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Autore: _Cthylla_    28/09/2019    0 recensioni
Ovvero: come NON comportarsi in caso di contatto alieno, per quanto si possa aver ragione.
||Come si evince dal titolo, il contesto di questa storia è Transformers Armada. Lo inserirò correttamente qualora il giusto contesto diventi disponibile.||
''Lincoln è l' esempio di una tipica cittadina americana costruita a poca distanza da una montagna, ottimo posto per condurre una vita tranquilla e occuparsi di Billy, il cugino tredicenne che vive in casa con me da circa un anno.''
Questo è il pensiero di Rain O'Connell, donna neppure trentenne dal carattere piuttosto duro nonostante la vita agiata.
Cosa succederà quando scoprirà che a poca distanza da Lincoln vivono dei robot giganti alieni che, per trovare i cosiddetti ''Minicon'', hanno esportato la propria guerra sul pianeta Terra? Riuscirà a far sì che lei e Billy non vengano coinvolti o il suo piccolo mondo fatto di candele e sottobicchieri finirà per intrecciarsi con quello dei Transformers?
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Autobot, Decepticon, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers Animated
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5

PIOGGIA NEL VILLAGGIO FANTASMA
(PARTE 1)







«Si crede chissà chi solo e soltanto perché ha i soldi e il barista le fa i cuoricini sul latte macchiato, ma in realtà se la tira sul niente, e quando dico “sul niente” significa proprio “sul niente”! A poco servono i cuoricini sul latte macchiato se poi non sei in grado di essere gentile con le persone nemmeno sotto tortura e no, quella lì non è gentile, nemmeno un po’, è arrogante, antipatica e soprattutto è spocchiosa, spocchiosa e spocchiosa! Solo perché è probabilmente è cresciuta con la servitù non significa che siamo tutti suoi schiavi, ok?! “Gne gne gne non tediarmi oltre gne gne gne”, ma chi si crede di essere?!»

Rad, affiancando Alexis sul sentiero sterrato che stavano percorrendo in mezzo a un boschetto, alzò gli occhi al cielo. Per quanta stima avesse di lei -e ne aveva tanta- cominciava a essere stufo di sentirla inveire contro la cugina di Billy. «Qualcuno che voleva bere il latte macchiato e non aveva voglia di chiacchiere immag-»

«Le dai anche ragione?!» sbottò Alexis «Guarda che io mi sono messa a indagare per il bene dei nostri amici, che poi è quel che avreste dovuto fare anche tu e Carlos, invece no, sono la sola che pensa alle cose pratiche… e non vengo nemmeno apprezzata!»

«Pensare alle cose pratiche non è che abbia fatto granché stavolta, se non far arrabbiare te e far dolere le orecchie a noi. Billy e la cugina se ne vanno, tanta voglia di mettersi in mezzo non ce l’hanno, dove sta il problema?» sospirò Carlos.

«Il problema sta nel fatto che se pensasse che i Transformers sono pericolosi potrebbe parlarne con qualcuno e metterli nei guai, ecco dove» ribatté la ragazzina «Ha chi potrebbe crederle e fare loro del male!»

«Allora diciamole che gli Autorobot sono i buoni e che i Decepticon sono i cattivi, così almeno fa fare del male solo a loro e noi siamo a posto!»  esclamò Carlos.

«Come se a una tipa del genere potesse interessare qualcosa dei buoni e dei cattivi, li farebbe colpire tutti a prescindere già solo perché non sono di questo pianeta» ribatté Alexis, azzeccandoci in pieno.

«Lei e Billy comunque se ne vanno oggi, non possiamo fare molto se non sperare che non capiti nulla» disse Rad.

Speranza vana quella di Rad, infranta dal rumore delle pale di un elicottero che ormai avevano imparato a conoscere bene.

«Beeeene! Cosa abbiamo qui?!»

Quello che stava volando sopra di loro era Cyclonus, considerato anche dagli Autorobot il più casinista e svitato dei Decepticon.

