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Autore: Queen FalseHearth    26/09/2019    3 recensioni
Rose nel deserto è la storia di Chiara e Abigail, due ragazze che non si conoscono destinate a condividere la stessa sorte.
Dopo decenni siamo riusciti a distruggere il nostro unico pianeta, la vendetta della Terra sarà rovente ed inevitabile. Riusciranno queste due ragazze a salvarsi?
Questa storia partecipa al contest “Una macchia di storia” indetto da elli2998 e Inchiostro_nel_Sangue sul forum di EFP. [5118 parole]
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Rose nel deserto

 

Chiara

Chiara aprì gli occhi, si era svegliava prima del sole. Nella sua stanza regnava il buio, il silenzio quasi le suscitò paura. Di nuovo un altro incubo, non era mai riuscita a dormire serena nella villa in cui abitava durante le vacanze estive. L’abitazione era un regalo di un amico dei suoi genitori.
Aveva bisogno di distrarsi, sapeva già che non sarebbe riuscita a riaddormentarsi. La risposta al suo problema era la sua più grande passione, la danza classica.
Chiara aveva sedici anni ma aveva già deciso il suo futuro, non immaginava la sua vita senza la danza.
Controllò il telefono che segnalava le tre di notte, ottimo orario per divertirsi. Camminò in punta di piedi verso il soggiorno, era molto spazioso e le sarebbe bastato spostare il tavolino per avere una sala da ballo.
Sorrideva, il pensiero di ballare bastava per renderla felice. Si legò i suoi lunghi e lisci capelli castani in una coda di cavallo.
Una ballerina doveva di riscaldarsi prima di poter esprimere la propria arte.
Prese una sedia e la usò come sbarra, come primo esercizio scelse quello dei pliè. Si sentiva particolarmente rilassata, doveva ballare di notte più spesso. Non potendo mettere la musica immaginò le melodie al piano protagoniste delle sue lezioni di danza all’Accademia.
Si sentiva già accalorata, decise di far entrare un po’ di vento estivo nella stanza. Aprì la persiana.
Fu come spalancare le porte dell’Inferno.
Si accasciò a terra, stordita dall'ondata di caldo. Non riusciva a muovere nessun arto del suo corpo all’improvviso debole. Che cosa stava succedendo? Non era il calore di Luglio al quale si era abituata, era molto peggio.
Raccolse le poche forze che le erano rimaste per guardare fuori alla persiana. Il terrore s'impadronì del suo cuore.
Tutti i fiori che circondavano la villa erano morti.

 

 Abigail

Abigail aprì gli occhi.
Per un attimo si era appisolata sul tavolo di legno. Si guardò attorno con occhi stanchi: si trovava in cucina, la luce del sole illuminava la stanza con i suoi caldi raggi solari. Suo padre stava preparando la colazione e la televisione era accesa.
 Da quanto tempo Abigail era seduta sulla sedia? Non lo sapeva, non si ricordava neanche come si fosse svegliata.
-Ho preparato la tua colazione preferita, torta ai frutti di bosco e una tazza di latte- disse suo padre spegnendo il fuoco del gas non appena si accorse che Abigail avesse gli occhi aperti.
-Grazie- mormorò la ragazza a bassa voce.
“In realtà vuoi che morissi” pensò, le gentilezze di suo padre non erano mai nate da un sentimento di affetto paterno.
Suo padre si pentiva ogni giorno di esserlo; occuparsi di lei era una specie di maledizione, un peso fastidioso.
Non gli assomigliava nemmeno d’aspetto fisico: Abigail era snella, la sua pelle era bianca come la neve, aveva capelli mossi color d’oro e occhi verdi malinconici; suo padre invece era in sovrappeso, moro con occhi scuri.
Sicuramente aveva sempre pensato che sua moglie l’avesse tradito, ma poteva cercare risposte solo alla sua tomba.
Era meglio non lasciarsi influenzare da questi pensieri, anche se l’avevano aiutata a svegliarsi. Abigali decise di concentrarsi sulla torta ai frutti di bosco che adorava, ma neanche il dolce riuscì a risollevarle il morale. Le sue mattine non iniziavano mai con un sorriso.
-Sebbene la Terra negli ultimi anni sia stata colpita da numerose tempeste, siccità e inondazioni provocate dall'innalzamento dei livelli dei mari, le emissioni di gas serra continuano a crescere in maniera incontrollata…- disse la giornalista del telegiornale.
Abigail ormai provava completa indifferenza verso il mondo e le emozioni, infatti la recente notizia che la Terra non sarebbe stata più un posto abitabile non l'aveva sconvolta.
La televisione aveva smesso di parlare di politica, sport e di musica: non potevano più ignorare il pericolo che avrebbe ucciso tutti. 
Nonostante si sapesse che il pianeta non poteva più sopportarlo, alcune persone hanno continuato a bruciare migliaia di combustibili fossili, praticare l’allevamento intensivo e distruggere il polmone verde del pianeta, l’Amazzonia. La ragione? La stessa che ha spinto l’uomo a creare le bombe nucleari e ammazzare i propri fratelli: l’avidità.
Abigail si sentiva una spettatrice di uno spettacolo che non voleva guardare.
-Questa mattina la città di Miami, in Florida, è stata sommersa dalle acque dell’Oceano Atlantico. Gli abitanti hanno ricevuto soccorso da…- suo padre spense la tv, stanco delle solite informazioni catastrofiche.
Abigail si chiese che cosa avrebbe suscitato in un essere umano sentendo che la fine era vicina. Paura? Angoscia? Perché lei non provava queste emozioni? Suo padre non ne parlava mai, anzi Abigail non si ricordava l’ultima volta che aveva discusso con lui.
Dopo aver finito di fare colazione, la bionda controllò che cosa stesse indossando: aveva una maglia celeste e pantaloni neri, bastava prendere un paio di scarpe per uscire, le avrebbe trovate difronte alla porta. Si alzò dal tavolo facendo rumore.
-Dove vai?- chiese suo padre.
-Al solito posto- l'uomo non aggiunse altro, l’importante era che sapesse dove l’avrebbe trovata.

