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Autore: Ode To Joy    29/09/2019    15 recensioni
REWRITING in Progress
[Kageyama x Hinata]
[Iwaizumi x Oikawa]
[Daichi x Suga]
"Ti racconto una cosa: quando un corvo riesce a trovare il proprio compagno gli rimane accanto per tutta la vita."
In un mondo la cui storia è scritta da continui giochi di potere tra principi e re, due regni continuano a scontrarsi senza che vi sia mai un vincitore.
"C'è una lezione che non devi mai dimenticare: un Re che decide di combattere da solo, è un Re sconfitto in partenza."
In un mondo in cui si può solo perdere o vincere tutto, alle volte è utile ricordare che anche il più grande avversario può divenire il più forte degli alleati.
"Alla fine, il Re più potente è sempre quello con a fianco più compagni disposti a seguirlo fino alla fine."
[Medieval+Fantasy -AU]
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Koushi Sugawara, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Raven Crown '
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D’intrusi e cambi di stagione







Tobio spellò i conigli sul tavolo della cucina e pulì tutto prima che Shouyou scendesse e vedesse quel casino di sangue e di carne squarciata. 

Quando salì al piano di sopra a cercarlo, il sole era già sparito dietro le montagne più alte. Trovò la porta della camera padronale aperta: il fuoco era stato acceso nel caminetto e il letto era stato preparato con delle lenzuola pulite. Non vi era traccia dell’abito da sposa di Tooru: Shouyou doveva averlo rimesso al suo posto in fretta e furia dopo la sua uscita da idiota.

La porta del bagno adiacente era aperta. Tobio si affacciò oltre la soglia e vide Shouyou che rovesciava dei secchi d’acqua calda all’interno della vasca.

“E quelli quando li hai raccolti?” Domandò.

“Mentre eri a caccia,” rispose Shouyou. “Ho pensato che volessi fare un bagno caldo e ho trovato questi nella lavanderia di sotto, vicino alla cucina.”

Tobio guardò i secchi vuoti a terra: ne contò cinque. “Hai fatto avanti e indietro dal ruscello per prepararmi un bagno?”

Shouyou annuì distrattamente, rovesciando il contenuto dell’ultimo nella vasca. “Non è quello che si aspetta un Principe quando torna a casa?”

“Non è quello che un futuro Re si preoccupa di fare per un altro,” replicò Tobio.

Gli occhi d’ambra di Shouyou incontrarono i suoi. “Volevo farlo.” Replicò. “Ci sono gli asciugamani e i vestiti puliti sul letto. Preparo la cena, se-“

“Non sai preparare la cena,” disse Tobio, con un sorrisetto divertito.

Shouyou s’imbronciò. “Posso provare.”

“Nessuno t’impedisce d’imparare a cucinare se è questo che vuoi, ma lo farai al Castello Nero, dove una ricca dispensa potrà rimediare ai tuoi eventuali casini. Se bruci i due conigli che ho cacciato non avremo di che mangiare e credo che stanotte nevicherà.”

Suo malgrado, Shouyou dovette riconoscere che quel ragionamento non faceva una piega. “Allora ti aspetto di sott-“

“Fai il bagno con me,” disse Tobio, secco. Si liberò della faretra e dell’arco e li appoggiò entrambi contro l’architrave della porta. “Hai ripulito tutto questo castello, credo che tu abbia bisogno di lavarti almeno quanto me?”

“Mi stai dicendo che puzzo?!” Sbottò Shouyou, offeso.

“Sicuramente hai i capelli pieni di polvere e così i tuoi vestiti. Dovremo cambiare le lenzuola già domattina se vai a dormire così.”

Shouyou sbuffò e portò entrambe la mani sul primo bottone della camicia. 

“Lascia…” Tobio gli afferrò il polso gentilmente. “Faccio io.”

Shouyou s’irrigidì e sollevò lo sguardo sugli occhi blu del Principe Demone. 

Le guance di Tobio si accesero di colpo e rimase a balbettare con le mani sospese a mezz’aria. “S-Se… Po-Posso…”

Shouyou rise ma lo fece con tenerezza, non per prenderlo in giro. “Sì,” disse, le gote rosse. “Sì, puoi spogliarmi. Puoi…” Si umettò le labbra, obbligandosi a non dire altre cose imbarazzanti.

Era stato bello toccarsi la prima volta, dolce, spontaneo ma imparare a conoscere il corpo l’uno dell’altro richiedeva una certa attenzione. Tobio era un Cavaliere, uno stratega e gli metteva le mani addosso con la stessa cura con cui tendeva la freccia e prendeva la mira. Non appena l’ultimo bottone fu libero dall’asola, Shouyou non perse tempo ad afferrare l’orlo della tunica di Tobio e spogliarlo.

“Ehi, stupido, vai pian-“ La voce del Principe Demone morì contro le labbra del piccolo corvo. La tunica scura finì a terra senza far rumore e Tobio non perse tempo a fare domande. Fece scivolare la camicia giù dalle spalle di Shouyou, poi lo tirò più vicino a sé per rendere il bacio più intenso.

Il piccolo Principe si aggrappò alle sue spalle e sorrise contro la sua bocca.

Gli piaceva come lo baciava e Tobio si congratulò con se stesso per quella vittoria, ma perse tutta la sua sicurezza come sentì le mani di Shouyou lavorare sulla sua cintura. 

“Aspetta,” bofonchiò, allontanandosi. 

“Che cosa c’è?” Domandò Shouyou con un filo di voce, la sua bocca a pochi millimetri dalla propria.

“Non siamo mai…” Tobio si morse il labbro inferiore. “Non c’era molta luce ieri notte.”

Già…

Si erano toccati, avevano provato piacere insieme ma la semi-oscurità aveva giocato la sua parte nel farli sentire a loro agio. In quel momento, con gli ultimi raggi di sole che illuminavano la stanza e il fuoco scoppiettante nella camera accanto, non c’erano angoli bui in cui nascondersi.

Fu Shouyou il più coraggioso. Come sempre. 

Prese un respiro profondo, slacciò la cintura e lasciò cadere i pantaloni lungo le gambe. Incrociò le braccia contro il petto e portò gli occhi d’ambra sul pavimento. Rimase immobile, in silenzio, come se stesse aspettando un giudizio di qualche tipo.

Tobio non disse nulla, ma non lo lasciò in sospeso a lungo. Finì di spogliarsi nel modo frettoloso in cui faceva le cose quando era nervoso e non aspettò che Shouyou lo guardasse per infilarsi nell’acqua.

Il Principe dei Corvi sollevò gli occhi ma l’altro fanciullo non rispose al suo sguardo. Il suo viso era ancor più rosso di prima e fissava un punto qualunque del pavimento come se gli avesse fatto qualche torto.

Shouyou accettò la sua pudicizia in silenzio, anche se dovette mordersi il labbro inferiore per non ridere. Entrò nella vasca dal lato opposto a quello di Tobio.

“Almeno mi hai guardato?” Domandò Shouyou, stringendo le ginocchia al petto. 

“Sì,” rispose Tobio, senza rispondere al suo sguardo. “Di sfuggita…”

“Non ti piaccio?”

“Lo chiedi solo per mettermi in difficoltà!”

Shouyou scoppiò a ridere. “Sì,” ammise. “Sei divertente quando fai quella faccia. Sembra tu voglia prendere a testate il muro.”

Tobio si decise a guardarlo in faccia. “Preferisci che prenda a testate te?”

Shouyou scivolò verso di lui, fino ad appoggiare le mani sulle sue braccia e baciargli le labbra. “Adesso va bene.” 

L’acqua sbatté contro i bordi della vasca.

Tobio lo fissò. “Ti sei preso gioco di me solo per indurmi a guardarti?”

