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Autore: Lady Aquaria    28/09/2019    0 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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capitolo 42
42.
Io che amo solo te.
 
"Sapevo che sei un uomo di poche parole, ma non credevo così poche."
Restò qualche istante in silenzio, ancora sorpreso dalla sua presenza e dalla naturalezza con la quale si muoveva in quella stanza, dalle sue espressioni mentre apriva cassetti e cassettini e ritrovava appunti, libri, i suoi oggetti.
"Dimmi, Camus. Cosa, in me, suscita tanto stupore?"
Alla domanda, Camus parve riscuotersi dai suoi pensieri.
"Ci siamo già incontrati." asserì. Non una domanda, non un balbettio, ma un'affermazione decisa. Degél corrugò la fronte: com'era possibile che avesse dei ricordi -seppur vaghi- dei loro precedenti incontri, avvenuti anni prima, dopo la scalata alle dodici case? Com'era possibile che avesse ricordi dell'oltretomba? Eppure era sicuro che lui, una volta tornato alla sua vita, non avrebbe ricordato nulla. Non avrebbe dovuto ricordare nulla.

"Dici?" replicò, cercando di mostrare indifferenza verso quell'affermazione.
"Difetto in tante cose, ma ho una buona memoria. Io e voi abbiamo già parlato. Forse in questo momento non ricordo quando, né dove, ma ricordo di avervi già visto."

Touchè. Meglio comunque non intavolare certi discorsi.
"Avremo tempo per discuterne." tagliò corto Degél, decidendo che avrebbe approfondito la faccenda.
"No, non ne avremo, perché non avete alcuna intenzione di parlarne. Allora ditemi, sto ancora sognando?!"
"A differenza della scorsa notte sei sveglio e cosciente: ho deciso di manifestarmi per diverse ragioni."

Per certi suoi irritanti modi di fare, tanto per dirne una. Perché sì, in certi momenti era capace di far perdere la pazienza anche a lui, e certo non era cosa facile. 
"Non conoscevo l'esistenza di questo luogo."
"Non potevi, del resto c'è un motivo se era una stanza segreta. Questo è il mio sancta sanctorum, nessuno ne conosceva l'esistenza. A parte Kardia dopo la nostra morte e... beh, tua moglie. È qui che si rifugia Mei, di tanto in tanto, è questo il luogo inaccessibile che ti reca tanto fastidio."

"Mei può andare ovunque voglia, non è il luogo a infastidirmi." lo interruppe, stizzito.
"Certo, questo lo so: così come esigi il rispetto per la tua libertà personale, così hai a riguardo quella altrui. Sono io a tediarti. Per rispondere ai tuoi pensieri, comunque, non proviamo niente di quel che credi nei confronti l'uno dell'altra, i miei sentimenti per lei sono puramente fraterni, dal momento che apparteniamo a epoche e a persone diverse. Domandale di Seraphina, saprà risponderti."
La nota severa dietro il tono calmo non sfuggì a Camus, che tuttavia cercò di spiegarsi.
"...chiedo venia, ma non ho ancora concluso. Io e lei parliamo a lungo, devo darti ragione:  discorriamo di tante cose: del mio passato, di come vivevamo qui al Santuario quando Athena si chiamava Sasha, talvolta sono il tramite attraverso il quale riesce a comunicare con sua madre. Spesso cerca il mio consiglio e qualche volta , discorriamo anche di te: non sempre, ma succede. La sola cosa che mi permetto di fare è mitigare l'influenza che Kardia esercita su di lei, cerco di addolcire certe sue reazioni senza interferire troppo, mi permetto di volerle bene come farebbe un fratello maggiore. Certi desideri li ho sempre provati per un'altra donna, la stessa al quale appartiene il mio cuore. Mei non si abbandonerebbe tra le tue braccia a quel modo se per lei tu non contassi nulla, non credi? Semplicemente ognuno ha diritto ad avere dei segreti, di avere un angolo privato inaccessibile agli altri. Tu hai i tuoi, Mei ha i suoi."
"Io non ho segreti per la mia famiglia."
"Ne sei proprio certo? Eppure ci sono cose di te che nessuno conosce, neanche le persone a te più care, cose che hai rimosso per non dover soffrire e che hai chiuso nella parte più intima e nascosta di te."

"Cosa intendete dire?"
 
*
 
"Mamma posso giocare con Kiki?"
Mei sollevò lo sguardo dallo sterilizzatore, posandolo sulla figlia.
"Siamo tornate a casa da poco, hai trascorso tutto il pomeriggio in spiaggia, non vorrai prendere un'insolazione."