Il mondo sarebbe finito, ormai era certo.
Per i malati terminali questo è un giorno come un altro. Per lei era un giorno come un altro.
Era impossibile non percepire il forte calore, ma Abigail era determinata a trascorrere i suoi ultimi momenti nel suo posto segreto.
Quel giorno la strada era tranquilla e silenziosa. Provava sollievo al pensiero che presto sarebbe stata circondata da alberi, si trovava a suo agio solo in mezzo nella natura: odiava i rumori della città. Non aveva amici, nessuno voleva stare vicino a una ragazza che considerava i fiori propri compagni.
Abigail non sapeva se il suo posto segreto fosse un giardino abbandonato o una località rurale che tutti avevano dimenticato; l’importante era che fosse il suo Paradiso.
La strada finì e la condusse all’interno della sua casa, adesso i suoi problemi non potevano raggiungerla.
Abigail stava finalmente sorridendo.
Salutò i salici piangenti protagonisti di quel paesaggio, sembravano felici. La luce rifletteva sulle foglie verde chiaro degli alberi, era davvero uno spettacolo magnifico. Cespugli rigogliosi crescevano intorno allo stagno sul quale abitavano molto ninfe rosa.
La ragazza, innalzando lo sguardo dallo specchio d’acqua, notò con dispiacere l’unica cosa che odiava di quel posto magico. Il ponte azzurro di legno sopra lo stagno, che impediva alle ninfe di ricevere i piacevoli raggi solari, era l’unica testimonianza dell’uomo in quel luogo, per questo la giovane voleva distruggerlo con le sue mani.
L’uomo era nemico della natura, Abigail era certa che la Terra odiasse i suoi figli che l’hanno distrutta.
Allontanò quei pensieri negativi, doveva godersi l’armonia della natura finché poteva.
L’aria era pulita, piacevole. Il vento le accarezzò i capelli, per un momento le sembrò che volesse comunicare con lei. Sentì il cinguettio melodioso degli uccellini, liberi senza preoccuparsi di essere prede.

Il suo mondo perfetto fu avvelenato da due intrusi: suo padre e uno sconosciuto. Abigail non appena si accorse di loro smise di sorridere e si mise subito in allerta. La persona accanto a suo padre era un uomo sulla trentina di colore dall’aspetto innocuo e rilassato.
-Eccovi la ragazza, ora consegnami il pass- disse suo padre con voce seria allo sconosciuto, quest’ultimo sembrò ignorarlo e rivolse un sorriso verso la giovane, Abigail capì subito che era finto capace di ingannare solo i bambini.
La ragazza pensò alle parole pronunciate dal padre, alla fine i suoi dubbi furono confermati: l’odiava. Per sbarazzarsi di lei era sicura che avrebbe fatto persino un accordo con il Diavolo in persona.
-Ciao, tu devi essere Abigail? Io sono Thelonious ma puoi chiamarmi Theo, piacere di conoscerti- disse lo sconosciuto porgendo la mano in segno di amicizia.
La ragazza non disse nulla e rimase immobile. L’uomo ritrasse la mano, non sembrava offeso. 
-Devi venire con me- disse non perdendo tempo.
-Sei stata scelta per salvare la razza umana- continuò sicuro di aver conquistato la sua attenzione, ma negli occhi della ragazza era riflesso il vuoto. Abigail non importava di salvare il mondo, non teneva neanche a sé stessa.
-A me questo sembra uno scambio- disse la giovane rivolgendo un breve sguardo verso suo padre, lui cercò di evitarlo.
-Allora sai parlare. Devi seguirmi, mi dispiace ma non puoi portare oggetti personali con te ma troverai tutto ciò che ti serve nel bunker-
-B-Bunker?-
La ragazza non voleva andarsene da quel posto incantato. Non era giusto. Theo si avvicinò e prese il braccio della ragazza, quest’ultima non provò a porre resistenza sapendo che non poteva liberarsi dalla presa di quell’uomo, anzi di quel demone.
Suo padre s’intromise solo per dire con voce autoritaria: -Il mio biglietto-.
-Ma certo, quasi dimenticavo- Theo gli consegnò con la mano libera un piccolo foglio di carta preso dalla sua tasca, forse era una tessera. Il moro non sembrava soddisfatto anche se aveva ricevuto ciò che aveva chiesto.
Suo padre le rivolse un ultimo sguardo e lasciò che Theo la porti via in silenzio, Abigail non ci impiegò molto a capire che si trattasse di un addio.