Shouyou appoggiò il mento sul suo petto. I suoi occhi d’ambra brillavano di una luce furbetta. “Quando sei nervoso, farti arrabbiare per qualcosa di stupido è un modo per aiutarti a calmarti.”

Tobio s’imbronciò. “Non è vero.”

”Ti pietrifichi ogni volta che l’insicurezza ti sfiora e non riesci a uscire dall’immobilità in cui tu stesso ti rinchiudi” aggiunse Shouyou. “Una volta spezzata quella, torni te stesso.” Si sollevò quanto bastava per poggiare la fronte su quella del Principe Demone.

Tobio gli circondò la vita con un braccio e infilò le dita della mancina tra i capelli ribelli. “Provi imbarazzo a stare così con me?”

“No.” Shouyou si sorprese della sua stessa risposta. “E tu?”

“Non è imbarazzo, è…” Tobio cercò le parole giuste. “Non so cosa fare. Odio non sapere cosa fare.”

Shouyou gli sfiorò il naso con il proprio. “Ma che cosa vuoi?”

Quella era una domanda semplice. “Te, stupido,” mormorò contro le sue labbra e il Principe dei Corvi ne fu felice. “Ma voglio farlo nel modo di giusto.”

Shouyou spostò le ginocchia contro i suoi fianchi. “Ieri notte hai usato il modo giusto.”

“Mi sono spaventato a metà strada.”

“E io ti ho teso la mano,” gli ricordò il Principe dei Corvi. “Funziona così: tu hai paura e io sono lì.”

“E quando hai paura tu?” Domandò Tobio.

Shouyou piegò le labbra in un sorrisetto arrogante. “Ma io non ho mai paura!”

Il Principe Demone gli diede una spinta, facendolo ricadere in acqua. 

“Idiota!” Esclamò Tobio, uscendo dalla vasca. 

Quando riemerse, Shouyou rideva e tossiva al contempo. Sollevò gli occhi e trovò il suo Principe che lo aspettava con un broncio offeso e l’asciugamano aperto. 

Shouyou si fermò un istante per contemplare la perfezione di quel momento, dal modo in cui la luce tiepida del tramonto rendeva ancor più blu gli occhi di Tobio a come l’aria sembrava più fredda ora che i loro corpi non si toccavano.

“Ti muovi?” Domandò il Principe Demone un po’ minaccioso.

E Shouyou non voleva altro che esaurire quella distanza per sempre. Si sollevò dell’acqua e lasciò che Tobio lo avvolgesse nell’asciugamano e lo stringesse contro il petto. 

Il Principe dei Corvi chiuse gli occhi. Nulla al mondo poteva fargli del male in quell’abbraccio.

“Il tuo profumo sta cambiando,” mormorò Tobio, affondando il viso contro il suo collo.

Shouyou non si scansò, non quella volta. Sapeva quello che era e così anche il compagno che aveva scelto per sé. Appoggiò la nuca alla spalla di Tobio. “Lo sai perché…” Mormorò, come se fosse un segreto. 

Tobio si tirò indietro e gli porse la mano. “Vieni.”

Shouyou la prese senza esitare e non si preoccupò dell’asciugamano che scivolava a terra, lasciandolo completamente scoperto.



***



L’aria della notte non era tiepida come prima, ma questo non aveva dissuaso Tooru dall’allenarsi con l’arco fino a tardi. I giardini reali non erano più il capolavoro della corte di Seijou, non dopo che il drago aveva abbattuto quasi completamente la torre esterna. La macerie erano state spostate tutte in angolo ma non aveva ancora dato ordine di portarle via - non che vi fosse qualcuno a cui chiedere dopo la grande fuga verso le compagne. La bella fontana era andata distrutta durante l’attacco e così gran parte dei roseti. 

Tooru tese l’arco un’ultima volta e colpì il centro del bersaglio. Quella piccola vittoria non gli fece provare alcuna soddisfazione. Fissò il pennacchio della sua stessa freccia come se lo stesse deridendo. Abbandonò l’arco e la faretra accanto al muro e prese a camminare tra i fiori dormienti.

Il roseto che Hajime aveva fatto piantare per lui, in onore della nascita di Tobio e del suo diciottesimo compleanno, non era stato toccato dalla distruzione. Tooru ne fu lieto. Accarezzò una rosa e un’ondata di nostalgia gli fece salire le lacrime agli occhi.

Quante promesse erano racchiuse tra i petali corvini di quei fiori? Per lui e Hajime non ce ne erano più, ma continuavano a sbocciare per Tobio e per l’amore che aveva scelto di proteggere.

Credere che un bacio alla soglia dei quindici anni potesse valere come una promessa per la vita era pura ingenuità, ma Tooru conosceva il suo Principe e una simile dedizione da parte sua nei confronti di un altro fanciullo era quasi inspiegabile.

Di Shouyou poteva dire solo quello che aveva intuito nel tempo che avevano trascorso insieme, ma Tobio… Tobio si stava concedendo completamente senza neanche saperlo. Tooru poteva solo immaginare quanto Daichi stesse rendendo la vita di Koushi un inferno con le sue preoccupazioni paterne, ma era Tobio quello più spaventato, col cuore più fragile. 

Tooru non dubitava che Shouyou fosse abbastanza forte per tutti e due. Tuttavia, non poteva evitare di pensare che tutte le insicurezza che Tobio aveva riguardo all’amore fossero colpa sua. Hajime non era da biasimare: se il suo Principe si fosse dimostrato un uomo innamorato allo stesso uomo di suo padre, Shouyou sarebbe stato suo per sempre.

Ci voleva coraggio ad amare come il suo Primo Cavaliere e ce ne voleva ancor di più a continuare a farlo riconoscendo il momento giusto per lasciar andare.

Hajime aveva pagato a duro prezzo quella maturità d’animo.

A Tobio che lezione avrebbe impartito l’amore?

Tooru non lo sapeva, poteva solo sperare che Shouyou si dimostrasse un maestro migliore di lui. Voltò gli occhi scuri verso la balconata settentrionale. Gran parte del parapetto di marmo era rimasto intatto e vi piegò le braccia, guardando l’orizzonte come un ragazzino che sogna grandi avventure in una terra lontana.

Gli mancava quel fanciullo, quello pronto a combattere qualsiasi battaglia, certo di avere il suo Cavaliere accanto. Si poteva dire che Tooru si annoiasse nella sua stessa corte. Aveva rinunciato a tutto per il potere e ora che poteva guardare il mondo dell’alto in basso, non gli restava che osservare Tobio mentre giocava la sua partita.

Le sue imprese le aveva compiute, le sue avventure le aveva vissute fino in fondo - compresa quella dell’amore proibito - e ora toccava a suo figlio scrivere la parte avvincente di quella storia.

Questo non toglieva che si annoiasse comunque.

Tooru sbuffò come un bambino capriccioso: la fuga con Hajime e la notte da amanti clandestini che avevano passato insieme gli avevano fatto provare un brivido dopo anni di nulla. 

Il cielo non era abbastanza limpido per permettergli di vedere le montagne a nord, ma sapeva che Tobio era lì e lo invidiò per quella stagione della sua vita, per l’intensità con cui poteva amare il suo piccolo corvo. 

Sì, Tooru invidiava il suo Principe. Per tutto.

Poggiò la fronte al pugno chiuso e abbassò le palpebre. Era stanco ma non aveva voglia di salire in camera sua e ritrovarsi da solo.

Se Wakatoshi non si fosse sistemato al piano di sopra con quell’insopportabile Arciere e quell’ancor peggiore Cavaliere, avrebbe preso il suo cavallo per raggiungere Tobio sulle montagne. Aveva una gran voglia di fargli un dispetto.

