra e poi a sinistra, trovammo tantissime persone affacciate alle due finestre e alla porta. Ci avvicinammo e passammo davanti a tutti per vedere che cos’era successo. Ma ciò che vidi sconvolse me, Aki e Urushi.
Davanti a me c’era il corpo di una ragazza steso a terra in mezzo a molto sangue. Una ragazzina che a prima vista poteva avere 18 anni. A una trentina di distanza dai piedi di lei c’era una donna, io pensavo fosse la madre, che piangeva come una disperata.
“Oh, ecco, un’altra persona morta.” Disse Rita.
“Un’altra?” chiesi io.
“Sì, l’ultima è successo sei giorni fa e anche quella volta era stata uccisa una ragazzina. Peccato che nessuno ha idea di chi sia stato, quando e chi colpirà la prossima volta.” Disse Rita.
Proprio in quel momento vidi in un angolo della finestra passare Jil con un’espressione seria in faccia. Quella sua espressione non mi piaceva, così, stando in silenzio, uscii dalla casa e mi misi a camminare seguendolo.
“Iris! Ehi Iris, dove stai andando! Iris!” disse Aki seguendomi. Ma non risposi.
Ero curiosa di sapere dove stava andando e, camminando per diverse strade, lo vidi fermarsi alcune volte ed entrare in diverse case. Noi non entrammo in nessuna di quelle, aspettammo sempre fuori. Una di quelle case aveva delle strane luci rosse al primo piano.
“Aki che posto è questo?” chiesi io.
“Non lo so, ma non voglio che ci entri.” Disse Aki.
“Mh, okay.” Dissi io.
“Perché ti sei messa ad inseguirlo?” chiese Aki.
“C’è qualcosa in lui che non mi piace. E poi mi è venuta un’ idea.” dissi io.
“Idea? Idea per cosa?” chiese Aki.
“Per prendere Jil e fargliela pagare per aver ucciso Shido.”dissi io.
“Ancora con questa storia.” Disse Aki con tono scocciato.
 Dopo un paio di minuti Jil uscì dalla casa con le strane luci rosse e per tutto il resto della giornata noi lo seguimmo. Ovviamente senza mai entrare da nessuna parte. Era strano come lui entrava ed usciva con estrema facilità dalle diverse abitazioni, e mi sarebbe tanto piaciuto sapere che cosa faceva o diceva alle persone che c’erano dentro. Non appena lui uscì dalla casa, io entrai nella casa di fronte a me e feci una domanda ad una signora che vi era dentro.
“Scusi, per caso è entrato qui il signor Jil e ha parlato con voi?” chiesi io.
“Sì esatto, è appena uscito. Lui è il capo villaggio e si prende cura di tutti, anche di quelli che hanno perso qualcuno. Perché, è successo qualcosa?” chiese la donna.
“No, nulla. Posso chiedere che cos’ha detto?” dissi io.
“Due mesi fa è stato ucciso mio figlio e lui è venuto a farmi sentire meglio e ad aiutarmi.” Disse la donna.
“Capisco, grazie.” Dissi io. Poi uscii di casa e, vedendo Jil da lontano, lo iniziai a seguire.
“Iris, Ehi, iris, fermati!” disse Aki seguendomi. Ma io non dissi nulla.
“Iris, perché le hai fatto quelle domande?” mi chiese lui.
“Per curiosità.” Dissi io camminando con passo veloce.
“Non ci credo. Beh, se non vuoi dirmelo fa lo stesso.” Disse lui.
Poco dopo feci a stessa cosa e ottenni la stessa risposta di prima. Di nuovo, una volta uscita quella casa  continuai a seguire Jil.
Feci così per tutto il pomeriggio, finché non ci ritrovammo a percorrere la strada che portava alla casa di Rita. A noi scese dl cielo e si avvicinò Urushi con le sue grandi ali nere, ma non appena appoggiò i piedi a terra nascose le sue ali.
Il primo ad entrare in casa era Jil poi entrammo noi. Non appena lui mi vide mi fece uno sguardo freddo e un’espressione seria. Quello sguardo mi spaventò, ebbi paura e rimasi immobile per alcuni secondi, ovvero quando lui tolse lo sguardo da me.
Arrivò l’ora di cena e tutti e tre, concentrati a mettere a posto delle cose nella nostra stanza, venimmo chiamati da Rita a cena e ci spostammo nella stanza a fianco. Ci sedemmo al tavolino, lei portò a tutti un bicchiere di tè verde e una ciotola piena di riso e la mangiammo tutti insieme. Durante tutta la cena io vidi che Jil mi fissava e non mi lasciava in pace.
“Hai bisogno di qualcosa da me?” chiesi io.
“Cosa? no, non ho bisogno di nulla.” Disse Jil.
“Oh… okay.” Dissi io.
Io ed Aki fummo i primi a finire il riso e bevemmo tutto d’un sorso il tè. Il tè era molto buono e dolce, mentre all’interno del riso entrambi ci trovammo all’interno del buonissimo salmone affumicato. Un paio di minuti dopo di noi finii di mangiare anche Urushi.
Una volta che finimmo, sia io che Aki ci alzammo in piedi e ci spostammo nella camera dove avevamo tutte le nostre cose. presi il futon, lo misi vicino ad un angolo e mi infilai dentro il futon. Aki invece, come la notte prima, sedette a fianco a me e parlammo un pochino prima di addormentarci.
“Aki, prima ho avuto paura.” Dissi io.
“Quando Jil ti ha guardato?” disse Aki.
“Sì, e anche quando abbiamo mangiato. Aveva uno sguardo spaventoso.” Dissi io.