 

 

Chiara

Chiara non sapeva cosa fare. Era rimasta stesa sul pavimento per quattro ore, l’aria per fortuna era cambiata. Si sentiva ancora debole ma riusciva a camminare.
Il suo primo pensiero fu i suoi genitori che trovò nella loro camera da letto sofferenti. Dopo aver posato sulle loro fronti uno strofinaccio con dell’acqua fredda e aver accesso tutti i ventilatori della villa, Chiara uscì di casa.
C’impiegò molto per raggiungere il quartiere, aveva quasi esaurito le sue energie.
Non era l’unica che aveva avvertito il forte calore: in piazza la gente si ribellava con la fronte inzuppata di sudore, gli abiti bagnati. Milano sicuramente non era la prima città che si era svegliata con la paura, forse in tutta Italia regnava il caldo del deserto.
L’angoscia era dipinta sui volti delle persone che vedeva, come biasimarli? Il mondo che conoscevano non esisteva più.
Chiara arrivò in piazza nello stesso istante in cui una folla formata per lo più da giovani iniziò a marciare verso il municipio. Ma che cosa poteva fare un gruppo di umani contro la vendetta della Terra?
La ragazza non sopportava il caldo, la fatica picchiava in ogni angolo del suo corpo. Si recò in strada, non era passato neanche un minuto che andò a sbattere contro una persona e cadde sull’asfalto.
-C-Che succede?- chiese Chiara guardando il signore che l’aveva fatta cadere, per fortuna quest’ultimo si rivelò una persona gentile e l’aiutò a rialzarsi.
-Stiamo andando a chiedere al sindaco provvedimenti- rispose.
-Ce la fai a correre?- chiese e Chiara scosse la testa, lo sconosciuto non poteva fare altro che salutarla.
Nelle strade c’era il caos, sembrava la scena di un film post-apocalittico. Purtroppo era tutto dannatamente reale. La giovane sentiva da ogni parte urla di gente disperata.
-Il clima di Milano è diventato come quello di Austin in Texas!-
-Bellumo è stata appena registrata la città più colpita dal riscaldamento globale. Per ora! Cazzo sono quasi quattro ore di distanza!-
-Mio figlio è svenuto durante il suo turno notturno da benzinaio!-
-FATE QUALCOSA!-
Chiara non aveva la forza di restare in piedi, figuriamoci a urlare. Se avesse potuto, avrebbe chiesto al mondo di restituirle la forza del suo corpo: voleva ballare, lasciarsi trasportare dalle sue emozioni. Solo con la danza si sentiva completa e viva.
Nel frattempo la figura del sindaco comparì nella folla, neanche lui poteva nascondere la fronte ricoperta dal suo sudore. Perché era venuto nella piazza?
-Ascoltatemi c’è una possibilità per sopravvivere! Andremo nello spazio!- urlò il sindaco ai suoi cittadini.