“Non riesci a dormire?” Quella voce infranse il silenzio della notte.

Tooru trasalì ma non dovette voltarsi per capire di chi si trattasse. 

“Lo sai che alcune delle tue stanze hanno le finestre che danno su questo lato dei giardini?” Domandò.

Wakatoshi si fece avanti e poggiò il gomito sul parapetto di marmo. “Ne ho memoria.”

“E allora vattene di qui, domani non ho voglia di sentirmi addosso le occhiate minacciose del tuo amante per tutto il giorno.”

“Kenjirou sa stare al suo posto.”

Tooru alzò gli occhi al cielo. “Kenjirou non è adatto a essere il compagno di un Re. Ti adora ciecamente, non ti mette mai in discussione ed entrambi sappiamo che un consorte dovrebbe fare altro.”

“Strano consiglio da parte di un Re che non è mai stato sposato,” replicò Wakatoshi.

Tooru rise. Voleva dirgli che in realtà lo era stato e che aveva anche indossato un abito da sposa per l’occasione, ma poi sarebbe divenuto matto per spiegarsi. “Siamo in due, eppure abbiamo dei principini cercati, legittimati e rampanti.” Una pausa. “Specialmente rampanti.”

“Non accuso Tobio della condotta di Tsutomu.”

“Vorrei vederti avere il coraggio di farlo!” Esclamò Tooru. “Tobio si è fatto gli affari suoi per tutta l’estate. Questo ha provocato dei problemi a me e suo padre, ma se tuo figlio è coinvolto è colpa sua.”

“Tu non hai notato niente di quello che ha raccontato Satori?” Domandò Wakatoshi.

“Ti riferisci al fatto che Tsutomu potrebbe essere innamorato del piccolo Shouyou?” Tooru scrollò le spalle. “Ti posso dire che il pulcino corvino è stato tutta l’estate al fianco di un fanciullo alto più o meno quanto me, con i capelli corvini come Hajime e con due occhi meravigliosi che, scandalosamente, non ha ereditato da nessuno dei due. Oh, giusto, era Tobio!”

“E dov’era Tsutomu per tutto il tempo?” Insistette il Re dell’Aquila.

Tooru alzò le braccia al cielo, esasperato. “Non lo so, Wakatoshi!” Esclamò. “Ne ho già uno di figlio da controllare ed è piuttosto impegnativo! Il Principe dei Corvi è una mia responsabilità, ma il tuo pulcino lo era di Satori.”

“Tsutomu ha tredici anni…”

“E a che età hai conosciuto sua madre?” Domandò Tooru, sapendo che così avrebbe posto fine alla discussione.

Wakatoshi capitolò in silenzio, portando lo sguardo verso l’orizzonte.

Tooru si umettò le labbra. “Gli parli mai di Eita?”

“Non ne ho bisogno,” rispose Wakatoshi. “Tsutomu aveva dieci anni quando si è addormentato, si ricorda di lui.”

“Quanto sei stupido,” disse Tooru, scuotendo la testa. “Quanto pensi che possa ricordare di quei dieci anni? Per quanto tempo è stato in forze abbastanza per poter giocare con lui?”

“Tsutomu non deve preoccuparsi di Eita,” disse Wakatoshi. “È una mia responsabilità.”

Tooru si umettò le labbra e scelse le sue prossime parole con molta cura. “Stai ancora cercando di svegliarlo perché lo ami o perché ti senti in colpa?”

Wakatoshi si allontanò dal parapetto. “Sono sceso perché volevo sapere di più di mio figlio, Tooru,” chiarì. 

“E non ti sembra strano che tu debba chiedere a me del primo amore di Tsutomu?” Replicò il Re Demone. “Quel ragazzino sa chi è suo padre? E non parlo del Re dell’Aquila, ma di Wakatoshi. Quel che i nostri figli sanno sull’amore glielo abbiamo insegnato noi senza nemmeno impegnarci. Tobio ci ha pensato Hajime a dargli un esempio giusto e a renderlo un uomo, ma Tsutomu? Di te dicono che hai un amante in ogni terra, città o villaggio che conquisti. È un modello di virilità duro da eguagliare per un ragazzino, specie quando non è vero.”

“Non credo che tu sia nella posizione di giudicarmi, Tooru,” disse Wakatoshi, gelido.

“No,” concordò il Re Demone. “Ma io sono fortunato… Tobio è fortunato. Sì, ho paura, ma non così tanta da non poterla gestire. Se quello che Satori ha detto è vero, Wakatoshi, Tsutomu sta per spezzarsi il cuore.” Sorrise, malinconico. “Farà male. Non ne morirà, ma farà male e non avrà bisogno del tuo braccio destro o dell’Arciere che ti scalda il letto. Avrà bisogno di te. Perciò riposa, Re dell’Aquila, tuo figlio diverrà grande prima che cada la neve e ti do un avvertimento: non sarai pronto.”

Tooru diede una pacca sulla spalla dell’avversario. Lo fece un po’ per deriderlo e un po’ per pietà. Se tutti i fanciulli della corte stavano vivendo la più bella stagione della loro vita, non si poteva dire lo stesso del piccolo Tsutomu. Tooru non si vergognava ad ammettere che, no, lui non lo invidiava affatto.

“A mio figlio ho insegnato a conquistarsi quello che vuole,” disse Wakatoshi senza preavviso. “Se è vero quello che pensa Satori, e Tsutomu vuole il cuore del Principe dei Corvi, non gli resta che lottare per averlo.”

Tooru alzò la mano in segno di saluto. “Sarà divertente vederlo provare.” 

Un piccola, remota e poco convinta parte di lui, sperava che non si dovesse mai arrivare a quel punto: Tsutomu non era il massimo della simpatia ma Tooru non aveva desiderio di vederlo massacrato da Tobio per il cuore di Shouyou.

“Ci sono tanti modi per conquistare un Principe fanciullo. Tu dovresti saperlo bene, Tooru.”

Il Re Demone si fermò e il sorriso sul suo viso morì immediatamente. Tornò a guardare il sovrano di Shiratorizawa. “Non lo stai pensando davvero.”

“Combattere per quel che si desidera,” disse Wakatoshi. “Non conosco altro modo di vivere, Tooru. Questo è il modo in cui sono divenuto Re, quello in cui ho creato un mondo in cui mi fosse permesso di amare Eita e poi te.”

“Tu non mi hai amato, Wakatoshi,” ribatté Tooru, ignorando il nodo che gli stringeva la gola. “Tu hai invaso la mia casa, ucciso il mio Primo Cavaliere e mi hai offerto il male minore.”

“Se Hajime non fosse tornato per salvarti, saresti stato mio alla fine di quella guerra,” gli fece notare Wakatoshi.

“No, sarei stato di Tobio,” disse Tooru e lo credeva. “Se Hajime non fosse sopravvissuto a quella guerra, avrei vissuto per mio figlio. Non sarebbe mai stata la vittoria che tu desideravi!” Inspirò dal naso. “È questo che vuoi insegnare a tuo figlio? Che il cuore di una persona è come una terra da conquistare? Che, se necessario, si è giustificati a uccidere e distruggere per ottenerlo?”

Wakatoshi non ebbe difficoltà a reggere il suo sguardo. “Karasuno è un regno indipendente, no?”

Tooru sentì il cuore saltare un battito. “È un territorio montuoso, senza valore.”

“Ma il primo a conquistarlo potrebbe vantare dei diritti sul Principe ereditario.”

“Distruggeresti un Regno per il capriccio di un ragazzino di tredici anni?”

“Tu ne avevi quindici quando hai rifiutato me per Hajime,” gli ricordò Wakatoshi. “L’amore è un’arma pericolosa, me lo hai insegnato tu.”

