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Autore: Gaia Bessie    22/09/2019    4 recensioni
«Posso…» s’intromise Asteria, delicatamente. «Potrei prenderlo in braccio?».
Al cenno affermativo di Malfoy, si diresse verso la culla, chinandosi per vedere l’infante: un bambino minuscolo, con grandi occhi grigi, la guardava agitando le manine.
Lo prese tra le braccia, avvertendo con angoscia che era estremamente gracile, con la pelle di un’inquietante sfumatura lattescente.
«Ciao, piccolo» mormorò. «Come ti chiami?».
«Non ha un nome» rispose Malfoy, avvicinandosi a suo figlio. «Non… non ho avuto il coraggio di dargliene uno, dato che…».
«Potrebbe morire?» chiese Daphne, osservando con curiosità il bambino. «Esattamente, cos’ha?».
«Una malattia del sangue» sussurrò Draco. «Non cresce bene, sta… sta morendo, Daphne».
«Tutti noi stiamo morendo, a velocità diverse» rispose lei. «Certo, probabilmente lui ha ingranato la massima velocità possibile».
«Daphne!» sibilò Asteria, con aria offesa. «Come puoi dire una cosa del genere di un bambino?».
«Dico solamente la verità» replicò Daphne. «E ora mettilo giù, da brava: questo bambino non ha una vita, quindi a cosa gli servirebbe una madre?».
Nona classificata al contest "Pesca la coppia" indetto sul forum di Efp e giudicato da Dark Sider
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Astoria, Rose/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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«Mamma, papà» la voce del giovane Scorpius Malfoy tremava appena, dietro un sorriso un po’ incerto. «Volevo presentarvi Rose, la mia fidanzata».
Asteria Malfoy, i capelli acconciati in un morbido chignon color castagna, lievemente macchiato di grigio, sorrise calorosamente. E, gesto che non sfuggì al figlio, rifilò una potente gomitata preventiva a suo marito che, suo malgrado, non fece commenti né sul colore di capelli né sulle parentele della futura nuora.
«Scorpius, tesoro» cinguettò Asteria Malfoy. «Non sai che piacere riaverti a casa, dopo così tanto tempo».
«Sono contento di essere a casa» rispose Scorpius, mestamente. «Ma dovreste ringraziare Rose. Se lei non avesse insistito, saremmo rimasti in Germania».
«Sia io che mio marito ti saremo eternamente grati, Rose, per quello che hai fatto» disse la signora Malfoy, obbedientemente. «Sono così contenta che siate qui, quando ho saputo che mio figlio mi avrebbe esclusa dai preparativi per il matrimonio ho pianto, sai…».
Scorpius si grattò la nuca, imbarazzato, prima di rivolgere lo sguardo verso la sua compagna.
Rose Weasley sembra assorta nella contemplazione della carta da parati e continuava a sfiorare la bacchetta, appesa alla cintura, distrattamente.
«C’è qualche problema, Weasley?» sibilò Draco Malfoy, guardandola finalmente negli occhi. «Non ti ho sentita dire una parola da quando siete arrivati. E, se sei davvero figlia di tua madre, dovresti essere una piccola e saccente logorroica».
«In realtà sì, credo che ci sia proprio un problema» mormorò Rose, sempre con aria distratta. «Qui qualcuno ha fatto evanescere un cadavere».
«Come dici, cara?» domandò Asteria Malfoy, perplessa. «Non riesco a capire come tu possa affermare una cosa del genere. Sono più che sicura che in questa casa non…».
«Vede, io mi occupo di Medimagia legale» spiegò Rose, prendendo in mano la bacchetta. «E i miei superiori mi hanno spiegato che, quando qualcuno fa evanescere un cadavere, rimane come una traccia».
La rossa agitò lentamente la bacchetta, facendo colorare l’aria di cupe scintille rossastre, simili a una colata di sangue.
«Mi hanno detto che è la magia, che non vuole rimanere intrappolata» spiegò, agitando una seconda volta la bacchetta.
Stava per aggiungere qualcosa ma, quando le scintille rosse si coagularono in un corpicino esanime, divorato dalla putrefazione, le mancarono le parole.
Lo scheletro di un bambino minuscolo, raccolto in posizione fetale e con le ossa frantumate, la guardava e Rose Weasley, sebbene turbata, non riusciva a non ricambiare lo sguardo di quelle orbite vuote.
 
