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Autore: Lost In Donbass    22/09/2019    0 recensioni
Spaccone, arrogante, attaccabrighe, Denis non ha niente che non sia la sua voce meravigliosa e l'ottima prospettiva di capitanare la sua band nel mondo del metalcore. Peccato che per adesso sia solo un bullo di periferia qualunque vittima dell'alcol, delle sigarette e del sesso facile.
Sasha, al contrario, pensa troppo. Depressa, anoressica, inquietante, desidera follemente la storia d'amore che nessuno sembra in grado di darle.
Però poi si incontrano, ed è subito amore.
Ma come possono due ragazzi così persi ritrovarsi nella periferia violenta di Omsk, quando tutto sembra lottare per separarli? E soprattutto, quando ormai hanno superato il punto di non ritorno?
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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CAPITOLO OTTO: BE MY GIRLFRIEND

So you can drag me through Hell
If it meant I could hold your hand
I will follow you cause I’m under your spell
And you can throw me to the flames
[Bring Me The Horizon – Follow You]
 
-E vorrei dedicare questa canzone alla mia ragazza.
Quando Denis lo disse, gli tremò la voce. Non avrebbe mai creduto possibile che lui, proprio lui, sarebbe finito a dedicare canzoni ad una ragazza, né che potesse mai avercela, una ra-gaz-za. Dio, come si sentiva adulto in quel momento. Adulto, responsabile, e ancora più bello di quanto già non si sentisse di solito: perché adesso ce l’aveva, la ragazza per cui cantare e quella ragazza se ne stava tra il pubblico, con il suo inseparabile beanie nero in testa e quei capelli assurdamente biondi.
Il pubblico fece un coro e lui si ritrovò a sorridere, come quando era bambino. Cercò lei nella folla e la intravide; per un attimo, gli parve che gli stesse mandando un bacio in punta di dita e questo gli diede un improvviso moto di gioia. Iniziò a sbraitare nel microfono, come in una bella canzone metalcore che si rispetti e sentì qualcosa scorrergli nelle vene – era più che l’emozione di poter finalmente tenere concerti anche fuori da Omsk, era più che la gioia di cantare, era … amore, forse? Non lo sapeva, ma era qualcosa di bellissimo che gli stava dando la forza di tirare avanti in quel mondo di belve, era qualcosa che gli stava dando un motivo per non arrendersi alla sua rabbia ma che lo voleva sul pezzo, lo voleva attivo, lo voleva straordinariamente vivo. E Denis era pronto ad esserlo, straordinariamente vivo per chi non lo poteva più essere. Era vivo mentre cantava quella canzone composta esclusivamente per lei, mentre cercava di farle sapere da quel palco che l’amava e che sarebbe morto per lei. Lasciava che fosse la musica a parlare per lui dove le parole venivano a mancare, lasciava che la sua voce e le sue canzoni in un inglese un po’ maccheronico le dicessero quello che provava, come un tune un po’ pop punk insieme a una track metalcore alla Asking Alexandria. Era la musica che scorreva nelle vene di Denis, era la sua vita, era la sua essenza più pura. Perché la musica salva, la musica lo aveva difeso strenuamente quando nessuno era lì per lui, c’era sempre stato quando tutto intorno era andato in pezzi. La musica gli aveva salvato la vita e lui le si era devoluto completamente, tanto quanto si stava devolvendo a Sasha e ai suoi capelli bianchi. Aveva due donne: Sasha e la musica metalcore che lo avevano salvato da sé stesso. Le due uniche cose per il quale avrebbe lottato sino all’ultimo giorno della sua vita.
Finì il concerto e si godette le urla della folla, cercando quel beanie nero che conosceva a memoria e incrociando per un attimo i suoi occhi smeraldini. Le sorrise e le mandò un bacio in punta di dita e gli parve che lei fosse arrossita. Era così bella quando arrossiva. E lui la amava così disperatamente. Amava la sua anoressia, la sua depressione, le sue paure e le sue insicurezze. Amava quel sorriso dolcissimo, quelle labbra sottili, quella malinconia nella voce soffice, quella nostalgia del mare che non aveva mai visto. Amava tutto di quella ragazza, ogni singolo sorriso, lacrima, bacio o idea. Era diventata tutto per lui e  non sapeva come avrebbe vissuto senza di lei. Ora che aveva scoperto cosa volesse dire amare, voleva farlo con tutta la forza del suo passionale cuore ucraino. E l’avrebbe fatto, fino  a consumarsi, fino a diventare cenere da lanciare nel Mar Nero.