Tooru a stento riusciva a respirare, era teso come la corda di un arco. 

L’arco!

Con la coda dell’occhio vide la sua arma dove l’aveva lasciata.

Wakatoshi dava le spalle al vuoto. Se Tooru fosse riuscito a sferrare un colpo in modo da ferirlo mortalmente e farlo cadere...

“Ma non sappiamo che cosa desideri Tsutomu,” concluse il Re dell’Aquila. “Non deciderò per lui, non basandomi sulle storie di un’estate. È abbastanza grande per scegliere quali battaglie combattere.”

Tooru si sentì come se fosse riemerso dopo essere stato costretto a lungo sott’acqua. Annuì e si diede un contegno. “Lasciamo che i fanciulli risolvano le loro questioni tra loro.”

Wakatoshi annuì. “Sappi solo che non intendo aspettare qui tutto l’inverno.”

“E non è mia intenzione trattenerti,” lo rassicurò il Re Demone. “Se non saranno di ritorno con la prima neve, li andremo a prendere io e te, te lo prometto.”

Wakatoshi annuì e lo lasciò solo.



***



Il piacere li prese, trascinandoli entrambi in una danza imperfetta ma incendiata dai sensi. Nessuno dei due prese senza dare e la complicità, seppur goffa, che crearono tra quelle lenzuola non fu poi così diversa da quelle che avevano scoperto volando. Erano ancora loro, solo Tobio e Shouyou e quello era l’inizio di un’avventura che non  li avrebbe portati a esplorare luoghi lontani, ma solo i misteri più intimi l’uno dell’altro.

Shouyou si addormentò poco dopo che avevano finito. Erano state le dita di Tobio tra i suoi capelli a cullarlo e non si era reso conto di quando l’altro Principe si era alzato e lo aveva lasciato solo. 

Il Principe dei Corvi si svegliò al centro del grande letto e rabbrividì perché non aveva alcun vestito addosso e anche le lenzuola erano fredde ora che il suo compagno non c’era più. “Tobio?” Chiamò, mettendosi a sedere. Si accorse che si era premurato di ravvivare il fuoco prima di andarsene, ma il sole era completamente calato e così la temperatura nella stanza. Non dovette attendere molto: il suo Principe tornò con un gran vassoio da banchetto con sopra tutto quello che era riuscito a ricavare dal suo bottino di caccia. 

“Vieni a mangiare vicino al fuoco,” disse Tobio, inginocchiandosi sul tappeto di pelliccia.

Shouyou non se lo fece ripetere due volte. Afferrò la prima tunica che trovò - quella di Tobio - e saltellò sul pavimento freddo mentre la infilava.

“Sta nevicando fuori,” lo informò il Principe Demone.

Shouyou notò che anche lui si era infilato i pantaloni alla male e peggio, dimenticandosi la cintura. Sorrise tra sé e sé: nessuno dei due aveva intenzione di passare il resto della notte con dei vestiti addosso. Decise di stare al gioco: “di già? Non è nemmeno ottobre.”
“Qui l’estate è più calda ma dura meno,” spiegò Tobio. “Quella nei piatti è una zuppa di carne di coniglio e verdure: ne ho trovato qualcuna lungo il sentiero e mi è venuta l’ispirazione.”

“Oh, ti viene l’ispirazione sia sul campo di battaglia che in cucina.”

Tobio lo guardò di traverso, arrossendo. “Il resto della carne, come già sai, è coniglio.”

Shouyou afferrò una delle piccole cosce e vi affondò i denti: era perfettamente cotto, come se glielo avessero servito in un salone di corte. “Chi ti ha insegnato a cucinare?”

“Fa parte del progetto educativo dei miei genitori,” spiegò Tobio, cominciando a mangiare a sua volta. “Sono entrambi cresciuti con tutte le comodità del mondo, ma mio padre ha umili origini e non avrebbe sopportato di vedermi diventare come uno di quei damerini che non sanno nemmeno allacciarsi le scarpe.”

“I giovani Demoni di corte non mi sembravano così viziati,” ribatté Shouyou, staccando l’ultimo pezzo di carne bianca dall’osso. “Ho parlato poco con loro ma sembrano tutti dei bravi  ragazzi.”

“Non devono essere dei bravi ragazzi, ma dei guerrieri pronti a tutti.”

“Quanti di loro hanno combattuto delle guerre?” Domandò Shouyou. “Tu sei praticamente nato sul campo di battaglia. Loro hanno avuto una vita più agiata ma non per questo bisogna farli sentire in colpa. Non tutti sono stati cresciuti dal leggendario Primo Cavaliere di Seijou.”

“Anche tu sei nato sul campo di battaglia,” ribatté Tobio, passando alla zuppa. “Se vogliamo entrare nei dettagli: sei venuto al mondo prematuro, durante un assedio, mentre tuo padre combatteva tra la vita e la morte sotto le mura del Castello Nero.”

Shouyou prese il piatto tra le mani ma non mangiò. “Lo dici come se fosse un complimento.”

“Lo è,” confermò Tobio, guardandolo negli occhi con un mezzo sorriso. “Un bambino che è capace di sopravvivere in simili circostanze non può non essere forte.”

Il Principe dei Corvi sentì le guance farsi calde e il cuore battere forte. “Sì, ma i fanciulli del Castello Nero sono apprendisti Cavalieri da quando hanno mosso i primi passi.”

“Che t’importa dei loro primi passi, tu sai volare,” ribatté Tobio. “Mangia la zuppa prima che si freddi.”

Shouyou ubbidì, continuando a sorridere. “Mi hai reso felice.” Sentiva che era importante dirglielo a voce alta. 

Per poco a Tobio non andò la zuppa di traverso. “Prima,” indicò il letto con un cenno del capo. “O adesso?”

Se non avesse rischiato di rovesciare tutto sul tappeto, Shouyou gli avrebbe allungato un calcio. “Sia prima che adesso!” Esclamò. “Per tutto…” Aggiunse a voce più bassa, imbarazzata.

Tobio appoggiò il piatto vuoto sul vassoio e si versò dell’acqua. “Va bene così?” Domandò, evitando accuratamente lo sguardo dell’altro. “Quello che facciamo?” Si portò il calice alle labbra.

“Lo abbiamo fatto due volte e nessuno si è lamentato,” gli fece notare Shouyou.

“Sì, ma-”

“Vuoi fare altro?”

Tobio sollevò lo sguardo e si ritrovò il viso del suo piccolo Principe a pochi centimetri dal volto. Si fece indietro e per poco non si rovesciò l’acqua addosso. “Che cosa vuoi dire?”

Shouyou si spostò e si sedetta accanto a lui. “Niente è che mi chiedevo come deve essere,” disse, appoggiando la guancia alla spalla del suo Principe. 

“Cosa?”

Fare l’amore.

La reazione di Tobio fu silenziosa: trattenne il fiato, insicuro ma non allontanò il piccolo corvo da sé. Gli piaceva averlo vicino, ma gli pareva di capire che Shouyou volesse qualcosa di più da lui. “Ci mettiamo le mani addosso da solo due giorni.”

Shouyou reclinò la testa per guardarlo. “Perché ti stai giustificando?”

Tobio scrollò le spalle. “Forse ti aspettavi che ti togliessi i vestiti e ti facessi subito mio.”

“Sono già tuo,” replicò Shouyou, nessun timore, nessun imbarazzo. “Penso che sia una questione di cuore, non di carne, no?”

Tobio aprì e chiuse la bocca un paio di volte. “Non ho mai affrontato questo discorso con nessuno.” Di colpo gli mancò suo padre. Non credeva avrebbe mai trovato il coraggio di aprirsi completamente con lui, ma Hajime era bravo a saperlo leggere e sicuramente avrebbe trovato le parole giuste da dirgli.