"Non scenderemmo in spiaggia, ma a casa, ho dei nuovi videogiochi." interloquì Kiki, salito all'undicesima casa insieme alla bambina.
"E va bene." acconsentì Mei. "Purché non siano giochi violenti. Ah, Kiki? Ti ricordo che sei più grande, fai attenzione."
Shiryu ridacchiò, annunciandosi, mentre Kiki usciva svelto da Aquarius con la bambina alle calcagna.
"Con i tuoi modi lo terrorizzi, quel povero ragazzo."
"Beh, meglio mettere subito le cose in chiaro. E poi ha quattordici anni, a quell'età tu e i tuoi compari avevate compiti ben più gravosi che giocare ai videogame con una bambina."
"Si, ma erano altri tempi e altre situazioni, e sono sicuro che anche Kiki si ricorda bene. Tu dovresti rilassarti un po'." sorrise Shiryu, circondandole le spalle in un abbraccio, prima di elargirle un bacio sulla testa.
"Ho tre neonati al di sotto dei quattro mesi e una bambina di otto anni cui badare, non conosco neanche più il significato del termine relax." sospirò Mei.
"Con tutto quello che è successo, mi sono dimenticato di una cosa: durante l'ultimo giro a Wangfujing ho preso questo per te."
Mei sorrise, accettando il sacchettino che Shiryu le aveva porto: all'interno, avvolto dal pluriball, l'ultimo cd di una delle sue cantanti preferite.
"Ti ringrazio molto, anche se sai che non avresti dovuto."

Fece spallucce, prima di aiutare la sorella a dare i biberon ai nipotini.
"Direi che la loro capacità polmonare è ottima."
"Oh sì, non ne hai idea. Lixue al confronto era più tranquilla, i secondi sono sempre un po' più rumorosi dei primogeniti... a maggior ragione se sono tre." rispose Mei, guardando verso la porta della camera alla ricerca di Camus.
"Sei da sola?"
"A quanto pare." sospirò Mei. Camus doveva essere uscito quando lei era ancora in spiaggia con i bambini.
Shiryu rimase qualche minuto in silenzio, perso nei suoi pensieri mentre cullava Joséphine. "Sei silenzioso... qualcosa non va?"
Esitò qualche secondo prima di decidersi a parlarle.

"Shunrei ha avuto un ritardo il mese scorso, pensavamo fosse incinta. Tredici giorni da incubo, vissuti col costante terrore che qualcuno arrivasse e la portasse via con la forza." esordì, osservando poi la sorella sgranare gli occhi.
"Perché diavolo non me ne hai parlato?!"  
"C'erano le Anfidromie di mezzo, tu eri preoccupata e io non volevo darti altri pensieri. E poi, che cosa avrei potuto dirti? Che eravamo talmente presi da esserci strappati i vestiti di dosso senza pensare alle conseguenze? Dai."
"Non con questi termini, ma se succede qualcosa voglio saperlo. Ma come ragioni? Avrei potuto aiutarvi, darvi il denaro necessario per pagare la tassa, aiutarvi a espatriare! Dannazione, Shiryu, sei mio fratello! Non ho smesso di preoccuparmi per te solo perché adesso ho la mia famiglia! Quindi? Cos'è successo?"
"Alla fine era solo un ritardo, ma non hai idea di quanto mi sia spaventato."
In tutta onestà, anche lei iniziava ad esserlo: il pensiero della cognata prelevata con la forza e obbligata a disfarsi di un'eventuale seconda gravidanza le metteva i brividi.
"Davvero? O mi stai nascondendo qualcos'altro? Dèi, non dirmi che vi siete messi nelle mani di qualche macellaio, ti prego."

"No, te lo giuro."
"Lasciate tutto e venite via di lì. Dico sul serio." mormorò Mei, cercando di non perdere la calma. "In Europa o dove ti pare, ma andate via."
"Ci avevamo pensato, sai. Dobbiamo solo tenere duro fino alla Laurea: ho studiato tanto per questo, non voglio rinunciarci a un passo dalla fine. Una volta ottenuta, noi..."

L'arrivo di Milo interruppe i due.
"Non ti hanno insegnato a bussare?" sbottò Shiryu.
"E a te non hanno insegnato a non rispondere in questo modo a un superiore?"

Prevedendo tempesta, Mei si schiarì rumorosamente la voce.
"Niente baruffe, bambini. La mamma non è dell'umore adatto."
Milo scoccò un'occhiataccia all'altro, prima di mostrare un plico all'amica.
"Volevo dirti che è tutto a posto, tutto prenotato. Le moto sono stupende e ho trovato un camper fantastico così risparmiamo sui motel. I vostri passaporti sono in regola, dico bene?"
"Passaporti?" Shiryu corrugò la fronte.
"Partiremo per un tour sulla Route 66, due settimane on the road con destinazione Santa Monica."
"...dove speri di incontrare il tuo idolo, dì la verità." insinuò Milo.
Malgrado la preoccupazione, Mei sorrise.
"No, purtroppo. Sta girando il suo primo film da regista, e ironia della sorte, si trova a Pechino in questi mesi. Lui là, io qua. Quando sarò io ad essere in Cina, lui sarà di nuovo in occidente. Si vede che non sono destinata a incontrarlo."

"Che vuoi farci, neanche io sono destinato a incontrare Angelina Jolie." Milo fece spallucce. "Beh, dovrai accontentarti di me."
"Andata." sorrise Mei, ricambiando l'abbraccio dell'amico. "Ti voglio bene."
"Ma tu non hai la patente per le moto." li interruppe Shiryu, ignorando lo scambio di battute.
"Ergo, il camper." ribatté Mei. "Loro tre in moto, io su quattro ruote."

