Crowley
buttò giù il liquore tutto d'un fiato prima di posare il bicchiere
sul tavolo un po' più bruscamente di quanto intendesse. Alcuni
avventori dallo sguardo annebbiato si voltarono fugacemente verso di
lui prima di tornare tranquillamente alle proprie biascicate
chiacchiere alcoliche.
Aziraphale
gli rivolse un'occhiata solidale. - Sei proprio in difficoltà, eh? -
Il
demone si afflosciò ancora di più sulla sedia, tanto che l'amico
dovette sporgersi in avanti sul tavolo per poterlo guardare in
faccia.
-
Io non capisco, angelo. - esordì Crowley in un tono che non lasciava
spazio a dubbi circa il suo abbattimento. - Stiamo parlando del
figlio del Diavolo! Com'è mai possibile che le mie storie della
buonanotte gli facciano venire gli incubi? -
-
Sarà anche il figlio del Diavolo, - riconobbe Aziraphale. - ma non
dimenticare che stiamo pur sempre parlando di un bambino di cinque
anni. È perfettamente normale che racconti di quel genere lo
spaventino. -
-
Mpf. - Crowley gli scoccò un'occhiata scettica. - Il punto è
proprio questo. Warlock non è un bambino normale. È
l'Anticristo, per l'amor di qualcuno! Dovrebbe sguazzare nel terrore
come gli anatroccoli sguazzano nello stagno, non svegliarsi in piena
notte con le lacrime agli occhi perché ha fatto un brutto sogno a
causa della storia che gli ho raccontato prima di addormentarsi e non
vuole rimanere da solo al buio! -
-
Ma è ancora piccolo. - ribadì l'angelo con un sorriso indulgente,
come se a Crowley sfuggisse l'ovvietà della cosa. - Caro, non puoi
pensare di cantargli una ninnananna che parla di sangue, oscurità e
cervelli senza che questo abbia delle ripercussioni spiacevoli sui
suoi sogni. E posso solo immaginare il tipo di racconti della
buonanotte che gli propini ogni sera. Se vuoi sapere come la penso, è
un vero miracolo che il piccolo non abbia ancora deciso di
nascondersi sotto le coperte e di non uscire più dal letto. -
-
Per tua informazione, angelo, le mie fiabe infernali sono molto
avvincenti. - ribatté Crowley, piccato.
-
Non ne dubito. - gli assicurò Aziraphale, accondiscendente. - Ma
perché non provi, almeno per qualche sera, ad adottare un approccio
diverso? -
Il
demone si tirò su di qualche centimetro, interessato. - Che cosa
vuoi dire? -
L'angelo
si strinse nelle spalle. - Non lo so, magari potresti andare più sul
tradizionale. Scegliere storie più adatte alla sua età. -
Crowley
sollevò un sopracciglio. - Del tipo? -
-
Be', c'è un patrimonio di narrazioni fiabesche molto ampio a cui
attingere. Potresti provare con qualcosa di classico, come
Cenerentola o Biancaneve. Che io sappia, di solito sono
le storie che vanno per la maggiore tra i bambini. -
-
Mmm. - il demone prese ad accarezzarsi il mento con aria assente,
palesemente intento a riflettere sul consiglio di Aziraphale e a
valutare se valesse la pena seguirlo oppure no.
-
Lo sai, - disse alla fine del suo meticoloso esame. - non è affatto
un suggerimento sbagliato. Credo proprio che ci proverò. -
L'amico
gli sorrise e annuì, incoraggiante. - Sono certo che andrà bene,
vedrai. -
La
sera seguente, Tata Ashtoreth mise a letto il piccolo Dowling,
secondo il copione che ormai seguiva da qualche mese.
-
Vuoi sentire una bella storia, caro? - propose al bambino, la voce
dolce e sapientemente calibrata in modo da suonare tranquillizzante.
Warlock
parve combattuto. Non che non volesse ascoltare una storia prima di
dormire, ma quelle della tata erano sempre piene di mostri orribili,
i draghi uccidevano i principi e poi si mangiavano le principesse,
nessuno viveva mai felice e contento... be', a parte il cattivo della
situazione.