 
Nameless
 
«Oh, andiamo, Daphne!» strillò Asteria Greengrass, tirando per il braccio la bionda sorella maggiore. «Mi vuoi spiegare perché sei così interessata ad andare a prendere il tè da Malfoy?».
«Perché è primavera, è una bella giornata e io sono stanca di fare la muffa a casa dei nostri genitori» rispose Daphne, lapidaria. «Quindi smettila di lamentarti e andiamo».
«C’è qualcosa che non mi stai dicendo» disse Asteria, impuntandosi. «Chi ci sarà lì? Blaise, forse?».
Daphne si fermò, improvvisamente, rischiando di far perdere l’equilibrio a sua sorella che, ancora barcollante, le lanciò un’occhiataccia.
«Ascoltami» borbottò Daphne, scrutando Asteria con i suoi occhi azzurrissimi. «Non devi dire a nessuno che oggi siamo state da Malfoy. Intese?».
«Perché no?» domandò l’altra, perplessa. «Che male c’è se vai a prendere un tè con un tuo compagno di scuola?».
Daphne sospirò. «Sei troppo ingenua, prima o poi qualcuno se ne approfitterà» disse. «Andiamo da Malfoy perché sta nascondendo qualcosa. E io voglio sapere cosa».
«Non capisco perché mai dovrebbe interessarci quello che fa Draco Malfoy» sbuffò Asteria, contrariata. «Dopo essersi diplomato è sparito dalla circolazione, evita anche i suoi amici… cosa ti fa pensare che voglia vedere te?».
«Ma io non penso affatto che voglia vedermi» rispose Daphne, scrollando le spalle. «Però potrebbe voler vedere te».
«E perché mai dovrebbe voler vedere me?» sibilò l’altra, fulminando la sorella con lo sguardo. «Nemmeno lo conosco, io, Malfoy».
«No, infatti».
«E allora perché…» ricominciò Asteria, in tono polemico.
Daphne la zittì con un imperioso cenno del capo. «Oh, andiamo, Malfoy può anche divertirsi a fare l’eremita» disse, sorridendo ironicamente. «Ma è un uomo. E quando una bella donna bussa alla porta, l’uomo andrà ad aprire».
«Se è così, perché non ci vai tu, a bussare?».
Daphne Greengrass si voltò, lentamente, verso sua sorella. Con il sole in faccia, la cicatrice che le squarciava il volto, dall’orbita ormai vuota, riempita con un occhio di vetro, alla bocca, sembrava un serpente che le si agitava sulla punta del naso leggermente aquilino.
«Perché se bussassi verrebbe ad aprirmi solamente qualcuno esperto di Medimagia estetica» rispose, calma. «E ora, se vuoi farmi la cortesia di non privarmi anche di questo piccolo divertimento».
«Daphne, io…» mormorò Asteria, accingendosi a prendere la mano della sorella, in modo tale da potersi Smaterializzare.
«Ti assicuro che se provi a dirmi che ti dispiace, è la volta buona che ti sfregio quel bel visino che ti ritrovi» sibilò Daphne. «A occhio e croce dovrei sapere bene come si fa».
 
***
 
All’esterno, Malfoy Manor era lo stesso di sempre. Asteria si era aspettata un prato incolto, qualche creatura magica che scorrazzava in mezzo ai fiori ormai secchi, e un aspetto di trasandata moria generale.
Invece, si trovò davanti il quieto ordine che, un tempo, aveva curato Narcissa Malfoy in persona. E una porta ben chiusa.
Nessuno vedeva Draco Malfoy da ormai quasi un anno: ci avevano provato in molti – Vincent, Blaise, Theo, perfino Pansy – ma nessuno era riuscito a farlo uscire dalla sua tana. Daphne, dal canto suo, non si era mai data la pena di andare a fare il suo tentativo.
Fino a quel momento quando chissà cosa l’aveva spinta a vestirsi di tutto punto, con un abito sufficientemente largo che dissimulasse la sua andatura claudicante, e a dirigersi verso la casa di Malfoy.
«Malfoy!» strillò Daphne, battendo una mano sulla porta del Manor. «Ti do massimo cinque minuti per venire giù ad aprire alla tua amata compagna di scuola! Al sesto minuto, butto giù la porta».
Immediatamente, un’Elfa Domestica apparve sulla soglia, tremante.
«Padron Malfoy non riceve visite, signorina Greengrass» pigolò l’Elfa, piegandosi sotto lo sguardo di fuoco di Daphne. «Ha detto a Taffy di dire che non si sente bene».
«Allora sono sicura che una tazza di tè non potrà che fargli bene» replicò Daphne, senza abbandonare il tono minaccioso. «E ora digli di muoversi a farmi accomodare in salotto, se ci tiene ai suoi connotati».
Asteria Greengrass si sporse in avanti, tentando di spiegare a gesti a sua sorella che era inutile, se Malfoy non aveva voglia di ricevere visite: avevano già provato in tanti, trilioni di volte, come poteva Daphne pensare di poter vincere alla prima partita?
Eppure, si sentiva un rumore come di passi in lontananza e, improvvisamente, Draco Malfoy apparve davanti alla porta.
«Mi sembrava di aver sentito qualcuno strillare» borbottò, sistemandosi i capelli con la mano. «Daphne, vorrei dirti che è un piacere vederti».
«Solo che poi ti accorgi che mi hanno asportato mezza faccia e quindi nessun piacere» completò lei. «Hai intenzione di farmi bere questo stramaledetto tè o questa farsa deve continuare ancora per molto?».
«Non mi va di prendere nessun tè» rispose Malfoy, astioso. «Quindi, dimmi cosa ti serve e finiamola qua».
«A me invece andrebbe proprio, quel tè» osservò Daphne, tagliente. «In ogni caso, ero venuta a presentarti mia sorella, Asteria».
La ragazza non fece nemmeno in tempo a presentarsi, che Draco Malfoy la interruppe con uno sguardo gelido.
«Interessante» rispose. «Ora che l’hai fatto potete anche andare».
Asteria, sottecchi, lo osservava già da qualche minuto: si era aspettata un uomo che fosse alla pari del giardino che si era immaginata. Con i capelli radi e scarmigliati, la veste da Mago macchiata e scuri cerchi sotto gli occhi grigi.
Invece, esattamente come il suo giardino reale, Draco Malfoy appariva tranquillo e perfettamente curato.
«Draco» sibilò Daphne, chiamandolo per nome. «Non ho voglia di star dietro ai tuoi capricci. Ora fammi entrare e finiscila, altrimenti ti affatturo».
«Suppongo di non avere speranze, nel farti cambiare idea» osservò lui, atono. «Va bene, entrate. Sono proprio curioso di conoscere questa tua meravigliosa sorella, visto che ti ha spinta a venire fin qui».
 