"Tutti insieme?"
"Oh sì, insieme. Immagina le notti, stretti in quattro su un letto solo." interloquì Milo.
"Non vedo l'ora." ridacchiò Mei, divertita.
Shiryu alzò gli occhi al cielo.
"Ma per favore..."

"Camus non sarà d'accordo, ma a tre è sempre meglio di niente, alla fine ci guadagno io!" Milo continuò a prendere in giro Shiryu. "Tornando alle cose serie, col lavoro di Camus come la mettiamo?"
"Ci ho pensato io, non preoccuparti. Ho tutto sotto controllo, manca solo la partenza."
"Okay, volevo solo esserne sicuro." sorrise Milo. "Oh, una cosa: portati un vestito nero, possibilmente lungo, e porta qualcosa di scuro anche a Cam."
Pur non comprendendo il motivo di quella richiesta, Mei rispose al sorriso.
"Abbiamo qualche incontro importante in agenda, per caso?"

"Non si sa mai, ma tu fai come ti dico." concluse Milo, criptico.
 
*

Quando Camus tornò ad Atene nel tardo pomeriggio, trovò Mei in giardino, intenta a rammendare una tutina.
Le spuntò alle spalle, prima di porgerle un mazzo di peonie e una scatolina da pasticceria.
"Bonsoir." mormorò, facendola sobbalzare. "Oh, ti chiedo scusa."

"Scusa? Vuoi scherzare? Dov'eri finito? Ti ho cercato tutto il pomeriggio!"
Camus si appoggiò alla struttura del gazebo, schiarendosi la voce.
"A Parigi, ho avuto degli impegni dell'ultimo minuto."
"Così urgenti da impedirti di lasciarmi un messaggio?" protestò Mei. "Torno dalla spiaggia e non ti trovo, ti cerco al cellulare e scopro che l'hai lasciato sul tavolo della cucina... non voglio limitare la tua libertà personale, ma sarebbe carino da parte tua se mi avvertissi, quando decidi di allontanarti per così tanto tempo. Vorrei ricordarti che badare a tre neonati, specie quando sono affamati tutti e tre nello stesso momento, è difficile, soprattutto se hai solo due mani e non sei la dea Kalì."
"Scusami. Se mi lasciassi spiegare..."

Presa la scatoletta, la aprì, scoprendo dei macarons all'interno.
"I nuovi gusti stagionali: cocco e ananas." le spiegò.
"C'è qualcosa che devi farti perdonare."
"Io? Dev'esserci per forza un motivo dietro dei dolcetti?"
Lo guardò di sottecchi.
"Sei troppo zuccheroso, che cos'è successo?"
Si sedette di fronte a lei.

"Temo di doverti delle scuse."
"Questa sì che è bella. Ed è la prima volta che accade... aspetta che mi metto comoda. Scuse in merito a cosa?" replicò, posando il lavoro di cucito accanto a sé e dedicandogli attenzione.
Ignorò il non proprio velato sarcasmo di Mei, prima di proseguire.

"Dovrai ascoltare la premessa, prima della risposta."
"Ti ascolto."
"Sai cos'è la SIDS?"
Corrugò la fronte, spiazzata dal repentino cambio di discorso.

"Sì, ma cerco di non pensare a quello che è uno dei peggiori incubi di un genitore. Perché me lo chiedi?"
Camus aprì una cartellina che fino a quel momento Mei aveva ignorato. Al suo interno documenti, atti ufficiali e una sorta di quadernetto con la copertina di velluto blu recante lo stemma della Repubblica Francese.
"Cosa c'entra il nostro livret de famille?"
"Questo è quello della mia famiglia d'origine. L'ho trovato in una valigetta, in quello che anticamente era lo studio di mio padre."
Mei sfogliò il libretto, ripercorrendo la storia famigliare dei suoi suoceri: nascita, matrimonio, prole, morte. Lesse l'estratto dell'atto di nascita di Camus pur conoscendo bene il documento integrale, restando di stucco nel leggere la pagina successiva. Lo guardò, cercando una risposta che non si fece attendere.
"Nel settembre del 1989 mia madre diede alla luce una bambina." si schiarì nuovamente la voce, mentre sentiva un groppo in gola. "Clothilde."

"Deceduta a inizio febbraio 1990." lesse Mei. "Non lo sapevo."
"E come avresti potuto? Morì in culla pochi giorni prima del mio quinto compleanno, a quanto pare. Non ricordavo nulla di lei, almeno fino a oggi."

