Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: armen66    22/09/2019    0 recensioni
Questa storia partecipa alla challenge Anime Gemelle/ Soulmates del Giardino di Efp. Prompt 3, uno nasce l'altro muore (non proprio letteralmente)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Eddard Stark, Nymeria, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lontano  dalla Casa l’uomo provava una nuova forma di libertà, aveva il controllo della sua vita e allo stesso tempo era insicuro di quello che sarebbe stato il suo destino:  sapeva soltanto che doveva andare da Arya Stark a Winterfell.
Sulla sponda del lago di ghiaccio che si estendeva davanti a se l’uomo chiuse gli occhi per entrare in contatto  con   Stark  nel mondo da cui nessuno tornava e sentì il tocco  del vento attorno alla sua testa.
Riaperti gli occhi,un segno nel ghiaccio – rami e foglie a forma di freccia  visibili sotto la superficie trasparente  - indicavano la via da seguire.
Il percorso verso  nord era difficile, il freddo e il ghiaccio  impedivano all’uomo di procedere alla velocità desiderata, il cavallo era stanco e il cavaliere sentiva la fatica. Era passato dalle colline arse dal sole alla montagne bianche di neve, aveva perso il conto dei giorni di viaggio.
Sark appariva nell’aquila e nel vento,  lo vedeva librarsi a tratti sopra di se a segnalare il tragitto, scompariva quando lui si fermava per la notte nella locanda di un villaggio, per mettere il cavallo nella stalla e nutrire l’animale e se stesso.
Una forza lo spingeva a nord, era attratto da Arya, per l’uomo non poteva esserci altra: se mai avesse dovuto scegliere, se il suo cammino era  stato scritto fin dall’origine, portando lui a lei, allora l’uomo era sicuro, Arya Stark era destinata a lui, mai una bambina, una ragazza, una donna comune,  ma quella che riempiva il vuoto dentro di lui, il vuoto che in lui era stato  creato, sviluppato e voluto per far uscire tutto se stesso e il passato e riempirlo di nulla e di un solo scopo, uccidere.
Non era facile uscire dal vuoto per entrare in un corpo fatto di sangue,  carne e anima.
Il viaggio verso Winterfell era anche un viaggio dentro se stesso.
Sentire ogni fibra  riprendere vita, dolorosamente, ogni nervo e muscolo e arto tendersi  e il sangue scorrere  e farsi strada nelle vene. I polmoni  espandersi e contrarsi ad ogni respiro, l’aria infilarsi nella gola, raggiungere ogni minuscolo alveolo e poi uscire, percorso inverso. Il cuore battere con fatica nel torace contro le nuove sensazioni chiamate paure, la schiena rigida dopo le lunghe ore a cavallo.
Questo voleva dire esser vivo, vivere davvero, nascere da adulto, nascere con una storia da vivere e una già vissuta.

