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Autore: corsara_andalusa    30/09/2019    1 recensioni
Una doppia missione, un'unica meta. Con il morale a terra, ormai in patria, Jack riceve una notizia sconvolgente che lo porterà a doppiare il globo per portare a termine la missione, mentre gli echi delle ribellioni irlandesi giungono a scontrarsi con la sua nave.
Storia interamente inventata per diletto , non sono una storica per cui non prestate alle inesattezze storiche o se alcuni dettagli non rispecchieranno lo stile così veritiero di O'Brian !
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Avevano lasciato tutto. 

Nel salottino, la tavola era stata apparecchiata per il te, ma il cibo era stato toccato appena. 

Le tazze contenevano il té ancora fumante e nei piattini la ciambella ai frutti di bosco era stata appena servita.

Avevano portato con sé poche cose, un baule con pochi vestiti per ciascuna.

Il giovane era arrivato in casa sedando una faida in corso tra le maggiori delle tre sorelle.

Anne era sconvolta: quella mattina già un’altra notizia l’aveva fortemente turbata e ora questo, e da quando James O’Toole aveva portato loro la notizia, non aveva fatto altro che piangere silenziosamente, e quasi incapace di muoversi, guardava la sorella Victoria, e la più piccola, Margaret, le stringeva le pieghe dell’abito; Anne sapeva che era terrorizzata quanto lei perché non faceva altro che domandare del padre, ma James era stato piuttosto evasivo al riguardo.

-Presto arriverà, tesoro, non temere!- fece Anne con un sorriso forzato, ma il suo sguardo cercava quello di Victoria e di James per un supporto.

James le aveva detto che suo padre non sarebbe venuto a prenderle, era già partito, si sarebbe imbarcato a breve per la Francia dove alcuni amici lo attendevano per nasconderlo.
-Dunque, ora è ricercato?- chiese Victoria titubante, moderando il tono di voce per non allarmare la sorella, anche se dubitava che Margaret fosse in grado di comprendere davvero il significato di quella parola.
-Siete tutte ricercate, anche Margaret, per Dio!- imprecò James a denti stretti trattenendo uno scatto di collera ed impazienza trascinando su per le scale Victoria ed Anne perché preparassero la loro partenza.
-Margaret?- fece incredula Anne cingendo le spalle della sorella minore.
-Certo, è ovvio!-
-Ma cosa credono?- sbottò Victoria arrestandosi in cima alle scale bloccando il passaggio a tutti. -Che possa diventare una ribelle a dieci anni e programmare qualche rivolta?- fece sarcastica Victoria con un mezzo sorriso.
-Vogliono solo prevenire che quando sarà grande, - spiegò il giovane salendo uno scalino per essere alla sua stessa altezza,  -…diventi un’attiva sostenitrice dei diritti irlandesi e che segua le orme della famiglia programmando attentati contro la corona inglese!- il tono di voce del giovane si stava accendendo e aveva assunto una nota allusiva. Condusse le tre ragazze nella prima stanza da letto, e da sopra un armadio recuperò un piccolo baule da viaggio pensato per brevi distanze e con modi bruschi iniziò a riempirlo aiutato da Victoria che era insolitamente calma.
-Ma dove andremo?-
James si muoveva in fretta, a grandi passi da una parte all’altra della stanza e solo quando girò su se stesso un lembo della giacca si aprì rivelando il cinturone con la pistola. Il giovane era solito frequentare la casa, ma Anne non ricordava di averlo mai visto armato e s’inquietò ulteriormente.
-Ho con me dei documenti di viaggio…per tutte voi!- disse estraendo dalla tasca dei fogli ripiegati e sigillati con ceralacca rossa recante lo stemma dell’Impero che lasciò cadere sul tavolo della toletta di Victioria. -Vi saranno utili quando arriverete in America…- disse mesto. A quella parola, America, Victoria si arrestò e Anne si lasciò cadere sulla sedia della toletta portandosi una mano alla bocca per lo shock. 
-Ho pagato un vetturino che vi accompagnerà ad un porto sicuro, da lì una nave vi attende per scortarvi in Francia e il capitano farà rotta verso l’America quando vi sarete imbarcate…- proseguì quando l’orologio a cucù risuono allo scattare delle 17.30. Anne trattenne malamente un singulto. -Non sarà un viaggio facile… sarà dura…- disse avvicinandosi lentamente a Victoria.