«Via! Dividiamoci!» esclamò Rad.

Non sapevano cosa volesse, ma il fatto che fosse un Decepticon e li avesse riconosciuti era una ragione validissima per darsela a gambe, sperando di riuscire a depistarlo… e lasciando che, imprevedibilmente, fossero altri a pagarne il prezzo.

Anche se non potevano saperlo.




***Parco poco distante dal boschetto***




«Altri due minuti?...»

«Mi sembra che tu abbia salutato il tuo amico più che abbastanza, Billy, quindi non farmi perdere altro tempo».

Per fortuna quelli che indossava Rain erano tacchi da giorno, dunque un po’più spessi e più bassi, altrimenti avrebbe avuto qualche difficoltà a camminare sul prato. Era stata costretta a scendere dall’auto dopo aver notato che il clacson non funzionava -“Devo farla rottamare, questa macchina…”- e che il suo nuovo cellulare era come impazzito.
“X Gon’Give It To Ya” era la sua suoneria, ok, però il dispositivo aveva iniziato a riprodurla senza un motivo apparente, perché nessuno la stava chiamando. Era stata costretta a togliere la batteria e metterlo, assieme alle chiavi dell’auto, nella borsetta che aveva addosso, perché neppure spegnerlo aveva funzionato: si era riacceso e aveva continuato a riprodurre la canzone.
L’ennesima stramberia di una serie che non le stava piacendo affatto e che sicuramente non contribuiva a migliorare una giornata resa già pessima dalla cerimonia a cui lei e Billy avrebbero dovuto partecipare a breve.

«Va bene» si arrese Billy «Ci… ci vediamo, Fred, vedrò di scriver- Fred? Mi stai ascoltando sì o no?!»

In verità no, non lo stava ascoltando: aveva smesso di farlo da quando Rain era arrivata.
La sensazione che provava Fred nel vedere la cugina di Billy con quel vestito lungo di seta verde, con una gonna dall’aria leggera e morbida, era molto strana e molto bella allo stesso tempo.
Era strana perché si sentiva ancor più scemo di quanto si sentisse di solito -e percepiva anche il proprio volto andare a fuoco- e bella perché, guardando quella donna, avvertiva dentro di sé la nascita di una forza assurda con la quale era convinto di poter fare qualunque cosa, qualunque!

«Io lo so che sono un minorenne non imparentato con te e per questa ragione mi sopporti a stento, ma sappi che per te andrò in palestra, diventerò forte come Hulk, farò tornare gli alieni da dove sono venuti e quando diventerò maggiorenne ti chiederò di sposarmi».

«Ma sei diventato scemo o cosa?!» inveì Billy, tirando una serie infinita di schiaffi in testa all’amico.

«Non è colpa mia se ho capito di amarla come amo gli spaghetti con le polpette di mia nonna! O come il tacchino arrosto del Ringraziamento! O come la angel cake della mia prozia Annette!» protestò Fred, tentando inutilmente di proteggersi «Non puoi sconfiggere l’amore!»

“Questa giornata peggiora ogni minuto di più” pensò Rain, evitando di rispondere per non dover infierire su un povero ragazzino che era già in terapia. «Billy. Macchina. Ora».

Il rumore dell’elicottero che avevano sentito volare a poca distanza da lì -al quale però fino a quel momento non avevano fatto granché caso- divenne molto più forte, e pochi secondi dopo lo videro svolazzare rasoterra a neppure un centinaio di metri da loro.

“Quelle pesti organiche mi hanno seminato ma non importa, anche questi tre vanno bene” pensò Cyclonus, osservando le nuove prede “Gli Autorobot tanto sono abbastanza idioti da dare via i Minicon anche per tre umani a caso, ahahah”.

«Uuuh… che bell’elicottero» disse Fred, osservandolo con ammirazione.

«Già, è bellissim-EHI!» esclamò Billy, ritrovandosi improvvisamente un polso stretto in una morsa assassina e a correre via, trascinato da Rain «Che stai facendo?!»