Mei accantonò immediatamente la discussione, posando una mano sulla sua guancia.
"Tesoro, eri troppo piccolo per ricordare, e considerando quel che è seguito, non puoi fartene una colpa."
"Hyoga si ricorda bene sua madre, perché io non ho ricordi di mia sorella? Eppure avevamo entrambi quattro anni quando abbiamo perso i nostri cari."
"Stai confrontando due situazioni diverse tra loro: il rapporto che si ha con un fratello, per quanto sia importante e sacro, non avrà mai la stessa intensità di quello che si ha con la propria madre." rispose Mei, cercando di scegliere con cura le parole. "Come hai scoperto tutto questo?"
Ed ecco che il discorso stava per ricollegarsi alle scuse citate poco prima.
"Degél" le rispose, dopo qualche secondo.
"Sì?"
Le raccontò di Degél che gli era apparso in sogno e della strana conversazione che aveva avuto con Dohko, quindi del suo strano incontro in biblioteca, quando Degél si era materializzato di fronte ai suoi occhi.
"No, aspetta, fammi capire bene perché forse ho sentito male. Hai visto Degél."
"È quello che ho appena detto."
"Tu. L'hai visto." Mei spostò la mano sulla sua fronte. "Strano, non mi sembri febbricitante."
"Per tutti gli Dèi, sono serio." sbottò Camus.
"Bè, non sei affatto spiritoso."

"Non voglio esserlo."
"Ascolta, sono aperta alle prese in giro e alle battute di spirito, ma non su questo argomento."
"Degél mi aveva avvertito della tua eventuale reticenza in merito, ma ti sarei grato se mi lasciassi parlare..."
Posò sul tavolino il diario fulvo che aveva letto nella stanza segreta in biblioteca e lo spinse verso di lei; Mei lo prese con fare interrogativo, sfogliando le pagine e scoprendo che una delle ultime note riportava una data della tarda primavera del 1743.
"Questo è il suo ultimo diario. Come puoi averlo tu?"
"È stato lui ad autorizzarmi a leggerlo. Lo giuro su quanto ho di più caro al mondo, non ti sto prendendo in giro. Potrei descrivertelo in dettaglio, ma conosciamo entrambi il ritratto in corridoio e sarebbe del tutto inutile, anche se manca la cicatrice sul sopracciglio sinistro"

Mei strinse il diario al petto, asciugandosi gli occhi col dorso di una mano.
"Stava tirando di scherma con El Cid e quest'ultimo calcò la mano su un affondo." mormorò, interrompendolo. Il ritratto nel medaglione, più veritiero di quello di rappresentanza in corridoio, mostrava chiaramente anche quella ferita. Camus non stava mentendo, aveva davvero incontrato Degél, perché il ritratto del medaglione, lui, non l'aveva mai visto. "Santi numi, non posso credere che si sia mostrato a te. Tra tutti, proprio a te. È assurdo, io parlo con lui da anni, per me è un essere mitologico, lo prego e lo venero come se fosse uno dei miei Dèi, e lui si materializza con te? Nessun alone blu, dunque? Non vedevi gli oggetti nella stanza attraverso la sua figura?"

"Era reale tanto quanto lo sei tu, ma quel che ha fatto dev'essergli costata tanta energia."
Per notare la sua cicatrice, doveva essergli stato molto vicino: si scoprì profondamente invidiosa ma allo stesso tempo furiosa per quanto accaduto.
"Sì, me l'aveva detto che già da tempo stava provando ad assumere una forma meno eterea, ma non pensavo che l'avrebbe fatto con te per primo. Insomma, è come se Dio, anziché manifestarsi al suo più fedele seguace, lo avesse fatto con il più incallito degli atei. Questa è cattiveria, monsieur." aggiunse, in direzione di Degél, che sicuramente era in ascolto, da qualche parte. "Beh, a quanto pare abbiamo qualcosa di cui parlare, quando avrete il coraggio di farvi rivedere."

"Credo che sia successo perché aveva necessità di dirmi qualcosa mentre io avevo bisogno di ascoltare ciò che aveva da dirmi."
E che cosa aveva avuto bisogno di ascoltare, di sapere? Quali conferme voleva?
"Sarebbe a dire?" gli domandò.

"Mi ha parlato di Seraphina, per questo quel diario è qui: lui stesso ha detto di portartelo come prova, conosceva la tua reazione."
"Continua." lo esortò, posando sul tavolo l'oggetto in questione.

Aveva i brividi nel ripensare allo sguardo di Degél fisso sul ritratto di Seraphina, alla dolcezza nei suoi occhi, alla delicatezza con la quale aveva sfiorato l'adorato volto con le dita,
In quel sorriso c'era tutto il mio mondo, gli aveva detto a un certo punto, non amo che lei.

"Non aveva molto tempo, perciò ha parlato in modo piuttosto conciso. Ma il discorso verteva su Seraphina, sull'amore che prova per lei, su quel legame che non si è spezzato neanche dopo la loro morte. Sull'anima della sua donna che è chissà dove, schiacciata da quella di Poseidone..."