“Nemmeno io,” disse Shouyou. “Cioè…” Rise. “Penso che i miei genitori mi abbiano dato l’esempio senza volerlo.”

Tobio aggrottò la fronte. “Che significa?”

“Prima non ci facevo caso ma dopo di te…”

“Abbiamo avuto solo un’estate.”

“Ma non è stata solo un’estate,” ribatté Shouyou. “Quando ripenso ai miei genitori, al modo in cui si sono sempre mossi intorno a me e mia sorella, come se fossero in punta di piedi…” Sorrise nostalgico. “Gli sguardi, quello sfiorarsi veloce, quasi segreto. Quei segnali...”

“I segnali,” lo scimmiottò Tobio.

Shouyou rise. “Vorrei fosse così tra me e te,” disse. “Vorrei ci fosse quella naturalezza.”

Il Principe Demone abbassò lo sguardo su di lui. “Penso che anche i miei genitori fossero così,” disse. “Mio padre non ne parla e con mia madre non parlo io, ma…” Scrollò le spalle. “Sento come ne parlano gli altri. Tutti si sentono in dovere di ripetermi che si amavano molto quando sono nato io.”

Shouyou drizzò la schiena per guardarlo negli occhi. “Non volevo rattristarti,” disse.

“Non mi hai rattristato,” rispose Tobio. Di fatto, era la prima volta che parlava della storia dei suoi genitori senza sentire rabbia o una dolorosa stretta al cuore. Che stesse imparando a prendere la distanze?

“Sto solo cercando d’immaginare Tooru e Hajime come me e te adesso,” spiegò il Principe Demone. “Sto cercando di capire come si può passare dal provare questo a,” fece un vago gesto della mano, “qualunque cosa ora sentano l’uno per l’altro.”

Shouyou si fece più vicino, scivolò su di lui a cavalcioni e lo guardò dall’alto in basso. “E questo che cos’è?”

Tobio storse la bocca in un sorrisetto diabolico. “No.”

Shouyou corrugò la fronte. “Cosa no?”

“Non mi farai dire niente mentre mi stai addosso mezzo nudo e mi guardi con gli occhi languidi. Impegnati di più.”

Shouyou s’imbronciò. “Quanto sei stupido!” Esclamò e lo spinse. Tobio si lasciò cadere sul tappeto di pelliccia, trascinandolo giù con sé.

Shouyou rise, afferrando le mani che gli stringevano i fianchi. “Tobio, mi fai il solletico!” Cercò di divincolarsi, ma l’altro lo strinse con più forza. “Mi fai il solletico!”

Il Principe Demone invertì le loro posizioni, infilando le mani sotto la tunica che ricopriva la pelle nivea del piccolo corvo. 

Le stanza si riempì delle risate di Shouyou. “Tobio, basta!” Esclamò, cercando di afferrare le sue mani ma l’altro era più forte, gli afferrò i polsi e li bloccò a terra, sopra la sua testa. 

Gli occhi d’ambra incrociarono quelli blu. 

Entrambi erano senza fiato.

Qualcosa smorzò il sorriso di Tobio ma nessun pensiero cupo inquinò il blu profondo dei suoi occhi. Intrecciò le dita a quelle di Shouyou e si chinò per baciare le sue labbra.

Il Principe dei Corvi si sciolse contro di lui immediatamente. Piegò il ginocchio e la stoffa della tunica scivolò fino a lasciargli scoperto il fianco. Tobio fece aderire il palmo alla coscia, affondò le dita nella pelle morbida e risalì, infilandosi sotto le stoffa color crema.

Anche le mani di Shouyou fecero la loro parte: afferrarono l’orlo dei pantaloni del suo Principe, li abbassarono e lo accarezzarono dove gli piaceva di più. 

Tobio gemette nel bacio e Shouyou sorrise contro la sua bocca. “Vuoi di più?” Domandò quest’ultimo.

Intontito dal piacere, il Principe Demone non riuscì a rispondere. Quelle piccole mani lo spinsero a stendersi sul tappeto e non oppose resistenza. Il sorriso di Shouyou aveva qualcosa di predatorio quando si spostò sopra di lui, guardandolo dall’alto al basso. 

“Rilassati.” Un bacio veloce sulle labbra e la bocca del Principe dei Corvi scese sul suo mento, poi sul collo e andò avanti.

Tobio tentò di dare forma a un’obiezione. “Shou- Ah!” La lingua calda dell’altro gli graziò lo sterno, facendogli venire i brividi in tutto il corpo, poi prese a scendere verso il ventre. Tobio non era più tanto sicuro di essere il mezzo-Demone tra di loro. Si morse il labbro inferiore per mettere a tacere un’imprecazione che avrebbe distrutto completamente l’atmosfera e si coprì il viso con il braccio per combattere l’ondata d’imbarazzo che gli stava comprimendo lo stomaco. O forse era eccitazione, non ne era certo.

Ricadde nel mondo reale con un metaforico tonk quando la bocca di Shouyou smise di dargli attenzioni.

Tobio non si mosse immediatamente. Aspettò, diede fiducia al suo amante finché non si sentì un completo idiota. “Shouyou?” Chiamò, sbirciando da sotto il braccio.

Il Principe dei Corvi era ancora lì, sopra di lui ma i suoi occhi d’ambra erano rivolti alla finestra. 

“Shouyou, che ti prende?” Tobio si sollevò sui gomiti.

“C’è qualcosa là fuori,” rispose il piccolo corvo, alzandosi in piedi.

Tobio rimase sul tappeto, pietrificato da un desiderio insoddisfatto di cui l’altro sembrava essersi scordato in un battito di ciglia. “Che cosa succede?” Domandò, aggiustandosi i pantaloni intorno alla vita e raggiungendolo accanto alla finestra.

Non c’era vento e la neve cadeva lenta. Le chiome degli alberi erano quasi completamente ricoperte, mentre la strada che portava a valle era ancora visibile. Con ogni probabilmente si sarebbero svegliati circondati da un’informe distesa bianca. Anche in assenza di una vera e propria tormenta, era da folli lasciare la propria abitazione in quelle condizioni e senza luce: bastava meno di un’ora perché il paesaggio cambiasse completamente. 

Nemmeno i predatori uscivano a caccia per paura di perdersi.

“Vuoi spiegarmi?” Domandò Tobio.

Shouyou continuava a guardare la strada. I suoi occhi erano ancora dello stesso colore dell’ambra, segno che il suo potere non stava interferendo con le sue percezioni sensoriali. 

“Non lo so,” ammise Shouyou. “Sento solo che c’è qualcosa là fuori.”

“Siamo in pericolo?” 

“No,” rispose il Principe dei Corvi, poi sollevò lo sguardo sull’altro. “L’istinto me lo direbbe se fossimo in pericolo.”

“Lo ha fatto in altre occasioni. Riesci a spiegarmi quello che senti?”

Shouyou tornò a guardare la strada buia e gli alti alberi che la costeggiarono. “Rivestiamoci,” disse. “Andiamo a vedere.”

Tobio annuì. “Porto l’arco.”



Shouyou era cresciuto in un Regno di montagna dove, come aveva detto Tobio, l’estate era più calda e la neve arrivava prima ma il freddo che lo investì quando uscì dal portone lo prese di sorpresa. 

“Queste montagne sono più alte di quelle dove sorge la capitale di Karasuno,” disse Tobio, tirandogli il cappuccio del mantello corvino sopra la testa. 

“Non ci sei mai stato!” Esclamò il Principe dei Corvi. “Come potresti saperlo?”

“Libri,” rispose Tobio, prendendo una freccia dalla faretra e camminando due passi avanti all’altro.