L’uomo chiese a Stark di manifestarsi e gridò all’aquila la sua angoscia, la sua incertezza di  arrivare in tempo per la battaglia; l’ultimo tratto del viaggio sembrava infinito, il bisogno di vedere la sua adorabile ragazza lo stava consumando. La perdita di tutte le certezze lo rendeva più fragile.
Una notte oltre le colline in lontananza c’erano  suoni e bagliori,  il cielo era  popolato da  scure creature alate, il freddo era  più intenso; l’uomo ebbe una fitta forte al cuore, sentiva il gelo  e aveva fame, le scorte di cibo stavano finendo.
Cadde in ginocchio, le mani al petto, pregando il  suo Dio  di non farlo morir adesso, così vicino alla meta. Strizzando forte gli occhi, al tocco del vento sulla spalla si riscosse, Stark era davanti a lui, in tenuta da combattimento.
“Puoi continuare ancora. La battaglia è imminente.”
L’uomo scosse il capo, doveva fermarsi  per qualche ora, si sentiva debole, aveva  bisogno di recuperare le forze.
“Non ce la faccio stanotte.”
“Devi. Mia figlia sente la paura, la sua e la tua. Sta cercando rifugio in un uomo che non è adatto a lei. Vuoi perderla ora che sei così vicino? Vuoi che abbracci lui al posto tuo?”  La visione di   Arya vicino a un giovane dai capelli neri, un grande fuoco dietro di loro.
Lei era come la ricordava, i capelli ora lunghi, le trecce, solo un poco più alta, una riga sulla fronte a segnalare la sua preoccupazione; Arya era una guerriera ora. Tese la mano, quasi per toccarla, ma lei continuava  a parlare di spade e pugnali.
L’uomo sentì qualcosa sciogliersi dentro, il dolore al cuore cambiò forma e natura, una sofferenza sottile gli tolse il respiro, si sentiva pungere da mille aghi senza capire la loro provenienza.
Cercò un nome per quello che provava,  senza successo,  più si avvicinava a Winterfell, più la confusione in lui cresceva. I punti di riferimento della sua vita da uomo senza volto e senza storia si perdevano nella distanza tra se stesso e il tempio,  Stark trasmetteva impulsi che l’uomo non sempre sapeva interpretare. Il desiderio  che spesso aveva visto in tante persone ora era dentro di lui e aveva un nome, Arya; aveva attraversato il fuoco e il ghiaccio per lei, si era purificato dal suo passato.
Sentì un rumore dietro di se, si girò di scatto brandendo la spada e vide gli occhi enormi  del lupo: era reale e il vapore del fiato si condensava velocemente per il freddo.
Stark indicò al lupo l’uomo, l’animale si avvicinò con cautela, annusando fino ad accucciarsi , le orecchie sempre dritte in allerta.
“Per qualche ora Nymeria ti scalderà, ma poi dovrai proseguire.”
Stark tese il braccio verso Nord, un atteggiamento imperioso; c’era un motivo importante per continuare, l’assassino lo sentiva dentro di se. La sua scelta era solo obbedire.

L’aquila rimase sopra Jaquen e Arya  per tutto il tempo della battaglia, in mezzo al fragore degli eserciti a confronto, al sangue sul terreno, alle urla degli uomini feriti, alle grida dei condottieri, prima su tutti Arya Stark di Winterfell, la donna senza paure, la sua donna.
Sua da poche ore, da quando per la prima volta avevano fatto l’amore,  la prima volta di Arya, come  la  prima per Jaquen,  in quel nuovo corpo di uomo che imparava a conoscere.
Le loro menti si erano unite, Jaquen si rese conto della potenza del loro legame quando la vide, entrando nel cortile centrale, fulcro dei preparativi; al suo passaggio i soldati si erano spostati, rivelando in fondo Arya che soppesava  con il giovane dai capelli neri della visione le nuove spade forgiate . 
Sceso da cavallo, l’aveva chiamata con il  nome completo e Arya si era voltata, prima incredula, poi felice, poi veloce a gettarsi tra le sue braccia,  era lui, stanco, con la barba lunga e i vestiti sporchi.
“Sei qui!” continuava a ripetere, stringendolo forte, incurante degli sguardi di chi era intorno, toccandogli le spalle e le braccia per essere sicuro che fosse reale.
“Sono qui, un lungo viaggio per vedere un’adorabile ragazza.”
Arya lo abbracciò forte ancora, sentì l’armatura nascosta sotto la tunica, era venuto per combattere.
Nella crescente oscurità  - i soldati accesero dei fuochi per riscaldarsi  e le donne servirono la cena, che per molti sarebbe stata l’ultima – Arya e Jaquen rimasero a parlare vicino al pozzo. Il fabbro li aveva osservati finché la forgia non si era spenta per mancanza di combustibile, Jaquen aveva
sentito lo sguardo intenso e i colpi rabbiosi del martello.
Ora Jaquen aveva freddo, le  dita erano gelide, i denti battevano,  così  Arya gli prese la mano per guidarlo nella sala del mastio dove aveva stabilito il suo comando.
In silenzio,  chiusa la porta al mondo,  la labbra di Arya delicate sulle sue e poi le mani di a nelle sue e poi Arya  dentro di lui e lui dentro di lei.
Jaquen non si era posto più alcun dubbio, lei era il suo destino e lui l’aveva accettato.
All’alba erano di vedetta in attesa del nemico,  l’aquila visibile sul punto più alto del tetto; si erano aiutati a vicenda a indossare le armature, un gesto più intimo dell’atto sessuale che avevano condiviso.
“Perché l’aquila rimane qui?”  Arya chiese. “I draghi possono ucciderla.”
“È lo spirito di tuo padre.” disse Jaquen indicando il rapace.
Arya seguì la mano e  l’animale spiegò le ali, abbasso il capo e lanciò il suo grido. Dalle scale la corsa di Nymeria, che vista l’aquila si accucciò obbediente, il muso  tra le zampe, uggiolando piano.
Se Arya cercava una conferma, Nymeria l’aveva appena data, ma ora  non aveva tempo per pensare, il grido di battaglia del nemico incalzava.