«GLI ELICOTTERI NON HANNO LE MANI, GOBSHITE!» gridò Rain.

Il ragazzino impallidì, finendo quasi a inciampare nei propri piedi. «Tu pensi che sia-»

«Zitto e corri, Billy!»

Sentirono rumore di movimenti metallici, poi Fred urlò.

«AAAH! AIUTATEMIIII!»

«Fred!» esclamò Billy, cercando di fermarsi e tornare indietro «Non possiamo lasciarlo, Rain, ferma-»

«Il tuo amico è un morto che cammina, fattene una ragione!» sbottò Rain «E se non ti muovi finiremo come lui!»

I rumori dell’elicottero però si stavano avvicinando a loro ogni secondo di più, perché ovviamente per quanto potessero essere veloci a correre -tacchi permettendo- non potevano competere con un velivolo; fu così che, nonostante fossero quasi arrivati all’auto, i due O’Connell si sentirono stringere in una salda presa dalla quale non avrebbero mai potuto liberarsi.

«Presi!» rise Cyclonus.

«NO! Loro non c’entrano, lasciali andare!» gridò Rad, sbucando fuori dal boschetto.

«Di’ agli Autorobot che se vogliono che restino in vita devono darmi i Minicon!» ribatté il Decepticon, tornando a salire rapidamente di quota «Spero che voi tre siate comodi, perché ci aspetta un bel viaggetto» disse poi, rivolto ai tre ostaggi.

«Lasciaci andareeeeee!» strillò Fred.

«Io potrei anche farlo… ma voi organici tendete a diventare frittatine quando cadete da altezze del genere, quindi non so quanto ti conviene. Se proprio ci tieni però ti accontento, tanto ho altri due ostaggi da portare a Megatron!»

Billy smise di divincolarsi. «Mega-chi?!»

«Io lo sapevo» borbottò Rain «Dovevo farle esplodere quando potevo, a queste orrende lattine schizzate fuori dall’ano rugginoso di non so quale fottutissima divinità rincoglionita e perversa con la mamma puttana a cui piaceva scoparsi i tubi di scappamento».

Non c’era proprio niente da ridere in quella situazione, eppure Billy si ritrovò a venire scosso da risate che cercava disperatamente di mantenere silenziose o mascherare con colpi di tosse, cosa che non era facile dal momento che Rain continuava imperterrita a borbottare e dare sfogo alla sua vena creativa.
Era difficile credere a quali profanazioni potevano uscire dalla bocca di quella donna che, a guardarla, sembrava tanto a modo. Quando poi si arrabbiava sul serio e iniziava con i “frastimus”, una sorta di maledizioni che aveva imparato da uno dei suoi ex -un sardo diceva- e li mischiava col gaelico sembrava quasi una strega.

«Breith i bpoll cúng ort! Ti si furriri sa domu crobetura a fundamentu e ti ‘ndi boghinti is parentis in pamentu!*»

Come in quel caso, per esempio: Billy aveva capito la prima parte in cui aveva augurato al rapitore di finire con l’essere ritrovato in una bara, la seconda in sardo però gli sfuggiva.  
«Se non altro abbiamo evitato il battesimo» disse, in un blando tentativo di farla smettere prima che iniziasse a usare un volume più alto.

Rain gli lanciò un’occhiataccia. «Quando avevo chiesto un rapimento alieno non facevo sul serio. È proprio vero che uno dovrebbe stare attento a ciò che desidera».

«In tutta la mia esistenza ho sentito di rado parole più azzeccate. Volevi il rapimento? Eccolo» rise Cyclonus «Dovrei farmi pagare il servizio!»

Rain, pensando alla salute del cugino, riuscì eroicamente a contenere lo strabiliante profluvio di insulti e maledizioni multilingue che lottava con forza per uscire dalla sua bocca, ma chissà come entrambi i ragazzini poterono avvertirne distintamente l’aura potentissima.