***
 
«Allora…» domandò Draco Malfoy, dopo che sia lui che le sue ospiti ebbero rimestato per lunghi minuti il contenuto della tazza da tè. «Adesso puoi dirmi cosa sei venuta a fare qui?».
Daphne Greengrass ricambiò il suo sguardo, con l’occhio buono, mentre quello di vetro, di un azzurro irreale, roteava in tutt’altra direzione.
«Di certo non perché ero preoccupata per te» disse, scrollando le spalle. «Semplicemente mi è capitato di trovarmi in una certa strada, a Notturn Alley…».
«Non ti dirò nemmeno che una signora non dovrebbe andare da quelle parti» rispose Draco, ironico. «Anche perché non lo sei mai stata, una signora».
«Divertente» disse Daphne, con un piccolo ghigno. «In ogni modo, sono andata dove vanno le puttane».
«Daphne!» strillò sua sorella, che fino a quel momento era rimasta in rispettoso silenzio. «Come ti è venuto in mente? Se lo sapesse mamma…».
«Magari approverebbe, si imparano un sacco di cose dalle puttane» rispose l’altra, gelando Asteria con una singola occhiata. «E non ero andata lì a passeggiare, comunque. Cercavo informazioni su…».
«Blaise?» interruppe Draco, annoiato. «Non le troverai chiedendo alle sue puttane, hanno un certo debole per lui».
«Non me ne importa niente di quello che fa Blaise, per quanto mi riguarda può anche farsi ammazzare, dalle sue maledette puttane!» strillò Daphne, rossa in viso.
Asteria le rivolse uno sguardo preoccupato, e si trattenne dal posare la mano sopra quella della sorella, conscia che non sarebbe mai bastato a tranquillizzarla.
«Va bene» rispose Malfoy. «Farò finta di credere che eri andata a cercare informazioni non inerenti a Blaise. Ma questo cosa c’entra con la tua incursione in casa mia?».
«C’entra eccome, Draco» disse Daphne, con inaspettata dolcezza. «So cosa ci stai nascondendo. E vorrei vederlo».
Draco Malfoy s’irrigidì sulla sedia. «No», bisbigliò, lanciando un’occhiata in tralice alla giovane Asteria. «Lei nemmeno mi…».
Nemmeno mi conosce, avrebbe voluto dire, ma gli mancarono le parole.
«Asteria può benissimo andare a visitare il giardino» disse Daphne, senza scomporsi. «A lei piace molto la cura degli esterni e stronzate simili».
Asteria non si offese nemmeno per le parole della sorella, ma rimase in silenzio a fissare Draco Malfoy che, stancamente, si tirava su dalla poltrona verde su cui era seduto. Silenziosamente, porse il braccio a Daphne, e lanciò a lei, Asteria, in uno sguardo pregno di scuse.
«Draco…» mormorò lei, pronunciando incerta il suo nome. «Posso venire con voi?».
 
