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Autore: crazy lion    27/09/2019    2 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti che Demi e la sua famiglia hanno vissuto, raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Dal testo:
"A volte ti odio per questo. Ti odio!
Erano le parole più schifose che avesse mai rivolto a una creatura innocente. E quell’angelo era sua sorella, il che peggiorava le cose.
[…]
Anche la sua anima non faceva più male.
"Allora non sei arrabbiata con me, giusto?" mormorò la bambina. "Tu non mi odi, non ti ho ferita, vero?"

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Vale non solo per Demi, ma anche per tutti gli altri personaggi dei quali ho parlato.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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In questa storia sono presenti alcuni personaggi originali dei quali ho parlato più nello specifico in altre mie fanfiction. Se non ho dato loro molto peso e non li ho descritti fisicamente, è perché si trovano in un piccolo flashback e non sono rilevanti ai fini della trama.
 
 
 
 
 
 
SORELLE
 
Demi si concentrò per scrivere gli ultimi passaggi di quell'espressione. Non era mai stata molto ferrata in matematica e le risultava difficile svolgere gli esercizi tanto che, a volte, le veniva da piangere se non riusciva a terminarne uno.
"Brava, ce l’hai fatta" si congratulò con lei Gracelyn Porter, la sua tutor.
Era una ragazza di circa venticinque anni e Demi l'aveva conosciuta a dicembre quando aveva smesso di andare a scuola per poi iniziare, a gennaio, a recitare in "Barney And Friends".
"Grazie" rispose sorridendo timidamente.
"Allora, tra poco più di un anno riprenderai la scuola. Come ti senti?"
La ragazza si tolse una ciocca di capelli biondi che le era finita davanti al viso e si girò verso di lei per guardarla negli occhi. Rimasero ad osservarsi, verde nel marrone, per qualche secondo.
"Cerco di non pensarci per ora dato che manca ancora molto, ma quando lo faccio mi sento nervosa. Spero di trovarmi bene" rispose intrecciando le mani l'una con l'altra.
"Vedrai che sarà così."
La voce della signorina era dolce e Demi ci sperava con tutto il cuore. Purtroppo, però, non ne era molto convinta. Il bullismo era cominciato già pochi mesi prima dell’inizio delle riprese, il 12 gennaio 2002. E se fosse continuato nonostante insegnanti e compagni diversi? Non voleva sentirsi chiamare grassa  un'altra volta, era orribile.
"Lo spero" mormorò.
"Sta' tranquilla. E ricordati che devi solo chiamarmi se vuoi parlare con me."
Gracelyn aveva voluto essere anche una confidente oltreché un'insegnante, in modo che la bambina si trovasse più a suo agio.
"G-grazie."
La lezione finì poco dopo e la signorina andò via, dicendole che si sarebbero viste il giorno successivo, nel pomrriggio, dato che le riprese di "Barney And Friends" erano per la maggior parte di mattina.
Rimasta sola con la madre, in salotto, si sedette sul divano a guardare la televisione.
"Com'è andata la lezione oggi?" le domandò Dianna.
"Tutto bene, grazie."
"Oggi Madison compie otto mesi. Pensavo di festeggiare con una pizza, stasera."
"Va bene."
La bambina sospirò, ma sperò che la mamma non l'avesse sentito altrimenti l'avrebbe sgridata. Non capiva che bisogno ci fosse di festeggiare i mesiversari della sua sorellina, ma i genitori dicevano che accadeva perché era ancora piccola e ogni mese imparava qualcosa di nuovo. Una strana sensazione si faceva largo nel petto di Demetria ogni 28 del mese. Perché allora non festeggiavano anche i suoi, di mesiversari? Non era giusto. Anche lei studiando imparava sempre cose nuove. Disse alla mamma che sarebbe andata a mangiare qualcosa e, una volta in cucina, aprì la credenza e tirò fuori un vassoio coperto con della carta. Dianna aveva fatto delle ciambelle che aveva riempito di nutella. Ne prese tre, nonostante fossero grandi e piene di zucchero anche sopra, e dopo essersi versata un bicchiere di latte si sedette a mangiarle. Riempirsi di dolci era il suo modo di affrontare il fatto che da dopo la nascita di Madison si sentiva un po' messa da parte, come se tutti volessero da lei ancora più cose, se la mettessero ancora più sotto pressione e  se, allo stesso tempo, le dessero meno attenzione di quella che lei avrebbe voluto. Era stata ritirata da scuola, stava recitando per uno show nazionale, e già questo era molto da sostenere per una ragazzina che ora aveva appena dieci anni. In più c’erano altre audizioni a cui aveva partecipato e le lezioni di Cathryn Sullivan - una dei migliori insegnanti di recitazione della zona -, dalla quale si recava varie volte a settimana assieme a Dallas. Inoltre c’erano i lavori come modella e i voice over per delle pubblicità. E poi c’era Madison, e tutto questo le provocava forti fitte al petto e non solo. Non riusciva a sostenere tutta quell'orrenda situazione se non, appunto, mangiando a volte anche fino a scoppiare. Le piaceva “Barney And Friends” e amava Madison, ma… c’era sempre quel ma. Perciò ingurgitava piatti pieni di biscotti, ciambelle e altri dolci come fossero stati acqua. Dianna non sapeva ancora che quando un genitore ha un disturbo alimentare, probabilmente lo avrà anche il figlio. Negando a se stessa di essere anoressica e di aver sofferto di depressione post partum, non si rendeva conto che mangiare tutto quello zucchero fosse dannoso.
"Sarà solo un periodo" si disse anche quel pomeriggio mentre guardava la figlia. "A tutti i bambini piacciono i dolci, è normale."
Demi aveva mangiato tutto lentamente, per non far insospettire la mamma. Ma era stato difficile non ascoltare le voci che le dicevano di fare altrimenti! Aveva dovuto compiere uno sforzo così intenso che ora la testa le pulsava e le doleva da morire. Rimase immobile sulla sedia, tanto concentrata sul suo dolore fisico che non si rese quasi conto che la mamma era andata a prendere Madison, che si era svegliata dal suo riposino pomeridiano, e ora le stava dando il biberon.
"Dopo potresti restare un pochino con tua sorella? Io devo fare un po' di pulizie di sopra. Le camere hanno bisogno di una spolverata."
Si fidava a lasciarle da sole, era già successo e lei ovviamente era sempre stata lì in casa. Se ci fosse stato bisogno, Demi avrebbe dovuto chiamare subito. In fondo lei ci avrebbe messo poco e non era mai accaduto niente.
"Certo mamma, non preoccuparti."
Le piaceva aiutarla con la sorellina, si sentiva un po' una mamma anche lei in quei momenti.