“Perché ho improvvisamente voglia di insultare la gente in irlandese, se io l’irlandese non lo conosco nemmeno?!” pensò Fred.

Da lì in avanti il viaggio proseguì in silenzio, concludendosi in una specie di villaggio fantasma in cui erano presenti altri due robot giganti in quella che era, presumibilmente, la loro forma base.

Due dei tre umani presenti avevano ne già visto un altro mentre era in forma non veicolare -Hot Shot, quando li aveva tirati giù dal pallone aerostatico su cui erano finiti- però era qualcosa cui erano ancora ben lungi dall’abituarsi, soprattutto perché questa volta sembravano avere pessime intenzioni.

«Questi non sono i tre umani che vanno in giro con gli Autorobot» fu la prima cosa che disse Demolisher «Si può sapere che hai combinato, Cyclonus?!»

«Gli altri sono riusciti a sfuggirmi ma questi andranno bene lo stesso, sai come sono fatti gli Autorobot» minimizzò l’elicottero «E comunque il ciclista mi ha visto portarli via. Non dovremo aspettare molto perché arrivino qui con i Minicon».

«Meglio per te che tu abbia ragione, altrimenti te la facciamo pagare» lo avvisò Starscream «Mettili là dentro» indicò un edificio di legno a poca distanza da loro «Muoviti».

Cyclonus obbedì, sollevando l’intero tetto e mettendo gli ostaggi a terra. «Fate i bravi, almeno potrete tenere le vostre teste attaccate al collo… per quel poco che servono, ahahahah!»

Quando il Decepticon ebbe rimesso il tetto al proprio posto, Billy e Fred iniziarono ad agitarsi più di prima.

«Perché ci hanno presi?! Cosa vogliono farci?! Voglio andare da mia mamma!» si disperò Fred.

«Zitto, così mi fai agitare più di quanto già sia!» sbottò Billy, mettendosi le mani nei capelli «Ora che facciamo?»

«Quando Cyclonus, che d’ora in poi sarà Bidone Parlante 1 o BP1 perché mi rifiuto di dare un nome proprio a un oggetto, ci ha presi, io ho tenuto stretta la borsa» disse Rain, armeggiando con la chiusura della suddetta «Quindi ho con me il cellulare e posso usarlo, sperando che abbia smesso di fare il matto».

Billy sollevò le sopracciglia, sorpreso. «Grande! Ma chi chiamiamo? Sinceramente non penso che la polizia ci crederebbe».

«Lo zio Howard però sì» ribatté la donna, avvicinandosi a una spessa fessura nelle travi di una parete di legno mentre sistemava la batteria «Riaccendo il telefono, gli mando un video di questi bidoni parlanti assieme alla nostra posizione ed ecco che in un quarto d’ora manderà qualcuno a salvare noi e occuparsi di loro».

«Sì! Salvaci zio Howard, chiunque tu sia!» implorò Fred.

Rain chiuse il retro del telefono. “Spero che questi bastardi possano provare dolore” pensò.


“First we gonna rock, then we gonna roll
Then we let it pop, go, let it go!
X gon' give it to ya, he gon' give it to ya
X gon' give it to ya, he gon' give it to ya!”



Niente da fare, il cellulare non collaborava. Non solo continuava a riprodurre la canzone ma non le permetteva di fare nessun’altra azione, e comunque non c’era campo.

«Ancora?! Va’ a vedere che il problema sono proprio queste sputacchiere aliene con le gambe e una qualche frequenza assurda che emettono. Maledizione… niente cavalleria, a quanto pare».

Rain sembrava tranquilla ma in realtà, da quando Cyclonus li aveva presi, aveva contato sugli aiuti esterni un po’più di quanto avrebbe dovuto.
Aiuti che invece non sarebbero potuti arrivare.
Se si fosse trattato solo di lei, se a essere rapita fosse stata solo lei, si sarebbe preoccupata già meno; peccato che non fosse così, perché con lei c’erano anche Billy e il suo amico -che per lei poco contava- dunque non poteva certo mettersi a ideare… boh, non sapeva nemmeno lei cosa.
Ragion per cui la tensione e il nervosismo dentro di lei, già a quel punto, aumentarono in maniera esponenziale.

