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Autore: LaSignorinaRotterMaier    28/09/2019    2 recensioni
E attraverso un flashback, Dimitrij Smirnov ci renderà partecipe dei suoi sensi di colpa che lo hanno condotto ad essere rinchiuso in una prigione.
[Storia partecipante al contest "My beloved villain" indetto da Dark Sider sul forum di efp.]
[Storia partecipante al contest "Back ti the school" indetto da GiuniaPalma sul forum di efp.]
[Storia partecipante al contest "L'enigma dell'Uroboro" indetto da _ Freya Crescent _ sul forum di efp.]
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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 Per tutto.
 
**
 


 
 
 
 
Un brivido mi percorre la schiena, oramai l’inverno è vicino. Il mio fiato caldo quando entra in contatto con l’ambiente umido e gelido, crea una sorta di nebbia istantanea, che si disperde appena richiudo la bocca. Non c’è nulla col quale possa riscaldarmi, se non una vecchia coperta di lana sgualcita che non riesce nemmeno minimamente ad intiepidirmi la pelle increspata dal freddo.
Una guardia penitenziaria passa e spassa nel lungo corridoio costeggiato da innumerevoli celle di pochi metri quadri. Il rumore dei suoi passi riecheggia nell’aria e il silenzio gli fa da contorno. La quiete della notte mi trascina *tête-à-tête con i ricordi che non vorrei rivivere, per nessuna ragione al mondo.
**Credevo di sapere tante cose, pensavo di essere più furbo ed intelligente degli altri. La realtà è che non ne sapevo più di un topo in trappola. Un topo con la schiena spezzata e che credeva di avere ancora la voglia di vivere.
 
Per distrarmi, mi metto al a leggere “Delitto e castigo” di F. Dostoevskij:
Roskil’nikov si macchia di un delitto, convincendosi di averlo fatto per giusta causa. Decide di utilizzare il denaro e gli oggetti rubati alla usuraia, la sua vittima, per far del bene e redimere le sue colpe. Col passare del tempo, si rende conto che, nonostante la sua buona azione, questa condizione lo logora e prende consapevolezza di ciò che ha fatto soltanto più tardi, quando perde il controllo di se stesso. Unicamente dopo aver confessato il suo omicidio al commissariato. Quanto mi ci rivedo nella sua storia!
 
<< Dimitrij Smirnov >>
 
Mi metto sull’attenti all’udire della voce di una guardia penitenziaria, che si porta dietro un uomo ammanettato, dall’aspetto poco raccomandabile.
 
<< Lui è il tuo nuovo compagno di cella >> dice, togliendogli le manette, aprendo le sbarre e sbattendolo dentro, come se fosse un sacco d’immondizia.
 
Sento il nuovo arrivato sbraitare contro l’agente ma io non gli presto alcuna attenzione, troppo concentrato a leggere il libro.
 
 << Mi chiamo Georgi Kuznetsov, piacere >>
 
<< Inutile che ti ripeta il mio nome >> gli rispondo, con noncuranza.
 
<< Dimitrij… nome abbastanza comune in Russia >>
 
Alzo lo sguardo su di lui, corrugando la fronte. Chiaramente, voleva che distogliessi lo sguardo dal romanzo e avere gli occhi fissi sulla sua figura possente e muscolosa.
 
<< Sono qui per colpa di una rapina finita male >> esordisce, senza che io gli avessi chiesto nulla.
 
Ritorno a guardare il libro e sfoglio una pagina, ritrovandomi per puro caso una foto di me e Lidia di quando avevamo quindici anni.
 
<< Tu perché sei qui? >>


 
 
 
 
 
All’epoca, vivevo un amore non corrisposto.
Quello che volevo da Lidia Vasilyev erano meritate gratificazioni, sentirmi riconosciuto da lei come uomo e invece passavo puntualmente come lo sfigato di turno. Desideravo che si arrendesse alla potenza del mio sentimento. Erano sensazioni ostinate e malgrado i segnali avversi che ricevevo da parte sua, la mia motivazione cresceva. Non riuscivo ad arrendermi; lei era l’unica donna che volevo nella mia vita. Quello che provavo per Lidia Vasilyev era un sentimento capace di farmi sentire al settimo cielo ma aveva anche il potere di catapultarmi all’epicentro del mio inferno personale quando non venivano capite – o ignorate – le mie intenzioni di volerla al mio fianco.
 