 

Abigail

Abigail non aveva detto una parola nella macchina. Quanto tempo era passato? Forse dieci minuti. La bionda guardava il finestrino, sentiva un forte peso al cuore al pensiero che forse era l’ultima volta che avrebbe visto la natura. No. Non poteva sopravvivere un giorno senza i suoi adorati alberi. 
Se fosse riuscita ad aprire la portiera della macchina non avrebbe esitato a scappare, ma dovette escludere quel piano.
Il signor Theo guidava sereno, con l’aria condizionata messa al massimo.
-Che cosa ha dato all’uomo che mi ha consegnato?- domandò Abigail per sapere cosa la sua figura paterna abbia scambiato per lei.
-A tuo padre? Un pezzo di carta inutile- rispose tranquillamente senza rimorso.
-E’ meglio che ti spieghi la situazione: come sai fra meno di un decennio la Terra sarà devastata dal caldo. Lo scioglimento dei ghiacciai non solo causerà l’estinzione degli orsi polari ma molte città costiere finiranno sott’acqua, è inevitabile. I raccolti saranno destinati a morire, ritorneranno malattie dimenticate… - la ragazza aveva sentito abbastanza informazioni sull’imminente morte, non ce la faceva più.
-La maggior parte della popolazione, fra questi tuo padre, è convinta che il presidente metta a disposizione una navicella spaziale che possa salvare la popolazione. Che stupidi- allora Theo aveva consegnato a suo padre un pass per accedere a qualche navicella immaginaria, pensò la ragazza.
-Noi italiani agli occhi degli americani siamo dimenticabili e poi non c'è più tempo-
La giovane non pronunciò alcun perché ma Theo continuò.
-E’ difficile dirlo ad alta voce, Abigail. Ci sarà un’ondata di caldo anomala che colpirà la nostra penisola. Non so dire con precisione quando, ma accadrà- Abigail in quel momento voleva solo dormire e non svegliarsi mai più.
-Non abbiamo rivelato questa notizia a nessuno, la gente impazzirebbe e potrebbe trovare il nostro bunker-
La sua voce era diventata fastidiosa nella testa della sedicenne, pensò per un momento che quel signore non avrebbe mai smesso di parlare.
-I paesi poveri hanno già subito questa ondata di caldo anomala, ma non si è diffusa la notizia perché a nessuno importa di loro. Buffo, non è vero? La metà più povera della popolazione mondiale ha generato solo il dieci per cento delle emissioni di anidride carbonica, in pratica erano innocenti e sono morti per primi-
L’indifferenza verso quei popoli vittime degli errori di altri rese Theo la peggior persona che abbia mai incontrato.
-Perché sono qui?- chiese la ragazza interrompendolo, il trentenne quasi si stupì.
-Passi molto tempo all’aria fresca, hai i parametri salutari migliori e sei molto intelligente. Stiamo cercando persone come te, in salute e giovani. Inoltre tuo padre mi ha consegnato la tua cartella clinica ed è fantastica! Vivrai con altri selezionati nel bunker finché il clima non si stabilizza, ci vorranno decenni ma la razza italiana sopravvivrà- disse Theo con orgoglio.
Non era possibile. Abigail sperò che fosse un incubo.
La sua era un’esistenza spenta. Quale fu il giorno in cui si definì morta? Quando aveva smesso di provare emozioni? Quando la solitudine rappresentò la sua unica soluzione per sopravvivere? Non se lo ricordava.
Forse era per il fatto che aveva sempre odiato gli esseri umani: adesso non solo l’uomo ha distrutto il mondo, ora volevano costringerla a vivere in un luogo in cui non sorge il sole. Non era possibile.
-Dovreste cercare scienziate sui vent’anni e no un’adolescente che vuole tornare a casa- protestò la ragazza, Theo non si spiegò quelle parole.
-Le scienziate che abbiamo intercettato non sono fertili, dobbiamo dare più importanza alla procreazione. Tu sei importante per noi, e poi siamo arrivati.-
Theo fermò la macchina vicino a un capannone abbandonato in mezzo al nulla. Per un attimo Abiagil pensò che quel signore si sia inventato tutto e fosse solo un pazzo.
La ragazza e Theo entrarono all’interno della struttura malandata, quest’ultimo spostò delle assi di legno situate in un angolo con molta facilità: la giovane non avrebbe mai immaginato che là sotto ci sarebbe stato un enorme portone circolare di metallo.
-Devi salutare qualcuno? Solo io posso avere comunicazione con l’esterno- Abigail scosse la testa senza esitare.
Theo aprì il passaggio senza alcuno sforzo. La giovane vide una scala e il buio più totale.
Le scale la condussero in una città sotterranea in cui si respirava un’aria secca. Era simile ai rifugi che vedeva nei film post-apocalittici, forse si trovava davvero in un incubo. Non poteva essere…reale.
-In questo bunker per il momento siamo in quattro. Purtroppo siamo riusciti a trovare solo un medico…-
Theo condusse Abigail in una stanza dalle pareti bianche che ricordava quella di una clinica, seduto su una poltrona rossa c’era un ragazzo di colore di bell’aspetto.
-Lui è Ajack, ha la tua stessa età e un carattere…particolare-
Appena vide l’uomo che l’aveva portato nel bunker, il ragazzo si alzò mostrando uno sguardo ostile.
-Che cos’è questa storia?!-
-Per favore calmati…- Theo si chiese perché i due giovani che aveva trovato provavano rabbia invece di gratitudine. Li aveva salvati da morte certa!
-Vi state dando da fare solo quando il pericolo è imminente, e quando è stato annunciato che cosa avete fatto? Avete impedito a quei bastardi di bruciare l’Amazzonia?! No! Volete lasciare il compito di salvare il mondo ai vostri nipoti? Siete patetici- disse Ajack colmo di rabbia.
Abigail desiderava solo un po’ di silenzio.
Theo, dopo aver cercato di calmare il ragazzo, rivolse un sorriso alla bionda simile a quello che mostrò quando si erano incontrati poco fa: finto.
-Spero ti trovi bene qui, aspettatemi qui devo localizzare gli altri “prescelti”-