-Avete fatto? I cavalli sono attaccati...  Ho preso anche una sacca con del cibo, se viaggiate anche tutta la notte non avrete bisogno di altro, si prenderanno cura di voi una volta a bordo, ma al porto non aspetteranno per sempre!- fece James comparendo nella stanza come un uragano e senza aspettare una risposta prese sottobraccio Anne tirandosi dietro anche Margaret per metterle sulla carrozza. Victoria indugiò qualche momento in casa, e quando il giovane O’Toole rientrò in casa per andare a prenderla la intercettò mentre nascondeva nella tasca della gonna qualcosa. 
Si scambiarono un lungo sguardo sulla soglia, entrambi sapevano la stessa cosa, per questo la ragazza non aveva fatto troppo domande quando lui era arrivato, al contrario di Anne.
-Mi prometti che non farai niente di avventato? O di stupido...- 
-Non sono forse la stessa cosa…?- la ragazza era a disagio ed evitava il suo sguardo ma era evidente che fremeva per chiedere qualcosa.
-James, dov’è papà?- chiese infine eludendo la preoccupazione di lui. -Sta bene, è vero?- insistette lei posandogli una mano sul braccio per impedirgli di allontanarsi, dato che il giovane stava già facendo un passo per prendere le distanze.
Era un bel giovane, con occhi da ragazzino, chiari, ma i lineamenti erano quelli di un uomo nascosti sotto una barba rossiccia. 
Aveva qualche anno in più rispetto ad Anne, ma aveva molte più cose in comune con Victoria, e lei ne era innamorata, per questo non aveva obbiettato neanche per un secondo quando era arrivato, né quando aveva dato ordine al garzone di casa di preparare la carrozza, né quando le aveva trascinate in camera da letto rovistando negli armadi, spiando di tanto in tanto con fare paranoico da dietro le tende alle finestre.
-James?!- 
Il giovane sospirò, ruotando gli occhi al cielo per evitare di incrociare lo sguardo torvo di lei.
James lanciò un rapido sguardo in direzione della carrozza; Anne stava ancora rassicurando Margaret ed era certo che non potesse sentirli. Sospirò ancora e chiuse gli occhi come se stesse soppesando le parole da dire mentre Victoria ripeteva con insistenza il suo nome scuotendogli con vigore il braccio.
-Non sta andando in Francia, vero? Lo hanno già preso? Non è così?-
-Mi dispiace...- riuscì solo a bisbigliare lui affranto guardando il volto di lei diventare bianco come un cencio. L’espressione di lui era fin troppo grave per significare, solo, che suo padre era stato arrestato...
-È morto Victoria...- fece in un sussurro assicurandosi che Anne e Margaret stessero ancora parlando tra loro.
Victoria era incredula, era pronta a qualcosa di grave ma non a tanto ma quella notizia la investì come una lieve brezza che non procura devastazione; riuscì a mantenere un dignitoso contegno,  anche perchè non avrebbe mai potuto sopportare di mostrarsi ridicola o fragile agli occhi di James, tuttavia la sua voce era carica di emozione  quando parlò di nuovo.

-Ma se è..., - si schiarì la voce abbassando il tono, -Ma se è morto, non credi che...-
-Verranno a cercarvi comunque, Victoria,- fece lui interpretando ciò che stava per dire lei, - sanno che eri lì a quelle riunioni...- non potevano indugiare oltre; la afferrò per le spalle e la invitò con decisione a seguirlo verso la carrozza.  
In quel breve tratto di strada la mente di Victoria era satura di pensieri confusi e il suono dei passi sulla ghiaia del vialetto le riempiva le orecchie come una fitta pioggia, ma ad un passo dalla vettura un’unica chiara osservazione spazzò via tutti i suoi dubbi e si divincolò dalla stretta di lui.

-Ma dove andrai tu? Vieni con noi? James?!-
James non la guardò nemmeno, fece cenno al garzone che balzò a cassetta della vettura e spinse la ragazza dentro la carrozza sbattendo lo sportello ignorando le sue proteste e la sua insistenza.
-Non ti angustiare per me, Victoria, io me la caverò!- 
-Ma dove andrai? Verranno a cercarti!- il volto di lei era livido, gli occhi velati di lacrime.
-Non mi cercheranno Victoria…- James chiuse gli occhi per alcuni secondi traendo un lungo  e lento respiro, come se si stesse arrendendo ad un nemico più astuto di lui, poi rivolse alla ragazza un sguardo risoluto. Non disse nulla, ma desiderò con tutto se stesso che la ragazza capisse per non doversi umiliare dovendo dire lui stesso la verità.
Victoria attendeva una sua reazione o che si spiegasse… 
-Andate presto!- intimò al garzone, era un ragazzetto dal volto lentigginoso; gli lanciò una moneta che il bambino afferrò al volo con due mani, se la ficcò in tasca e si sistemò meglio a sedere afferrando le redini noncurante della tragedia delle padrone.
Poi fece schioccare le redini incitando i cavallo con un grido e la carrozza si mise in moto acquistando rapidamente velocità.