A otto mesi appena  compiuti, Madison aveva già imparato a gattonare. Era ancora molto insicura, certo, ma si metteva comunque a quattro zampe e cercava di andare avanti, oppure lo faceva strisciando. Sopra il tappeto del salotto i genitori le avevano messo un tappetone morbido di modo che, anche se avesse sbattuto la testa, non si sarebbe fatta praticamente nulla e dove avrebbe potuto giocare e gattonare in libertà. Era proprio lì che si trovavano ora lei e la sorella più grande, che seguiva ogni suo movimento.
"Cosa vuoi fare?" le chiese, con un sorriso dolcissimo ad illuminarle il volto.
Per tutta risposta Maddie allungò una manina fino a prendere un peluche di una papera e iniziò a batterlo prima sul tappeto e poi contro il suo visetto, provocando una risata della più grande. Non rideva più così, per davvero, da un po' di tempo e fu liberatorio riuscirci.
Ma la piccola si stancò presto di quel giocattolo e optò invece per un sonaglio che iniziò a battere ancora una volta per terra ma con più violenza, lanciando urla acute, quasi arrabbiate.
"Povero! Che ti ha fatto?" le domandò Demetria. "Guarda, ti insegno io come si muove."
Ne prese un altro - sapeva per esperienza che la sorellina non le avrebbe mai lasciato quello che aveva in mano - e iniziò a muoverlo con delicatezza producendo un bellissimo suono che calmò subito la più piccola.
"Visto? Prova tu, adesso."
L'altra non capì, com'era ovvio, e rifece il gesto di prima ma stavolta almeno senza le urla, cosa di cui Demi fu grata in quanto la sua emicrania non sarebbe aumentata. La mamma le aveva spiegato che i bambini piccoli non riescono ancora a controllare la loro forza e che era per questo che Maddie faceva quelle cose strane con i giocattoli, tirava i capelli delle sorelle e i suoi oppure anziché accarezzarle dava loro un piccolo schiaffo o le graffiava. Ormai da un mese riusciva a stare seduta senza nessun sostegno, anche se a volte la mamma la circondava di cuscini o gliene metteva uno dietro la schiena. Da quella posizione si mise a carponi e, molto piano e tremando un po', portò avanti prima una mano e poi una gamba, fino a che cominciò a gattonare per il tappeto. Demi la seguiva, non solo con lo sguardo ma anche con il corpo. Doveva fare attenzione che non le accadesse nulla, anche se voleva comunque lasciarle la sua libertà. Era giusto che la piccola esplorasse il mondo che la circondava.
"Eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh, eh!" diceva, come se anche con la voce volesse far notare lo sforzo che stava compiendo nel portarsi in là.
Nel frattempo Demi sorrideva e batteva le mani per incitarla. La colpiva il fatto che, nonostante si vedesse che era ancora molto insicura, Madison andava avanti e non si arrendeva, continuando invece a darsi forza con le braccia, le gambe e la voce, che la ragazzina adorava. La voce dei bambini fa sorridere anche quando non lo si vuole, aiuta a sentirsi meglio, e forse dà anche speranza. Non sapeva nemmeno perché stava facendo tutti quei pensieri. In fondo lei non si sentiva male. Certo, quando andava ancora a scuola aveva subito atti di bullismo ma cercava di essere positiva e di pensare che da allora in avanti sarebbe stato tutto diverso.
"Ferma lì" le disse, accorgendosi che era andata sul tappeto normale e si stava dirigendo verso una vecchia macchina da cucire appartenuta alla bisnonna.
Non veniva mai usata, era in salotto solo per bellezza e probabilmente non funzionava nemmeno. Se Maddie ci avesse battuto la testa contro si sarebbe fatta malissimo. Riuscì a prenderla in braccio quando era ancora lontana, per fortuna e lei fece un versetto che esprimeva con chiarezza la sua tristezza.
"Non si può, Maddie, è pericoloso" le spiegò, pur sapendo che non avrebbe capito, poi si sedette con lei sul divano. "Ma quante volte dobbiamo dirti di non andare là?"
Le arruffò i capelli e la bambina rise di gusto, muovendo braccia e gambe per essere rimessa a terra.
“Vuoi già andare giù? D’accordo.”
Demetria ci rimase un po' male, anzi, a dire la verità molto. Capiva che la piccola volesse muoversi, giocare ed esplorare il mondo, ma lei amava tenerla in braccio e le sarebbe piaciuto stringerla un po' di più.
Buddy, il Cocker Spaniel che i genitori le avevano regalato a Natale quando aveva cinque anni, si svegliò in quel momento. Uscì dalla cuccia, si stiracchiò, abbaiò appena e poi si diresse verso di loro, cercando attenzioni dalla più grande. Le batté il musetto contro il ginocchio e provò a saltarle addosso, ma lei lo fermò.
"No, stai tranquillo. Ora faccio le coccole anche a te, Buddy. Ma sentilo, si lamenta se do più attenzione a mia sorella che a lui."
Gli accarezzò il pelo morbido e bianco grattandogli la testa e la schiena e lui rimase immobile a godersi quelle carezze, mentre la guardava con i suoi occhi grandi per chiedergliene ancora e ancora.
Madison gli si avvicinò gattonando e gli mise una mano sulla testa, al che lui la osservò ma non ringhiò né le fece niente. Era un cane molto intelligente, in qualche modo aveva capito che lei era piccola e che non doveva farle male, anche se un paio di mesi prima l'aveva morsa, benché piano, perché lei gli aveva dato uno schiaffo mentre riposava. In situazioni come quella Demi stava ancora più allerta, pronta ad intervenire al minimo segnale di pericolo. Buddy era un animale, per quanto buono non si sapeva mai come avrebbe potuto reagire ad un movimento un po' brusco della piccola, e lei era solo una bambina, non si rendeva conto se gli faceva male o meno o se lo infastidiva o no. Dianna glielo lasciava accarezzare solo guidandola con la mano e anche in quel caso non per molto. Demetria fece lo stesso.
"Ecco, così, fagli caro" disse, tenendo la manina della sorella e facendogliela muovere sulla schiena del cane con movimenti lenti.
Lei lanciò un gridolino di gioia e continuava a guardare Buddy con curiosità, non capendo ancora che cosa fosse ma ritenendolo divertente, poi si rimise a giocare sul tappeto.
"Sei molto bravo con lei" si complimentò Demi, e non appena la mamma arrivò in salotto andò in cucina a prendergli un biscotto.
Glielo mise a terra e lui corse a sgranocchiarlo, felice di quel premio  perché sapeva di aver fatto qualcosa di buono.
"Eccomi. Tutto bene?" chiese Dianna.
"Sì mamma, tutto a posto. Hai finito? Ci hai messo poco" osservò la ragazzina.
