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Autore: __aris__    27/09/2019    1 recensioni
Ophelia Weston non parla da dieci anni, da quando ha assistito alla morte dei genitori. Suo nonno, Lord Edward Weston, ha chiamato i migliori precettori ed i migliori medici che l'Europa di fine 800 è in grado di offrire ricevendo un unico verdetto: il mutismo della nipote è irreversibile. A Parigi sente parlare del Fantasma dell'Opéra e viene a conoscenza delle lezioni di canto impartite a Christine Daaé, così decide di salvare Erik da un imboscata dei gendarmi proponendogli un patto: gli offrirà la possibilità di lasciare la Francia se verrà con lui e proverà a ridare la parola a Ophelia.
-- Questa è un'idea che avevo da tempo e che torna spesso a tormentarmi. L'ennesima possibilità per Erik di rifarsi una vita dopo l'Opéra. spero vi piaccia e che venga recensita.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giorno seguente si presentò come una mattina grigia e umida. Ophelia aspettò che Daisy arrivasse per vestirla sbirciando da dietro le tende il ragazzo che arrivava da Eastwood ogni mattina per consegnare i giornali e la posta: un cappello ed una giacchetta di tweed marrone che correvano via in bicicletta verso l’ingresso di servizio per poi tornare subito in paese.
Appena la cameriera arrivò, Ophelia la salutò con un sorriso, scoprendosi nervosa per qualcosa che non riusciva a capire. Daisy le propose qualche abito e Ophelia ne scelse uno senza troppi decori: la gonna era color ciclamino con piccole righe bianche ed un panneggio laterale in tinta unita che si arricciava nella parte posteriore, la giacca, dello stesso color ciclamino, aveva un profondo scollo e le maniche fino al gomito, permettendo di mostrare la camicia bianca di pizzo finemente ricamato.
Scegliere l’acconciatura non fu altrettanto facile: la giovane duchessa avrebbe lasciato i capelli sciolti, o al massimo ne avrebbe raccolti solo una parte in una semplice treccia, ma Daisy fu irremovibile sul punto che si trattasse di pettinature più adatte ad una bambina che ad una ragazza dell’età per entrare in società. Ophelia era pronta a scrivere sul suo quaderno che solo lei poteva decidere cosa fosse appropriato per i suoi capelli ma si scoprì priva del coraggio necessario nel momento in cui prese la matita in mano, e le due donne si accordarono per un mezzo raccolto ornato da un pettine di giada.
L’ultimo accessorio che indossò fu una spilla, un cameo incastonato in una cornice di piccoli fiori d’oro, che era appartenuta a sua madre e che Ophelia appuntò alla base del colletto della camicia.
Prima dell’arrivo di Mr Destler, per lei era normare restare da sola a Grainstar durante i viaggi di suo nonno. Potevano essere assenze di pochi giorni per recarsi a Londra, oppure periodi più lunghi quando era necessario che andasse all’estero. Sir Edward non la portava mai con sé, nemmeno per i viaggi nella capitale, e quando era via tutto sembrava fermarsi in una sorta di pacifica attesa in cui la dedizione di Mr Coyle mandava avanti la casa con la precisione di un orologio svizzero: le cameriere ne approfittavano per pulire lo studio di suo nonno fino a quando le porte non erano tanto lucide da potercisi specchiare, la signora Cooke si dedicava all’inventario della dispensa; la colazione era sempre servita in sala da pranzo e la cena annunciata da un colpo di gong alle cinque precise anche se lei era l’unica commensale. Se c’era qualche problema alla tenuta se ne occupava Mr Coyle che riceveva il fattore o l’affittuario per poi riferire a Sir Edward il giorno stesso del suo ritorno. Non c’era nulla di tanto urgente o grave da infrangere la bolla che calava su Grainstar appena il Duca lasciava la residenza.
Ma poi era arrivato Mr Destler e molte cose erano cambiate: le cameriere lucidavano ancora le porte allo stesso modo, la cuoca continuava a fare l’inventario, la colazione era sempre servita in sala da pranzo su fini porcellane ed il gong suonava alle cinque di ogni giorno, ma la bolla si era dissolta. Non era solo la nuova routine introdotta dal suo precettore o il fatto che Sir Edward gli aveva affidato la gestione di ogni cosa in sua assenza, era qualcosa di diverso che si poteva percepire ma non vedere. Solo la scacchiera nello studio di suo nonno non venivs toccata da nessuno fino a quando la partita non fosse finita.
Quando Ophelia raggiunse la sala da pranzo il suo precettore leggeva il Times appena stirato; alle sue spalle, accanto al tavolo del buffet, c’erano Mr Coyle e un cameriere di nome Tom. Appena la nobile varcò la soglia Erik la salutò mentre chiudeva il giornale e si alzò per fare una leggera riverenza di cortesia mentre i due domestici lo imitavano. Ophelia ricambiò con un sorriso ed un gesto della mano che invitava tutti a mettersi comodi, per quanto possibile. 
 “Posso suggerirvi il pudding di zucca, my lady? La signora Coocke ha detto di aver seguito una nuova ricetta.” disse il maggiordomo scoperchiando i porta vivande in argento. La nobile acconsentì indicando anche le frittelle di uova e le verdure cotte. Tom l’accompagnò al tavolo, spostò la sedia per farla sedere ed infine le versò una tazza di tè al bergamotto mentre Mr Coyle preparava il piatto.
