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Autore: Fede883    29/09/2019    3 recensioni
Testo autobiografico...Il periodo delle scuole superiori per me è stato fondamentale, venivo da 3 anni orrendi alle scuole medie di Anzola Dell’Emilia dove ho subito bullismo e umiliazioni di vario tipo. Poi finito questo calvario trovai sulla mia strada il Liceo Sabin. In poco tempo da scuola era diventata la mia seconda casa, il mio piccolo mondo dove le giornate trascorrevano tra appunti, lezioni, risate, abbracci e tanti sorrisi amici. Questa storia di uno degli ultimi giorni di scuola in quinta dove la consapevolezza che tutto sarebbe finito mi face stare abbastanza male, ma si sa lo show deve andare avanti. Un racconto autobiografico che spero possiate apprezzare.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ quasi fine maggio, piove, sembra quasi una giornata di stampo londinese, mancano solo gli autobus a due piani. Sono seduto sulle panchine termosifoni del corridoio della scuola, le panchine scomode come sedersi su un puntale di un grattacielo, quando ti alzavi camminavi come uno dei senti nani ma con il culo che ti andava a fuoco che era un piacere. Osservo fuori dalla finestra il grigio che opprime Bologna, sembra quasi che il meteo certe volte capisca i nostri sentimenti e di conseguenza crea la giusta atmosfera. Vedo un signore che litiga con l’ombrello, sta cercando di aprirlo mentre il cane che tiene al guinzaglio gli gira attorno come un pazzo. Se non vedo male è un labrador retriver o forse un golden. Ma... chi lo sa? osservo fuori in modo spaventato tra meno di una settimana avrò il famoso esame di maturità.

Mi spaventa molto sapere che lascerò questa scuola che per me è stata una seconda casa che mi ha accolto, mi ha coccolato e mi ha valorizzato, forse è per questo che qui è ripartito tutto ciò in cui credevo dopo tre anni di inferno alle scuole medie di Anzola Dell’Emilia. E’ qui che sono tornato a credere nell’amicizia e nelle cose belle che la vita può offrirti, non solo voti, verifiche e interrogazioni, no... Non ho voglia di andarmene. Voglio stare qui ancora un pò. Come fai ad abbandonare un posto meraviglioso quando ci sei dentro e quando ti senti a casa? E’ impossibile. Mi stringo forte le gambe a me, sembro una di quelle ragazzine depresse che mette le foto su Facebook con le frasi delle canzoni di Tiziano Ferro come didascalia, osservo la pioggia che cade, il rumore che fa ogni goccia che cade a terra mi fa pensare a quello che sarà il mio futuro. Cosa farò uscito da qui? Vedrò ancora i miei compagni di classe? Ognuno si farà la sua vita e io? Io starò qui a guardare la pioggia ancora per molto tempo mentre faccio finta di piangere e di stare male? Tic... Tic... Tic... La pioggia cade forte e decisa mentre l’orologio segna le 10:00 del mattino, c’è una ora buca e di tornare in classe non ne ho voglia. Sono passati alcuni giorni dal terremoto che ci ha colpito, sono ancora molto spaventato da tutto questo, forse perchè il terremoto fa capire come tutto può finire da un momento all’altro, di come il tuo mondo piano piano cambia, si sgretola e capisci di essere solo e in mutande. La paura si fa sempre più decisa nel mio cuore, la pioggia ora è diventata un temporale, una persona entra dalla porta della scuola e mi dice sorridendomi:” Fuori piove fortissimo ragazzo”. Io che penso sorridendo:” Ma va... Sono qui da un ora a vedere la pioggia cadere e questo mi dice che sta piovendo, tutti diventano geni  e fenomeni quando varcano la porta del Sabin”. Osservo ancora fuori dalle vetrate mentre sopra di me c’è un volantino per le vacanze studio in Inghilterra, Stati Uniti e Australia. Penso sorridendo:” Ci andrei anche io se potessi conoscere Felicity Jones o Emily Blunt, non sarebbe una brutta prospettiva”. Ma quel sogno si infrange sul rumore di un tuono deciso che cade sulla città. Un treno Frecciarossa passa per entrare in stazione centrale e penso a quanto sia buffo al fatto che nella vita ogni esperienza può essere paragonata ad un viaggio in treno, con le sue fermate, le sue stazioni, le sue soste... Si, non sono pronto a prendere il treno dopo 5 anni e fermarmi alla stazione “Maturità” e di conseguenza anche alla stazione “Età adulta”. Mi fa stare troppo male.  Mi chiudo in me stesso, la gente mi saluta e mi guardano confusi sapendo che non sono scherzoso come ogni giorno ma che sono strano, non è da me farmi vedere così dagli altri ma siamo tutti esseri umani e capitano i momenti no.