Tata
Ashtoreth sembrò percepire il suo disagio e gli rivolse un sorriso
rassicurante. - Oh, non ti preoccupare, piccolo caro. Non ho
intenzione di raccontarti una storia spaventosa. Che ne diresti di
Cenerentola? -
L'espressione
incerta di Warlock mutò dalla titubanza al sollievo. - Sì, sì!
Voglio sentire Cenerentola. Il film mi piace tanto! -
-
Molto bene, allora. - approvò la tata, accomodandosi meglio sulla
poltrona accanto al letto. - C'era una volta... -
Man
mano che Tata Ashtoreth svolgeva la trama della fiaba come un nastro,
le immagini che evocava con la sua voce suadente e ipnotica
sembravano prendere vita davanti agli occhi sempre più sbarrati del
bambino, il quale, a onor del vero, non ricordava affatto che nella
vicenda di Cenerentola fossero presenti tutti quei particolari
raccapriccianti sui quali la tata sembrava soffermarsi con evidente
piacere, enfatizzandoli e descrivendoli con perizia e cura a
beneficio di un'agghiacciante aderenza alla realtà più cruda.
Dopo
aver condotto una minuziosa spiegazione riguardo a come le
sorellastre si fossero tagliate via un dito e un pezzo di calcagno
pur di indossare la scarpetta e, successivamente, alla punizione
toccata loro in sorte alla fine della vicenda, Tata Ashtoreth
concluse la storia con somma soddisfazione ricorrendo alla classica
formula di chiusura: “E vissero per sempre felici e contenti.”
Be',
non proprio per sempre, del resto sia il Principe che Cenerentola
erano umani e quindi soggetti al tragico fato che spetta a tutte le
creature terrene, ma Crowley, memore delle parole di ammonimento di
Aziraphale, decise di tenere per sé quel dettaglio per non turbare
troppo il suo pupillo.
-
Allora, caro, ti è piaciuta questa favola? - chiese al bimbo con un
gran sorriso, incapace di contenere una discreta dose di
autocompiacimento per l'ottimo lavoro appena svolto.
Warlock
non rispose, il faccino eccezionalmente pallido che spuntava da sotto
le coperte tirate fino al mento.
-
Che succede, tesoro? Non ti senti bene? - si allarmò la tata,
notando il colorito smorto delle sue gote.
Il
piccolo scosse la testa ma due grandi lacrimoni stavano già facendo
capolino dai suoi occhi.
Crowley
presagì la catastrofe e venne assalito dal panico. E ora che
accidenti gli succede?
Entro
due secondi, Tata Ashtoreth si ritrovò alle prese con un Warlock
singhiozzante e disperato.
-
Oh, caro, cosa c'è che non va? - fece il demone, con il tono di voce
più morbido e caldo che riuscì a evocare malgrado lo sgomento. -
Dillo a Tata Ashtoreth. Ti fa male il pancino? -
Il
bambino scosse la testa, asciugandosi il naso colante con la manica
del pigiama. La tata afferrò una scatola di Kleenex e si sedette sul
letto accanto a Warlock, asciugandogli le grosse lacrime che gli
rigavano il visino ancora livido sotto il rossore del pianto.
-
Su, su, tesoro. Non è successo niente, va tutto bene. - tentò, per
nulla sicura di cosa effettivamente avesse scatenato quell'accesso di
disperazione nel piccolo.
La
risposta arrivò quasi all'istante. Warlock tirò su col naso e fissò
Tata Ashtoreth con quegli occhioni lacrimanti e pieni di biasimo.
-
Perché hai rovinato Cenerentola? - le domandò, il tono
chiaramente accusatorio.
La
tata smise di tergergli i lacrimoni e rimase con il fazzoletto
sospeso a mezz'aria, sbigottita. - Come? -
-
Perché non hai parlato dei topolini e del gattaccio? A me piacciono
tanto i topolini, soprattutto quello cicciottello, e tu non li hai
messi neanche una volta nella tua storia. E perché hai detto quelle
cose brutte sulle sorellastre? Non è vero che si sono tagliate le
dita dei piedi e non è vero che le colombe gli hanno strappato gli
occhi alla fine! -
Crowley
iniziò a capire, a grandi linee, dove si trovasse l'innesco di quel
dramma: l'aveva spaventato di nuovo. Eppure aveva seguito alla
lettera il consiglio di Aziraphale decidendo di raccontare al bimbo
una fiaba tradizionale! L'angelo stesso l'aveva incoraggiato a
scegliere quella storia! Dove aveva sbagliato? Cosa era andato
storto?