Sir Edward vi ha mandato un biglietto.” Disse Erik porgendole una piccola busta chiusa da un sigillo di cera rossa, Ophelia spezzò il sigillo e lesse le poche righe che annunciavano il ritorno di suo nonno prima di cena prima di restituirla al precettore perché la leggesse. “Vi ringrazio, ma vostro nonno mi ha già informato.
La colazione non durava mai molto, nemmeno quando suo nonno era a Grainstar, così capitava spesso che la lezione di musica iniziasse prima delle nove. Erik la precedeva nella sala da musica e si faceva consegnare il quaderno, a quel punto Ophelia si sedeva sul seggiolino del pianoforte aspettando che il suo precettore decidesse come iniziare.
Scala di La maggiore a moto retto e contrario. Per quattro ottave.” Disse Erik dopo aver dato una veloce occhiata al rondò di Mozart aperto sul leggio del pianoforte. Le mani di Ophelia si mossero istantaneamente ma a metà del primo esercizio il precettore la fermò “Ogni suono deve avere la stessa durata ed intensità, cercate di non farmi sentire altri passaggi del pollice.” La ragazza riprovò, un po’ più lentamente di prima ma Erik la interruppe ancora “Non vi ho detto di rallentare.
Le ci vollero altri tre tentativi perché Erik fosse soddisfatto solo del primo esercizio; per sua fortuna il moto contrario si rivelò più semplice ma, per altrettanta sfortuna, Erik decise che avrebbe dovuto suonare la scala di La anche per terze e quinte parallele, il che richiese ben più di tre tentativi e consumò la poca pazienza del suo precettore.
Quando arrivò il momento di cedere il seggiolino, Ophelia si sentì sollevata di non dover più suonare. Quella lezione era stata estenuante. Mr Destler l’aveva corretta decine e decine di volte sia sulla tecnica, sia sul rondò di Mozart, lasciandola frastornata. Ormai conosceva il temperamento del suo insegnante, ma questo non voleva dire che ci fosse abituata o che si ritenesse capace di raggiungere quell’assoluta perfezione a cui lui mirava. Era migliorata tantissimo negli ultimi mesi, ma ciò nonostante non si riteneva all’altezza delle sue aspettative. Certo, il fatto che non se ne fosse ancora andato come tutti gli altri le dava un po’ di speranza, ma una voce dentro la sua testa le sussurrava che lei non era abbastanza e che non lo sarebbe mai stata.
Concentratevi.” Disse Erik prima di iniziare a suonare. Le sue mani erano eleganti, agili e veloci, forti e delicate insieme, sovrane incontrastate di quel bizzarro regno bianco e nero. Non c’era tasto che non gli ubbidisse solerte, per concorrere con i suoi compagni a creare melodie bellissime.
Fino al giorno prima, quando Mr Destler suonava, Ophelia faceva del suo meglio per non ascoltare. Si rifugiava in un angolino della sua mente e cercava di restarci per tutto il tempo. Non era un’impresa facile perché quelle melodie erano suadenti come il canto di una sirena, ma il ricordo della prima volta che le aveva sentite bastava sempre a non farla cedere. Anche se Mr Destler le aveva assicurato più volte sul fatto che non le avrebbe fatto alcun male lei non si era mai fidata di lui. Almeno non quando era al pianoforte.
Dopo tutto, per quanto Mr Destler avesse dimostrato di capirla più di chiunque avesse incontrato, come poteva essere sapere che un giorno non si sarebbe ritrovata al posto di quella cantante dell’Opéra?
Solo la sera precedente era stata lei stessa a chiedergli di suonare la sua Musica. Era stato il modo in cui ne aveva parlato a farle cambiare idea e per tutto il tempo non ne ebbe paura. Nella Musica di Mr Destler c’era molto di più dell’insieme delle singole note: c’erano gioia e speranza, ma anche solitudine e oscurità; c’erano la bellezza sublime ed il mistero, ma c’era sicuramente molto atro. Ed ascoltarla era stato facile.
Adesso sembrava che le tendesse la mano, per accompagnarla nella Musica. Ophelia chiuse gli occhi e respirò lentamente. Prima di addormentarsi si era ripromessa che non avrebbe più giudicato Mr Destler per l’uomo che era stato prima di incontrarla, poche ore prima si era abbandonata alla sua Musica naturalmente, eppure adesso non ci riusciva.
Secondo lui un giorno avrebbe cantato. Oggi o magari tra un mese, o un anno. Non aveva importanza quando, ma un giorno sarebbe successo e l’avrebbe aspettata per tutto il tempo necessario. Proprio come aspettava che scrivesse sul quaderno domande che lui sembrava leggerle nel pensiero. Proprio come la stava aspettando adesso, alle soglie di quel reame incantato.
Mr Destler aveva sempre dimostrato di conoscerla meglio di chiunque altro, fin da quando era arrivato a Grainstar. Gli era bastato sentirla suonare per leggerle dentro ed arrivare a pensieri ignoti perfino a suo nonno. Forse avrebbe dovuto fidarsi anche questa volta. Lei continuava a credere di non poter più parlare, ma se il suo precettore era così tenacemente convinto del contrario allora, forse, c’era una speranza?
Il suo Maestro non dimostrava pazienza se ripeteva lo stesso errore per più di una volta, ma quando si trattava della sua voce sembrava capace di aspettare anche mille anni.
Mr Destler credeva in lei molto più di quanto non facesse lei stessa.
Poche ore prima si era ripromessa di non giudicarlo per il suo passato, per chi o cosa potesse essere stato prima di arrivare a Grainstar, ed ora non poteva tirarsi indietro: se Mr Destler aveva tanta fiducia nelle sue capacità, le ne doveva avere in egual misura in quelle del precettore. Così prese la spilla in una mano e si lasciò condurre dal suo Maestro nella sua Musica, ed appena lo fece lui iniziò a cantare.
 