"Ho scoperto che non c'era moltissimo da fare."
"Ah."
In effetti aveva pulito tutto anche quella mattina. Mangiare poco o a volte non farlo proprio, pulire la casa, truccarsi e sistemarsi erano tutte cose che la facevano sentire perfetta. E se lei era perfetta, allora lo sarebbe stata anche la sua vita, Eddie avrebbe pensato che lei era forte e la loro esistenza sarebbe stata da favola. In più, fare tutte quelle cose la aiutava a sentire di avere il controllo su di sé e sul vivere della famiglia. Tutti pensieri di una visione distorta della vita dati dalla sua malattia, di cui però Dianna non si rendeva ancora conto.
"Ciao, tesorino della mamma!” esclamò Dianna chinandosi su Madison. La prese in  braccio e, come l'altra bambina si era aspettata, rimase lì dov'era senza muoversi o protestare. "Come sta la mia piccola principessa? Hai fatto la brava?"
E poi iniziò a fare quelle voci che Demi definiva "sceme", ma in senso buono. Erano simpatiche ed esprimevano tutto l'amore che, in questo caso, una madre aveva per sua figlia. Le aveva usate anche con lei? Aveva parlato anche a lei usando quei termini così dolci? Demi se lo chiese più volte mentre sentiva la sua bocca incurvarsi all'ingiù. Sperò che la mamma non notasse la sua espressione.
"Demi, che c'è? Sei silenziosa."
"Niente" rispose la piccola, "vado in camera."
Forzò un sorriso e, prima di alzarsi, guardò Madison e mormorò, così piano che non fu udita da nessuno:
"Danno tutte le attenzioni a te, non è giusto. A volte ti odio per questo. Ti odio!"
Dopodiché salì le scale con calma, anche se avrebbe voluto correre, e chiuse la porta della sua stanza dietro di sé.
A volte ti odio per questo. Ti odio! pensò.
E la forza distruttrice di quelle parole la colpì con veemenza. Si sentì d'improvviso debolissima, non solo psicologicamente ma anche fisicamente, e crollò a terra sul pavimento. Per fortuna riuscì a controllare la caduta e a non finire a terra con un tonfo. Non si fece nulla e rimase lì a lungo a fissare il soffitto. Il suo respiro si stava facendo irregolare, troppo veloce. Non andava affatto bene, ma non poteva fare niente per controllarlo. La testa le girava come una trottola impazzita e il suo respiro era sempre più spezzato, rotto. Tremava da capo a piedi, a volte così forte che le gambe le si sollevavano appena per poi ricadere sul pavimento, mentre era percorsa da brividi glaciali. Provò ad alzarsi in piedi. Sarebbe bastato poco per arrivare alla finestra e aprirla per respirare, ma quando ci provò ricadde a peso morto sul pavimento. Non cercò nemmeno di parlare, sapendo che non ci sarebbe riuscita. Si sentiva come se ci fosse sempre meno aria e se stesse soffocando. Respirava sempre più male, ansimando, e batteva le mani a terra come a chiedere a quell’attacco di fermarsi, di smetterla di tormentarla. poi le sventolava davanti al viso per farsi aria, ma nemmeno quello la aiutava.
“Sto morendo?” si domandò. “Sì, sto per morire.”
Non c’era aria, doveva essere così per forza. In un disperato tentativo di stare meglio, aprì e chiuse le mani a pugno e cercò di fare respiri profondi, ma fallì mentre il respiro era ridotto ormai a un sibilo e le pareva che un serpente le stringesse la gola, ma lentamente, per farla stare sempre peggio. La sua testa non era lucida, non ricordava nemmeno più il proprio nome, e se le avessero fatto qualche domanda anche basilare non avrebbe saputo rispondere. Non riusciva a focalizzare lo sguardo su un punto, la sua vista era annebbiata. Le sue braccia sbatterono con violenza sul pavimento più forte, mentre lei non riusciva nemmeno a controllare i propri movimenti, e poco dopo fu il turno delle gambe. Quella sensazione orribile, la più brutta che avesse mai provato dal punto di vista fisico, durò pochi minuti. Si era trattato di un attacco di panico, anche se lei non lo sapeva. Le mani le sudavano ancora ed erano fredde, come quelle di chi sta per svenire. Quell'attacco fu sostituito da un'ansia più leggera ma continua, un'agitazione che provava spesso e che poteva durare per giorni. Si sentiva molto stanca e avrebbe voluto chiudere gli occhi ma non poteva, non adesso, per cui cercò di tenerli aperti e suonò un po' la chitarra per distrarsi, ma non ci riuscì molto bene. La sua mente era altrove.
Sapeva che i suoi genitori amavano tutte e tre tantissimo e allo stesso modo. Si riferiva alla mamma e a Eddie ma anche Patrick, il suo vero papà, lo faceva con lei e Dallas, sebbene in una maniera strana visto che era poco presente e che aveva fatto delle cose schifose. Ma non voleva concentrarsi anche su quel dolore. Le faceva tornare in mente troppi ricordi ed era troppo doloroso. Le mancò il fiato e si mise una mano sul petto per qualche secondo, poi la tolse. Era consapevole del fatto che la mamma e Eddie non facessero differenze, eppure era gelosa di Madison. Ma la frase che aveva detto era stata troppo. Troppo violenta, troppo brutta, troppo tutto. Non l'avrebbe più dimenticata.
Mentre la testa e la schiena le dolevano dato che si trovavano sul duro legno, calde e amare lacrime cominciarono a solcarle il volto e a ferirle il cuore e l'anima mentre scivolavano dal viso, ai vestiti, al pavimento producendo un lievissimo gocciolio. Da sempre Demi amava la pioggia. Quando pioveva spesso diceva che era come se il cielo piangesse e in quel momento avrebbe tanto voluto che fosse stato così, che il suo pianto si fosse mischiato a quello delle nuvole e degli angeli, tristi per chissà quale motivo. In qualche modo, ne era sicura, ciò l'avrebbe fatta sentire meno sola. Ma in quel pomeriggio di fine agosto, a Los Angeles, c'era un sole che spaccava le pietre. Non mosse un muscolo nemmeno quando, probabilmente sentendo il dolore della padroncina, Buddy si sdraiò accanto a lei e le leccò la faccia. In altri casi ciò l'avrebbe fatta sorridere, ma in quello no.
"Non adesso, piccolo, scusa" mormorò.
Lui uggiolò e corse via, poi le portò una pallina. La bambina gliela lanciò un po' di volte finché il cane andò di sotto e la mise nella sua cuccia, pensando di averle tirato su il morale. In realtà, anche se le era spuntato un piccolo sorriso, non si sentiva affatto meglio. Anzi, più il tempo passava più stava peggio, mentre emozioni e sentimenti contrastanti la scombussolavano.