-
Ma, caro... hai detto che Cenerentola ti piace. - mormorò il
demone, confuso oltre ogni immaginazione e anche vagamente
mortificato.
Ancora
una volta, Warlock scosse il capo con fermezza. - Ho detto che mi
piace il film. Quella che hai raccontato tu non è la storia
di Cenerentola. Io conosco la vera storia e ci sono i topolini che
cantano, gli uccellini che la aiutano a pulire la casa e le
sorellastre non si tagliano le dita e non diventano cieche alla fine.
-
Crowley
avrebbe voluto replicare assicurando al bimbo che quella che aveva
appena udito dalle sue labbra era la versione di Cenerentola
così come l'avevano fedelmente riportata i Grimm nella loro raccolta
e che qualunque altra versione edulcorata non era altro che un falso,
una mistificazione. Tuttavia aveva la netta sensazione che rispondere
in quel modo al piccolo non avrebbe portato che alla ripresa del
pianto.
-
Perché hai detto quelle cose brutte, tata? - incalzò il bambino con
la fronte aggrottata.
Messa
alle strette da quello sguardo serio e insistente, Tata Ashtoreth
decise di accantonare le sue conoscenze in materia di folklore, con
buona pace dei poveri Jacob e Wilhelm Grimm.
-
Oh, mi dispiace tanto, piccolo caro. Devo aver sbagliato storia o può
darsi che a me l'abbiano raccontata in modo diverso. Può succedere.
-
Warlock
la scrutò con sospetto, quasi intendesse assicurarsi della sua
sincerità. Alla fine di quell'attenta valutazione, il piccolo
stabilì che la tata fosse degna di fiducia, anche se un po' troppo
sbadata. Insomma, come si faceva a non conoscere la storia di
Cenerentola? Ma scelse di credere alla sua buona fede e le
posò la testolina in grembo, in cerca di consolazione.
Tata
Ashtoreth sospirò di sollievo, lieta che Warlock non ce l'avesse con
lei e avesse deciso di assolverla dalla gravissima colpa di avergli
raccontato la versione originaria di quell'antica fiaba, omettendo
roditori canterini e tutte quelle altre sdolcinatezze frutto della
creatività di Walt Disney. Non poteva permettersi di perdere la
stima del piccolo e così fece ammenda per quella défaillance
accarezzandogli i capelli e vezzeggiandolo teneramente finché non si
addormentò.
Crowley
sedeva al tavolo del solito pub con l'aria più abbattuta che mai,
massaggiandosi le tempie e mugugnando sommessamente fra sé. La
bottiglia di vino già svuotata per metà.
Quando
Aziraphale lo raggiunse e prese posto di fronte a lui, gli domandò
cosa fosse successo di tanto grave da giustificare una simile
afflizione.
Il
demone gli rispose con un'occhiataccia. - È successo che ho seguito
il tuo brillante consiglio di ieri e ho raccontato al ragazzino la
fiaba di Cenerentola. E lo sai com'è andata a finire? Be',
Warlock è scoppiato a piangere e mi ha accusato di aver rovinato la
storia. Ho quasi temuto che mi incenerisse con lo sguardo. Grazie
tante, angelo, davvero! -
Sul
volto di Aziraphale si disegnò un'espressione perplessa. - Molto
strano. Di solito, i bambini umani adorano quel genere di racconti. -
Crowley
allargò le braccia in un gesto di rinuncia ed esasperazione. -
Evidentemente ti sbagliavi. -
-
Mmm. - l'angelo iniziò a riflettere alacremente su cosa potesse aver
scatenato l'inaspettata reazione che il demone gli aveva appena
illustrato. La sua attenzione si focalizzò su una frase in
particolare: mi ha accusato di aver rovinato la storia.