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Sir Erward arrivò in perfetto orario per il tè.
Ophelia sentì la carrozza dalla biblioteca, dove aveva passato il pomeriggio ombreggiando il vaso di dalie disegnato il giorno prima. Fino a pochi mesi prima avrebbe smesso di disegnare e gli sarebbe corsa incontro, ma anche quella era una delle tante cose che erano cambiate dall’arrivo del suo precettore. Se non fosse rimasta a disegnare Mr Destler avrebbe lasciato Grainstar prima di cena e, nonostante tutto, Ophelia non aveva mai voluto nulla del genere. Se anche lui se ne fosse andato, lei che speranze restavano?
Appena Erik sentì la carrozza di Sir Edward sul selciato estrasse l’orologio da taschino per controllare che ora fosse e poi diede un ultima occhiata al disegno di Ophelia. Oramai era quasi finito: i chiaroscuri dei fiori erano stati completati dando alle dalie i corretti volumi, le ombreggiature del vaso erano pressoché complete, Ophelia si stava dedicando allo sfondo ma continuarlo con la luce che iniziava a calare sarebbe stato solo una perdita di tempo. “Domani aumenterete l’ombreggiatura qui e … qui.” Disse indicando due punti precisi sulla tela “Così i fiori saranno in risalto maggiore.” L’uomo sospirò chiudendo l’orologio con un leggero clack “Per il resto è accettabile. Ma dovrete esercitarvi molto ed mi assicurerò che ciò avvenga.”
Pochi istanti dopo il Duca entrava in biblioteca con il sorriso più ampio di cui era capace. Ophelia gli andò in contro con lo stesso sorriso e Sir Edward la abbraccio sollevando la nipote di pochi centimetri prima di baciarle i capelli e chiederle come stesse, o cosa avesse fatto mentre era stato a Londra. Poi sarebbero arrivati i regali. Non mancavano mai: nuovi vestiti o cappelli, libri o ombrellini parasole, magari degli spartiti nuovi. Tutto sempre della fattura migliore.
Erik aveva imparato a conoscere quel rituale ed ad allontanarsi il prima possibile.
Era il modo in cui gli occhi del duca si illuminavano o quel tono di voce che non riservava a nessun’altro a rendere il momento tanto privato.
E poi … quei momenti gli ricordavano sua madre.
La sua povera madre che come unico regalo gli aveva dato una maschera di stracci e che non sopportava nemmeno di stare nella stessa stanza con lui. La sua povera madre che aveva portato alla pazzia, prima, e al suicidio poi. La sua povera madre per cui non era capace di provare il giusto rimorso.
Erik seguì con le dita gli intarsi del mobile accanto a lui con sguardo assorto. I fiori e le foglie in madreperla bianca si inseguivano sul legno nero come la pece. Poi alzò gli occhi per osservare l’enorme sala centrale del piano terra: il camino in pietra bianca intagliata, i quadri, i tappeti e le tappezzerie, fino al lucernario sopra la sua testa. Grainstar era una lussuosa gabbia dorata, ma era stata costruita per proteggere Ophelia non per nasconderla con vergogna.
L’amore di Sir Edward era … ostinato. Glielo aveva detto appena arrivato a Grainstar che sarebbe stato capace di uccidere il mondo per Ophelia ed Erik non ne aveva mai dubitato. Non di meno, quando parlava con la nipote sembrava un’altra persona. L’amava tanto da volerla proteggere perfino dai suoi demoni. L’amava tanto da lasciarla con un omicida perché era sicuro che anche lui l’avrebbe protetta allo stesso modo.
A ben pensarci quella era follia, non ostinazione.
Se esisteva un Inferno dopo la morte probabilmente si sarebbero rincontrati lì, a meno che l’amore per Ophelia non bastasse, da solo, a salvargli l’anima.
 