***
 
Dalle scale si udiva un rumore flebile, simile a un lamento o a un pianto: procedendo sulle scale a fatica, Daphne Greengrass arrancava dietro le figure di sua sorella e Draco Malfoy.
Arrivarono in quella che, un tempo, doveva essere stata la soffitta: travi scure mascheravano la presenza di luce, incupendo la stanza. Illuminata da una sottilissima lama di luce, una culla bordata di un rosso cupo e impolverato.
«Tu…?» domandò Asteria, allontanandosi da Draco come se potesse contagiarla con qualche malattia. «Non credevo che fossi sposato».
«Come se bisognasse essere sposati, per fare un figlio» rispose Daphne, ironica, mentre si avvicinava velocemente alla culla.
Si chinò sul bambino che, nel mentre, aveva smesso di piangere, nascondendolo alla vista con i capelli biondi.
«Vedo che conosci un’altra piccola cosina spezzata» disse, poi, rialzandosi. «Un po’ come me».
«Lui… è malato, Daphne» rispose Draco. «Da quando è nato, non è mai stato bene… e ogni cura è inutile, non so più che fare».
Aveva la voce rotta.
«Posso…» s’intromise Asteria, delicatamente. «Potrei prenderlo in braccio?».
Al cenno affermativo di Malfoy, si diresse verso la culla, chinandosi per vedere l’infante: un bambino minuscolo, con grandi occhi grigi, la guardava agitando le manine.
Lo prese tra le braccia, avvertendo con angoscia che era estremamente gracile, con la pelle di un’inquietante sfumatura lattescente.
«Ciao, piccolo» mormorò. «Come ti chiami?».
«Non ha un nome» rispose Malfoy, avvicinandosi a suo figlio. «Non… non ho avuto il coraggio di dargliene uno, dato che…».
«Potrebbe morire?» chiese Daphne, osservando con curiosità il bambino. «Esattamente, cos’ha?».
«Una malattia del sangue» sussurrò Draco. «Non cresce bene, sta… sta morendo, Daphne».
«Tutti noi stiamo morendo, a velocità diverse» rispose lei. «Certo, probabilmente lui ha ingranato la massima velocità possibile».
«Daphne!» sibilò Asteria, con aria offesa. «Come puoi dire una cosa del genere di un bambino?».
«Dico solamente la verità» replicò Daphne. «E ora mettilo giù, da brava: questo bambino non ha una vita, quindi a cosa gli servirebbe una madre?».
 
***
 
Asteria Greengrass era meno bella di come lo era stata, in un tempo ormai quasi dimenticato, sua sorella: morbidi capelli castani, occhi di un azzurro molto meno limpido di quelli, quello, di Daphne.
Ma, dietro l’ampia veste da strega, si intuivano gambe affusolate, che nascondeva come quel bel sorriso che troppo poco spesso le illuminava il volto.
«Ciao…» mormorò, abbassando lo sguardo.
Sulla soglia della porta di casa sua, a Draco Malfoy sembrò di guardare una bambina: con i capelli un po’ scarmigliati, sporchi di pioggia, il viso arrossato come se avesse corso, Asteria Greengrass lo guardava con gli occhi colmi di fastidiosa speranza.
«Cosa ci fai qui?» domandò lui, secco. «È forse una qualche trovata di tua sorella?».
Lei scosse il capo, tirandosi via dal viso una ciocca di capelli che vi si era appiccicata. «No», ammise, dolcemente. «Pensavo… che potesse farti piacere la mia compagnia».
Draco Malfoy la guardò, scettico, ma non disse nulla e si limitò a scostarsi per farla entrare.
«Lo so che a malapena ci conosciamo» continuò Asteria, seguendolo nelle viscere del Manor. «Ma ho pensato che devi avere un gran bisogno di un’amica e io…».
S’interruppe, incerta.
«Vorrei aiutarti con il piccolo» disse, infine. «Non devi sopportare tutto questo da solo».
«Non ho bisogno della tua pietà» rispose Draco, tagliente. «E questo è il motivo per cui non accetto visite».
«Non è pietà» brontolò Asteria. «Solo… voglio poterti aiutare».
Era davvero la sorella di Daphne Greengrass, quella? Si domandò Draco, sorpreso, scrutandola attentamente, come per carpirne un segreto.
Eppure, concluse, doveva essere così: Asteria Greengrass era esattamente come appariva. Una piccola, innocente bambina così poco Serpeverde da metterlo a disagio.
«Va bene» acconsentì, infine. «Ma devi giurare di non dire a nessuno che vieni qua o, almeno, che vieni per mio figlio e non per me».
Lei annuì solennemente. In quel momento, Draco si ritrovò a pensare che Asteria non aveva gli occhi azzurri, come aveva pensato la prima volta che l’aveva vista, dietro le gonne di sua sorella, ma erano di un delicato verde chiaro.
«Posso aiutarti in qualche cosa?» domandò lei, sfiorandogli piano il braccio. «O, se vuoi, posso semplicemente farti compagnia».
Draco Malfoy continuò a guardarla, sempre più perplesso, finché non fu costretto a scuotersi dai suoi pensieri per darle una risposta.
«Mi toccherà far preparare del tè» disse, atono. «Vieni, possiamo berlo di sopra… lui sta dormendo, ma non penso che gli daremo fastidio, se ci metteremo nella stanza affianco».
 