-
Aspetta un momento, - disse, folgorato da un sospetto. - non gli avrai
raccontato la favola originale, vero? -
Il
silenzio del demone e il leggero fremito delle sue narici unito alla
comparsa di una lieve velatura rosata sulle sue guance valsero come
una conferma più che lampante.
-
Oh, buon Cielo! Non gli avrai parlato delle sorellastre che si
mutilano i piedi e delle colombe che strappano loro gli occhi il
giorno delle nozze di Cenerentola, vero? -
Crowley
lo trafisse con un'altra occhiata incandescente, infastidito da
quell'atteggiamento paternalistico e dalla punta di vergogna che, suo
malgrado, iniziava ad avvertire. - E quale altra storia avrei dovuto
raccontargli, secondo te? - abbaiò, sulla difensiva.
-
Oh, caro! - esclamò Aziraphale scuotendo la testa, incredulo. - Ma è
naturale che tu abbia finito per sconvolgerlo! Ha cinque anni, avrà
di certo visto il cartone animato e dunque, dal suo punto di vista,
quella è la versione ufficiale della fiaba. -
-
Be', è una menzogna. - sbottò Crowley. - È così che poi si
crescono dei rammolliti convinti che quello delle fiabe sia un
universo tutto colori pastello e animali canterini. Io gli ho solo
detto la verità. -
L'angelo
lo guardò di nuovo con condiscendenza. - Lo so, caro. Ma rimane il
fatto che per un bambino di cinque anni potrebbe essere un po'
troppo. -
Il
demone incrociò le braccia al petto e prese a dondolarsi sulle gambe
posteriori della sedia. - E allora cosa suggerisce il Dr. Fell,
esperto pedagogista laureato alla prestigiosa Università della Vita?
-
Aziraphale
emise un sospiro stanco ma incassò la frecciatina sarcastica senza
ribattere. - Troviamoci davanti alla biblioteca del secondo piano
domani, dopo l'ora pranzo. Credo di avere quello che fa per te. -
Il
giorno dopo, nel primo pomeriggio, Tata Ashtoreth salì le scale che
conducevano al piano superiore della tenuta dei Dowling e trovò la
figura pingue di Fratello Francis in attesa fuori dalla porta di
legno della biblioteca.
-
Ah, eccoti qui. - la salutò il giardiniere con un sorriso gentile.
La
tata lanciò uno sguardo sospettoso al battente della porta, come se
dietro di essa potesse celarsi una minaccia o una trappola.
-
Allora, cos'è che devi farmi vedere e che secondo te farebbe al caso
mio? - berciò scortese, il fastidio per il trattamento subito la
sera prima ancora da smaltire.
Fratello
Francis si guardò attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno
nei paraggi, dopodiché posò rapidamente la mano sul pomello di
ottone, operò un piccolo miracolo e spinse l'uscio, facendo cenno
alla tata di entrare alla svelta.
Tata
Ashtoreth gli scoccò un'ultima occhiata arcigna e scivolò oltre la
soglia, seguita a ruota dal giardiniere che si affrettò a
richiudersi la porta alle spalle.
Il
locale era avvolto da una penombra polverosa a causa delle pesanti
tende tarmate che oscuravano le finestre. Che non fosse la stanza più
frequentata della casa si intuiva anche dal forte sentore di chiuso e
da una decina di intricate ragnatele argentee che alcuni ragnetti
avevano pazientemente tessuto negli angoli del soffitto.
Aziraphale
scosse la testa con disappunto, le labbra arricciate in una smorfia
di frustrazione e Crowley non poté trattenere un sorrisino. Sapeva
che per l'angelo doveva essere una vera e propria sofferenza
assistere al decadente spettacolo di una casa di libri abbandonata a
se stessa in quel modo oltraggioso e, per qualche secondo, dimenticò
di avercela ancora con lui.
L'amico
sospirò e mise da parte le sue manifestazioni di disapprovazione
iniziando invece a camminare lungo gli scaffali, scorrendo con
sguardo attento i titoli e i codici identificativi dei volumi,
catalogati e disposti alla meno peggio da qualche incompetente.
-
Angelo? Si può sapere che stai... ? -
-
Shhhh. - fece Aziraphale, sollevando imperiosamente una mano verso
Crowley che, da parte sua, sentì rimontare la stizza. Come osava
fare Shhhh a lui?!