 

 Chiara

In quel momento la speranza era essenziale, se l’avesse persa non avrebbe fatto altro che piangere e maledire questo mondo. No. Doveva essere forte. Ma una strana sensazione la costringeva a temere il peggio.
Sulla strada della villa si sentì di svenire, per fortuna trovò rifugio in un giardino ornamentale stile giapponese abbandonato.
Stranamente i salici piangenti e i cespugli di quel posto erano ancora rigogliosi, come se non subissero l’ondata di caldo. Quel posto sembrava magico.
Quando notò uno stagno non esitò a bagnarsi la faccia con dell’acqua, si sentì già meglio.
Si distese sotto un albero a pochi passi dallo specchio d’acqua, era un posto perfetto per riposare, magari l’avesse scoperto prima. Decise aspettare fino a quando non si sarebbe sentita meglio, avrebbe lasciato un messaggio ai suoi genitori più tardi per avvisargli che stava bene.
La luce accecante del sole la raggiunse prepotente, non aveva mai sperato come in quel momento che piovesse. Chiara non poteva fare altro che riflettere.
Perché nessuno l’aveva avvertita che il mondo sarebbe finito oggi?
Nella sua lista delle cose da fare prima di morire c'era solo una parola, danzare. Non riuscire nemmeno a muoversi era la cosa più ingiusta che le potesse capitare.
La sua insegnante di danza, per motivarla a fare sempre meglio, le ripeteva sempre “Balla come se fosse l’ultima volta” . Non aveva mai pensato che un giorno non sarebbe stata in grado di danzare, era una follia.
Adesso voleva disperatamente poter ballare. Non voleva andare nello spazio.
Se doveva morire voleva che fosse preceduto da un’arabesque e che i suoi ultimi respiri siano dedicati a una doppia piroette…
Allora aveva deciso.
Di certo non avrebbe potuto ballare sull’erba. Si guardò attorno, l’unica superficie in cui poteva sfogarsi era un ponte sopra lo stagno. Come aveva fatto a non notarlo prima? La ringhiera blu era diventata la sbarra migliore del mondo ai suoi occhi scuri.
Doveva raggiungerlo.
La stanchezza per fortuna non le impedì di alzarsi, molto lentamente arrivò al ponte, gli scricchiolii non la spaventarono.
Era pronta. Posò la mano destra sulla ringhiera del ponte, alzò delicatamente il braccio sinistro fino alla sua massina estensione; non smise di posare i suoi occhi sulla mano e si assicurò che le spalle fossero aperte.
Fece un piccolo pliè seguito da un revelè. Pensò che era come se stesse imparando a ballare: un passo alla volta. Ovviamente avrebbe escluso tutti i salti che conosceva.
Iniziò a fare un esercizio alla sbarra di riscaldamento: era come se le sue gambe si siano paralizzate a causa di un veleno.
Al momento di eseguire un’arabesque cadde, il caldo le tolse le energie.
Era patetica. Se la danza fosse una persona e l’avesse vista l’avrebbe schiaffeggiata. Doveva alzarsi.
Stava per riprovare ma una piccola rosa che giaceva vicino a lei attirò la sua attenzione. Che cosa ci faceva qui? La guardò meglio, nonostante abbia conservato il suo colore rosso intenso presto sarebbe appassita, come lei.