 

 

La piccola carrozza viaggiava veloce nella notte, Margaret infine si era addormentata e Anne aveva finalmente potuto avere un po’ di pace: la bambina aveva pianto quando le disse che molto probabilmente non avrebbe più rivisto il suo pony, aveva fatto del suo meglio per darle quella notizia nel modo più delicato possibile, ma s’era rasserenata solo quando Victoria le promise che suo padre ne avrebbe comprato un’altro una volta arrivati, dopo poco Margaret si era addormentata, guardando fuori dal finestrino la campagna che scorreva via veloce. Tutto  quel trambusto spiegava l’agitazione che Anne aveva letto sul viso di suo padre quella stessa mattina:  aveva reagito in modo strano alla posta del mattino; erano giorni che stava spesso fuori casa più del solito, usciva presto e rientrava solo a sera tardi per la cena, ma il più delle volte aveva pensato che la causa fosse da imputare ai suoi affari di commercio dall’America. Dopotutto sarebbe stato ragionevole: il cotone da loro si vendeva bene, e da poco aveva cominciato ad importare  anche caffè e tabacco.

Victoria, sua sorella non faceva mai domande al riguardo, ma Anne avrebbe voluto chiedergli dove andasse tutto quel tempo e come mai quando rientrava sembrava sempre trovarsi a miglia e  miglia altrove con la mente, più preoccupato di quando aveva lasciato casa, con una nuvola griglia di burrasca che gravava sulla sua testa gettando un’ombra di malinconia sui suoi lineamenti ancora giovanili.

Pessime notizie, pensò mentre suo padre leggeva la prima pagina della lettera che aveva ricevuto.  Era scritta con una calligrafia fitta, poco aggraziata. La mise da parte sul tavolo quando ebbe finito di leggerla e passò alla successiva strofinandosi il mento con la mano. 

Ne lesse il mittente prima di rompere il sigillo di ceralacca e il suo viso si rabbuiò ulteriormente.
Arrivava da Kildare ed erano altre cattive notizie. 



La vettura ebbe un violento scossone, il conducente, che aveva preso il posto del giovane garzone di casa, imprecò tra i denti mentre dal finestrino sbucò la testa di Victoria per vedere cosa aveva procurato quel colpo. Alla fine s’era addormentata anche lei, anche se il suo era stato un sonno agitato, in dormiveglia, con il cuore pesante che le martellava nel petto, rendendole difficile anche il semplice respirare, la mente era invasa da quell’unico pensiero che c’aveva messo qualche ora a realizzare: James li aveva traditi.  Non vi era altra spiegazione plausibile alla sua reazione così calma e compita quando le disse “Non mi cercheranno Victoria…” . Quell’affermazione era la confessione della sua colpevolezza. Cosa poteva significare altrimenti? Che lui era al sicuro, mentre loro, per qualche strano motivo invece, non lo erano. Quale poteva essere questo motivo?Victoria rimase a lungo ferma su questo ragionamento, arrovellandosi nel pensare su chi sapeva e di chi non ci si poteva fidare… “Non mi cercheranno Victoria…”. Quello era il motivo: non lo avrebbero cercato perchè lui era la loro spia. Ciò nonostante non riusciva a capire perchè le avesse aiutate a fuggire ed era stato così meticoloso nel predisporre in anticipo la loro partenza. forse il suo era solo un misero tentativo per salvarsi la pelle, una volta che gli altri avessero scoperto il su gesto. 

No. 

Non voleva credere a tutto questo. 

Non voleva credere che James avesse fatto una cosa simile. Lui che era sempre stato un così attivo sostenitore della Society of United Irishmen.