-
Ah, finalmente! - esclamò l'angelo, bloccandosi di fronte a una
serie di mensole che ospitavano libri visibilmente più sottili e
dalle copertine assai più colorate rispetto agli altri tomi seriosi
presenti nella stanza. - Vediamo un po'. Dovrebbe essere qui da
qualche parte. Dev'essercene almeno uno, per forza... -
Aziraphale
avvicinò il volto ai dorsi arrotondati, passandoli in rassegna con
l'indice, borbottando tra sé i titoli e aggiungendo occasionalmente
qualche commento personale, come una litania.
-
No, questo no... No, troppo da piccoli... Questo non va bene...
Quest'altro nemmeno... -
Crowley
se ne stava in piedi alle sue spalle con le braccia incrociate e un
piede, calzato in uno stivaletto col tacco, che tamburellava
impaziente sul tappeto.
Si
morse la lingua per trattenersi dal rivolgersi nuovamente ad
Aziraphale. Non gli andava di essere zittito per la seconda volta, il
maledetto Sssh di poco prima era già stato abbastanza
avvilente e ancora gli bruciava come un'ustione al proprio orgoglio.
L'angelo era l'unico a cui permettesse di ledere la sua dignità di
creatura infernale, ma ciò non significava che gli piacesse.
-
Ah, ecco qui! Ci siamo! - esultò l'amico, illuminandosi.
Aziraphale
estrasse un grosso libro un po' più voluminoso degli altri e
dall'aria un tantino vecchiotta, come se appartenesse a una
generazione precedente e fosse stato dimenticato lì per anni, vi
soffiò sopra con delicatezza e una nuvoletta di polvere si sollevò
dalla copertina, rivelando il titolo inciso a lettere d'oro in un
carattere vecchio stile e un po' pretenzioso, pieno di ghirigori: Il
grande libro delle fiabe.
L'angelo
annuì, come complimentandosi con se stesso per aver trovato ciò che
cercava, dopodiché mostrò il libro a Crowley, esibendolo con aria
trionfante, quasi si fosse trattato di un trofeo.
Il
demone concesse una rapida sbirciata al titolo ma non parve
impressionato. - Ebbene? -
Aziraphale
sbuffò, consapevole che quando Crowley si metteva in testa di fare
il sostenuto, nulla avrebbe potuto distoglierlo dal suo proposito di
farlo impazzire. In quei casi, la migliore risposta era la pazienza
ed evitare accuratamente di stare al suo gioco, ostentando una
serafica imperturbabilità.
-
Ecco la soluzione al tuo problema con Warlock, caro. - sorrise
l'angelo. - Ti basterà leggergli qualche storia di queste e non
correrai il rischio di terrorizzarlo. Bada solo di attenerti in toto
a quanto scritto qui. Perciò, niente divagazioni sulle uccisioni,
aggiunte creative all'insegna dell'horror o altri lavori di fantasia
demoniaci, intesi? -
Aziraphale
gli porse il libro, che l'altro prese tra le mani con malcelato
disgusto e senza curarsi di dissimulare il proprio scetticismo.
Sfogliò qualche pagina e lesse distrattamente un passaggio tratto
dal finale di Biancaneve.
Scosse
la testa sdegnato. - Ma è assurdo! Manca la parte in cui la Regina
viene costretta a indossare le scarpe di ferro arroventate e
obbligata a ballare fino alla morte per punizione. Che razza di
idiota ha avuto l'idea di tralasciare una sequenza così importante?!
-
L'angelo
si portò le mani ai fianchi e lo guardò severamente. - Crowley. -
lo apostrofò in tono d'avvertimento.
Il
demone richiuse il libro con uno scatto. - E va bene, va bene.
Togliamo pure tutto il divertimento e lasciamo solo le parti più
noiose, basta che il moccioso non si metta di nuovo a frignare. -
-
Non succederà. - affermò Aziraphale con convinzione. - E poi, ho
come l'impressione che tu ci sia rimasto male e che dunque farai il
possibile per evitare che accada di nuovo. - aggiunse con uno di quei
sorrisetti che sfoderava quando voleva cogliere in fallo il suo
migliore amico.