 

Abigail

Abigail era rimasta seduta in un angolino della stanza. Ajack, invece, si era sistemato sulla poltrona rossa e stava leggendo un libro sulla medicina con la copertina che rappresentava una pianta verde. La ragazza sentiva già nostalgia della sua casa.
-Ehm…ciao- disse Ajack d’un tratto diventato un ragazzo tranquillo.
-Scusa per prima, non sopporto la calma di quel pazzo in cui dice che sta salvando l’umanità mentre fa morire migliaia di suoi simili. Beh…dato che siamo costretti a vivere insieme dobbiamo andare d’accordo…iniziamo con…ehm… come stai?- nonostante la giovane non si sia mai interessata degli altri, apprezzò lo sforzo del suo coetaneo di apparire gentile. Decise di comportarsi allo stesso modo ed esprimere ciò che provava.
-…mi sento come un uccellino che è stato sottratto dal proprio nido e messo in una gabbia- Ajack non si aspettò come una risposta una metafora, ai suoi occhi era una bizzarra ragazza.
-Beh un uccellino ha più possibilità di sopravvivere-
-Ma non può più volare-
Ajack non riusciva a comprenderla, ma d’altronde aveva sempre avuto difficoltà a decifrare le parole di una ragazza, forse era meglio cambiare argomento.
-Spero che l’ondata di caldo sia una cazzata non voglio che tutti muoiano- disse confermandosi un ragazzo di buon cuore.
-Tu sei il personaggio ottimista della situazione?- chiese la sedicenne.
-Mi sembra ovvio, come tutti gli esseri umani- Abigail mostrò uno sguardo assente.
-Tu che personaggio sei?-
-Quello che vuole morire-
Ci fu silenzio, Ajack non sapeva che cos’altro dire. Come avrebbe dovuto comportarsi? Quali erano le parole giuste per comunicare con questa strana ragazza?
-Se vuoi ti racconto perché sono qui e poi tu mi dici come tu hai incontrato Theo-
Abigail annuì.
-Mio padre mi ha insegnato tutto ciò che riguarda la medicina, è un dottore molto stimato. Se non avesse avuto il vizio del fumo a quest’ora sarebbe qui con me, ma quel bastardo di Theo lo ha reputato una persona destinata a morire in poco tempo- fece una pausa per seppellire il rancore che provava.
-Theo è comparso all’improvviso e ha detto che voleva portarmi in un bunker. Ovviamente era uno sconosciuto non avevo motivo di credergli, ma mio padre sapeva che il riscaldamento globale molto probabilmente avrebbe ucciso tutti e doveva fare l’impossibile per salvarmi. Non volevo entrare senza mio padre e così lui…beh mi ha fatto credere di avermi venduto-
Abigail si sentì sbiancare.
-Ha detto a Theo che mi avrebbe lasciato se gli avesse consegnato un biglietto per accedere alla prima navicella. Non ci vuole un genio per capire che l’ha fatto per non farmi soffrire. Quale padre venderebbe il proprio figlio?-
Tutti i suoni svanirono, sentì solo i battiti deboli del suo cuore.
Abigail non ricordava l'ultima volta che una lacrima accarezzò il suo viso, una forte emozione la devastò. Il suo cuore precipitò in una voragine di tristezza.
La ragazza ritrovò le sue emozioni.
Suo padre l’aveva salvata. Le voleva bene.
Non l’odiava come aveva sempre pensato.
Non recuperò solo la sua tristezza ma anche i suoi ricordi.
Non aveva perso le emozioni perché odiava gli esseri umani, ma soffriva vedendo il volto di suo padre privo di felicità in seguito alla morte di sua moglie, la madre di Abigail.
Odiava quel ponte no perché era costruito dall’uomo ma fu l’ultima superficie su cui sua madre mise piede: aveva deciso di morire gettandosi dal ponte e lasciandosi divorare dalle acque dello stagno. Adorava quel giardino no perché amava la natura ma in passato trascorreva felici pomeriggi con i suoi genitori. Si era dimenticata che il suo sogno era ritornarci insieme alle persone a lei care.
Ricordava.
Ricordava tutto.
Aveva cercato di fuggire dalla realtà.
La tristezza era sempre stato un sentimento pungente e così malinconico?
Ajack finalmente vide un’emozione riflessa sul volto della ragazza, prima gli sembrò di aver parlato con un robot malfunzionante.
-E tu? Come sei arrivata qui?- fu la voce di Ajack a interrompere i suoi pensieri. Abigail non ebbe il tempo di non dire niente che Theo bussò alla porta, anche se era aperta, per richiamare l’attenzione dei due giovani.
-Devo trovare la mia famiglia, Abigail puoi farmi un favore e chiamare un’altra “prescelta”? Si chiama Chiara-

 