Un giorno, mentre correvo per raggiungere l’Università statale di San Pietroburgo per arrivare in orario alla prima lezione di statistica, mi fermai di colpo: Lidia Vasilyev era con un ragazzo; appoggiati all’elegante ringhiera in ottone del canale Griboedov, spalla contro spalla, guardavano il sole che sorgeva oltre la cupola dai colori vivaci della chiesa del Salvatore di San Pietroburgo.
Entrambi si guardavano con occhi felici, come se intorno non ci fossero altro che loro due.
Io ero alle loro spalle e li fissavo. Nella mia mente iniziarono ad insidiarsi immagini di quello sconosciuto con la giugulare aperta. Mi morsi il labbro inferiore e riposi le mani nelle tasche del mio giubbotto lungo, ingobbito su me stesso per racimolare calore. Non sapevo bene cosa fare: se andarmene oppure interrompere il loro momento intriso di romanticismo. Alla fine, decisi di intervenire e richiamai l’attenzione di Lidia su di me. Quest’ultima mi salutò, un po' freddamente e il motivo lo avevo ben capito: voleva civettare ancora con quell’estraneo dall’aspetto fastidiosamente gradevole, dovevo ammetterlo.
Con voce piatta, Lidia mi presentò a lui e quest’ultimo mi accolse con un sorriso fin troppo eccitato per i miei gusti. Igor Pavlov era uno studente di medicina e, mentre la cingeva per le spalle, mi raccontava di sé, delle sue passioni, di quello che voleva fare dopo il dottorato... “Ma perché mi parla della sua vita? Chi gliel’ha chiesto?” Mi domandai. Ero lì, a subirmi il discorso di lui e i suoi successi mentre io diventavo sempre più piccolo, inutile, insignificante. Quelle parole mi colpivano come tanti pugnali, affilati appositamente per me, per affettare già il mio bassissimo amor proprio. Vedevo Lidia osservare Igor con viso luminoso, come se fosse sotto l’effetto di un potente incantesimo. La collera iniziò a ribollire dentro di me nei confronti di quella patetica visione di lei perdutamente innamorata di un uomo che non ero io. Non li contemplavo, non rispettavo la loro relazione, mi soffocava vederli vicini, mi opprimevano i loro vicendevoli sguardi amorosi… Desideravo sopprimerli, abbatterli come si faceva coi cani quando erano ammalati di rabbia. Lidia Vaselyev era di mia proprietà, un mio diritto. Lei mi rendeva cieco. Mi ammalava. Era il buio della mia ragione, del mio stato di coscienza.
 
<< Dimitrij? >>
 
La voce di Igor mi portò bruscamente alla realtà e, come se mi fosse stata gettata dell’acqua fredda addosso, i miei deliranti pensieri s’arrestarono. Ritornai gradualmente in me.
 
<< Dicevo… >> riprese a dire, guardandomi con aria stranita << Ti andrebbe di venire a casa mia? >>
 
Chiusi più volte gli occhi per l’incredulità. Continuavo a chiedermi del perché mi stesse invitando da lui nonostante la compagnia di Lidia ma, non mi soffermai più di tanto. Finché potevo tenerli sott’occhio, mi andava bene tutto, anche fingere di essere qualcuno che non sarò mai: un suo amico.


 
 
 
 
Mi trovavo alle loro spalle. Igor e Lidia camminavano davanti a me, facendomi strada. Con la mano nella mano e non potevo far altro che fissarli con sguardo cupo e prendendomela con la sigaretta che tenevo poggiata sulle labbra, aspirando il fumo alla velocità della luce.
 
<< Eccoci qui >> disse Igor, sorridendomi.
 