***
 
«Da quanto tempo è malato?» domandò Asteria, muovendo il cucchiaino nella tazza da tè. «Scusami se sono così indiscreta, ma…».
«Dalla nascita, credo» rispose Draco, chinando il capo. «Sua madre me l’ha lasciato sulla porta che aveva qualche settimana, ed era già così… debole».
«Sua madre?» chiese lei, non riuscendo a frenare la curiosità. «Quindi tu sai chi è».
«Direi che sarebbe difficile per me non saperlo» lui ridacchiò, facendola arrossire. «Ma lo so, sì, e a te non farebbe bene saperlo».
«E perché no?».
«Cambieresti radicalmente l’idea che ti sei fatta di me» mormorò Draco, in un momento di sincerità.
Era che, in qualche modo, in così poco tempo, si era abituato all’idea di piacere a qualcuno, di piacere a lei che, quando si rese conto che era il momento di dire la verità, tentennò.
«Non lo farei mai» mormorò lei. «Magari avrai fatto cose brutte, in passato… ma stai crescendo questo bambino da solo, e sono sicura che lo ami, quindi, facendo una somma totale, sei una brava persona».
Se davvero fosse stato quello, il modo in cui funzionava il giudizio universale, Draco ne sarebbe stato grato. Ma, e lui lo sapeva, non bastava una buona azione per cancellare quelle che l’avevano preceduta.
«Era una prostituta» disse, scandendo bene le parole. «Una delle puttane di Blaise».
Si aspettava di vederla sconvolta, magari anche disgustata: ma la verità era che Asteria Greengrass, figlia di una madre nota per tenere sempre le sottane lontane da fango e liquami altrui, non si scompose minimamente.
«Devi esserti sentito molto solo» Asteria sorrise, scoprendo denti piccoli come perle. «Ma adesso è finita, non… non lo sarai più. Solo, intendo».
 
***
 
 «Si può sapere dov’è che sparisci, ogni giorno?» strillò Daphne Greengrass, sorprendendo sua sorella sulla porta di casa, ad allacciarsi il mantello. «Ho quasi pensato di essere figlia unica».
«Divertente» replicò Asteria, senza nemmeno girarsi a guardarla. «Sto uscendo, niente di che».
«Non offendere la mia intelligenza» sibilò la bionda. «So perfettamente che vai a fare gli occhi dolci a Draco Malfoy, cosa credi».
«Se lo sai, allora, perché me lo hai voluto chiedere?».
«Perché volevo verificare se veramente sei talmente idiota da sprecarti per uno che cresce il figlio di una puttana» continuò Daphne. «Evidentemente sì».
«Solo perché Blaise è stato abbastanza previdente da non farsi incastrare» ribatté Asteria, con una rabbia che non le apparteneva. «Non vuol dire che sia una persona migliore di Draco».
«Non mi sembra di averti dato il permesso di pronunciare il suo nome».
«Non ho bisogno del tuo permesso, per dirti che Draco rimarrà sempre infinitamente superiore a Blaise» strillò la minore, rossa in volto. «E quella che ha fatto gli occhi dolci alla persona sbagliata, alla fine, sarai sempre e solo tu».
Daphne avrebbe voluto aggredirla, rigarle il viso con le unghie lunghe e ricrearle la stessa cicatrice che la deturpava. Ma non fece in tempo, rimanendo davanti la porta di casa, con il suono della Smaterializzazione a farle compagnia.
 
***
 
Da quando aveva visto per la prima volta Asteria Greengrass, Draco Malfoy non si era mai ritrovato a preventivare il fatto che, un giorno chissà quanto lontano, avrebbe anche potuto vederla piangere.
L’aveva vista contenta, nel prendere il bambino in braccio, corrucciata nel constatare che era sempre più debole e deperito. Stanca, dopo una notte insonne.
Ma, di lacrime, non se n’erano mai viste. Fino a quel momento, quando si smaterializzò direttamente nel salotto del Manor, sorprendendolo in vestaglia e con un bicchiere di whiskey incendiario in mano.
«Asteria?» domandò, incerto. «Ti aspettavo tra almeno un’ora, avevi detto che dovevi fare delle commissioni, cosa è…».
Non fece in tempo a terminare la domanda, che lei gli crollò addosso, piangendogli sulla spalla.
«Daphne» singhiozzò, come spiegazione. «Lei è…».
«Una stronza» completò lui, concedendosi il lusso di quella volgarità. «Credo che questo lo sappia l’intero Mondo Magico».
«Non era così, prima» sussurrò Asteria, stropicciandosi gli occhi. «Lei è così… da quando ha avuto quell’incidente, a lavoro».
«Lo sapeva che erano i rischi del diventare Auror» spiegò Draco, senza ombra di compassione. «Le avevamo detto tutti che non era adatta».
«L’avrebbe accettato, di non essere più bella, non le importava così tanto» mormorò lei, staccandosi leggermente da Draco. «Se solamente Blaise…».
«Se solamente a Blaise non fosse importato, di vederla bella» completò lui. «Lo so, che lui l’ha distrutta. Ma ciò non dovrebbe darle il diritto di distruggere anche te».
Asteria sorrise, nel viso sporco di trucco colato. «Hai detto una cosa bellissima» sussurrò. «Avevo ragione, a dirti che secondo me sei una brava persona».
Lui, per la prima volta da mesi, le sorrise di rimando.
«Posso restare qui con te?» domandò Asteria, accucciandosi meglio sul bracciolo della poltrona. «Non… non credo che mi piacerebbe, tornare a casa».
«Puoi rimanere quanto vuoi» la rassicurò Draco, con una nuova dolcezza che non sapeva di possedere. «Più tardi potremmo andare da… lui. Devo dargli una pozione per la tosse, stanotte ha tossito così tanto da rompersi una costola».
 