"Seraphina non è soltanto la sua donna, la sua più cara amica e il suo grande amore, è la sua questione in sospeso." lo corresse Mei. "Tutti coloro che direttamente o no hanno avuto a che fare col Santuario o con Athena, ne hanno una: io, Shiryu e nostro fratello mai nato siamo la questione in sospeso dei nostri genitori, non ci hanno visto crescere, laurearci e sposarci, non hanno conosciuto i nostri figli. Per Natassia, è Hyoga. L'ha salvato, si è battuta fino alla fine per suo figlio, ma non ha potuto prendersene cura e non conoscerà mai la gioia di sentirsi chiamare nonna. Kardia è nato con una patologia cardiaca che oggi è del tutto curabile e anche se non fosse morto durante la precedente guerra sacra, non avrebbe potuto comunque raggiungere la mezza età, figurarsi la vecchiaia... e via dicendo, potrei stare ore a parlarne. Seraphina è la questione di Degél e finché non la risolverà –e la vedo difficile- lui è bloccato in un limbo: non appartiene più al mondo dei vivi, ma neanche a quello dei defunti. È costretto a guardare le vite degli altri –e cosa peggiore, a dar retta a me- quando non ha potuto vivere la sua nel modo in cui avrebbe desiderato. Aveva ragione il maestro Dohko quando diceva che al mondo esistono cose peggiori della morte. Vorrei poter fare qualcosa per lui, riuscire a dar loro una seconda possibilità, risolvere la sua questione in sospeso, ma non so come. Ti ha parlato di Seraphina per farti capire che è lei la donna che ha amato e che amerà fino alla fine del Tempo... e in tutto questo, mi chiedo... era proprio necessario? Dovevi per forza scomodare uno spirito per avere la conferma che certi giuramenti li prendo seriamente? Io amo solo te."
"Ero geloso, d'accordo? Lo ammetto. Tu parli con lui, lo vedi di continuo, a lui dici cose che non dici a me."
"Perché ci sono cose che lui comprende e tu no. Perché lui fa parte di ciò che ai tuoi occhi mi dipinge come pazza."
"No, ti ho detto che gli spiriti e questo vostro modo di credere non fanno per me, ma io ti sostengo!"

"Davvero? È un modo insolito, il tuo. E ti avverto: ci vorrà ben altro che qualche biscotto per farti perdonare."
"Tutto quello che vuoi." sorrise Camus.
Impiegò qualche istante prima di rispondergli, incerta se parlarne o meno.
"Forse una cosa ci sarebbe. La moglie del tuo collega, quel bretone che mi sta antipatico, ehm... Gìrard... lavora sempre in Prefettura, sì?"

"Renard. Sì, perché? I tuoi documenti sono tutti in regola, non hai niente di cui preoccuparti."
Mei si schiarì la voce prima di aggiungere il dettaglio più importante.
"È per Shiryu."
"Ah." il sorriso di Camus si spense nel giro di pochi istanti, mentre inarcava un sopracciglio con malcelato disappunto.

"Poco fa hai detto tutto quello che voglio, se non sbaglio."
"Sì." proseguì Camus, atono.
"Allora mi servirebbe una sorta di elenco di documenti e cose da fare per un eventuale trasferimento qui in Francia."
"Tuo fratello vuole trasferirsi qui?"
"Non proprio, non ne ha nemmeno parlato. In Francia o in un qualunque altro paese europeo, purché lascino la Cina. Lui e Shunrei stanno uscendo da una situazione particolare e se quella situazione dovesse ripetersi, potrebbero trovarsi in guai molto seri. Ti ricordi, vero, che dalle mie parti c'è una legge che impone alle donne di abortire in caso di una seconda gravidanza? Ti rendi conto che se per me è già difficile accettare una barbarie di questo genere sulle mie connazionali, diventa inaccettabile pensare a mia cognata obbligata a disfarsi di mio nipote?"
Camus decise di andarci molto cauto.
"È una legge destinata a cadere, che io sappia è sulla strada verso l'abrogazione."
"È ancora valida." insisté Mei. "Non posso permettere che una cosa di questa portata accada alla mia famiglia, quindi farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarli, che sia con o senza il tuo aiuto. Solo che senza ci metterò molto di più."
"Farò quel che posso." rispose Camus.
"Farai del tuo meglio." obiettò Mei, risoluta. "Perché se hai garantito per far entrare al Santuario una principessa asgardiana, prendendoti responsabilità enormi per affetto verso il tuo allievo, puoi anche cercare ogni minimo cavillo valido per far espatriare mio fratello, e lo farai per amor mio. Il che significa anche aiutarmi a cercare una casa..."

Camus prese il cellulare dalla tasca con un gesto teatrale.
"Aspetta che prendo nota: documenti, una casa... la scuola... e magari un lavoro, altrimenti di cosa vivono, d'aria?"

Mei proruppe in un largo sorriso, riprendendo in mano il rammendo.
"Sei adorabile quando cerchi di fare il sarcastico. Ma hai ragione, ti sto caricando di troppe responsabilità... Yian-Mei è ancora piccina per andare a scuola, e dopotutto il resto non è una priorità: abbiamo spazio a sufficienza e due stanze per gli ospiti, la casa può aspettare." ribatté. "Uh, guarda! È tornata come nuova!"