Lo osservai con un sopracciglio alzato, con espressione irritata per quel suo entusiasmo che consideravo del tutto fuori luogo. Gettai il mozzicone sull’asfalto con fin troppa foga e mi apprestai a raggiungerli in casa. Mi guardai intorno palesemente spaesato. In mezzo a quei mobili dalle rifiniture classiche e di valore, mi sentivo un poveraccio. Il mio appartamento, al confronto, era un vero e proprio tugurio. Mi fece accomodare sul divano di un vivido rosso aragosta e quel design regale stonava parecchio con i miei vestiti stropicciati e che tenevo addosso già da un paio di giorni.
Igor prese posto di fronte a me, sul divanetto singolo del medesimo stile e, nell’insieme, mi appariva come un re seduto sul suo trono. Lidia, invece, si recò al bagno per rendersi ancora più bella ma, per me era perfetta già così com’era, non aveva bisogno di tutto quel trucco.
 
<< Lo vuoi un bicchierino di vodka? >>
 
<< Liscia >> gli risposi, come se non aspettassi altro da lui.
 
Avevo bisogno di buttare giù un po' di alcol, di reidratare la gola diventata improvvisamente secca da quando avevo incontrato Lidia e Igor sul canale. Dopo alcuni minuti, lui mi versò un cicchetto di vodka e io, senza attenderlo, buttai tutto giù, in un sol colpo.
 
<< Amico, ne avevi proprio bisogno! >>
 
Lo guardai di traverso quando lo udii chiamarmi “amico”. Posai il minuscolo bicchiere sul tavolino di fronte al sofà sul quale ero seduto e fissai Igor mentre era intento a sorseggiare la sua di bevanda… che mammoletta.
 
<< Da quanto tempo conosci Lidia? >> mi chiese, improvvisamente.
 
<< Da quando eravamo piccoli >> mi limitai a dire, avvertendo dentro di me il bisogno impellente di altra vodka.
 
<< Lei è davvero fantastica >> disse, guardando in direzione del corridoio, dove probabilmente si trovava il bagno nel quale c’era Lidia.
 
Aveva lo sguardo scimunito e quell’espressione iniziava davvero ad innervosirmi. Frugai nelle tasche del cappotto, per cercare le mie amate ***Belomorkanal e quando mi accinsi a portarne una in bocca e ad accenderla con l’accendino, Igor mi fermò all’istante, lo fece in maniera così agitata che sembrò come se gli stessi incendiando il divano. A malincuore, dovetti posare il pacchetto di sigarette e nel frattempo, lui continuava a parlare di Lidia, voleva rendermi partecipe dei suoi sentimenti per lei. Mi era stato proibito di fumare e, in più, costretto a subire quelle ridicole parole dolci su Lidia e ciò non mi aiutava a mantenere la calma.
 
<< Io la am- >>
 
Non gli feci concludere la frase che mi lanciai contro di lui, prendendogli il colletto della sua linda e stirata camicia bianca.
 
<< Tu non la ami davvero! >> urlai, con gli occhi spalancati e completamente infervorati dalla rabbia << Come puoi dire una cosa del genere, eh? In mia presenza, per giunta! Io vivo di lei. Lidia ha tormentato ma, al tempo stesso, alimentato il mio bisogno improrogabile di averla al mio fianco. Tu dici di amarla… Ma non farmi ridere! In alcuni momenti della mia vita un agglomerato di sensazioni invadono la mia testa e, tutte insieme, mi fanno rendere conto che io, diversamente da un qualunque imbecille come te, la amo esattamente per quella che è: nuda, ridotta alla sua essenza, con i suoi limiti che si incastrano perfettamente con i miei. Io e lei ci completiamo, come due pezzi di un puzzle. Lei è solo mia, di nessun altro. Mettitelo bene in testa, Igor! >>
 
Rimase zitto, pietrificato da quella raffica di parole ma poi la sua espressione si tramutò di colpo in disgusto.
 