Shouyou storse il naso. “Non riesco a immaginarti mentre ti fai la gobba sui libri.”

“Non mi sono fatto la gobba da nessuna parte,” replicò Tobio, scrutando l’oscurità che li circondava. Non era facile avere una buona visuale senza la luna. “Come Cavaliere e come futuro Re devo avere un’idea chiara sui territori di Seijou e quelli che lo circondano. Ho memorizzato le mappe.”

Shouyou fissò gli occhi sulla sua schiena e ridacchiò.

Tobio gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla. “Che cosa ci trovi di così divertente ora?”

“Niente, pensavo a quando hai detto che Re non si nasce,” rispose il piccolo corvo. “Non credo valga per te. Se esiste qualcuno nato per sedere su di un trono, quello sei tu.”

Come suo solito, Tobio non seppe reagire a quel complimento. “Piantala e guarda dove metti i pie-”

Fu veloce come un fulmine. 

Shouyou lo vide sollevare le braccia, ma quando alzò lo sguardo la freccia era già stata scoccata e si era conficcata in un albero a dieci passi davanti a loro. Non aveva mancato il bersaglio. Tobio aveva visto qualcosa muoversi nel buio e quel qualcosa era proprio lì, davanti a loro, con il cappuccio del mantello inchiodato al tronco.

Tsutomu li fissava entrambi con la bocca e gli occhi spalancati. Aveva la faccia di uno che si era visto passare tutta la vita davanti agli occhi, magari se la era anche fatta nei pantaloni.

“Tu…” Sibilò, con gli occhi fuori dalle orbite e l’indice tremante puntato in direzione di Tobio. “Tu...”

“Tsutomu, che ci fai qui?” Shouyou corse in soccorso del Principe dell’Aquila, mentre l’erede al trono di Seijou lo fissava come se fosse un topo da schiacciare.

“Dov’è il tuo cavallo?” Continuò Shouyou. “Sei arrivato fino a qui a piedi? Da solo?”

Tsutomu si accorse di lui solo quando estrasse la freccia dall’albero, liberandolo. “Shouyou?”

“Sì…” Il Principe dei Corvi annuì, confuso. “Ti senti bene? Sei pallido…”

“No, ho solo creduto di morire, adesso passa,” rispose Tsutomu sarcastico, portandosi una mano all’altezza del cuore per controllare che battesse ancora. “Tu!” Abbaiò in direzione del Principe Demone. “Avevi intenzioni di ammazzarmi?”

“Sei consapevole di starti aggirando nei dintorni di un castello in piena notte e senza invito, vero?” Ribatté Tobio, velenoso.

“Basta!” Shouyou si frappose prontamente tra i due. “Fa freddo, è buio e Tsutomu ha fatto un lungo viaggio.”

“E chi glielo ha chiesto?” Continuò a lamentarsi il Principe Demone.

“Non ha importanza perché sia qui,” insistette Shouyou. “Dobbiamo farlo entrare. Vuoi che muoia congelato?”

Contento di avere il Principe dei Corvi dalla sua parte, Tsutomu rivolse a Tobio un sorrisetto diabolico visibile anche nella penombra e gli fece la linguaccia.

“No,” rispose Tobio. “Voglio la sua testa su una picca.” 

Lo disse in modo tanto convincente che Tsutomu non si sentì più tanto sicuro di sé.

Shouyou sbuffò. “Andiamo, prima di prenderci un raffreddore tutti e tre!” 



***



Alla fine di ogni giornata, la sala comune dei Cavalieri era l’unico luogo del Castello Nero a rimanere affollato fino a tardi. I veterani erano soliti intrattenersi fino a un’ora che superava di gran lunga il buon senso e il giorno dopo ne pagavano le conseguenze al cospetto del Primo Cavaliere in persona. Quando non c’erano motivi di festeggiare - scusa perfetta per alzare il gomito - erano i pettegolezzi e i giochi a carte a far perdere ai soldati la cognizione del tempo. E quel passaggio dall’estate all’autunno stava fornendo molto materiale su cui discutere.

“Tetsuro, fai la tua mossa o passi?” Domandò Koutaro, pescando una carta dal mazzo al tavolo. “Quindi gli aquilotti si sono sistemati al piano di sopra?”

Il Demone dai capelli corvini lasciò cadere una carta. “Io non passo mai!” Esclamò. “Dovresti saperlo, amico mio. Sì, Kenma mi ha detto che Tooru li ha fatti sistemare allo stesso posto.”

“Ah, lontano da tutto e tutti, così che non li si possa incrociare per sbaglio,” commentò Issei, guardando con espressione amara la sua mano di carte. “Passo.”

“Qualcuno ha visto Hajime?” Domandò Tetsuro con un sorrisetto diabolico. “Se non lo conoscessi bene, direi che ci sta evitando di proposito.”

“Starà preparando qualche trappola a sorpresa per Wakatoshi,” ipotizzò Takahiro e buttò due carte. “O sarà impegnato in qualche rito della vittoria con Tooru.”

Koutaro lo guardò con gli occhi sgranati. “Quando parlavamo di ricaduta eravamo così seri?”

Tetsuro scrollò le spalle. “La scena sulla scalinata di fronte al Re dell’Aquila non si poteva non notare. Eravamo tutti lì!”

“Io continuo a dire che mentre venivano a riprenderci nelle campagne è successo qualcosa,” disse Issei, poi imprecò a bassa voce e pescò una carta.

“Di sessuale?” Koutaro si guardò intorno come se stessero complottando ai danni del Re Demone in persona.

“Beh…” Takahiro si grattò la nuca. “Presentarsi così di fronte a Wakatoshi è stata una grossa dimostrazione di virilità.”

Issei storse la bocca. “Hajime non ha mai avuto bisogno di far vedere che ce l’ha più grosso.”

“Non ne aveva bisogno quando Tooru lo amava al punto da combattere una guerra per lui,” disse Tetsuro. “Quelli di Shiratorizawa sono andati e venuti un po’ troppe volte negli ultimi mesi e, sì, questa estate ce la ricorderemo per un bel pezzo. Wakatoshi è arrivato senza preavviso per riprendersi il figlio e Hajime si è presentato al fianco di Tooru, a testa alta, pronto a ricordare a tutti qual è il suo ruolo all’interno di questa corte e di tutta la storia.” Allargò le braccia in modo teatrale. “Sì, doveva dimostrare di averlo più grosso.”

“Quindi…” Koutaro disegnò un cerchio in aria con l’indice destro. “Il Re Demone e il suo Primo Cavaliere sono tornati?”

Gli altri tre si scambiarono occhiate dubbiose, aspettando che fosse uno degli altri a rispondere.

Come previsto, fu Tetsuro a rompere il silenzio: “Io scommetto sulla tregua.”

“Che si traduce in scopiamo senza impegno?” Domandò Issei.

Takahiro scosse la testa. “C’è troppo vissuto, non riuscirebbero mai a divertirsi senza sentimento,” disse. “E sono entrambi troppo orgogliosi per concedersi l’uno all’altro con tanta leggerezza.”

Tregua,” insistette Tetsuro. “Diciamo che per il bene superiore sono pronti a fare fronte comune.”

Come unico padre del gruppo, Koutaro non ebbe difficoltà a capire di cosa l’amico stava parlando. “Tobio,” concluse.

“Tobio che sta diventando grande e che si è innamorato di un bel corvetto con gli occhi grandi,” aggiunse Takahiro divertito.

“Io adoro il pulcino di Koushi e Daichi… Non stiamo più giocando, vi siete accorti?” Koutaro buttò una carta sul tavolo e la partita riprese.

“Tobio è così diverso da quando quel moccioso è a corte,” commentò Issei.

Il moccioso ha quindici anni, il nostro principino non ancora,” gli ricordò Takahiro.