Si schiarì nervosamente la voce, incrociando le braccia sul petto.
"Okay. Vedrò cosa riesco a trovare a Lille, o Valenciennes..."
"Nanterre, Saint-Denis o Montreuil." lo corresse. "So che per te è troppo vicino, ma ti faccio notare che io sono costretta a vivere a stretto contatto con il tuo allievo che vive dall'altra parte del pianerottolo e che spesso e volentieri –per non dire sempre - mi sta tra i piedi anche quando vorrei stare da sola con la mia famiglia dopo una dura giornata di lavoro."
"Non ho neanche aperto bocca, mi pare, stai dicendo tutto tu."
"La tua faccia parlava già da sola."
"Comunque Hyoga traslocherà a breve."
"Sì, al piano inferiore. E per la cronaca, mio fratello non si sognerebbe mai di venire ad abitare con noi o accanto a noi, dal momento che l'antipatia che provi per lui è reciproca, e uso il termine antipatia tanto per usare l'eufemismo del secolo." sbottò Mei, raccogliendo le sue cose e avvertendo improvvisamente addosso tutta la stanchezza accumulata durante il giorno. "Anzi, fai finta che non ti abbia chiesto niente. Ce la caveremo da soli come abbiamo sempre fatto."

Camus si lasciò andare contro lo schienale.
"Miei Dèi, non iniziare col melodramma!"

L'arrivo di Hyoga interruppe la sua risposta sul nascere.
"...ecco, appunto, come volevasi dimostrare."

"Vi ho interrotto, scusate."
"Oh, sai dove puoi infilartele le tue scuse?" sbottò Mei, con malagrazia.

"Ne parleremo più tardi." propose Camus.
"No. Non ne parleremo più, discorso chiuso." concluse, diretta in casa. "Comunque, quando è stato il momento di fare una scelta, la mia è stata chiara fin dal principio."
 
"Mei? Tutto bene?"
"Perdonate l'ora tarda, Maestro. Shiryu è in casa?"

"Certo, entra. È in salone." si scostò Dohko, facendola entrare. "È successo qualcosa?"
Mei sospirò, stanca.
"È successo che ho quattro figli, un marito testardo come un mulo e sono stanca. Credo sia abbastanza esaustiva come risposta, che dite?"

Dohko le sorrise, accarezzandole una guancia.
"Porta pazienza con Camus, è un uomo, noi uomini siamo tutti un po' così."
"Già." mormorò. "Ma anche la pazienza è destinata a terminare. Con permesso, Maestro."
 
"Shiryu...?" Mei si fermò sulla porta del salone della settima casa, quando si accorse che il fratello non era da solo: muniti dei loro rispettivi joystick, Seiya, Shun e Ikki erano impegnati con un videogioco. "Ah, scusa, vedo che non sei da solo. Buonasera, ragazzi. O dovrei dire buonanotte, data l'ora."
"Ciao, Mei."
"Hai un momento per me?"

Shiryu mise in pausa il gioco, alzandosi poi dal divano.
"Non provateci neanche a barare, conosco i punteggi." sogghignò, prima di seguire la sorella in corridoio. "Tutto bene? È successo qualcosa?"
Lo abbracciò, senza profferire parola.
"...tesoro, tutto bene?!"
"Grazie... grazie per non essere morto."

Shiryu corrugò la fronte, ricambiando l'abbraccio.
"Non c'è di che." le rispose, continuando a non capire il motivo di quella strana affermazione. "Mi devo preoccupare?"

"No, ma tu pensa a quel che ti ho detto. Non ti volevo disturbare, torna dai tuoi amici... io credo che andrò a dormire perché sono davvero stanca."

*

 
Si girò nel letto per l'ennesima volta, incapace di prendere sonno: un paradosso bello e buono, data la stanchezza. A quanto pareva, non era la sola.
"Quindi Shunrei ha...?"
Mei guardò l'ora: le tre del mattino. Sbuffò, prima di rispondergli.
"No, almeno così mi ha risposto Shiryu. Ma conoscendolo so che davvero non è successo niente di irreparabile."

Camus sospirò.
"Mi piacerebbe parlarti senza dover fissare la tua nuca."
Mei affondò il volto nel cuscino.
"Sono le tre del mattino, dormi!"
"D'accordo..."
Lo sentì alzarsi e fare il giro del letto, per poi scostare le lenzuola e infilarsi nella sua parte, costringendola a spostarsi verso il centro.

"... sei soddisfatto adesso? Dai, Cam... non ho voglia di fare conversazione, sono stanca e arrabbiata."
"Se non vuoi rispondermi va bene, in cambio però vorrei che mi ascoltassi."
Doveva ascoltare il suo monologo, in poche parole.
"Ti ascolto."
"Mi dispiace per oggi. Divento irritabile quando c'è tuo fratello di mezzo."
"Ma dai, non l'avevo notato." replicò Mei. "Nonostante tutti i nostri trascorsi, è comunque mio fratello, della mia famiglia d'origine non ho che lui. Non posso voltarmi dall'altra parte e continuare a vivere come se niente fosse."
"Lo so e mi stupirei del contrario. Mi dispiace davvero averti fatto arrabbiare, sono stato sgradevole." le rispose. Corrugò la fronte, nell'udire il suo respiro regolare. "...Mei?"
"Ho sentito, e a me spiace aver reagito così. Ma mi tocca dirti che su Hyoga, però, non intendo ritrattare: sono stata brusca, ma ci sono delle volte nelle quali, dopo ore di lavoro, la sola cosa che vorrei è trascorrere del tempo da sola con te e i bambini. Insomma, capisco tutto, anche io ho un enorme debito di riconoscenza nei confronti di Dohko, ma non vado sempre alla settima casa a disturbare, che diamine."