Chiara

La speranza doveva guidarla.
Un ultimo sforzo: non aveva finito l’esercizio.
Fu costretta a rimanere distesa, si sentiva come se le mancasse un polmone. Non poteva tornare a casa e riprovare, non sapeva quando il caldo sarebbe stato soffocante. Poteva morire da un momento all'altro.
No. Non poteva essere l’ultima volta in cui avrebbe ballato. I suoi sogni dovevano ancora realizzarsi, non aveva dimostrato ancora niente al mondo! Doveva guardare in faccia la realità anche se era così ingiusta. L’ultimo sentimento che avrebbe provato sarebbe stato il fallimento?
Il telefono squillò.
Era un numero sconosciuto, Chiara rispose sperando che qualcuno le dica che questo era soltanto un incubo. Sentì la voce di una ragazza.
-Tu sei Chiara de Martini?-
-S-si…-
La giovane ballerina non riusciva a restare calma: i suoi sentimenti di terrore e paura che non era riuscita a sopprimere con la danza dovevano essere liberati.
-Chi sei? Ti prego…questo è un sogno? Ho paura! Fa troppo caldo. V-vogliono mandarci nello spazio…non voglio andare…non potrei ballare. Fa troppo caldo…- Abigail non aveva tempo per spiegarle che tutto ciò che aveva sentito si basava su una disperata bugia. La ragazza con cui stava parlando era terrorizzata, la bionda doveva cercare di tranquillizzarla anche se aveva riacquistato le sue emozioni da poco.
-Che ne dici di un bunker? C’è molto spazio per ballare-
-C-cosa?-
Chiara sentendo la parola “bunker” si sentì confusa, la paura quasi le fece dimenticare il suo significato. Non sapeva che a Milano ce ne fosse uno, alcune persone sapevano già che sarebbe finito il mondo?
Sapeva di non essere l'unica a subire il calore insopportabile, perché era stata scelta per sopravvivere? Troppe domande, nessuna risposta.
-Thelo…Thelon…Theo ha detto che posso fidarmi di te e darti le coordinate del bunker- continuò Abigail, ebbe difficoltà a pronunciare il nome del suo demone.
-Thelonious? L’amico dei miei genitori…-
Anche se per qualche miracolo era stata chiamata per entrare in questo bunker, Chiara sapeva che ormai era troppo tardi. Era così triste che non smetteva di piangere.
-Allora dove ti trovi? Ho qui con me una mappa, ti guiderò…-
-S-Sto male…non ce la faccio…non riesco a muovermi…- ammise Chiara sghignazzando. Se lei non avesse disperatamente cercato di ballare avrebbe ancora un po’ di energie nel suo corpo. Non poteva incolpare nessuno, solo la crudeltà della vita.
Chiara rivolse lo sguardo verso quel fiore impotente che stava affrontando il calore del deserto insieme a lei.
-Mi sento…mi sento come una rosa nel deserto-
-…i biscotti?- chiese Abigail un po’ perplessa.
-No…sono sfinita come una rosa in mezzo al deserto-
-Io invece sono sempre stata sola come una rosa nel deserto- disse Abigail dall’altra parte della cornetta, ebbe un’interpretazione diversa: immaginò la rosa immersa in un’infinita distesa di sabbia senza poter scappare o chiedere aiuto.
Chiara capì grazie a quella frase che stava parlando con una ragazza che aveva sofferto in silenzio per tutta la vita.
-Mi dispiace, dev'essere stata dura per te-
Nonostante sia il momento peggiore della sua vita, quella Chiara si preoccupava per lei: una ragazza che neanche aveva mai visto.
Abigail provò un sentimento intenso che non aveva mai conosciuto, forse si trattava della gratitudine.
Voleva darle una possibilità, Chiara doveva vivere.
-Ho capito, ti vengo a prendere. Era mia intenzione fuggire dal bunker, dopo che ti avrò guidata nel tornerò da mio padre. Dove ti trovi?-
Per Chiara quella ragazza di cui non conosceva il nome era diventato il suo angelo custode.
-Mi trovo…mi trovo in un posto magico. Ci sono i salici piangenti, uno stagno, un ponte blu…non so di preciso dove sia.-
Abigal sapeva benissimo dove l’avrebbe trovata. Che fosse opera del Destino?
-Ok aspettami. Ho gli occhi verdi e i capelli dorati, mi riconoscerai subito. Ah il mio nome è Abigail, mi pare che non te l'abbia detto-
Chiara era felice.
Avrebbe di nuovo ballato.
Era successo così in fretta: due minuti prima si sentiva la ragazza più sfortunata del pianeta, adesso era sollevata come una madre che ha appena dato alla luce un bambino.
La sua speranza venne distrutta in altrettanti due minuti.
Non aveva la forza di urlare o scappare. Per lei era finita. L'unica cosa che poteva fare era avvisare quella ragazza per non trascinarla nella sua stessa sorte. Trovò il numero nel registro telefonico, le sue mani non smettevano di tremare.
-ABIGAIL NON VENIRE!-
La vendetta della Terra non risparmiò nessuno, l’unico a sopravvivere fu il ponte.