-
Che cosa vorresti dire? - sibilò minacciosamente Crowley.
-
Be', non credo ti abbia fatto piacere vedere Warlock in lacrime a
causa tua, anche se non l'hai fatto apposta. Non sei il tipo che
prova gioia nel far piangere i bambini, caro. - ribatté Aziraphale,
tranquillissimo e per nulla intimorito dal bagliore sinistro che
intercettò oltre le lenti scure.
-
Che ne vuoi sapere, tu, di come ragiona un demone? - sogghignò
l'altro. - Non lo sai che il primo capitolo del manuale per diavoli
principianti si intitola Come far piangere i bambini? È
l'abbiccì della formazione di noi creature infernali. -
Ma
l'unico effetto che Crowley ottenne con quella replica sarcastica, fu
di vedere il sorriso di Aziraphale intenerirsi ancora di più e le
potenti sensazioni risvegliate nelle sue viscere da quella visione lo
convinsero a voltare le spalle all'amico per dirigersi alla porta.
L'angelo
non lo fermò, anzi si affrettò ad affiancarlo e, prima di uscire
dalla stanza, gettò un ultimo sguardo dispiaciuto tutt'intorno,
abbracciando idealmente la triste biblioteca come a voler confortare
quel luogo bistrattato.
-
Sai, è un vero peccato. - constatò. - Un posto così bello non
merita di essere lasciato in questa trascuratezza. Questi poveri
libri avrebbero davvero bisogno di una casa più confortevole. -
Crowley
non rispose ma non gli sfuggì lo sconforto insito nella voce
dell'angelo. Lo sorprendeva sempre l'amorevolezza con cui Aziraphale
parlava dei suoi amati libri. A volte, ne era perfino un po' geloso.
Che stupido!
Angelo
e demone sgattaiolarono fuori dalla biblioteca e si congedarono,
tornando ciascuno ai propri compiti.
-
Mi raccomando, ricorda di leggere le fiabe così come sono riportate
nel libro, senza fare il minimo cambiamento. - lo ammonì Aziraphale
prima di svoltare l'angolo.
Crowley
sbuffò e imboccò le scale che conducevano al piano inferiore
bofonchiando un sommesso: - D'accordo. Che palle. -
La
sera, Tata Ashtoreth dovette ricorrere a tutta la sua abilità per
convincere Warlock a farsi leggere una storia prima di dormire. Il
bambino aveva ancora ben impresso nella mente il racconto di
Cenerentola rivisitato in chiave dark del giorno prima e la
tata spese una buona decina di minuti nel tentativo, fortunatamente
riuscito, di blandirlo, tranquillizzarlo e rasserenarlo. Gli mostrò
il libro consegnatole da Aziraphale quello stesso pomeriggio in modo
che Warlock potesse assicurarsi in prima persona dell'assenza di
amputazioni e di altre scene dai toni cupi e truculenti.
-
Vedi, caro? Neanche una tortura piccina piccina. - aveva cinguettato
Tata Ashtoreth, incapace di celare del tutto il proprio rammarico per
quell'imperdonabile mancanza.
Infine,
il bimbo concesse la sua approvazione e permise alla tata di
leggergli un paio di storie.
Crowley
leggeva, stando ben attento a non uscire dai confini piatti e leziosi
imposti dall'autore, per quanto ritenesse che un po' di spargimenti
di sangue qua e là non avrebbero guastato e imponendosi di sorvolare
sulle tante sequenze che erano state rimosse dalla fiaba originaria,
falciate dall'impietosa lama della censura a salvaguardia della
cosiddetta purezza d'animo infantile.
Warlock
scivolò nel sonno ancor prima che la tata terminasse la seconda
favola (una trasposizione vergognosamente addolcita de La
Sirenetta di Andersen) e Crowley accolse con grande sollievo il
sorriso sereno e l'espressione rilassata che troneggiavano sul
faccino del piccolo.
Non
avrebbe certamente smesso di rifilargli i suoi racconti e le sue
filastrocche ferali, ma, al momento, la priorità era farsi
riammettere nelle grazie dell'Anticristo e Crowley sapeva di aver
ottenuto il successo in quell'impresa solo grazie ad Aziraphale e
alla sua trovata ingegnosa.