All'ora di cena, quando la madre la chiamò, andò in bagno e si ricompose, si pettinò i capelli disordinati e si sciacquò la faccia in modo da far sparire ogni traccia di quelle lacrime, poi scese forzando ancora una volta un sorriso, cosa che le risultò ancora più difficile.
"Eddie non c'è?" chiese quando si sedette a tavola.
"Dopo il lavoro è andato direttamente a cena con dei colleghi, farà tardi" rispose la mamma. “Non importa, prenderemo la pizza domani.”
C'erano giorni nei quali lavorava veramente tantissimo in quella concessionaria e lo vedevano solo a tarda sera, altri invece tornava a casa prima ma, in ogni caso, era molto presente sia per Dianna che per le figlie, faceva di tutto per passare  dei bei momenti con loro e per renderle felici. Era un padre meraviglioso. Certo non era il suo papà biologico, ma Demi lo considerava comunque tale e lo stesso faceva Dallas. Quest'ultima arrivò proprio in quel momento.
"Scusate, scusate, scusate" disse in fretta. "Ho appena finito di studiare."
"Tranquilla tesoro, ora siediti e mangia."
Mentre le due figlie maggiori gustavano una buonissima pasta al ragù, sugo nel quale Dianna aveva anche messo un po' di burro per renderlo più buono, lei diede a Madison una minestra di verdura con l'omogeneizzato e poi si preparò un panino con pane integrale, un formaggio leggerissimo e qualche verdura. Non mangiava mai molto e, soprattutto quando Eddie non c'era, le sue cene consistevano di quello o a volte qualcos'altro, ma mai nulla di troppo condito. Non voleva, non doveva ingrassare per nessun motivo al mondo.
"Mangi sempre così poco, mamma" osservò Dallas.
"Sto bene, non preoccupatevi. Non ho mai tanta fame, lo sapete" cercò di giustificarsi, facendo un gesto con la mano come per far capire che non era nulla di importante e il tono allegro con cui aveva pronunciato quelle parole enfatizzava il concetto.
"Sicura di stare bene?" insistette ancora la ragazzina.
"Sì, sta' tranquilla."
Mesi prima Dianna aveva dovuto smettere di allattare Madison e darle il biberon perché, per perdere il peso acquistato durante la gravidanza, aveva smesso di mangiare per un po'.
Quella sera Demi non prestò molta attenzione alle loro chiacchiere, né al comportamento della mamma. Dopo cena salì in camera, suonò un po' la chitarra e iniziò a scrivere qualcosa su un foglio, cantò e cantò. Alla fine, dopo un'ora di lavoro, aveva composto un'altra canzone. Le teneva tutte su un quadernino nel quale scriveva le note su un pentagramma e le parole su un altro foglio. Si addormentò tardi dopo essersi esercitata, come capitava spesso.
Si svegliò poco dopo aver preso sonno. Aveva avuto un incubo. Aveva sognato il momento in cui aveva detto quelle parole orribili alla sorellina.
A volte ti odio per questo. Ti odio!
Quelle parole  continuavano a rimbombarle nella testa come un disco rotto. Non aveva fatto altro che pensarci per tutto il tempo, fingendo che tutto andasse bene quando non era così. Si alzò e, in punta di piedi, raggiunse la cucina. Aprì la credenza e prese un pacco di patatine. Di solito si sfogava sui dolci, ma capitava che scegliesse anche cibi salati. Buddy dormiva nella sua cuccia e lei ringraziò il cielo per questo. Se si fosse alzato, le avrebbe fatto le feste o avrebbe abbaiato svegliando tutti e non era quello che lei voleva. Andò in bagno e si chiuse la porta alle spalle, girò anche la chiave per sicurezza, poi aprì il sacchetto e cominciò a mangiare dapprima godendosi il cibo, poi ingurgitando e riempiendosi la bocca senza pensarci. Si ingozzava sempre di più, fino a quando non riusciva quasi a mandar giù il boccone, e intanto pensava. Lei amava sua sorella, la amava davvero, quando la mamma le aveva detto di essere incinta era stata la bambina più felice del mondo. L'aveva accompagnata, assieme a tutta la famiglia, a comprare i vestitini e tutto quello che serviva, anche se Dianna aveva usato molte cose appartenute alle due figlie maggiori. E il giorno in cui l'aveva presa in braccio la prima volta era stato il più bello della sua intera vita, almeno fino ad allora. Lo ricordava come se fosse stato ieri.
 
 
Madison era nata con due settimane di anticipo perché la mamma aveva avuto un problema, la pressione troppo alta o qualcosa del genere. Le era stato fatto il parto indotto e lei e Dallas erano a casa di Joyce, una loro vicina e amica di Dianna da sempre, che aveva una figlia dell'età di Demetria e un figlio che invece aveva sei anni in più e si chiamava Andrew. Dianna aveva partorito la sera prima dopo un parto cesareo d'urgenza dato che la bambina stava nascendo trasversalmente, ma era andato tutto bene. Ora Demi, sua sorella e la famiglia Marwell erano in cucina a fare colazione.
"Voglio andare dalla mamma" si lamentò la più piccola, battendo i piedi per l'impazienza.
"Demi" la rimproverò Dallas, la voce ferma e dura.
"Non battere i piedi. Porta rispetto."
Non le parlava mai così e questo le fece abbassare lo sguardo, ma Joyce e Frank stettero dalla sua parte.
"Lo capiamo, tesoro, e vi ci porteremo non appena avrete finito la colazione. Andremo tutti, ma è ovvio che vi lasceremo un po' di tempo sole con i vostri genitori e Madison. Prima la famiglia, poi gli amici" disse l'uomo.
“Infatti, è giusto così” aggiunse Joyce.
"Mio papà ha ragione" continuò Andrew. "Siamo tutti curiosi di vederla."
Le mise una mano sulla spalla come per confortarla, per dirle in silenzio che tutto andava bene e che avrebbe rivisto presto la sua famiglia.
"Chissà se sarà tranquilla oppure un po' furbetta crescendo" commentò Joyce.
Quando Demi e Dallas entrarono nella stanza trovarono Eddie vicino al letto e Dianna, seduta tra cuscini e coperte, con un fagottino in braccio.
“È bellissima, mamma!” esclamò Dallas, quasi esultando per la gioia.
“Grazie, tesoro. Tutte voi lo siete state.”
Dianna appariva stanca, ma il sorriso non spariva mai dal suo volto.
“Anch’io ero così piccola, Eddie?” chiese Demi.
Domanda un po’ scema, se ne rese conto.