***
 
Il bambino si muoveva a fatica nella culla, con il torace fasciato stretto affinché non incrinasse altre costole. Gli era cresciuto uno scarmigliato ciuffo di capelli, color del grano, che gli conferiva un’aria buffa.
Asteria gli sorrise, facendolo sgambettare contento.
«Non mi sembra abbia la tosse» mormorò carezzando il viso dell’infante. «E non ha la febbre».
«Gli ho già dato della pozione per la febbre, stamattina» mormorò Draco, che si rigirava fra le mani una piccola ampolla di vetro scuro. «Volevo dargliene ancora, per precauzione… non vorrei si facesse male».
Asteria annuì, partecipe. «Certo» disse. «Devi essere proprio un bravo Pozionista, se sta già meglio».
«Hai troppa fiducia in me» rispose lui, imbarazzato. «Sono già due giorni che lo curo così, evidentemente qualunque cosa avesse, sta migliorando».
«Vorrei tanto che stesse meglio» mormorò Asteria, guardando nuovamente il bambino. «Nessuno meriterebbe di stare così male».
«No, infatti» sussurrò Draco, atono.
 
***
 
«Buongiorno, Asteria» Blaise Zabini si smaterializzò con un sonoro crack direttamente in camera della ragazza, facendole scappare un gridolino d’orrore.
«Zabini!» strillò lei, rossa in viso. «Come ti permetti di entrare in casa mia senza alcun permess…».
«Oh, tranquilla» rispose lui, notando la camicia da notte di lei. «Ho il benestare di Daphne e, inoltre non hai di che preoccuparti: sapessi quante donne in déshabillé ho già visto».
«Ne hai vista sicuramente almeno una di troppo» ringhiò Asteria, tra i denti. «Cosa vuoi?».
«So che per te sono un puttaniere, ed effettivamente hai ragione» iniziò Blaise, distaccato. «Ma, quando mi avanza del tempo libero, sono anche un Medimago».
«Talmente capace che non sei riuscito a sistemare la faccia della tua, ex, fidanzata» sibilò lei, voltandosi per drappeggiarsi una vestaglia lillà sulle spalle.
«Non intendevo parlare di Daphne» sbuffò lui, seccato. «Volevo parlare di Malfoy».
«Ultimamente sembra essere l’argomento preferito di tutti» osservò Asteria, scocciata. «Ma io non ho intenzione di parlarne. Continuo a credere che Draco sia una brava…».
«Asteria, so di suo figlio» disse Blaise, calmo. «E posso assicurarti sulla mia vita che quel bambino non è mai passato dal San Mungo».
«E quindi?» domandò lei. «Sai quanti Medimaghi esistono, che non lavorano in ospedale. Si sarà rivolto a qualcuno molto più discreto di te».
«Non ho mai visto il piccolo, ma non penso proprio possa essere così malato come dice Malfoy» continuò lui. «Sia lui che la madre sono sani e...».
«Draco è stato molto sfortunato. E se avessi visto anche soltanto una volta quel bambino, ti renderesti conto di che persona orribile sei diventato».
«Già» mormorò Blaise, scuotendo il capo. «Se solamente lui lo facesse vedere in giro, suo figlio».
 
***
 
«Draco!» strillò Asteria, entrando di corsa nella camera del piccolo. «Ho ricevuto il tuo messaggio, cosa è successo?».
Si ritrovò davanti a un Draco Malfoy in lacrime e, per la prima volta da quando lo conosceva, con la veste da Mago spiegazzata e sporca di residui di una qualche pozione.
«Sta morendo» sussurrò Malfoy, affranto. «Io non so cosa devo fare, la mia vita finora è sempre girata attorno a lui e se dovesse…».
Istintivamente, Asteria lo circondò con le proprie braccia, appoggiando la fronte sul suo petto: Draco Malfoy aveva il cuore che batteva all’impazzata e ciò lo rendeva inaspettatamente e improvvisamente umano.
«Shh» mormorò lei. «Starà bene. So che riuscirai a farlo riprendere».
«Io, non…» fece lui, prima di essere interrotto.
Non avrebbe nemmeno saputo spiegare la dinamica di come Asteria, molto più bassa di lui, riuscì a baciarlo, sorprendendolo.
Fu inspiegabilmente facile, per lui, abbandonarsi alle mani di lei che gli sfioravano il petto, morbide come piume, abbandonarsi a lei direttamente.
In quel momento, Draco Malfoy comprese che lei, Asteria Greengrass, era esattamente quello che avrebbe voluto avere dalla vita e che, essa, non gli aveva mai concesso. Fino a quel momento.
Perché Asteria lo guardava e aveva la bocca arrossata dal bacio, e gli occhi lucidi. Se avesse abbassato un po’ lo sguardo, si sarebbe accorto che le tremavano le mani.
«Scusami» mormorò lei, a disagio. «Non volevo… non dovevi sentirti obbligato a…».
«No» rispose Draco, con insolita dolcezza. «Scusami se non sono stato io a farlo per primo».
 