 
Quella notte, Denis era rimasto a dormire a casa di Sasha, in quell’appartamento con le piccole cose tristi e i vinili metal stranieri. C’era un’intimità nuova nell’essere entrato così prepotentemente nella sua vita, un segreto sul punto di essere rivelato nel stare nella sua vasca da bagno, a mollo, in silenzio religioso dopo il rumoroso concerto appena finito. Denis sorrise, un sorriso vagamente ebete e chiuse gli occhi. Stava andando tutto perfettamente bene nella sua vita. Mosse un po’ l’acqua attorno a sé e sbatté le lunghe ciglia da ragazza, godendo in silenzio del silenzio della casa e dal calore dell’acqua. Lei era nella stanza affianco a preparare il letto, dopo avergli preparato il bagno e lui pensava a quanto fosse stato fortunato a trovare una ragazza così, che gli desse ancora voglia di vivere, di combattere contro i suoi demoni, di lottare per sé stesso e per lei. Si passò una mano tra i capelli scompligliati e sorrise di nuovo al vuoto, gettando indietro la testa. Era a casa sua, lui, con la sua violenza, la sua volgarità, la sua musica metalcore era entrato con rabbia in quella bolla di nostalgia e depressione che Sasha si era costruita attorno, per spazzarla via, per stringerla a sé e non lasciarla andare, per involarsi insieme nei cieli siberiani e, chissà, volare fino al mare. Sì, l’avrebbe portata in Ucraina. L’avrebbe salvata dalla sua anoressia. L’avrebbe protetta da sé stessa.
-Den? Posso entrare?
Sasha fece capolino nella stanza, con un sorriso triste e lievemente imbarazzato.
-Certo, dolcezza. Vieni. E non fare quella faccia imbarazzata, sono il tuo ragazzo, dovrai vedermi nudo prima o poi.
-Denis!
-Cosa, è vero!
Lei rise e rise anche lui, mentre lei entrava e si sedeva ai piedi della vasca, allungando una mano per accarezzargli i capelli umidi. Lo toccò e tremò appena perché doveva ancora realizzare che quel giovane uomo era suo, completamente suo. Lui si voltò verso di lei e le sorrise, con quel suo sorriso spettacolare, mettendosi seduto nella vasca. Aveva la pelle pallida e tatuata. Lei lo osservò quasi incantata dal vedere la sua perfezione, la sua mascella ben definita, i suoi capelli spettinati, il suo fisico sottile e perfetto, i suoi meravigliosi occhi ambrati. Era bellissimo. Era deliziosamente umano, terreno, verace, a differenza di lei e della sua bellezza eterea e quasi liquida.
Intrecciò le dita alle ciocche scure di capelli e sorrise ancora, con quel sorriso mesto e bisognoso di aiuto.
-Sei bellissimo, Denisoch’ka … - mormorò, timidamente.
-Vieni, tesoro. Fai il bagno con me. Assimiliamo le nostre rispettive nudità, torniamo a un grado primitivo dell’amore, osserviamo i corpi scolpiti dal dolore e dalle violenze autoinflitte. Vieni, amore mio, bagnati in questa fonte e inebriati del sapore di periferia che ci incrosta le pelli violate. Stai con me, dolcezza, e non mi lasciare andare. Ho bisogno di te per sapere chi sono, per ritrovare me stesso nella perdizione di questa Siberia che non sento mia. Vieni, Sashen’ka: non ti vergognare dell’uomo che ti ama con tutta la forza possibile. Non avere paura del cosacco tornato a casa dopo anni di peregrinazioni.
Denis spalancò le braccia e lei esitò un attimo, magrissima e bellissima.
-Quindi il cosacco ha trovato la sua casa.- sussurrò.
-Sì, l’ha trovata, e non la lascerà tanto presto.
-Ma l’Ucraina? Dove la lasci?
-Quando ti sarai tramutata in giglio ti metterò all’occhiello e ti porterò con me nella terra di mia madre. Spogliati, fanciulla.
-E questa casa è di tuo gradimento, cosacco?
-Lo è, ragazza meravigliosa. Vieni.
Lei arrossì mentre si spogliava lentamente e Denis guardò il suo corpo ossuto, completamente bianco. Era lo stesso corpo che potrebbe avere una silfide di fiume. Osservò le costole che si intravedevano sotto pelle, i seni piccoli e troppo acerbi, le membra lunghe e sottili. Era stupenda. Era di quanto più bello Denis avesse mai visto. Ed era sua.
Lei si passò una mano tra i capelli lunghissimi ed entrò in acqua, tremando appena, raggomitolandosi dall’altro capo della vasca, pudica e tremebonda. Lui sorrise e aprì le braccia, invitandola ad avvicinarsi e lei, timidamente, obbedì. Gli si accucciò in mezzo alle gambe, sentendo le sue braccia forti e tatuate stringerla, e posò la testa sulla sua spalla, annusando il suo odore di fumo e colonia scadente. Non c’era erotismo, non c’era sensualità: c’erano solo due amici, fratelli, amanti, compagni d’armi che si spalleggiavano e si amavano di un amore puro ed etereo, un amore letterario, quasi platonico. Lui, che era abituato a vivere in un mondo fatto di sesso, sesso e solo sesso, era terrorizzato all’idea di toccarla, di sporcarla col suo seme bastardo, di far del male alla porcellana che aveva come pelle. Lei, che aveva avuto una relazione sessuale solamente con una sua amica, sapeva a stento cosa fosse, ed era abituata al corpo morbido di una donna, ai suoi seni soffici, alle sue mani delicate. Non conosceva il corpo forte di un ragazzo, non conosceva le dita callose e violente. Ma conosceva Denis, in compenso.