“Certo! E sono sicuro che la mamma lascerà che la aiuti nel prendersene cura. Vero, Dianna?”
“Per quello che potrà sì, ovvio.”
“Ti piacerebbe, Demi?”
“Tantissimo!” Non vedeva l’ora. “Posso tenerla in braccio?”
E nel momento in cui, una volta seduta e con gli occhi chiusi per godersi ancora di più quegli attimi, sentì che Eddie le metteva la piccola fra le braccia, provò qualcosa che ancora adesso non avrebbe saputo descrivere. Maddie era così piccina, e lei in quel momento capì ancora di più di essere grande e soprattutto di avere qualcuno da amare e da proteggere, che aveva bisogno di amore e di tutto, a cui avrebbe insegnato un sacco di cose, ma che per il momento avrebbe coccolato e viziato. Il suo cuore scoppiava di gioia mentre avrebbe voluto mettersi a cantare.
"La sto tenendo bene?" chiese, insicura.
Non avrebbe mai voluto farle del male.
"Sì, tranquilla" la rassicurò la mamma, mentre la piccola prendeva un dito di Demi con la sua manina e lei si sentì sciogliere, mentre l'amore che provava per quella creatura cresceva sempre di più.
 
 
Aveva ricordato e intanto finito il pacchetto. Non era molto grande, ma di certo non era una buona cosa mangiarlo tutto in una volta. Tuttavia non era sazia. Tornò in cucina e aprì un sacchetto di Cipster nel quale c'erano vari pacchettini piccoli. Ne prese tre su sei e ingurgitò anche quelli il più in fretta possibile. Durante quelle abbuffate non ne aveva mai abbastanza, né si rendeva conto di quando era sazia davvero. Faceva tutto sempre di nascosto, o quasi, per non farsi vedere da nessuno. Dopo si sentì appagata e poté tornare a letto. Una volta lì giunse le mani e pregò con fervore come accadeva ogni sera, ma stavolta con ancora più intensità.
"Che cosa ho fatto, Signore?" chiese, mettendosi le mani sul volto. "Io non volevo, lo giuro, non era mia intenzione dirle quelle cose. Le voglio così tanto bene! Secondo te in qualche modo se n'è accorta? Mi perdonerà?"
Non ci fu alcuna risposta ovviamente, ma Demi non si sentì affatto meglio nelle ore a venire. Anzi, fu tutto il contrario e le venne un mal di testa più dilaniante di quello che aveva avuto il pomeriggio.
Era convinta che Madison avesse capito, o quantomeno avvertito una brutta sensazione e che da allora in avanti le cose tra loro sarebbero state diverse. E lei non voleva questo, non l'aveva mai voluto. I brutti pensieri e quel senso di colpa schiacciante la perseguitarono tutta la notte, provocandole ancora una forte ansia e un altro attacco di panico. Una  volta aveva letto una frase riferita al senso di colpa, forse su un articolo di giornale o su un libro, non ricordava. Diceva:
Ti segue per tutta la vita.
Sarebbe stato così anche nel suo caso? Forse non se lo sarebbe mai perdonato. Ad un occhio esterno potrebbero sembrare riflessioni esagerate, questo potrebbe apparire un problema ingigantito a dismisura, ma non per lei. Aveva detto una cosa orribile a qualcuno che amava più di se stessa e questo era abbastanza per farla sentire in quella maniera.
Era ovvio che, essendo Madison la più piccola, i suoi genitori le stessero più dietro, però le sembrava che molte attenzioni fossero rivolte a lei: Madison di qua, Madison di là, e questo e quello, quando Demi avrebbe voluto urlare:
"Ehi, ci sono anch'io! Anch'io ho bisogno di un po' più di coccole di quelle che ricevo, e anche se sono più grande di lei non significa che io sia un'adulta. E poi la mia vita è cambiata in fretta, sto facendo troppe cose, stop. Ho bisogno di fermarmi."
Tutta la pressione derivata dal lavoro alla Disney più tutto il resto avevano creato un pericoloso cocktail. Demi non se ne rendeva davvero conto ma stava  crescendo molto in fretta, aveva già capito che per lavorare in televisione bisognava avere una certa forma, comportarsi in un determinato modo, e in più vivere in una casa in cui le abitudini alimentari di Dianna non erano affatto sane aumentava la pericolosità di quell'immaginaria bevanda che lei stava lentamente mandando giù. Non era più la piccolina di casa, la minore, ora anche lei era una sorella maggiore e aveva capito che c'erano molti svantaggi, tante responsabilità e che ciò le comportava fastidio e a volte dolore. Tuttavia era anche felice di avere Madison. L'aveva desiderata così tanto, e poi era bello occuparsi di lei, aiutare la mamma in ciò che poteva, a cambiarle il pannolino o a prepararle il biberon, ed era meraviglioso vederla crescere e giocare con lei, coccolarla… Tutta quella situazione non era colpa di Madison. Lei era soltanto una bambina. Magari era colpa sua, era lei che si faceva mille problemi quando non avrebbe dovuto, ed era per questo che non parlava alla mamma o a Eddie dei propri sentimenti. Temeva che le avrebbero detto di crescere, di non lamentarsi, che loro le davano tutto l'amore del mondo, il che era vero. E poi con la mamma non parlava mai di cose profonde. Perché? Non lo sapeva, non era mai successo, nemmeno Dallas lo faceva. Sotto la superficie tutte avevano le loro porte chiuse, i loro segreti, i loro problemi. Ma la cosa che faceva più male a Demetria era la consapevolezza di aver detto a Madison che la odiava. “Odio” era una parola forte, d’impatto, molto violenta.
A volte ti odio per questo. Ti odio!
Erano le parole più schifose che avesse mai rivolto a una creatura innocente. E quell’angelo era sua sorella, il che peggiorava le cose. Si addormentò piangendo e con quella stessa frase in testa. La notte dormì poco e male sognando Madison, da grande, che le diceva che dalla volta in cui le aveva detto quelle parole lei aveva smesso di volerle bene perché le aveva fatto troppo male, o anche espressioni più forti piene di disprezzo e di una sofferenza che mostrava nella sua pienezza, per rinfacciare a Demi il suo errore.
Ad un certo punto sentì un pianto, forte e insistente. All'inizio pensò si trattasse di un sogno, poi capì che era la realtà. Controllò l'ora sulla sveglia del comodino e vide che era già mattina, non tanto presto. Era sabato, quindi le riprese non c'erano. Rifece il letto, si infilò le ciabatte e uscì dalla stanza.
"Mamma, Madison piange" chiamò, ma nessuno rispose. "Mamma, si è svegliata" riprovò.
Niente nemmeno stavolta.