***
 
Il giorno dopo, per la prima volta, fu Draco Malfoy a presentarsi a casa dei Greengrass, sorprendendo il capo famiglia, Herbert, che tutto si aspettava, meno che il giovane Malfoy piombasse nel suo studio.
Si aspettava ancor meno che, sempre il suddetto Malfoy, avesse la presunzione di chiedergli la propria benedizione per poter domandare ad Asteria, che era ancora poco più che una bambina, di sposarlo.
«Mi sembra frettoloso» borbottò il signor Greengrass, poco convinto. «Da quanto ne so, vi conoscete solamente da qualche mese».
«Lo so» ammise Draco Malfoy, gelido. «Ma vi posso assicurare che avrò cura di vostra figlia, se solamente mi concederete di…».
«Io non devo concederti proprio niente» lo rimbeccò Greengrass. «Se Asteria è così pazza da volerti sposare, senza nemmeno conoscerti, io non le proibirò di farlo».
Herbert Greengrass si riservò di lanciare un’altra occhiata al suo futuro genero, il cui volto si era illuminato di un piccolo sorriso.
In quel momento, il signor Greengrass si maledisse per averla amata così tanto, quella figlia, al punto di non riuscire a negarle qualche anno, forse qualche mese, di felicità. Se solamente Asteria fosse stata scontrosa e scorbutica come sua sorella, allora, suo padre sarebbe riuscito a dirle un no secco e a mandarla in camera a piangere a dirotto.
Qualche anno prima, quando aveva ancora due belle figlie, Herbert Greengrass aveva detto quel famoso no a Blaise Zabini e, adesso, a distanza di quasi quattro anni, ne andava estremamente fiero. Daphne non aveva smesso di farlo, questo no, ma lui aveva cessato di insistere nello sposarla nel momento esatto in cui lei aveva smesso di essere così bella da far male.
«Anche se dovrei» mormorò il signor Greengrass. «Lo sa Salazar, se non dovrei sbatterti fuori per esserti permesso di fare una proposta del genere».
«Una proposta perfettamente sensata» replicò Draco. «So che può sembrarle un colpo di testa, ma io…».
«Cerca di capirmi» lo interruppe Herbert. «Non pensavo che mia figlia, a ventidue anni, potesse voler andare via da casa. Per sposarsi e fare la madre di un figlio non suo».
Draco Malfoy, nonostante la sorpresa nell’apprendere che qualcuno, presumibilmente Daphne, aveva spifferato del suo segreto a Herbert Greengrass, non si scompose minimamente.
«Non sarà un problema» disse, freddamente. «Un giorno, quando lei sarà pronta, avremo figli nostri. Per quanto riguarda mio… figlio… il problema non sussiste».
Herbert Greengrass non riuscì a domandare, nel momento in cui vide Draco Malfoy con le lacrime agli occhi.
«Mio figlio è morto».
 
***
 
Aveva detto ad Asteria di lasciarlo solo per qualche giorno e lei, in un impeto di dolce comprensione, aveva acconsentito a iniziare a pianificare il matrimonio, mentre lui si crogiolava nel suo dolore.
Non aveva nemmeno voluto farle vedere il piccolo corpicino, ormai senza vita, dicendole che voleva risparmiarle almeno quel dolore, a differenza di quelli da cui non sarebbe riuscito a proteggerla.
Così, a cinque settimane dal suo matrimonio, Draco Malfoy salì in quella che era stata la camera di suo figlio. Tutto era esattamente al proprio posto, compresa la culla in velluto rosso.
Draco vi si avvicinò, a passi misurati, chinandosi a vedere il bambino che vi dormiva, stretto in una fasciatura per quelle costole rotte. Faceva fatica a respirare.
Quella mattina, Blaise Zabini era venuto a visitarlo e, escluse le costole rotte, non aveva trovato nessuna cosa che non andasse, nel piccolo. Se n’era andato, dicendogli di essere meno paranoico, che suo figlio non aveva nessuna malattia rara.
Poi, il piccolo era peggiorato all’improvviso. Si erano spaccate le ossa appena rinsaldate e, quando suo padre gliele aveva rotte con una pressione minima, come fossero fatte di zollette di zucchero, il bambino non era nemmeno riuscito a piangere.
Gli si erano congelate, le lacrime, e anche in quel momento Malfoy ne vide qualcuna che gli sporcava le ciglia inferiori.
«Non piangere» mormorò. «Sono sicuro che starai meglio, lassù».
Se esisteva davvero, un lassù. Ma questo non lo disse, mettendo una mano nella culla e carezzando il volto del bambino.
«Io ti verrò a trovare, presto o tardi, te lo prometto» continuò. «Ma tu non dimenticarti che tuo padre ti vuole bene e, tutto questo, l’ha fatto per evitarti una vita di sofferenze inutili».
Gli strinse la mano sul collo.
 