«Quindi non possono venire a salvarci? Ecco!» Fred si accasciò a terra «Siamo finiti! Ci faranno chissà cosa senza che io sia riuscito a dimagrire e crescere e sposarti!»

Billy gli diede una pacca sulla nuca. «“Chissà cosa”? Cosa vuoi che ci facciano se non svuotarci il cervello, cretino?!»

“Mi auguro che quegli stolti di Autorobot arrivino presto, perché le chiacchiere di questi umani mi hanno già stufato”.

I tre terrestri non potevano saperlo, ma non erano soli in quel vecchio magazzino stipato di ciarpame di ogni genere.
Sotto il mucchio più grande infatti era nascosto Megatron, in attesa di catturare chiunque gli Autorobot avessero mandato lì dentro a salvare i tre umani pensando che i Decepticon presenti non si sarebbero accorti, troppo distratti dalla battaglia che sicuramente ci sarebbe stata.
Il lato positivo era quello di essere piuttosto sicuro di portare a compimento il piano, il lato negativo invece…

«Ma non possono! Il mio cervello mi serve!» protestò Fred.

«E il mio allora? Sono più intelligente di te!» ribatté Billy.

«Dubito che questi gabinetti metallici dalle funzioni intellettive alimentate a sterco abbiano bisogno dei nostri cervelli, se hanno la tecnologia per fare qui e là da un capo all’altro della galassia o del cosmo, quindi datevi una calmata».

Appunto.
Non sapeva dire se fosse peggio l’imbecillità completa dei due umani cretini o l’arroganza immotivata di quel sacco di carne di sesso femminile che in quel breve lasso di tempo aveva paragonato tutti i cybertroniani a bidoni, sputacchiere e gabinetti; seccante, da un essere che per lui era alla stregua di un animale.

«Da quel che ho capito ci hanno presi in modo da chiedere questi “Minicon” ai cosiddetti “Autorobot”, non vogliono svuotarci il cervello» continuò Rain «Immagino che noi tre siamo gente sfortunata finita in quest’assurdità perché quei barattoli di latta semoventi buoni solo per essere utilizzati dai vagabondi come orinatoi non sono rimasti a fare gli alieni a casa loro!»

«A casa loro in realtà saremmo noi gli alie-ehm, come non detto» si arrese Billy.

«Dobbiamo trovare il modo di uscire di qui e allontanarci abbastanza da poter chiamare aiuto. Se troviamo una porta qualunque o delle travi marce, e non penso sia difficile dato che questo posto sta su per magia, possiamo farcela» disse la donna «Facciamoci strada in questi mucchi di roba e diamo un’occhiata in gir… che c’è?» chiese a Billy, notando che la stava guardando in modo strano.

«Niente, niente!» si schermì questi «È tutto ok, adesso mi guardo in giro come hai det-»

«Oh…ti  si è rovinato il vestito» notò Fred, realmente contrito «C’è una macchia grossa come la mia testa. Mi sa che l’ha fatta il robot quando ci ha presi».

«Non dovevi dirglielo, deficiente!» lo aggredì Billy «Ti rendi conto di quello che hai fatto?!»

Sebbene Rain non avesse dei veri e propri disturbi a livello clinico era una persona estremamente ordinata e precisa, e se c’era qualcosa che odiava ancor più di quanto odiasse Icy Blue Spruce -e fino a quel momento forse anche più degli alieni invasori- erano le macchie sui vestiti. Aveva una tolleranza raso terra per quelle sugli abiti altrui e, per quanto riguardava quelle sui suoi, non dovevano esistere in genere: se per disgrazia ne trovava una era capace di infuriarsi di brutto. Si narrava che al liceo avesse tirato un diretto in faccia a una tizia che aveva macchiato di proposito la sua maglietta.
Era chiaro, dunque, che con tali premesse e il contesto attuale il rischio di vederla trasformarsi in Super Saiyan diventasse praticamente una certezza.