“Non c’è motivo di avere paura, perché lui non ci può fare nulla.” Disse lui.
“Può darsi… va bene se domani ce ne andiamo di qui?” dissi io.
“Per me va benissimo. Quando partiamo?” chiese lui.
“Domani mattina molto presto, credo…” dissi io.
“okay. Già non vedo l’ora di partire.” Disse Aki tutto contento.
“Allora buonanotte.” Dissi io.
“Notte.” Disse Aki.
Urushi non entrò in camera nostra per tutta la notte, ma si addormentò davanti alla porta della stanza. io e Aki invece ci addormentammo e dormimmo pesante per alcune ore.
Avevo sempre avuto un sonno leggero, ma proprio nel bel mezzo della notte, quando avevo il corpo steso da una parte, sentii una strana sensazione. Mentre avevo gli occhi chiusi sentii che il mio corpo veniva girato da qualcuno a pancia in su e sentii una presenza sopra di me. Ma chi poteva essere?
Aprii gli occhi e mi terrorizzai vedendo sopra di me Jil. Lo riconobbi perché a pochi centimetri dalla mia sinistra vi era una piccola candela accesa. Lui aveva una mano sul mio collo e nell’altra mano un piccolo coltello da cucina dove la lama toccava la parte sinistra del mio collo.
Ero così terrorizzata e scioccata che non mi mossi neanche di un centimetro. Non sapevo cosa fare e come reagire a una situazione come quella in cui ero. In quel momento di panico apparve una lama affilata proveniente da destra. spostai lo sguardo e vidi che era Aki che aveva una mano appoggiata a terra, l’altra mano vicino alla faccia che teneva la spada rivolta verso Jil.
“Togli quella lama dal suo collo e allontanati da lei.” disse Aki con tono molto serio.
L’uomo non fece nulla e non si mosse. Io continuai ad avere paura e continuai a rimanere immobile. Aki invece sembrava molto arrabbiato.
“Ho detto di togliere quella lama da lei.” disse di nuovo Aki.
Pochi secondi dopo lui allontanò la lama dal mio collo e la appoggiò a terra, ma tenne la mano sul coltello, l’altra mano la lasciò attorno al mio collo. Io potei rilassarmi un pochino visto che aveva allontanato quella lama affilata e spaventosa, ma non abbastanza perché avevo ancora qualcosa sul mio collo.
“Cosa sei venuto a fare qui? E che cosa vuoi da noi?” chiese Aki.
“Che domande fredde che mi fai.” Disse Jil.
“RISPONDIMI! Che cosa sei venuto a fare!” disse Aki.
“Sono venuto uccidere voi due. Lei per prima.” Disse Jil con un enorme sorriso.
Quelle parole ci scioccarono. Non ci aspettavamo una risposta come quella e non sapevamo cosa fare. io non riuscivo a spiegarmi il perché volesse ucciderci. Perché proprio noi due?
“Perché vuoi uccidermi? T-ti ho fatto qualcosa?” chiesi io.
Lui non disse nulla e questo fece arrabbiare Aki.
“Rispondile e togli la mano da lei.” Dissi io.
Jil tolse la mano dal mio collo e ridendo disse: “La vostra presenza qui è nauseante e non meritate di vivere, come non sopportavo Shido. E non ho nemmeno sopportato tutti gli altri giovani che ho ucciso in questi anni.”
“P-perché? Perché lo hai fatto?” chiese Rita tremando e trovandosi davanti alla porta.
Anch’io me lo stavo chiedendo nella mente. Insieme a Rita c’erano diverse donne, forse erano le madri di tutti i giovani che erano morti, e ad un fianco c’era Urushi con le braccia incrociate.
“Perché lo hai fatto! Mi sono sempre fidato di te, anche tutte loro lo hanno fatto! Perché!” disse Rita scuotendosi verso di noi. Urushi e altre due donne la tennero ferma.
Jil si alzò in pedi, si rivolse verso di me e disse: “Io sono il capo villaggio e devo mantenere un certo numero di persone dentro il villaggio. Se quel numero viene superato si fa fatica a dare da mangiare a tutti. Così ho preso una decisione molto forte: uccidere coloro che sono di troppo.”
“Cosa?” disse Rita con le lacrime agli occhi. Anche le altre donne si misero a piangere prese dalla disperazione.
“Non è tutto. Iniziai con l’uccidere Shido, figlio di Rita, ma questo non mi soddisfaceva. Da quel giorni ogni tre settimane uccisi qualcuno e mi sentii sempre meglio. Ma loro mi hanno scoperto.”
“Prendetelo e portatelo via!” disse Rita.
Tre donne girarono intorno a Jil e, tenendogli stretto le braccialo portarono fuori. Tutte le altre signore che erano lì si avvicinarono a noi e ci strinsero le mani ringraziandoci.
“Grazie mille ad entrambi per ciò che avete fatto e mi dispiace se avete avuto paura. Stanotte potrete rilassarvi e dormire sonni tranquilli.” Disse Rita.
“Grazie.” Disse Aki mettendo un braccio intorno al mio collo. Dopo ciò che era successo rimasi per qualche secondo spaventata, ma poi mi rilassai.
“Domani vorremmo fare una festa per voi. Potete rimanere qui anche domani?” chiese Rita.
“Mi dispiace ma noi domani mattina dobbiamo ripartire.” Dissi io.
“Che peccato… Beh, a questo punto vi lascio dormire. Buonanotte e a domani mattina.” Disse Rita.
“Sì.” Dissi io.
Poi lei si girò e allontanò tutte le signore. Noi tre invece ci stendemmo per terra e ci addormentammo profondamente.  Questa volta Urushi dormì vicino a noi.
   
 
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