"Ero convinto che voi due andavate d'accordo."
"Per un periodo siamo andati d'accordo, infatti, ma è passato. Le cose cambiano, Camus, ci piaccia o no: mi dispiace per te, perché ci stai male, ma non si può sempre tornare sui propri passi come se non fosse successo niente. Dopotutto aveva anche ragione, da estranea ho frugato nelle sue cartelle cliniche e ti ho avvertito perché sapevo che eri preoccupato, è solo per te che l'ho fatto, su questo ci aveva preso. A parte la cortesia che si deve a un estraneo, a lui non devo più niente."  

Camus si trovò a ripensare alle ultime parole che Mei aveva pronunciato prima di rientrare in casa, quella sera, le stesse che l'avevano tenuto sveglio.
"Siete tutti importanti per me. Tu e i bambini siete al di sopra di chiunque altro, ma tengo moltissimo anche a Milo, e a Hyoga. E a Isaak. Siete tutti pezzi di me, e io non posso..."
Lo interruppe, comprendendo fin troppo bene dove volesse andare a parare.

"Non dire niente, non ce n'è bisogno. Non avrei nemmeno dovuto dirti quella cosa."
   
**
 
Mei scese di nuovo alla settima casa, per parlare con Dohko e Shunrei riguardo ai figli, che durante il viaggio negli USA avrebbe lasciato loro.
"Suggerisco l'aiuto di Fedra, se sei d'accordo. Di quando in quando verrà qui a dar loro una mano, dal momento che con Lixue e i gemelli, in questa casa ci saranno ben cinque bambini al di sotto dei dieci anni e non è un compito facile per nessuno. Ricordo ancora quando al Santuario tutti i gold saints erano bambini: un delirio." commentò Shion.
"Sarà solo per pochi giorni, Maestro, ma se la cosa vi reca disturbo..." mormorò Mei, in direzione di Dohko.
Shion le sorrise benevolo.
"Non stavo proponendo l'aiuto di Fedra per questo motivo. Vai e goditi questi giorni tranquilli prima di tornare nell'arena."

"Sì Mei, vai tranquilla: sai che mi piacciono i bambini." interloquì Dohko.
"Vi ringrazio moltissimo." annuì Mei, inchinandosi appena in direzione dei due uomini. "Ho solo una richiesta, e pretendo che sia rispettata: Cora. Deve stare lontana dai miei bambini."
Shion corrugò la fronte, tuttavia non si espresse a sfavore di Mei.

"Se è questo che vuoi, personalmente non ho alcun problema. Ordinerò a Fedra di ricollocarla altrove... al gineceo, magari." le rispose.
"Così da trasformarla in una vittima di Medusa? No, grazie. Voglio solo che stia lontana dai miei figli. E da Camus, ma questo è già un altro discorso."

"Sei gelosa?" domandò Dohko, ottenendo in risposta uno sguardo piuttosto eloquente. "Ah."
"Posso sopportare le frecciatine che lei e le sue comari lanciano alle mie spalle, porto con onore il soprannome che mi hanno affibbiato, ma se dovessi scoprire che si è avvicinata ai miei figli, da Medusa potrei diventare Megera. Bene, signori. Torno all'undicesima." rivolse loro il saluto taoista, prima di uscire.

"Non ero a conoscenza di questo problema, da quanto va avanti?" domandò Shion, in direzione dell'amico.
"Dalla notte dei tempi, Shion. Abbiamo tutti un soprannome qui dentro... l'unico a non saperlo sei tu." ribatté Dohko.

"Quindi anche io ne ho uno."
"Sì."
"E sarebbe?"
Dohko ridacchiò.
"Non te lo dirò mai."

Approfittando dei giorni di ferie prima del loro viaggio, Mei si mise al lavoro per ottenere quante più informazioni potesse per aiutare il fratello. Certo, non era assolutamente sicura che Shiryu volesse trasferirsi, e a maggior ragione che scegliesse proprio la Francia, ma si trovò a sperare con tutta sé stessa per un'eventualità di quel genere.
Camus la notò più volte sia impegnata al pc, soprattutto chiusa in biblioteca alla ricerca di tranquillità, sia al telefono con qualcuno, mentre prendeva appunti.

"È necessario conoscere la lingua: studiate il francese, prova all'Institut Français o chiedi in Ambasciata, di solito organizzano dei corsi; non sottovalutare il fattore lingua, su sono piuttosto mal disposti verso gli stranieri che non capiscono una parola di francese.
Sto ancora cercando di capire che tipo di permesso di soggiorno è quello più adatto a voi, ma conto di andare in Prefettura a chiedere informazioni il prima possibile.
Per i primi tempi verrete a stare da me. NIENTE STORIE, non voglio sentire ragioni: ti serve un domicilio per poter aprire un conto corrente e di conseguenza poter prendere casa. A questo proposito sto iniziando a guardare qualcosa nelle città appena fuori Parigi. Chiederò al mio capo se può assumerti e quando casa e lavoro saranno a posto, chiederemo il ricongiungimento familiare."