«C’è una macchia di olio» disse lentamente Rain, guardando la gonna «Una macchia di olio per motori o chissà quale altra schifezza aliena sul mio vestito. Che è di seta. Olio. Sulla seta».

“Rimane abbastanza tranquilla per un rapimento e fa tante scene per una macchia, è ridicolo” pensò Megatron “A quanto pare le femmine sono assurde indipendentemente dalla specie cui appart-”

«LOSCADH IS DÓ ORT!»

Le femmine erano assurde, ma a essere ancor più assurdo era il fatto di essere appena stato colpito con forza da un oggetto volante non meglio identificato, lanciatogli addosso dall’umana dopo aver sbraitato quella frase incomprensibile.

«GO MBRISE AN DIABHAL DO CHNÁMHA!»

Cosa che poi fece di nuovo.
Che quella svitata si fosse accorta della sua presenza lì sotto? In tal caso doveva avere un desiderio di morte molto potente.

«Ma che sta facendo?!» allibì Fred.

Billy, dopo un istante di immobilità, fece spallucce. «Immagino che si stia sfogando, mi sa che ne avrà per un po’. Quelli che ha detto comunque sono auguri di essere bruciato e ferito e di ritrovarsi con ossa fratturate dal diavolo».

“Averne per un po’?! Non se ne parla proprio” pensò Megatron, inviando un segnale al proprio Minicon “Leader One, intervieni!”

Si sentì un forte rumore e, subito dopo, un grosso bullone cadde dal soffitto. Rain per fortuna fu lesta a evitarlo, altrimenti l’avrebbe presa in pieno.

«Rain!» esclamò Billy, correndo verso di lei «Stai ben-»

«Questi cosi devono morire tutti» sentenziò Rain, guardando il soffitto.

Sulle travi c’era un alieno robot versione mignon, probabilmente nascosto lì fin dall’inizio.
Notando ciò entrambi i ragazzini si avvicinarono di più a Rain, in un naturale istinto che li portava a cercare protezione da un adulto, mentre l’alieno raggiungeva il terreno con assoluta noncuranza.

Non trovando al momento particolari punti deboli nella struttura del nemico, Rain fu costretta a indietreggiare. «Billy, stai dietro di me».

«Questo manda a monte i piani di fuga» bisbigliò il ragazzino «Se ci vogliamo provare dovremo distrarlo e cercare di atterrarlo in qualche modo».

“Altre opzioni non ne vedo in effetti, ma devo pensare a come fare. Più che altro però… perché questo coso è spuntato fuori solo adesso e non prima?” si chiese la donna “Avrò fatto un po’ di rumore ma dà meno problemi quello che lo studio di un piano di fuga”.

Tutti e tre sentirono dei rumori provenire dall’esterno. Sembrava che fosse arrivato qualcuno, forse quegli “Autorobot” di cui avevano parlato prima. Forse era un bene, perché magari li avrebbero salvati, o forse no perché a giudicare dai passi metallici sempre di altri alieni si trattava, ma sarebbero serviti quantomeno da distrazione per i rapitori all’esterno della loro prigione. Dover pensare a un solo robot mignon era meglio di dover pensare a quattro robot di cui tre giganti.

Fu a quel punto che i due O’Connell udirono il rumore di patatine masticate.
Ossia l’ultima cosa che si aspettassero in quel momento.

«Mi sono rimaste un po’di patatine» disse Fred, tutto contento, per poi rivolgersi al robot «Aaah… vuoi assaggiarne una?»

«Ma che-» avviò a dire Billy, interrotto dalla cugina.

«Non una parola».