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Sir Edward rimase a lungo senza parole, boccheggiando con la pipa. “Coyle un cantante di vaudeville!” mormorò scuotendo la testa. “Non riesco ad immaginarlo su un palcoscenico.” Non che cambiasse molto, a dire il vero, ma la rivelazione era comunque sorprendente.
Vedo che la notizia vi incuriosisce.” Commentò Erik versandosi del brandy. La cena era finita, i domestici erano stati congedati ed Ophelia si stava preparando per la notte, quello era un ottimo momento per parlare degli avvenimenti del giorno precedente. “Magari porreste chiedere al vostro maggiordomo un’esibizione privata.”
Sapevano entrambi che non sarebbe mai successo, ma il Duca sorrise ugualmente. “Dimostra che non si conosce mai davvero qualcuno fino in fondo.” Disse alzando gli occhi verso il ritratto di sua moglie “È stimolante, non trovate?
Erik tornò a sedersi e la pelle del divano si tira seguendo i suoi movimenti. “Estremamente.” Rispose con disinteresse.
Sir Edwatd valutò la domanda successiva con la stessa cura riservata agli scacchi, prendendosi una lunga boccata di fumo. “E cos’avete fatto con Andy Brooks?
Gli ho fatto prendere un piccolo spavento e lui è stato più che felice di andarsene.
Lord Weston poté ammirare gli occhi d’ametista del Fantasma dell’Opera luccicare e la sua voce indugiare piacevolmente al ricordo della paura provata da quel pover uomo. “Non gli avrete mostrato il vostro volto?
L’altro gli lanciò uno sguardo di rimprovero, come se quello fosse l’unico modo che conoscesse per terrorizzare qualcuno. “Andy Brooks è uscito da questa casa sulle sue gambe e perfettamente sano di mente.
E Ophelia?” Adesso la voce del Duca era bassa e affilata come una lama. Se fosse stato presente Andy Brooks sarebbe stato sicuramente arrestato per vagabondaggio, ma non voleva pensare a cosa sarebbe potuto succedere se quel mendicante si fosse presentato solo pochi mesi prima.
Andy non è mai nemmeno entrato nella stessa stanza di vostra nipote.” Se ci avesse provato ad avvicinarsi ulteriormente non sarebbe stato altrettanto gentile. Quello stolto non lo sapeva, ma era un uomo fortunato.
Immagino di dovervi ringraziare.”
Non tra vecchi amici.”
Sir Edward Weston ignorò il tono sarcastico. Loro non erano vecchi amici e Erik Dester non interessavano i suoi ringraziamenti, anche se aveva protetto Ophelia. Loro erano alleati, perfino complici, una cosa molto diversa. “Ci sono altre novità?” 
Vostra nipote ha ascoltato.” Con la coda dell’occhio Erik vide il nobile smettere di fumare la pipa e allontanarsi dallo schienale della sua poltrona assottigliando gli occhi. “La mia Musica, ieri sera ha chiesto che la suonassi per lei.”
Il Duca sorrise: se il suo complice aveva ragione Ophelia avrebbe parlato presto.
 