Alzò i grandi occhi verdi su di lui e gli baciò le labbra. Un bacio a stampo, un bacio sincero e infantile, un bacio e basta per dirgli “grazie di aver cantato quella canzone per me”. “Mi sento al sicuro tra le tue braccia”. “Ti amo”. Lui ricambiò il bacio e la strinse più forte, la fece sedere a cavalcioni su di lui e le strinse la schiena ossuta, le accarezzò le scapole sporgenti, le scostò i lunghi ciuffi biondi dal viso magro.
Posarono fronte contro fronte, naso contro naso e chiusero gli occhi, toccando i rispettivi corpi per conoscerli, per tastarli, per esplorarli. Un corpo troppo magro, violato dalle vessazioni a cui era sottoposto dalla sua stessa padrona. Un corpo forte ma sottile che viveva sulla pelle la violenza delle strade di Omsk. Due corpi di due giovani ragazzi che si amavano, che si volevano, che si desideravano follemente in una Siberia oscura che li voleva morti. Due anime intrecciate. Due cuori che battevano all’unisono.
-Voglio sentire il battito del tuo cuore, Sasha.- sussurrò Denis e lei annuì, prendendogli una mano e posandosela sul cuore. Era un battito così lento, così tanto lento, come una melodia doom. Invece il cuore di lui era impazzito, come un trash metal selvaggio e scardinato. Insieme, creavano la canzone metalcore più bella di sempre.
Lei gli accarezzò la mascella definita, appena sporcata da un accenno di barba e lo baciò di nuovo, avvolgendogli le lunghe gambe attorno al bacino sottile. Stretti, come due bambini, rimasero così per un tempo indefinito e a lui venne quasi da piangere, a sentire lei così vicina al suo cuore, così fredda e meravigliosa nella sua algida bellezza russa.
-Sasha …
-Sì, Den?
-Hai mangiato?
-Sì.
-Hai vomitato?
Silenzio.
-Sasha?
-Sì, Den. Ho vomitato. Scusami.
Lui la strinse più forte e sentì le lacrime di lei bagnargli la pelle. Sospirò rumorosamente e le accarezzò lentamente la schiena ossuta, baciandole la spalla gracile. Non era arrabbiato con lei, più di quanto non fosse furioso con sé stesso per non essere già stato capace a salvarla dai suoi demoni. Ma l’avrebbe fatto, un giorno o l’altro lei avrebbe ripreso a mangiare senza vomitare, avrebbe messo su peso, avrebbe nuovamente sorriso come si doveva e non avrebbe avuto quella nostalgia dolorosa incastrata negli occhi smeraldini.
-Non importa.- mormorò lui, allungando le gambe e cullandola appena – Un giorno passerà, Aleksandra Dmijtrevna. Un giorno sorriderai di nuovo.
-Non lo so, Denis, non lo so più ormai.
-Invece sì che lo sai. Ci sono io con te, non ti abbandonerò, non adesso. Arriverai a domani, ragazza, perché ti ci trascinerò io.
Lei lo guardò, e lui pensò che anche con le lacrime i suoi occhi fossero stupendi.
-Ho una cosa per te.
-Cosa?
-Aspettami qui.
Lui uscì dalla vasca, gocciolante e lei lo guardò, ancora accucciata nell’acqua ormai fredda. Lo guardò e pensò che fosse suo. Il suo ragazzo. Il suo uomo. Il suo Denis.
Aspettò silenziosamente che lui tornasse in bagno, sempre completamente nudo, e teneva in mano un piccolo oggetto. Si inginocchiò per terra e glielo porse, con uno dei suoi sorrisi spettacolari che avrebbero illuminato l’inferno.
Lei guardò cosa avesse in mano e il suo cuore perse un battito. Un anello. Un anello fatto con la corda di una chitarra.
-Denis … perché?- sussurrò, prendendo timidamente l’anellino.
-Perché ti amo, Sasha.- rispose serio lui, prendendole la mano con forza e mettendole l’anello al dito – Ti amo tanto quanto la musica. Mi avete entrambe salvato la vita, mi avete strappato alla mia rabbia distruttiva, mi avete difeso dai demoni che mi infestano la mente da quando sono nato. Il metalcore, che mi ha abbracciato e detto “non mollare, ragazzo”. Tu, che mi hai stretto e mi hai urlato in faccia “salvami, ragazzo”. Voi due, che insieme siete stati il connubio salvifico per uno che non aveva più nulla. Sasha, dolcezza, stupenda Sashen’ka, te lo chiedo adesso una volta per tutte: vuoi essere la mia fidanzata?
Lei, per tutta risposta, scoppiò in  lacrime.
 
  
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