Il robot sembrava curiosamente interessato e distratto dalle patatine di Fred, il quale pareva averle tirate fuori apposta nel tentativo di seguire il piano di Billy. Forse se l’alieno si fosse rilassato maggiormente avrebbero potuto sfruttare quel momento per fare qualcosa.
Allo stesso tempo però Rain riteneva fortemente improbabile che potesse cascare davvero in un tranello del genere.

“Dovrebbe avere l’intelligenza di un frullatore rotto, suvvia”.

Il robot, dopo una brevissima esitazione, tese una mano per farsi dare le patatine e iniziò ad avanzare.

“Va bene. Non so se per gli altri come lui valga lo stesso discorso ma questo qui ha effettivamente l’intelligenza di un frullatore rotto” concluse Rain “Ora se solo trovassi una giuntura a cui poter-”

«AAAH! Giù le mani dalle mie patatine!» gridò Fred, avventandosi decisamente troppo presto su Leader One e facendolo cadere a terra.

«Saltiamogli addosso!» esclamò Billy, salvo venire prontamente bloccato.

«Tu trova una corda in questo ciarpame, se mai!»

Billy stava per eseguire l’ordine ma dal petto del Minicon partì un raggio laser abbastanza potente da bucare il tetto, ed era già tanto che non avesse sfondato direttamente la testa di Fred, il quale lasciò immediatamente la presa e indietreggiò come ad aver visto il diavolo.

Fuori dall’edificio i rumori aumentarono, sembrava essersi scatenata una battaglia ma, ancora una volta, a nessuno dei tre importava: al momento avevano occhi solo per il robot che si stava rialzando e che, anche senza veri e propri tratti facciali, dava l’idea di essersi piuttosto arrabbiato.

«M-ma guarda che io stavo solo scherzando eh!» balbettò Fred.

«Gli sei saltato addosso troppo presto, adesso quello ci ammazza!» strillò Billy.

Parole che divennero ancor più veritiere quando videro una piccola placca del petto del robot scorrere di lato per iniziare a caricare un colpo laser che di certo sarebbe stato più potente del precedente.

“Devo fermarlo perché purtroppo questi tre mi servono vivi” pensò Megatron “In caso contrario però giuro che-”

Non concluse mai quel pensiero, perché esso venne spezzato dal rumore di uno sparo d’arma da fuoco, seguito dal clangore metallico di un’esplosione e, infine, istanti di totale e pesantissimo silenzio.
Un silenzio che in parte si impadronì anche del suo cervello.
Era successo qualcosa che non sarebbe dovuto mai succedere.

«M-ma che- ma da dove salta fuori la pistola?!»

«RAIN! LO HAI UCCISO!»

Non era previsto.
Leader One non era morto, però era gravemente danneggiato. Sentiva ancora il suo segnale, seppur debolissimo, e lo stava anche sentendo chiedere flebilmente aiuto nella propria lingua.

“Leader One?...”

Non doveva andare così.
Gli umani erano solo esseri dall’intelligenza inferiore, troppo delicati per costituire una minaccia definibile anche solo lieve. Lo aveva capito guardando i tre che stavano insieme agli Autorobot, aveva visto benissimo che rispetto a loro erano creature piccole e indifese, senza eccezione e in ogni caso.
Forse aveva commesso un errore di valutazione.

Con in mano la Glock 19 ancora fumante, rimasta fino a quel momento nella fondina nascosta sotto la morbida gonna del vestito, Rain si avvicinò all’alieno cui aveva appena sparato dritto nel petto quando aveva visto la placca scorrere abbastanza da lasciare quel punto scoperto.

«Per ucciderlo avrebbe dovuto essere vivo, Billy. Sparare a questi aborti metallici è come sparare a un frullatore, con la differenza che i frullatori non rapiscono le persone» disse la donna, con totale freddezza «Ed emette ancora quei suoi versi inconsulti, dunque oserei dire che sia “vivo”. Rimedio subito…»




* “possano ritrovarti in una tomba, che ti si rivolti la casa dal tetto alle fondamenta e che i parenti ti portino via senza bara”.

 

   
 
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