 


 

NOTA DELL’AUTRICE: lo so che sono una persona orrenda. Lo so che in molti mi avete dato per morta e che magari vi aspettavate qualcosa in più in questo capitolo. La verità è che dall’ultimo aggiornamento la mia real life è diventata un po’ più esigente e mi è più facile scrivere OS o piccole raccolte. Però non ho intenzione di abbandonare questa storia e nemmeno The Angel (per cui ho iniziato finalmente a scrivere il prossimo capitolo, ma abbiate sappiate che potrebbero volerci mesi).

Venendo a questo capitolo, mi spiace che non sia più lungo come sarebbe dovuto essere nei piani ma mentre scrivevo mi è sembrato più giusto fermarmi qui. Non sono molto sicura che lo stile sia lo stesso a cui eravate abituati, ma spero che il risultato vi piaccia lo stesso.

Il banner e i divisori di testo non ci sono perché il mio account photobucket ha deciso di piantarmi in asso, quindi devo ricaricare tutte le immagini di tutte le mie storie su un altro sito di hosting, e fino ad allora niente banner.

Finite le scuse e le comunicazioni di servizio, vi ricordo che le recensioni non solo sono ben gradite ma che mi fa davvero piacere cosa pensano i miei lettori.

A presto, Aris

 
   
 
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