Dallas doveva dormire della grossa, altrimenti sarebbe accorsa; poi sentì un tagliaerba che lavorava. La mamma doveva essere in giardino a tagliarla. L'aveva detto a Eddie, glielo ripeteva da un po'. Lui continuava a dire che l'avrebbe fatto, ma tra il lavoro e la stanchezza se ne dimenticava sempre. Dianna aveva quindi deciso di farlo lei, o forse stavano lavorando insieme. Maddie aveva di sicuro fame e bisogno di essere cambiata, tutte cose che Demetria non sapeva fare da sola, ma decise comunque di andare nella stanza dei genitori. Avrebbe potuto calmarla per un po' e soprattutto chiederle scusa per quello che aveva detto. Percorse i pochi metri che la separavano dalla stanza dei suoi correndo, e aprì la porta così in fretta che questa sbatté. Non appena Madison la vide pianse ancora più forte, come se fosse arrabbiata. Si aspettava di vedere la mamma e invece c'era lei, e Demi si sentì ancora più male. Che le stesse dicendo di andarsene? O che l'aveva ferita? Ma era troppo piccola, non poteva averlo compreso sul serio. Forse però nell'aria aleggiava  ancora quella sensazione che poteva aver avvertito, e chissà come l'aveva interpretata. Demi non si rendeva conto che in realtà non era affatto così, che la piccola non aveva avvertito assolutamente nulla e che piangeva solo perché svegliandosi si era vista sola e aveva bisogno di cure. Forse la ragazzina sarebbe dovuta uscire e andare a chiamare la mamma, ma una parte di lei non se la sentiva di lasciarla sola durante un pianto così disperato. La piccola agitava le gambe e le manine chiuse a pugno e i suoi occhietti pieni di lacrime e il visetto rosso erano altri segnali della sua disperazione. Demi non sapeva che fare, era bloccata. Il suo corpo fu scosso da un tremito mentre un dolore acuto e continuo le attraversava il petto. Era il senso di colpa per quella situazione, per le parole che aveva usato, per tutto. Ora era più forte che mai.
E se provassi a cantarle una canzone? pensò.
Tante volte aveva funzionato, la piccola si era calmata udendo la sua voce.
Si mise davanti al lettino, trasse un profondo respiro e iniziò.
"Amazing grace, how sweet the sound
That saved a wretch like me.
I once was lost, but now I'm found.
Was blind, but now I see."
Fin dalle prime note il pianto della bimba si era fatto meno disperato e, mano a mano che salivano, calmato del tutto.
Ora si guardavano negli occhi, marrone nel marrone e, cosa strana, anche la più piccola era seria. Avvertiva che c'era qualcosa che non andava. Per Demi il desiderio di abbracciarla, prenderla in braccio e riempirla di baci e carezze era fortissimo come sempre, ma il dolore la bloccava. Le faceva male tutto, come se la sofferenza della sua anima si fosse trasferita anche sul fisico, e non riusciva a  lasciarsi andare, a gettarsi quella frase orribile alle spalle e a perdonarsi.
Puoi perdonarti quando hai detto qualcosa di tanto cattivo? Quando hai fatto così male magari non tanto a lei, che non ha capito veramente, quanto a te stessa per aver pronunciato quelle parole? È così che ci si sente quando non si pensa prima di parlare? Distrutti,  devastati fin nel profondo?
Sì, si doveva stare proprio in quel modo. E faceva schifo.
"M-Maddie, perdonami" riuscì a mormorare, con il poco fiato e le forze esigue che le rimanevano. "Io non ti ho mai odiata, mai, anzi ti ho desiderata tantissimo come tutti noi, e se mamma e Eddie danno più attenzioni a te non è certo colpa tua. Ti voglio un bene infinito, non dimenticarlo mai. Mi puoi perdonare?"
Demi fece cenno di no con la testa, come se fosse stata lei sua sorella. Non era molto positiva a riguardo, anzi.
E poi successe qualcosa che non si sarebbe aspettata. Qualcosa che cambiò tutto. Madison cercò di mettersi a sedere ma ricadde sui cuscini, poi allungò le manine verso la sorella e le sorrise. Fu un sorriso luminoso e sereno, ed era rivolto proprio a lei. La voleva accanto, la stava chiamando non con la voce ma con i gesti e, per la prima volta dal giorno precedente, Demi sentì il suo cuore scaldarsi. Il metaforico ghiaccio che l'aveva imprigionato tra mura spesse e gelate, ferendolo e dilaniandolo, si sciolse all'istante e lui tornò a battere veloce, si sentì di nuovo bene, di nuovo vivo. Anche la sua anima non faceva più male.
"Allora non sei arrabbiata con me, giusto?" mormorò la bambina. "Tu non mi odi, non ti ho ferita, vero?"
"Mmm" rispose la bimba, poi cercò di avvicinare ancora di più una mano al viso della sorella maggiore che si piegò in avanti per lasciarglielo fare.
La minore le accarezzò le guance, prima con una mano e poi con l'altra e furono dei tocchi dolci, diversi dal solito. Nel frattempo continuava a sorridere come il più bello e tenero degli angioletti.
"No, ti voglio tanto bene" sembrava voler dire.
"Aaaah, aaaah, aaah" mormorò la bambina, poi quei sussurri si trasformarono in gridolini e risate che riempirono la stanza e fecero sorridere ancora di più Demi la cui faccia, ormai, doleva.
Ma non importava. Stava bene, aveva capito che Madison non ce l'aveva con lei e, anche se non avrebbe dovuto dire quelle cose, il senso di colpa stava diminuendo.
Mentre chiacchierava, Madison muoveva le braccia e sgambettava e aveva calciato via le coperte.
"Hai proprio tanta energia, eh?" le chiese la sorella. “E questa canzone ti è piaciuta.”
Non resistendo oltre, si piegò a baciarle la testolina e le guance, mentre con una mano le arruffava i capelli color miele e poi glieli rimetteva a posto. Madison restava ferma e lanciava qualche vocalizzo basso.
“Ma quanto chiacchieri?” le domandò la sorella facendole il solletico alla pancia.
Prima che nascesse, dato che non l'aveva ancora studiato a scuola, si era informata. Aveva letto dei libri per bambini che parlavano della riproduzione e aveva capito ancora meglio come nascevano i piccoli. Inoltre aveva voluto sapere tutto sulla gravidanza e così la mamma le aveva comprato un libretto sull'argomento. Ma sulla crescita del bambino una volta fuori dal ventre materno non aveva mai letto nulla, il che era meglio, si disse, dato che lo scopriva ogni giorno guardando e ascoltando la sorella. Era incredibile come imparasse in fretta e come avesse riempito quella casa di gioia con le sue risate. Non che la vita di Demi fosse tanto felice, comunque. In realtà si sentiva quasi sempre triste, ma quello era un altro discorso. Non lo diceva mai a nessuno e se la mamma se n'era accorta, cosa di cui dubitava, non gliene aveva mai parlato.