<< T-Tu sei un folle! >>
 
A quella sua affermazione, il mio già labile autocontrollo andò a farsi benedire. Gli lanciai un pugno su quella sua faccia fin troppo perfetta, bramoso di deformarla, di farla a pezzi. In questo modo Lidia non avrebbe mai più avuto occhi per lui! Igor cercò di reagire ma era inaspettatamente debole rispetto a me. Ero una furia e scaricavo la tensione accumulata su quel suo splendido faccino. Doveva morire, doveva scomparire, dovevo mandarlo al cospetto del padre eterno perché Lidia è di mia proprietà. Nessuno poteva toccarla, nessuno poteva starle accanto, nessuno doveva invadere il suo spazio prossemico. Io e soltanto io ne avevo diritto!
Ad un certo punto, qualcuno mi strattonò per un braccio “Io devo ammazzarlo, perché mi state trattenendo? Perché piangete a dirotto, eh? Tutto questo lo sto facendo per lei, lo capite?” delirai.
Impossessato dalla rabbia, spinsi via quella forza che tentava ad ogni costo di allontanarmi da Igor. Poi, un forte colpo paralizzò sia me che la vittima.
 
<< L-Lid… >> disse Igor, in maniera impercettibile.
 
Lo vidi lacrimare, completamente privo di forze, con le braccia che gli penzolavano dal divano. I suoi occhi gonfi guardavano oltre le mie spalle e fu in quel punto che ebbi un fremito lungo la schiena. La bocca iniziò a tremare, improvvisamente. Lasciai andare Igor e lentamente mi girai. Rimasi immobilizzato, con gli occhi spalancati dallo sgomento. Lidia Vasilyev era morta… per mano mia. Ero così invasato, così catturato dal desiderio di ridurre in poltiglia quell’essere rivoltante che non mi ero reso conto di aver lanciato la povera Lidia contro lo spigolo di un raffinato mobile d’epoca.
 

 
 
 
 
 
 
Osservo il sorriso spensierato di Lidia, quei suoi occhi azzurri e limpidi come un cielo d’estate. Chiudo gli occhi e metto giù quella foto, capace di tirar fuori un forte dolore, un pesante senso di colpa. Guardo il viso di Georgi in attesa e attraverso le sue iridi vedo un alone di compassionevole tristezza. Qualcosa nel mio sguardo deve avermi reso davvero miserabile, come un mendicante che elemosina ai bordi delle strade per un tozzo di pane. Ha capito che la mia vita è finita nel momento stesso in cui Lidia ha lasciato per sempre questo mondo e, incapace di trovare altre parole per confessare i miei peccati, quasi senza voce, mi limito a rispondergli:
 
<< Per tutto >>
 

 
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
 
Salve gente,
devo ammettere che ho scritto una storia davvero inquietante… Mi stupisco di me stessa, veramente ^^’.
Un uomo che è stato segretamente innamorato di una donna e andava tutto bene finché lei rimaneva sola, senza qualcuno d’amare. Ma dopo l’arrivo di Igor, la situazione cambia e Dimitrij finisce col perdere completamente il senno. Solo dopo quanto accaduto, riesce a ritornare alla cruda realtà e, attraverso la confessione di ciò che ha fatto, trova il modo per redimersi. Infatti, passerà la sua vita dietro le sbarre.
Devo ringraziare le giudici che mi hanno dato gli stimoli giusti per sfornare una cosa del genere e, quindi: grazie Dark Sider, GiuniaPalma e Freya Crescent!
 
Prima di salutarci, vorrei specificare alcune cose:
  • * Colloquio o incontro a due, per lo più di carattere riservato o intimo: chiedereavere un confronto.  Tête-à-tête tra Dimitrij e i suoi orribili ricordi, con i suoi sensi di colpa.
  • ** È la frase che il pacchetto chiedeva di inserire, non è farina del mio sacco.
  • ** *È una marca russa di sigarette.
 
Detto ciò, buona lettura a tutti, miei cari lettori!
Alla prossima.
 
LaSignorinaRotterMaier.

 
 
 
 
 
 
   
 
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