Alla fine Victoria aveva pianto. Aveva pianto per la sua fiducia tradita, per l’amore deluso ucciso da quel tradimento e pianse per la morte di suo padre e per il segreto che avrebbe dovuto tenere per sé fino all’arrivo in America. Pianse per la vita che stavano abbandonando anche se forse non proprio florida di prospettive, ma di certo più sicura di un futuro incerto e ricco di insidie come si dipingeva in quel momento. E una volta in America cosa avrebbero dovuto fare?
Finalmente si addormentò per la stanchezza data da troppe emozioni, poi quello scossone l’aveva ridestata definitivamente: il colpo le aveva fatto sbattere la fronte contro il vetro dello sportello, ma non abbastanza forte da farle male.

-C’eri anche tu?-

La voce di Anne fredda e i suoi occhi carichi di sospetto.

-Come?- chiese Victoria faticando a scivolare fuori dal torpore che la voleva addormentata.

-A quelle riunioni segrete…- scandì Anne con freddezza, -C’eri anche tu?-

Victoria si sistemò mettendosi a sedere, passandosi una mano sulla fronte per scostare alcuni capelli sfuggiti all’acconciatura, sospirò guardando fuori dalla finestra. 

L’ombra del fallimento della rivolta di Robert Emmot non s’era ancora dileguata, che c’era già qualcuno che progettava un tentativo di sommossa contro l’invasore inglese sullo stile di Wolfe Tone. 

Anne non ebbe difficoltà a interpretare quel silenzio.

-Quindi sapevi tutto di papà… più di me almeno…- fece rassegnata sollevano un sopracciglio, -E mentre io mi tenevo occupata a fare da dama di compagnia alla vecchia contessa… Tu e nostro padre…-

-Papà non sapeva che partecipavo a quelle riunioni!- saltò su Victoria continuando a fissare la buia campagna fuori della carrozza prima che Anne riuscisse a proseguire, e quelle parole la fecero inorridire.

-Quindi stavate cospirando attentati contro il Re, e nostro padre neanche sapeva che eri coinvolta!-

-Lo dici come se ti dispiacesse!- fece Victoria piccata incrociando le braccia e appoggiando la testa contro il vetro.

-Riguardo gli attentati?- chiese sbalordita sporgendosi in avanti verso la sorella che continuava ad ignorarla -Di certo non ne sono entusiasta!- sbottò subito agitandosi nel suo posto. -Non capisco davvero cosa ti sia preso? A che cosa pensavi esattamente? Di rendere libera l’Irlanda in tempo per Pasqua?- sbottò Anne, ma dovette calmarsi perché Margaret che le dormiva con la testa in grembo si stava per svegliare; le accarezzò i capelli con dolcezza per qualche istante e dopo uno sbadiglio e qualche parola sconnessa, la bambina si raggomitolò di più su sé stessa e sprofondò nuovamente in un sonno profondo.

Per il resto del viaggio nessuna delle due osò rivolgere parola all’altra: entrambe erano assorte nei loro tormenti.

Anne ripensava agli avvenimenti accaduti quella mattina, prima che James arrivasse a stravolgere la loro vita; anche se quello sarebbe dovuto essere il suo unico pensiero, non poté fare a meno di pensare a quello che era accaduto dopo che suo padre lasciò la casa… 

La notizia che la contessa aveva avuto un aggravamento era giunta poco dopo tramite un valletto a cavallo come un corriere di posta, con indosso la borsa a tracolla, il tricorno e la livrea blu, verde con le rifiniture oro. Giunto di fronte alla porte d’ingresso era balzato giù dalla sella e la sua cavalcatura muoveva nervosamente le zampe per l’impazienza e la fretta della corsa. Nel vederlo la ragazza intuì che la sua era solo la prima di molte altre lettere che il giovane avrebbe dovuto recapitare quel giorno, tutte recanti lo stesso messaggio.

Anne non era riuscita a chiudere occhio quella notte, forse stava avendo un presentimento, una di quelle sensazioni che non sapeva spiegare e che l’aveva trattenuta dall’andare a letto per coricarsi e che più tardi verso le tre del mattino, l’aveva ridestata. 

Era scivolata fuori dal letto indossando lo scialle beige a ricami color caramello che le aveva regalato suo padre, aveva riattizzato le braci nel camino e aveva passeggiato su e giù per la stanza perfettamente sveglia. 

La casa era avvolta nel silenzio e fuori cominciava ad albeggiare, ma anche se il cielo s’era appena rischiarato riusciva ad intuire che ora fosse dal canto delle tortore che risvegliavano la natura.