"Perché frughi nelle mie cose?"
Alzò lo sguardo su Mei, ferma sulla porta dello studio in accappatoio con fare contrariato.
"Avevo bisogno del computer per stampare due mail e ho notato i tuoi appunti." le spiegò. "Qualche appunto è esatto ma hai sottovalutato diversi aspetti, e se sei disposta ad ascoltarmi e non fare di testa tua come il solito, forse, sarai in grado di aiutare al meglio tuo fratello."
"Dimmi."
"Il discorso primario è uno soltanto: il lavoro. Non puoi dirgli di venire in Europa se prima non ha un posto sicuro col quale guadagnare, è una follia. Punto secondo, secondo mio modesto parere sarebbe più opportuno per i primi tempi che lui da solo venga in Francia o dove vuole, inizi a ingranare col lavoro e solo in seguito chiedere il ricongiungimento familiare. Punto terzo, se dovesse optare per l'acquisto di una casa, dovrà chiedere un mutuo: difficilmente una famiglia monoreddito ne ottiene uno, a meno che non sia anche Shunrei a lavorare. Non ci avevi pensato?" il sospiro che esalò Mei gli confermò che no, sull'onda dell'entusiasmo, aveva del tutto ignorato certi aspetti. "No, direi proprio di no."
"Pensavo a come portarli via da lì nel più breve tempo possibile..."

"Capisco, ma un trasferimento non è una cosa da prendere alla leggera, qui si tratta di cambiare vita, cambiare lavoro, casa, tutto. Eppure ci sei passata anche tu, non molto tempo fa..."
"Con la differenza che io ho avuto un valido aiuto nel mio trasferimento..."
"Vogliamo riprendere quel discorso? Ancora? Te l'ho offerto, il mio aiuto."
"No, tu mi hai presa in giro."
"E ti ho chiesto scusa. Ad ogni modo, che titoli di studio hanno?"
"Shiryu sta per laurearsi in filosofia, Shunrei sta studiando per diventare infermiera."
"E come al solito mi tocca dire che tua cognata è stata più lungimirante di tuo fratello." osservò Camus. "Quantomeno è stato coerente con l'immagine che ha sempre dato di sé. E sai che ho ragione."

"Con una magistrale potrebbe lavorare nelle risorse umane, o in un'azienda. Poi comunque una laurea in filosofia non è inutile, sai. Bruce Lee era laureato in filosofia ad esempio. O Umberto Eco. Molti amministratori delegati di importanti industrie sono filosofi."
"Una laurea non è mai inutile, non l'ho mai detto né pensato." ribatté Camus. "Le mail che aspettavo erano del mio collega, sua moglie ha stilato l'elenco dei documenti necessari: ora sta a Shiryu decidere."
 
***
 
Lady Aquaria's corner
-La canzone del titolo fa riferimento alla canzone di Sergio Endrigo.
-Il discorso tra Mei e Shiryu riguarda la politica del figlio unico che, in Cina, è stata in vigore dal 1979 al 2013 circa. Tale politica prevedeva un certosino controllo delle nascite e l'assoluto divieto per le donne di avere più figli; ufficialmente è stata abolita, ma ufficiosamente c'è chi dice che in verità non è mai stata abbandonata sul serio.
Le parole dei due possono suonare melodrammatiche, ma molti autori cinesi hanno portato alla luce il problema nei loro scritti, narrando di aborti forzati, pestaggi e spesso sterilizzazioni dei trasgressori nonché di veri e propri omicidi ai danni di bambini appena nati. Uno degli ultimi casi resi noti di aborto forzato risale al 2012, sette anni fa, ed è atroce pensare come una simile violazione dei diritti umani sia stata resa possibile.
Al di là di questo, i trasgressori potevano anche tenere il bambino, ma a fronte del pagamento di una tassa (quella che accenna Mei) così onerosa da risultare spesso impossibile da pagare per un comune cinese. È quantomeno ovvio che l'esistenza stessa di Shiryu, nella mia storia, è subordinata al pagamento della tassa in questione: ecco perché Mei lo "ringrazia" di essere vivo (sia per la tassa, che per la morte in culla della cognata).

-Il viaggio cui si riferisce Milo, l'avevo accennato in un precedente capitolo, riguardo l'addio al celibato di Camus gentilmente offerto da Milo stesso.
-La SIDS è la sindrome della morte in culla.
-Il Livret de famille è una sorta di libriccino raccoglitore rilasciato a una coppia di neosposi in occasione del matrimonio o a una coppia non sposata quando nasce il loro primo figlio, e contiene gli estratti dei documenti più importanti che riguardano, appunto, la famiglia: atti di nascita e morte, documenti relativi al matrimonio o al divorzio, atti di nascita dei figli ecc ecc.

Come sempre grazie a chi ancora segue: giuro, non manca molto alla fine.
 
Lady Aquaria
 
 
   
 
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