 

Abigail 

Dopo aver posato il telefono su un tavolo, Abigail si diresse verso le scale d'acciaio quasi correndo. Ajack aveva provato a fermarla ma la ragazza scoprì di avere una determinazione indistruttibile.
Sapeva di non avere l'autorizzazione per uscire ma non le importava. Doveva sbrigarsi, forse ci avrebbe impiegato venti minuti per raggiungere Chiara se avesse corso.
La giovane fece uno sforzo enorme per aprire il portone circolare, per un momento si sentì le sue braccia rompersi.
Non appena uscita dal bunker la luce del sole l’accecò, stranamente non si ritrovò nel capannone abbandonato ma si trovava in una strada. Che cosa stava succedendo?
Abigail doveva pensare solo al fatto che una ragazza impaurita la stava aspettando; corse senza avvertire stanchezza, non c'era tempo per porsi delle domande. Si era dimenticata la mappa nel bunker ma sapeva dove andare. Conosceva la strada.
Non sentiva caldo o la carezza del sole. Le nuvole erano immobili, per un momento si sentì l'unica ragazza presente sul pianeta.
Raggiunse la sua destinazione in poco tempo, era nel suo posto segreto.
Non avvertiva neanche un soffio di vento o la canzone degli uccellini, silenzio assoluto.
Si guardò attorno, apparentemente non era cambiato nulla: la natura l’accolse risplendendo. Salutò i suoi salici piangenti.
Vicino allo stagno una ragazza dai soffici capelli castani e un sorriso smagliante stampato sul viso stava ballando.
Era Chiara, la ragazza che doveva salvare
Abigail, titubante ricordando che la coetanea le avesse detto al telefono che era così stanca da non potersi muoversi, si avvicinò e invitò Chiara a venire con lei.
La ballerina non intendeva seguirla e continuò a ballare serena, la natura era il suo palcoscenico e il suo riflettore era la luce del sole.
Abigail non sapeva cosa dire, era tutto così strano. Cercò di convincere Chiara ma era come se la sua danza avesse costruito una barriera invisibile intorno a lei.
Non poteva fare niente, poteva considerare la sua missione compiuta.
Sospirò, era arrivata alla fine del suo viaggio, perlomeno si trovava nel posto che tanto adorava e la sua anima adesso brillava di emozioni.
Innalzò lo sguardo. Sopra quel ponte che tanto odiava c’erano suo padre e sua madre ad aspettarla.

 

 

 












👑💎Angolo autrice💎👑
A fine angolo autrice c'è la spiegazione del finale, ma se volete la libera interpretazione della storia vi invito a non leggerlo.
Spero che la storia vi sia piaciuta e sia scritta bene, volevo principalmente far riflettere.
La passione di Chiara è la danza ma poteva essere qualunque attività fisica, scommetto che gli amanti dello sport hanno sentito emozioni negative leggendo le parti della giovane.
All’inizio Abigail e Chiara dovevano essere amiche d’infanzia e la bionda perdeva le emozioni a causa sua, ma non volevo essere…banale.

Come segnalato nell'introduzione, questa storia partecipa ad un contest. La condizione del mio pacchetto era “C'è stato/c'è o ci sarà un cataclisma naturale”, dato che non sapevo se il riscaldamento lo fosse ho aggiunto l'ondata di caldo anomala,  spero che vada bene altrimenti prevedo un’amara squalifica, comunque io sono felice di aver scritto questa storia.
Grazie per chi ha letto fino alla fine,  ciaooooooooo 👑
P.S.: ho scoperto recentemente che le rose nel deserto sono dei biscotti….
P.S.n.2: Il nome dello scienziato del bunker è Thelonious, si tratta di un riferimento al personaggio della serie The 100 di cui recentemente ho visto la quarta stagione. Odio con tutto il cuore questo personaggio ma il nome mi piaceva.


 

Spiegazione finale: come si intuisce Abigail muore non appena uscita dal bunker, il caldo anomalo era già arrivato. Non ho messo il momento in cui muore perché per me…non te ne accorgi quando succede.  Lo spirito di Chiara continua a ballare e Abigail incorona il suo sogno, stare con i propri genitori (si trovano sul ponte perché lo spirito della madre si trova là).
Il ponte ha un altro significato simbolico, sopravvive solo lui all'ondata di caldo perché è un elemento umano e l'uomo è nemico della natura.
Quando dico “In meno di due secondi i salici piangenti, le ninfe e i cespugli rigogliosi morirono.” Non metto Chiara perché il suo spirito sopravvive.

Se proprio dobbiamo dare una spiegazione logica a tutto (sul fatto che i salici piangenti e i cespugli non muoiano col caldo) le due protagoniste muoiono subito e tutto ciò che accade è un viaggio verso il paradiso (infatti all'inizio è realistico per poi sfiorare il genere fantastico).
Beh scegliere l’interpretazione che volete  ;)

   
 
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