“Oh! Ne ha trovato uno più grande. Chi se lo sarebbe aspettato dal nostro Tobio!” Issei ridacchiò.

Tetsuro sbuffò. “Vorrei che qualcuno si portasse via Lev.”

“A me prenderebbe un colpo se qualcuno corteggiasse Keijiko!” Koutaro divenne un poco blu in faccia, come se il solo pensiero gli facesse venire la nausea.

“Ha tre anni…” Gli ricordò Tetsuro.

“Non li avrà per sempre!”

“Concentriamoci su una storia d’amore alla volta, anzi due,” Takahiro sollevò il pollice, “quella tra Tobio e Shouyou,” poi l’indice, “e quella tra Tooru e Hajime.”

“Possiamo subito chiarirci le idee su quest’ultima!” Tetsuro sollevò il braccio destro agitando la mano. “Generale, una parola!”

Gli altri tre si voltarono appena in tempo per vedere il Primo Cavaliere varcare il portone d’ingresso della sala comune e avvicinarsi al loro tavolo. “Su cosa state scommettendo questa notte?” Domandò Hajime, osservando le carte sparse su tutto il tavolo. “Perché non ho intenzione di partecipare.”

Tetsuro sorrise, amichevole come un predatore pronto ad attaccare alla gola. “Nessuna scommessa per questa sera, solo qualche pettegolezzo tra amici.”

Hajime alzò gli occhi al cielo. “Già sparlate di Satori e delle sue scarse capacità da balia?”

Koutaro sbatté le palpebre un paio di volte. “Come abbiamo fatto a dimenticarlo?”

Issei scrollò le spalle. “Eravamo presi da altro.”

Hajime inarcò le sopracciglia e incrociò le braccia contro il petto. “Da cosa di preciso?”

Takahiro si nascose dietro la sua mano di carte e Koutaro si guardò intorno come se fosse capitato lì per puro caso.

Il Primo Cavaliere passò gli occhi verdi sui visi di tutti e quattro. Di fronte al loro silenzio avvertì la vena sulla sua tempia destra gonfiarsi pericolosamente. “Volete parlare di vostra spontanea volontà,” strinse la spalla di Takahiro con la mano destra e quella di Koutaro con la mancina, “o devo darvi una mano?”

I due Cavalieri presi di mira guardarono i compagni in cerca di aiuto, ma fu qualcun altro a salvarli.

“Hajime.” Nessuno si accorse di Tooru mentre varcava il portone della sala, ma gli occhi di tutti i presenti furono su di lui non appena chiamò il nome del suo Primo Cavaliere.

Sorpreso di vederlo lì quanto i suoi uomini, Hajime si dimenticò delle idiozie del quartetto di scemi per concedere al sovrano tutta la sua attenzione. “Tooru?” Si allontanò dal tavolo e Takahiro e Koutaro ripresero a respirare. “Che cosa ci fai qui?” Domandò. “È successo qualcosa?”

Tooru gli afferrò le mani con urgenza, sembrava allarmato. No, spaventato.

“Ho bisogno di parlarti,” disse.

Hajime annuì. “Certo, andiamo nei giardini.” 

Il sovrano scosse la testa. “No, nei giardini potrebbero vederci.”
“Va bene, andiamo qui fuori.” Hajime afferrò la mano del suo Re in un gesto istintivo e lasciarono la sala comune insieme.

Tetsuro osservò la scena grattandosi il mento. “Forse più di una tregua.”

Koutaro batté entrambe le mani sul tavolo. “La vuoi smettere? Sono quasi morto!”

Takahiro si accasciò sul tavolo, lasciando cadere le sue carte insieme alle altre. “Noi non moriremo su un campo di battaglia,” gemette, mentre Issei strofinava il palmo contro la sua schiena. “Come vuole il proverbio, sarà la curiosità a ucciderci.”



Una volta fuori, sotto le logge del cortile interno, Hajime lasciò andare la mano di Tooru per guardarlo dritto negli occhi. “Che succede?” Domandò. “Sei terrorizzato…”

Il Re non gli rispose, lo abbracciò. 

Il Primo Cavaliere esitò un istante prima di ricambiare il gesto. “Tooru, stai spaventando anche me.”

“Hajime…” Tooru si fece indietro e cercò le sue mani. “Devi fare una cosa per me.”

“Che genere di cosa?”

Il sovrano scosse la testa. “Non è per me, ma per Tobio.”

Hajime lo guardò fisso. “Va bene, ora mi stai spaventando sul serio.”

Tooru aprì la bocca, ma prima di parlare si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li stesse spiando. Si avvicinò al Cavaliere di un passo. “Ho bisogno che tu vada da Tobio,” disse a bassa voce.

“Vuoi che lasci la corte?” Domandò Hajime, come se il messaggio non fosse abbastanza chiaro. “Vuoi che parta per il confine nord mentre Wakatoshi è qui?”

“È proprio per Wakatoshi che lo devi fare!”

Hajime mise insieme i pezzi in un istante. “Ha minacciato nostro figlio?”

“No!” Si affrettò a dire Tooru, poi ritrattò: “non proprio.”

“Sì o no, Tooru? Sii chiaro!”

“Parla a bassa voce!” Il sovrano spinse il suo Cavaliere all’indietro, lontano dalla luce delle torce che illuminavano il cortile interno. “Non ha minacciato espressamente Tobio, ma ha detto qualcosa che mi ha spaventato.”

Hajime alzò gli occhi al cielo. “Tooru non parlare per enigmi, ti prego. Dimmi che cosa è successo nei dettagli.”

“Ero nel nostro roseto, è venuto a cercarmi e abbiamo parlato di come i nostri figli si siano innamorati della stessa persona e-”

Hajime lo fulminò con lo sguardo. “Ti avverto, Tooru, se stai cercando di mettere bocca in qualsiasi cosa stia succedendo tra Tobio e Shouyou-”

“Ascoltami! Wakatoshi ha detto che se Tsutomu vorrà avere Shouyou per sé, non gli impedirà di ricorrere a mezzi politici per strapparlo a Tobio.”

Hajime sbatté le palpebre un paio di volte. “Permetterebbe a suo figlio di conquistare Karasuno per avere qualche diritto sull’erede al trono?”

Tooru annuì.

“Non poteva essere serio.”

“Forse no,” concordò Tooru. “Ma noi non abbiamo agito in modo più razionale quando abbiamo accettato di combattere una guerra contro Shiratorizawa per stare insieme.”

“Questo temi per Tobio? Che combatta una guerra contro le aquile di Shiratorizawa per impedire a Tsutomu di portargli via Shouyou?”

“È meno ridicolo di come sembra.”

“Tsutomu ha tredici anni, un fallimento epocale alle spalle e Shouyou non lo ricambia. Non è Wakatoshi, Tooru, non ha la personalità giusta per prendersi qualcuno con la forza e non può niente contro Tobio!”

Tooru ingoiò a vuoto. “Appunto…”

Hajime inarcò le sopracciglia.

“Tsutomu si sente al sicuro per via di suo padre, non ci penserebbe due volte a minacciare Tobio e sono da soli su quelle montagne.”

“E che cosa hai paura che accada? Che gli tiri un destro e gli spacchi la faccia? L’ho fatto anche io quando Wakatoshi ha toccato te.”

“E io gli ho tirato una freccia mirando al cuore quando quello a terra eri tu,” gli ricordò Tooru. “Ho colpito la spalla per sbaglio. Lo avrei ucciso quel giorno se non si fosse spostato.”

Il sovrano e il suo Cavaliere si scambiarono un lungo sguardo silenzioso.

“Di che cosa hai paura esattamente?” Domandò Hajime. “Che nostro figlio non riesca a difendersi o che lo faccia?”