"Mmmm, gaggagga, lalalalala" fece Madison che, riportandola al presente, allungava le manine e alzava le gambe per essere presa in braccio.
Demi fu percorsa da un brivido, non di paura o di freddo, si trattò invece di una sensazione piacevole che provava spesso in momenti come quello. Si chinò e, facendo attenzione che la testina della sorella non sbattesse da nessuna parte, la sollevò e se la strinse al cuore.
"Eccoci. Va bene così?" le chiese con dolcezza.
Dal versetto che uscì dalle sue labbra comprese di sì, ma dato che si sentiva più sicura a tenerla stando seduta e con qualcosa che le sostenesse la schiena, decise di andare in camera propria e di accomodarsi su una delle due sedie che si trovavano davanti alla sua scrivania. La piccola alzò la testina udendo il rumore del tagliaerba nonostante la finestra chiusa.
"È la mamma" le spiegò Demi. "Arriverà fra poco, vedrai. Dallas starà ancora dormendo" ridacchiò.
Madison, ora che era cresciuta, dormiva praticamente tutta la notte, anche fino alle otto di mattina. Ora infatti erano proprio le otto, ma la bambina non si lamentava più come prima.
"Dada" disse la piccola tra le risate, mentre prendeva i capelli di Demi e li tirava, passandoci poi le mani in mezzo per muoverli.
Era uno dei suoi giochi preferiti, in effetti.
"Sai cosa facciamo, adesso?"
E iniziò a riprodurre il suono degli zoccoli del cavallo mentre batteva piano i piedi per terra. Le risate si fecero più forti e frequenti, così come i gridolini e il battito delle sue manine. Madison sembrava impazzita, ma era felice e si stava divertendo, era questo che contava.
"Saresti da mangiare, lo sai? Tutta quanta" commentò Demi, mentre le accarezzava una guancia tonda.
Non pesava troppo, ma aveva le guance paffute e due cosce piene che la sorella adorava. In ogni caso la pediatra aveva detto che era il peso giusto per la sua età e che, anzi, avrebbe dovuto crescere ancora un po' di più, ma che stava benissimo. Continuò a farla ridere con solletico e altri giochetti che si inventava, e dopo qualche minuto quando la vide più tranquilla parlò.
"Madison, ti devo dire una cosa importante. So che non capirai, ma devo."
"Mmmbrrr, brrr, brrr."
"Fa' silenzio, per favore" mormorò. "Solo un pochino." L'altra, come se avesse capito, ubbidì e le prese un dito nella manina stringendolo forte. "Io e te saremo per sempre sorelle, capito? Qualsiasi cosa accada, anche brutta, per quanto orribile possa essere dobbiamo restare unite, perché è questo che fanno le sorelle. Dobbiamo aiutarci e volerci bene per sempre. Certo anche Dallas è nostra sorella, ma io ora sto parlando di me e te. Abbiamo età diverse ma questo non ci impedisce già da ora di amarci. Tu oggi me l'hai dimostrato ancora di più, grazie."
Detto questo se la strinse ancora di più al cuore, mentre Madison infilava una manina nella sua e i loro palmi si toccavano come a unirsi in quella promessa. Demi non riuscì a trattenersi e lasciò andare qualche lacrima, ma di gioia stavolta, mentre il suo cuore faceva le capriole. Aveva pianto così poche volte di felicità che esserne capace fu un bellissimo regalo, un dono che Madison, non sapendolo, le aveva fatto.
"Uaaah, mmm, mmm" disse la piccola, poi sbadigliò e si addormentò di nuovo, sorridendo poco dopo nel sonno.
Demi la guardò e lo fece anche lei per l'ennesima volta, poi le diede un bacio sulla fronte e la lasciò riposare tra le sue braccia. Era incredibile: era riuscita a farla riaddormentare dopo ore di sonno.
Fu in quel momento che sentì la mamma rientrare. Poco dopo sarebbe venuta a cercarle e le avrebbe trovate subito, tanto la porta era aperta.
Nonostante l'amore incondizionato per Madison, la sensazione che a lei mancassero delle attenzioni l'avrebbe accompagnata ancora per molto, così come quella di essere troppo sotto pressione e di dover apparire in una maniera specifica, e i suoi disturbi alimentari sarebbero passati dal binge eating, all'anoressia, alla bulimia e si sarebbe aggiunto anche l'autolesionismo, ma questo negli anni a venire. La vita di Demi non sarebbe stata facile, ma i suoi amici e la sua famiglia l'avrebbero sostenuta, e soprattutto nulla, nemmeno i momenti più orribili della sua vita, avrebbero mai potuto spegnere la fiamma viva dell'amore che provava per Dallas e per Madison, che sarebbero state tre sorelle unite per sempre.
 
 
 
credits:
John Newton, Amazing Grace
 
 
 
NOTE:
1. come scrivo sempre, tutte le mie fanfiction su Demi sono ambientate a Los Angeles, anche se lei all'epoca di questa stava in Texas. Dato che però l'ho scoperto dopo averne scritte altre con quest'ambientazione, non ho voluto cambiarla.
2. Demi aveva veramente un Cocker Spaniel, ma di nome Trump. Il mio è preso da un racconto che ho scritto con una mia amica, “Cronaca di un felice Natale”, ed è lo stesso nome del cane che la cantante avrà anni dopo nella realtà.
3. La frase sul senso di colpa è inventata.
4. Nel suo libro "Falling With Wings: A Mother's Story", Dianna scrive che il bullismo era iniziato prima delle riprese e che i bambini prendevano in giro Demi per il suo peso, dato che all'epoca non era proprio magra. Non so come si sentisse lei in quel periodo, ho cercato dunque di immaginarlo.
5. Le lezioni con Cathryn Sullivan sono vere. Dianna scrive che la Sullivan oggi è riconosciuta a livello nazionale e ha formato star come Selena Gomez, Cody Linley e Madison Pettis. In seguito aggiunge che le due sorelle avrebbero anche preso lezioni di canto e lì avrebbero imparato anche a scrivere canzoni, a crearsi un sito web, a usare Facebook e YouTube e molto altro.
6. Dianna nel libro dice di essere stata anoressica, aver sofferto di depressione post partum con Demi e Madison, di depressione, di PTSD (disturbo post traumatico da stress) e, alcuni anni dopo quello in cui questa storia si ambienta, ha iniziato a prendere lo Xanax fino a diventarne dipendente. Tutti disturbi che ha dovuto curare e che ha negato per tanti anni. Il fatto che Demi sentisse di non avere più così tante attenzioni è spiegato, un po' fra le righe, in questo passaggio.