In
effetti, ora che ci ragionava a mente lucida, forse l'aveva trattato
un po' troppo duramente; occupato com'era a difendere il proprio
orgoglio ferito e a contrastare il disagio derivante dal non sapere
come prendere un bambino di cinque anni, aveva finito per riversare
sull'angelo la propria frustrazione mentre egli stava solo cercando
di aiutarlo a trarsi d'impaccio da quella circostanza.
Aveva
fatto di tutto per rendersi insopportabile, lo sapeva, eppure
Aziraphale aveva risposto alle sue esternazioni caustiche con il
solito sorriso bonario e senza mai scomporsi o rinfacciargli nulla.
Più
ci pensava, più si rendeva conto di aver esagerato. Il demone venne
assalito dall'improvviso desiderio di fare qualcosa per scusarsi con
l'amico e ricompensare la sua infinita e ammirevole tolleranza nei
suoi confronti. Ma cosa poteva escogitare per far felice l'angelo?
Ovviamente si sarebbe dovuto trattare di qualcosa di speciale. Ma
cosa?
Lo
sguardo gli cadde provvidenzialmente sul libro di fiabe che teneva
ancora aperto sulle ginocchia e un sorriso gli affiorò alle labbra.
Trovato!
Tata
Ashtoreth stava letteralmente trascinando Fratello Francis per la
manica, gradino dopo gradino.
Se
qualcuno avesse assistito alla scena, l'avrebbe trovata assai buffa,
ma nessun occhio indiscreto catturò ciò che stava avvenendo.
Tata
e ignaro giardiniere al seguito arrivarono trafelati davanti alla
porta della biblioteca.
-
Che stai facendo? - bisbigliò Aziraphale, sempre più allibito e
confuso.
Crowley
stirò le labbra scarlatte in un sorrisino sghembo ed enigmatico. -
Ora vedrai, angelo. -
Iniziò
ad armeggiare con la scollatura del vestito, in cerca di qualcosa.
Aziraphale non poté fare a meno di avvampare e distogliere lo
sguardo.
Alla
fine, la tata estrasse una catenina alla quale era assicurata una
chiavetta d'argento che fece penzolare davanti all'angelo, con aria
sommamente compiaciuta.
-
Caro, ma che... ? -
-
Apri la mano. - gli ordinò.
Aziraphale
eseguì, il palmo rivolto verso l'alto, e il demone vi lasciò cadere
la catenella. L'angelo prese la chiave e se la rigirò tra le dita,
dubbioso.
-
Perché non la provi? - propose Crowley indicando la vecchia toppa
arrugginita della porta davanti a loro.
L'altro
sollevò lo sguardo su di lui, scandalizzato. - Hai rubato la chiave
della biblioteca?! -
-
Non essere sciocco! - rise l'altro. - Certo che non l'ho fatto. Che
bisogno avrei avuto di rubarla quando mi basta uno schiocco di dita
per far scattare la serratura? No, quella chiave è tua, da adesso. -
L'angelo
sbatté un paio di volte le palpebre, sicuro di aver capito male. -
Mia? In che senso mia? -
-
Be', non esattamente tua. - precisò il demone. - Ma da questo
momento, Fratello Francis non sarà più solo il giardiniere della
tenuta, avrà anche il compito di occuparsi della povera biblioteca
in rovina e dunque ne avrà libero accesso ogni volta che vorrà. -
Di
nuovo, Aziraphale parve non cogliere appieno il significato delle
frasi pronunciate da Crowley e il demone esalò un sospiro, pronto a
fornirgli una spiegazione che, evidentemente, era fuori dalla portata
dell'amico, a volte incommensurabilmente lento.
-
Ho avuto un abboccamento con la signora Dowling e le ho parlato della
tua passione per il libri. Ho buttato lì qualche accenno casuale
alla biblioteca lasciata andare in malora al piano di sopra e mi sono
permesso di avanzare un piccolo suggerimento, sai bene quanto possa
essere convincente se mi metto d'impegno. Et voilà!