“Ho paura che Tobio viva l’inferno a cui siamo sopravvissuti noi,” rispose Tooru. “Non ha importanza per colpa di chi, ma non voglio vedere mio figlio marciare su Shiratorizawa perché un’Aquila gli ha strappato il cuore dal petto come è successo a me.” Ingoiò a vuoto e s’impose di darsi un contegno. “Inoltre, ho il dovere di proteggere Shouyou a qualsiasi costo. L’ho affidato a Tobio ma se dovesse rimanere coinvolto in un gioco di potere di una simile portata, non troverei mai il coraggio di spiegarlo a Koushi e Daichi.”

Hajime si umettò le labbra. “Parto domani all’alba,” disse. “Riporterò Tobio e Shouyou a casa, Wakatoshi se ne andrà con il suo erede e finalmente potremo dire che l’estate è finita.”



***



“Che cosa hai da dire in tua discolpa?” Domandò Tobio, fissando il Principe seduto al centro del divano con le braccia incrociate contro il petto e l’espressione di un bambino capriccioso non abituato a essere rimproverato.

Scendendo le scale, Shouyou sospirò. “Non è sotto processo, Tobio,” gli ricordò, avvicinandosi al Principe di Shiratorizawa per passargli la coperta che aveva tra le braccia. “Prova a scaldarti, Tsutomu.”

Il piccolo corvo non se ne rendeva conto, ma più era gentile con l’intruso e più Tobio sentiva la necessità di uccidere qualcuno per calmare i suoi nervi. 

“È il mio Regno,” disse, gelido. “Lo decido io se è sotto processo o no.”

“Tiranno…” Borbottò Tsutomu avvolgendosi nella coperta.

“Prova a ripeterlo, piccolo stolt-“

“Basta!” Esclamò Shouyou, parandosi di nuovo tra i due e rivolgendosi al Principe Demone. “È chiaro che è successo qualcosa al Castello Nero ma sarà difficile che Tsutomu ci spieghi qualcosa se continui a urlargli contro.”

“Se ti sta tanto simpatico, parlaci tu!” Abbaiò Tobio, piegando il gomito sul davanzale del caminetto e fissando gli occhi blu sulle fiamme scoppiettanti. Desiderava gettarci dentro l’intruso con ogni fibra del suo corpo.

Shouyou si sedette sul divano, accanto al Principe dell’Aquila. “Sul serio sei venuto fino a quassù a piedi?” 

Tsutomu annuì. “Voi siete arrivati in volo?”

“Ehi!” Tobio si voltò di colpo. “Non ti è permesso parlare del potere di Shouyou, vedi un po’ di farti gli affa-“

“Sì,” rispose il Principe dei Corvi, esasperato dal comportamento dell’erede al trono di Seijou. “Sì, siamo venuti in volo.”

Tobio lo mandò al diavolo con un gesto del braccio.

“Ma tu come hai fatto a trovarci?” Domandò Shouyou, curioso. “Ce ne siamo andati di nascosto e non abbiamo detto a nessuno dove avevamo intenzione di andare. Non lo sapevo nemmeno io, fino a che Tobio non mi ha guidato qui.”

Tsutomu lo fissò, cercando le parole per spiegare la sensazione che lo aveva guidato fino a quelle montagne. “Io… Io credo di sentirti,” ammise.

“Sentirmi?” Domandò Shouyou, inarcando le sopracciglia.

Tobio sgranò gli occhi chiedendosi fino a che punto avrebbe potuto reggere, prima di prendere il collo di quel Principe inetto e tirarlo come il pollo che era. Alla faccia delle Aquile di Shiratorizawa!

“Penso che abbiamo qualcosa in comune, io e te,” continuò Tsutomu, timidamente. “Tu hai dei poteri e penso di averli anche io. Mia madre era un Mago.”

E tuo padre è un mostro, pensò Tobio.

Shouyou annuì con un sorriso. “Le creature magiche si sentono a vicenda,” confermò. “Più sono forti e più si percepisce la loro presenza, me lo ha spiegato Kenma. Per questo ho sentito che eri qui fuori, anche se non ti ho riconosciuto.”

Tobio era così felice che Shouyou avesse trovato qualcuno di simile a lui che l’idea di mettere la testa di Tsutomu su una picca divenne bisogno. “Ciò non spiega perché ci hai seguiti,” intervenne. “Non ti abbiamo invitato e non siamo amici. Perché venirci a disturbare fino ai confini del Regno di Seijou?”

“Ma noi siamo amici!” Ribatté Shouyou. 

Tsutomu sgranò gli occhi, sorpreso.

“Ma sì!” Insistette il Principe dei Corvi con entusiasmo. “Abbiamo passato una bella estate insieme, no?”

Tsutomu aprì e chiuse la bocca un paio di volte. “Non lo so,” ammise, alla fine. “Non ho mai passato l’estate con degli amici.”

“Visto? Hai in comune qualcosa anche con Tobio!” 

“Che cosa vuoi da me?” Sentendosi chiamato in causa, il Principe Demone guardò storto il piccolo corvo. “Io non sono mai scappato dalla mia balia perché non volevo tornare a casa.”

“Satori non è la mia balia!” Ribatté Tsutomu, indignato.

“Ti senti solo a casa?” Shouyou era così gentile e comprensivo che Tobio aveva voglia di spaccare la faccia anche a lui. Aveva dimenticato perché erano scappati insieme in quel castello nel bel mezzo del nulla? Non era lì a rischiare l’ira funesta del Primo Cavaliere e del Re Demone perché il Principe dell’Aquila, improvvisamente, aveva capito di essere la creatura più sola al mondo.

Una vocina in fondo alla sua testa gli ricordò che anche a lui era successo qualcosa di simile, ma questo non lo spinse a essere amichevole: Shouyou era suo, aveva il diritto di desiderare la sua compagnia. Tsutomu poteva anche andare al diavolo!

“Shouyou, vieni di sopra,” ordinò, secco, allontanandosi dal caminetto per arrivare alle scale.

“Perché?” Domandò il Principe dei Corvi.

“Perché non sia mai che io offenda la sensibilità del nostro ospite!” Sbottò Tobio, salendo i gradini di legno due a due. Entrò nella camera che era stata dei suoi genitori e aspettò che Shouyou lo raggiungesse.

“Si può sapere cosa ti dice il cervello?” Sibilò, infuriato. “Dovevamo essere io e te. Io e te!”

Il piccolo corvo mantenne la calma. “Non possiamo certo cacciarlo,” disse.

“Se lo meriterebbe. È fuggito dal Castello Nero, mettendo in una situazione di merda il suo Cavaliere e i miei genitori, perché non voleva tornare a casa? Un comportamento da vero Re!”

Shouyou reclinò la testa da un lato. “Siamo scappati due volte da casa tua, provocando lo stesso genere di guai per due volte di seguito,” gli ricordò.

“Non è la stessa cosa!”

“Ciò non cambia che non possiamo cacciarlo!”

“Io non torno a Castello Nero per riportarlo a Satori!”

“Credo che sia l’ultima cosa che Tsutomu voglia…”

“Non m’interessa cosa vuole lui!”

Un colpo di tosse simulato attirò l’attenzione di entrambi: Tsutomu era sulla porta della stanza, il viso illuminato da un sorrisetto divertito. “I due Cavalieri di Karasuno hanno appena bussato alla porta. Dico loro di congelare o li lascio entrare?”

Tobio guardò Shouyou e il Principe dei Corvi alzò entrambe le mani. “Non è colpa mia!”

L’estate poteva aver lasciato il posto all’autunno ma il capitolo che si era aperto sotto il sole di giugno era tutto meno che concluso.
 
   
 
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