But her eating issues had already begun. Spurred on in part by the unsettledness of being pulled from public school for Barney and the sting of no longer being the baby of the family, Demi turned to food, mostly sweets, to ease her anxiety. One day a plateful of cookies might disappear, the next it might be several doughnuts. I never suspected anything. After all, what  kid doesn’t like sugar? I hadn’t yet learned that when mothers have eating issues, their daughters often have issues, too. It was a red flag of distress, but I missed it because I was mired in my own disease.
 
Traduzione:
Ma i suoi disturbi alimentari erano già iniziati. Spronata in parte dall'instabilità per essere stata ritirata dalla scuola pubblica per Barney e la sensazione di bruciore per non essere più la piccola della famiglia, Demi ricorse al cibo, perlopiù ai dolci, per alleviare la sua ansia. Un giorno poteva sparire un piatto di biscotti, il seguente parecchie ciambelle. Non sospettai mai niente. Dopotutto, a quale bambino non piace lo zucchero? Non avevo ancora imparato che quando le madri hanno problemi alimentari, anche le loro figlie hanno spesso problemi. Era un segnale di sofferenza, ma non lo colsi perché ero bloccata nel mio stesso disturbo.
 
Ora, non credo che Demi sia mai arrivata a dire a Madison che la odiava, ma non lo so con certezza, e comunque questi sono sentimenti che alcuni fratelli provano nei confronti dei minori. In realtà non lo pensano davvero, solo che avendo meno attenzione da parte dei genitori possono crederlo. Io, fortunatamente, anche se ho un fratello minore non ho mai sentito questa mancanza.
Il problema di Demi a quell'epoca era il binge eating, di cui ha sofferto anche dopo.
Spiegazione dal sito www.chiarafrancesconi.it, estratto dell’articolo intitolato “Alimentazione incontrollata: cos'è il binge eating e come si può superare.”:
• La persona che soffre di alimentazione incontrollata presenta vari episodi di abbuffata. Termine con cui si intende il mangiare troppo (una quantità eccessiva rispetto a quello che farebbe un’altra persona della stessa età, sesso e costituzione) in un certo arco di tempo. Cioè ad esempio, fare una colazione o spuntini eccessivi, con cibi non tipicamente indicati per tali pasti (come cotolette o tranci di pizza) o in quantità superiori alla norma. Oppure fare molti più spuntini e merende della norma, durante l’intero arco del giorno.
• E’ abbastanza tipico, che chi soffre di alimentazione incontrollata sperimenti una sorta di perdita di controllo durante queste abbuffate, come la sensazione di non riuscire a fermarsi o di non capire quanto si sta mangiando.
• Gli episodi di alimentazione incontrollata possono presentare anche altre caratteristiche, che non tutti i soggetti condividono: come il fatto di mangiare molto in fretta, mangiare finchè non ci si sente sazi, mangiare anche se non si ha fame, mangiare soli per evitare di far vedere agli altri le quantità di cibo o la tipologia di cibo che si sta mangiando, sentirsi in colpa o ancor più spesso vergognarsi di se stessi per non essersi riusciti a controllare e resistere all’impulso di mangiare.
• L’alimentazione incontrollata non prevede la “compensazione”, ossia comportamenti mirati all’espulsione del cibo o la pratica di attività fisica per smaltire le calorie assunte. Per questo motivo, le persone con alimentazione incontrollata tendono al sovrappeso e all’obesità, a seconda della gravità e della frequenza delle abbuffate.
7. Dianna scrive nel libro che si alzava molto presto, puliva la casa e non partiva se non era tutto perfetto, lei e figlie comprese, e che questo assieme alla sua malattia le faceva credere di avere il controllo sulla sua vita.
8. Demi ha davvero sofferto d'ansia, l'ha detto in un'intervista sull’Huffington Post. Non so se abbia avuto attacchi di panico, ma spiegava che la sua ansia è stata davvero forte e le ha anche provocato problemi alla tiroide e una volta a causa di un attacco d'ansia è finita in ospedale.
Soffro da anni di ansia e attacchi di panico, per cui cercherò di spiegare cosa sono a parole mie.
Quando si soffre d'ansia ci si sente nervosi, sempre preoccupati, irritabili, a disagio. A volte si può controllare, altre invece no e può diventare patologica o cronica o comunque difficile da tenere sotto controllo. Generalmente chi ne soffre lo fa con frequenza e costanza, anche se non sempre. L’ansia può durare ore, giorni o settimane, anche mesi. Ci si può sentire nervosi, far fatica a concentrarsi anche su cose come lavorare o studiare, a volte si perde l'appetito e ci si può sentire male in molti contesti a seconda del tipo d'ansia. Esistono infatti l'agorafobia, l'ansia da separazione, il disturbo da attacchi di panico, l'ansia sociale, l'ansia generalizzata e così via. Spesso l'ansia non viene presa sul serio e ciò  è bruttissimo per chi ne soffre. Ci sono casi nei quali dev'essere curata farmacologicamente o con la psicoterapia per andare alla radice del problema.
Gli attacchi di panico, o crisi d'ansia, sono una sorta di ansia acuta e fenomeni che si verificano quando ci si sente sotto attacco o in pericolo. Di solito non vengono all'improvviso ma partono da qualcosa, un pensiero per esempio, che li scatena. Si possono provare brividi, nausea, vampate di calore o al contrario molto freddo. Ci si sente come se si fosse sul punto di non farcela più, se non ci fosse aria e si stesse soffocando, si trema, si hanno spasmi anche molto violenti, si pensa che si stia per morire, si suda. Questi attacchi durano all'incirca dieci minuti o poco più, e anch'essi devono essere curati se vengono con frequenza e a volte non sono presi sul serio.
9. Eddie lavorava davvero in una concessionaria per molte ore al giorno.
10. Le cene di Dianna consistevano veramente di quello e mesi prima aveva smesso di allattare Madison per il motivo che ho spiegato. E sì, Demi stava su fino a tardi per comporre, anche questi ultimi fatti sono presi dal libro.
11. Ho cercato di immaginare cosa deve aver provato quando ha preso in braccio Madison per la prima volta riferendomi a ciò che ho sentito io quando ho tenuto mio fratello.
12. Nel libro Dianna scrive che lei e le figlie non parlavano mai di cose profonde. Ogni tanto da alcune conversazioni sentiva che Dallas aveva un ragazzo, ma nulla al di là di questo. Lei era stata cresciuta così e ha educato allo stesso modo le sue figlie. Questa cosa viene detta da Dallas anche nel documentario "Simply Complicated", in cui spiega che tutte avevano i loro segreti e le loro porte chiuse.
   
 
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