Congratulazioni, Fratello Francis, nuovo custode della biblioteca di
casa Dowling! -
Il
cervello di Aziraphale metabolizzò quelle informazioni e,
contemporaneamente, il suo viso tondo si aprì in un sorriso colmo di
stupore.
-
Hai fatto questo per me? - domandò, al limite dell'incredulità.
Crowley
abbassò lo sguardo sulle proprie dita, impegnate a tormentare un
bottone della camicetta. - Be', immagino di essere stato un po',
ehm... -
-
Scontroso? Puntuto? Insopportabile? Odioso? Ingrato, sarcastico e
ostile verso chi stava solo cercando di darti una mano? - suggerì
l'angelo, divertito.
-
Ora non esagerare. - protestò il demone. - Comunque, consideralo un
modo per ringraziarti del consiglio che mi hai dato col piccolo
Warlock. Quel libro ha funzionato, sai? -
-
Te l'avevo detto. - ridacchiò l'angelo. - Ero sicuro che si sarebbe
rivelato utile. Bastava togliere tutto il divertimento e lasciare
solo le parti noiose, giusto? - ammiccò, restituendo a Crowley le
sue stesse parole.
-
Già, proprio così. - assentì l'amico conservando il sorrisetto
sbilenco e soprassedendo sulla frecciatina che, col senno di poi, si
era proprio meritato. - Allora, vuoi entrare nel tuo nuovo regno o
no? - aggiunse, picchiettando con le dita sulla porta.
Aziraphale
gli regalò un altro sorriso radioso e infilò la chiavetta nella
vetusta serratura, diede un paio di giri e il meccanismo scattò
docilmente. L'uscio si socchiuse con un cigolio e l'angelo entrò,
seguito da Crowley, in attesa di assistere alla sua reazione per ciò
che avrebbe trovato all'interno.
La
biblioteca era la stessa del giorno prima ma qualche significativo
cambiamento era già avvenuto, a cominciare dalle tende, non più
divorate dalle tarme, ordinatamente tirate ai lati delle finestre,
dai vetri che splendevano della luce aranciata del tramonto come se
fossero appena stati lucidati, e dalle ragnatele completamente
sparite (Crowley aveva penato non poco per convincere i ragni a
trovarsi un'altra sistemazione), perfino l'odore di chiuso e umidità
era stato sostituito dal profumo inimitabile della carta,
dell'inchiostro e del cuoio.
Aziraphale
era senza parole. Si guardava intorno come se vedesse quella stanza
per la prima volta, come se non vi fosse entrato solo poco più di
ventiquattro ore prima.
-
Crowley, sei stato tu a fare tutto questo? - esalò, stupefatto.
-
Di certo non è merito di quelle sfaticate delle cameriere. - ghignò
il demone. - Ma il grosso del lavoro spetterà a te, d'ora in avanti.
Io ho solo dato una ripulita. -
-
Fammi indovinare, uno dei tuoi miracolini demoniaci? - rise
Aziraphale.
-
Esatto. - rispose Crowley, che invece non rideva affatto e studiava
con apprensione il volto dell'angelo. - Quindi, ehm... sei contento?
Di questo nuovo incarico, dico. Ne sei felice? -
D'istinto,
Aziraphale prese la mano dell'amico tra le proprie e gli indirizzò
un sorriso caldo come un pomeriggio d'estate. - Oh, sì, tanto.
Grazie Crowley. Dico davvero, grazie. Hai fatto una cosa bellissima e
te ne sono molto grato, sul serio. -
Il
demone si ritrovò la bocca più secca di un deserto e la voce
imprigionata da qualche parte nei pressi della laringe, così si
accontentò di annuire, concedendosi di riprendere a respirare solo
quando Aziraphale gli ebbe lasciato la mano per dedicarsi con slancio
alla sua nuova attività, a cominciare dalla catalogazione degli
ospiti presenti sugli scaffali.
-
Ora sarà meglio che vada. - disse, cercando di suonare il più
noncurante possibile. - Ho promesso a Warlock di passare in camera
sua per leggergli un'altra fiaba di quel libro. Me ne ha chiesta una
in particolare ed è stato piuttosto categorico. -
-
Quale, caro? -
-
La Bella e la Bestia. -