Ancora non sapeva quello che il giorno le avrebbe portato, ma ad aggiungerle ulteriori pensieri, furono dei movimenti provenienti dal piano di sotto: non ebbe l’animo di avventurarsi fuori dalla sua camera anche se rimase ben all’erta contro la porta della sua stanza in ascolto.

Poi la porta nell’ingresso si chiuse e sul viale di ghiaia sentì il rumore di passi affrettati. 

Corse verso la finestra e sbirciò scostando appena le pesanti tende di velluto; chiunque fosse stato non c’era più e stava lei stessa per ritornare nel suo letto quando una figura a cavallo apparve dalle stalle e al galoppo si diresse oltre il muretto a secco di ruvidi ciottoli di pietra grigia svoltando poi per la campagna.

Era suo padre, lo riconobbe e questo la turbò. Dove andava a quell’ora? E perché tanta fretta?

Accigliata si infilò di nuovo nel letto costringendosi di riprendere sonno e riposare ancora qualche ora, ma si rigirò nelle coperte fino all’ora di colazione quando incontrò di nuovo il genitore, ma non gli chiese niente. 

Era sua consuetudine pensare che se qualcuno custodiva un segreto o preoccupazioni non spettava a lei cavargliele di bocca, ma piuttosto aspettare che quello si aprisse spontaneamente per confidarle i suoi dispiaceri. Ma ormai non aveva più importanza: i segreti di suo padre erano stati svelati da qualcun altro.

Quella mattina poco dopo l’arrivo della lettera si era precipitata a casa della donna portandosi dietro Victoria che aveva protestato per accompagnarla. Giunta lì, ad attenderla c’erano i figli di un cugino della Contessa.

-Ah guarda gli avvoltoi che vengono a banchettare sulla carcassa della preda in putrefazione!- aveva commentato Victoria passando in rassegna i quattro giovani, in ricchi vestiti che scendevano dalla carrozza trainata da quattro cavalli identici.

Per quel commento, Anne l’aveva rimproverata malamente.

Più tardi la situazione non migliorò: il maggiore dei nipoti non aveva perso tempo e accomodandosi nella sala da pranzo con le sorelle aveva annunciato di aver  convocato un notabile, un avvocato insomma, che li avrebbe aiutati a gestire la questione dell’eredità senza che ci fossero conseguenze troppo disastrose, assicurandosi che tutti mantenessero un comportamento dignitoso, nel rispetto della defunta.

Victoria era scettica, ma la questione non la riguardava più di tanto, era solo preoccupata che i diritti di Anne non venissero tenuti in considerazione, perciò insistette per attendere l’arrivo del notaio e volle a tutti i costi che Anne sentisse cosa era stato predisposto.

-E dato che non siamo in possesso di alcun testamento legale tangibile…- proseguì il notabile con voce strascicata quando Victoria, come destandosi dal profondo dei suoi pensieri, lo interruppe in tono ostile.

-Perdonatemi, ma la signora aveva espressamente avanzato il desiderio che la casa e tutti i suoi beni andassero ad Anne che l’ha sempre accudita come si fa con una madre!-

-Capisco signorina,- disse desolato il notabile, passandosi una mano sulla testa per assicurarsi che la parrucca fosse in ordine. -Ma come dicevo poc’anzi… in mancanza di un atto scritto, temo che ogni altra dichiarazione, specialmente verbale, non abbia alcun valore  legale di successione!-

-Ciò vorrebbe dire che Anne non riceverà nulla!? Dopo tutto il tempo trascorso ad accudire la signora?-

-Beh nessuno le ha chiesto di mortificare la sua giovinezza per stare appresso ad una vecchia!-

Victoria era sbiancata per l’indignazione, Anne lo sapeva da come strabuzzava gli occhi e da come stesse stringendo i pugni in grembo, ma a nulla valse la conversazione dai toni accesi che seguì: non amava le discussioni e non le piacevano le liti, era una ragazza piuttosto accomodante, ecco perchè solitamente preferiva stare fuori dalle discussioni o se non ne poteva fare a meno, cedeva facilmente dandola vinta al suo interlocutore; di tutt’altra pasta era Victoria, la quale doveva avere sempre l’ultima parola su tutto.

Per la verità Anne non capiva perchè la sorella si infervorasse tanto. Erano cresciute in una casa che il padre aveva ricevuto più per la provvidenza divina che per merito o per rendita, conducevano una vita dignitosa poco fuori città. Gli affari del padre andavano bene anche se in passato aveva perso qualche nave, ma ora si stavano risollevando e non avevano mai patito la fame.