***
 
 Al funerale parteciparono in pochi. La famiglia Greengrass, Narcissa Malfoy, Blaise Zabini.
Asteria Greengrass pianse in ogni momento, appoggiandosi al braccio del fidanzato che, invece, appariva come paralizzato dal dolore, mentre i suoi pochi amici gli sfilavano davanti.
«Non capisco come sia potuto succedere» mormorò Zabini, tendendogli la mano. «Stava bene… se vuoi posso prendere il suo… corpo e vedere cosa l’ha ucciso».
Asteria lo fulminò con lo sguardo.
«Come ti permetti» sibilò. «Di turbare ulteriormente Draco in un giorno come questo?».
«Non c’è bisogno» mormorò Draco, con voce rotta. «L’ho visto soffocare davanti ai miei occhi e non ho nemmeno potuto salvarlo. Mi basta questo».
«Non devi fartene una colpa» sussurrò Asteria, sollecita. «Io lo so che eri il miglior padre che quel bambino potesse avere. E lo sarai ancora, un giorno, e io sarò fiera di dire che sei il padre dei miei figli».
 
***
 
«Draco?» domandò Asteria Malfoy, sbigottita. «Puoi spiegarmi cosa significa?».
«Mamma, calmati» intervenne Scorpius, posando una mano sulla spalla di sua madre. «Potrebbe essere qui anche da mezzo secolo, per quel che ne sappiamo».
Si voltò a lanciare un’occhiata alla sua fidanzata che, però, scosse il capo e indicò quel minuscolo cadavere.
«Non credo» borbottò Rose. «Il corpo è in condizioni buone, non penso sia qui da meno un ventennio».
«Ventiquattro anni» la corresse Draco Malfoy, avvicinandosi al corpicino. «Lui non aveva un nome, ha vissuto meno di un anno».
Asteria Greengrass si portò una mano alla bocca, sconvolta e pallida. «Ma noi l’avevamo sepolto» mormorò, con le lacrime agli occhi. «Draco, cosa hai fatto?».
«Intanto, vorreste spiegarmi chi era quel bambino?» intervenne Scorpius, mettendosi a sedere. «Pensavo che fra me e te non ci fossero segreti, mamma».
«Lui… tesoro, lui era il figlio di tuo padre» spiegò Asteria, dolcemente. «Era tanto malato e non ce l’ha fatta… ma, con lui, tuo padre ha imparato ad essere il padre che hai conosciuto tu e…».
«Signora Malfoy, mi dispiace» la interruppe Rose, allontanandosi dal cadavere. «Ma sono abbastanza sicura che queste ferite non siano state dovute a una malattia. Devo chiamare i miei colleghi».
«Chiamali» mormorò Draco Malfoy. «E digli di arrivare in fretta».
Immediatamente, un piccolo animale peloso, brillante come la luna, fece capolino dalla sua bacchetta e si tuffò fuori dalla casa, pronto ad avvisare il dipartimento Auror del Ministero.
«Asteria, ascoltami, prima che arrivino» continuò Draco, prendendo una mano della moglie. «Io ti amo. E vorrei che lo ricordassi sempre, anche quando saprai…».
S’interruppe. Ormai, senza alcun freno a trattenerle, aveva lacrime che gli rigavano il viso e sporcavano la voce.
Chinò il capo.
«L’ho ucciso io» terminò Draco, ormai piangendo apertamente. «Che Merlino mi perdoni, l’ho ucciso io».
 

 
 
Note: Allora, metto qui giù qualche punto per facilitare la comprensione del testo:
 
  1. Il bimbo senza nome è nato nel 2003, ovvero quando Draco aveva ventitré anni e Asteria ventuno. Se fosse vissuto, sarebbe stato tre anni maggiore di Scorpius.
  2. La storia si svolge quindi nel 2004, quando il bambino sta per compiere un anno, Draco ne ha ventiquattro e Asteria ventidue.
  3. Non ho trovato come metterlo nel testo, ma il motore immobile di questa storia è stato il fatto di far soffrire Draco della sindrome di Münchhausen per procura. Ovvero, citando Wikipedia che sicuramente è più affidabile di me, quel “disturbo mentale che affligge genitori o tutori e li spinge ad arrecare un danno fisico al/alla figlio/figlia per farlo credere malato e attirare l'attenzione su di sé. Il genitore/tutore viene così a godere della stima e dell'affetto delle altre persone perché apparentemente si preoccupa della salute del/della proprio figlio/figlia”
  4. Il lavoro di Rose è una mia invenzione che, spero, risulti azzeccata, così come tutte le nozioni che ne derivano.
Chiaramente le tematiche di questa storia non sono assolutamente da prendere come insegnamento e me ne dissocio totalmente.
   
 
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