Sconfitto il nemico, cessato il clamore delle armi, medicati i feriti e seppelliti i morti , Arya era seduta a scrivere  lettere  e Jaquen si allungò nella vasca di acqua calda che Arya aveva fatto preparare per lui.
Sotto le palpebre, quando chiudeva gli occhi, le immagini della battaglia, nel sangue i residui di adrenalina, sulle spalle la sensazione della mano di Stark a congratularsi con lui,
Il grande merito era di Arya, Stark poteva essere orgoglioso della figlia, il ruolo di Jaquen era stato di supporto, l’istinto guerriero negli occhi grigi di Arya aveva acceso i cuori dei suoi uomini, ma Stark sussurrava che il ghiaccio in Arya era stato sciolto della fiamme dei capelli di Jaquen.
La osservava con attenzione, Arya mordeva il labbro inferiore mentre la penna scorreva, un attimo di pausa, un pensiero, riprendeva su un nuovo foglio, poi raddrizzava la schiena, gli occhi al soffitto, e poi su di lui, sull’uomo che lei aveva liberato, a cui aveva dato un volto. .
Jaquen si alzò e prese una tunica per asciugarsi, lo sguardo di Arya lo riempieva di un calore piacevole, diverso da quello del bagno.
Arya posò la penna e chiuse l’inchiostro per  andargli  vicino, il loro abbraccio non era disperato come quello della prima notte, avevano  il tempo per esplorare i loro corpi che si attraevano e si fondevano secondo i ritmi della natura.
Dopo,  le dita di Arya lo toccarono ovunque.
“Mi piaceva la tua barba.”
“Ricrescerà sempre adesso.”
“Sei ancora un senza volto?”
Jaquen fece una piccola smorfia.
“Non posso più cambiare faccia senza l’aiuto del mio maestro.” 

 

La casa in fiamme  era così vicina che Jaquen sentiva il calore del fuoco e  respirava il fumo dell’incendio, i  polmoni facevano male.
Tossendo si sollevò di scatto, afferrando il bordo del letto, tremando per lo sforzo; Nymeria che riposava a lato sul tappeto alzò la testa e fece un breve guaito .
I sogni erano tornati, avevano un ultimo nemico, il re della notte.
I  movimenti  svegliarono Arya che  con preoccupazione lo guardò, non aveva  mai visto Jaquen prima in un  simile stato, il viso era una maschera di dolore, gli occhi pieni di lacrime.
Lo toccò a un braccio per leggere  nei suoi pensieri per  prima volta.  il rispetto per il suo maestro prima e poi la delusione dopo avere lasciato la casa  l’avevano bloccata nell’usare  quello che suo padre le aveva trasmesso e insegnato. E dentro il cuore di Jaquen lesse  fiamme, morte  e un dolore simile al suo, una perdita mai affrontata,  soltanto rinnegata e sepolta per molti anni.
Jaquen non poteva gestire il dolore, non aveva strumenti per capire i sentimenti che lo stavano sfidando. Lo spinse a parlare, toccandogli il volto con dita leggere finche non si rilassò.
Un assassino diventato uomo  non sapeva cosa fossero rimpianti e rimorsi. Jaquen le raccontò della sua famiglia,  il padre aveva avuto in dono la casa e i campi per i servizi resi al suo signore e aveva deciso di diventare un uomo di pace.
“Non sarebbe orgoglioso di me.”
“Non potevi fare altro. La vendetta assorbe ogni altro desiderio.”
“Proprio così,  cara ragazza. Forse da sempre sapevo che aiutare la tua vendetta era espiare la mia.”

 

   
 
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