Tutti mi salutano timidamente con la mano fino a quando una mia compagna di liceo si avvicina a me mi dice:” Lambert ti vedo strano oggi, va tutto bene? E’ perchè siamo a fine maggio e fuori piove vero? So quanto tu odi la pioggia e il freddo”. Faccio cenno di no con la testa e  le dico in modo deciso:” No, non è per il tempo, non è per quello”. La mia compagna di liceo mi guarda dubbiosa e mi chiede:” Allora che c’è? Non ti ho mai visto così, tu che sei sempre sorridente nonostante tutto quello che succede, tu che ci facevi ridere il giorno della evacuazione dal terremoto dove eravamo tutti spaventati a morte ora sei triste... Non ci credo neanche un pò”. Cerco di sorridere e così piangendo rispondo alla mia compagna di liceo:” Tra poco dovrò abbandonarvi tutti, non sono pronto a non vedervi più tutti i giorni, non ce la faccio a pensarlo, mi fa stare troppo troppo male”. La mia amica capisce il senso di malessere e bastano poche parole e mi dice:” Dai tesoro abbracciami, dai vieni qui”. Ci abbracciamo e lei mi dice sorridendo:” Non ci pensare ora però, sei ancora qui con noi, se tu piangi così chi canterà a fine anno? Forza e coraggio Lambert”.  La mia amica mi abbraccia e mi accarezza la testa e mi porta una lattina di tè freddo prima di andare in classe... La gente mi conosce meglio qui che nel paese dove vivo. Osservo fuori sapendo quanto è bello aver imparato a sognare e vivere questa magnifica esperienza, la vita mi ha regalato una seconda famiglia che non potrò mai dimenticare. Persone che anche solo con un sorriso o un “Ciao come stai?”. mi hanno fatto felice e sentire bene e speciale. Eh si c’era proprio chi era incapace a sognare mentre io riuscivo a sognare già con l’immaturità dei miei 18 anni. Sapevo che il distacco sarebbe stato doloroso ma necessario, tutto sarebbe stato più grande dopo, potevo salire sul treno triste ma felice di aver lasciato un bel ricordo a tutte le persone che hanno condiviso la sala d’attesa di questa grande stazione. Ci sono cose che non si possono dimenticare. Ogni sogno in qualche modo ti porta sempre più in la e ogni scusa per cantare era buona. Sapevo che il mio treno non sarebbe partito subito ma che avevo ancora del tempo per fare il biglietto e godermi le ultime attese, si,ero più sereno. Bevo un pò del mio tè freddo alla pesca, :” Caspita mi conosce molto bene”.  penso ridendo tra me e me ripensando alla mia amica e al tè freddo e a quel piccolo ma grande gesto inaspettato che per molto tempo pensavo non fosse più possibile trovare nelle persone. Mi godo ancora un pò la pioggia, qui la vista è fantastica e non si sa mai, metti che qualcuno mi chieda:” Lambertini com’è il tempo fuori?”. E io sorridendo pensando e ripensando a quello che sarà del mio imminente e si spera promettente futuro potrò rispondere sorridente e ottimista:” Piove... Ma prima o poi tornerà il sole”. 
   
 
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