Tutto quello che possedevano permetteva loro di vivere la loro vita senza che avessero preoccupazioni, ciò nonostante non si erano mai crogiolati in inutili spese e rinnegavano gli eccessi.

-Quindi parliamo della tenuta dove ci troviamo attualmente, dei terreni circostanti la casa per un totale di 180 acri…-

-Oh cielo - fece Victoria con sarcasmo stringendo la mano della sorella sotto il tavolo mentre il notaio continuava la sua lista.  

-Quanti sono esattamente 180 acri?-

-Un bel po’ di spazio, ma non è affar tuo preoccupartene!-

-Ed infine… il beneficiario sarà appunto il qui presente John Stewart di anni 27, quale unico parente diretto  e più prossimo e ancora in vita…-

I quattro sorrisero compiaciuti dalle loro posizioni scambiandosi uno sguardo complice.

-Devi capire che non intendo abbassarmi al loro livello di viltà! Nessuno di noi deve!- disse con veemenza una volta che furono fuori dalla casa delle contessa; Anne era salita nelle sue stanze per darle un’ultimo saluto mentre Victoria s’era ficcata le mani nella tasca della gonna e aspettando nell’ingresso aveva dovuto assistere ai salamelecchi che le sorelle Stewart rivolgevano per il commiato del notaio.

-In nessun modo mi sarei sentita in dovere di avanzare pretese, Victoria! In certe circostanze la cosa migliore è restare in silenzio!- replicò compita Anne spostando lo sguardo dalla sorella alla tappezzeria della carrozza. 

-“Lasciamo alla giustizia divina!” - fece poi Victoria esibendosi in una perfetta imitazione della voce della sorella. -E’ questo che stavi per dire vero Annie?- la derise ancora, -Non so davvero come fai ad essere così pia! Mi chiedo se mai riusciremo a vederla questa Giustizia di cui parli tanto! Se Isabella si fosse messa ridere di nuovo con quella sua vocetta odiosa, giuro che le avrei tirato addosso il vaso dei fiori!-

-Perchè a differenza tua…- proseguì con garbo Anne, -Io reputo più importanti altre cose! Dopotutto non abbiamo di che lamentarci: non avremmo comunque avuto nessun diritto su nessuno dei possedimenti della signora! Non siamo nell’indigenza e ce la caviamo meglio di tante altre famiglie che conosciamo; avresti per caso preferito fare la fine di Molly Smith? Sposata ad un inglese con più del doppio dei suoi anni e solo perché suo padre è caduto in rovina… la verità è che nulla che appartenesse alla contessa ci sarebbe servito!-

 

 

 

Era notte fonda ormai. La carrozza proseguiva nella sua corsa a passo spedito, anche se il vetturino aveva dovuto incitare i cavalli con il frustino in quanto quelli si stavano dimostrando più riluttanti nel mantenere la stessa andatura e reclamavano un po’ di riposo.

-Secondo te dove siamo dirette?- chiese infine Victoria addentando la mela che Anne le aveva passato come segno di tregua. Le aveva sorriso e tra sé aveva pensato a quando la sorella aveva l’eta di Margaret e a quando era ancora solita giocare con le bambole. Quella bambina non c’era più da tempo e aveva preso posto una selvaggia bandita delle colline di Cork.

-Non a Dover di sicuro… Papà ha delle navi lì, e se ci stanno cercando sicuramente saranno già lì ad ispezionare le navi, in più saremmo già arrivate…!-

Improvvisamente il vetturino emise un verso che fece rallentare la corsa dei cavalli; Anne e Victoria si scambiarono uno sguardo interrogativo. 

Dando una rapida occhiata oltre il vetro Victoria riusciva a distinguere le forme degli alberi che costeggiavano la strada e il profilo delle colline più in là. 

-Siamo arrivate?- chiese titubante la sorella stringendosi più forte a Margaret che per la stretta protestò mentre cominciava a svegliarsi.

Victoria deglutì il boccone cercando di non respirare e si appiattì lungo la parete della carrozza cercando di vedere fin oltre le teste dei cavalli che ora andavano al piccolo trotto, ma non riuscì a capire perché il vetturino avesse deciso rallentare. Istintivamente fece scivolare la mano all’interno della tasca tra le pieghe della gonna trattenendo il respiro finché la vettura non fu completamente ferma.

 
  
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