Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: PawsOfFire    01/10/2019    2 recensioni
[Versione rivista, riscritta e corretta di "Furia Nera"]
Nel cuore della Russia più profonda vivono le tigri. Enormi felini d'acciaio dal motore ruggente dominano la terra.
1943.
Tra leoni, pantere, topi, linci ed elefanti l'esercito tedesco sembra quasi un circo.
Bastian Faust è un domatore di tigri. O almeno, pensa di esserlo. Armato di frusta e buone intenzioni, è fermamente convinto di potersi esibire, un giorno, al Bolshoi di Mosca.
Sembrerebbe quasi una storia di successo. Se solo non ci fosse la guerra e la tigre in questione non fosse un carro armato.
Mosca, in ogni caso, è la meta prefissata. Una storia dolceamara di insuccessi di Bastian Faust, un capitan carrista dell'esercito tedesco, e tutto il suo folle equipaggio.
Riusciranno ad arrivare nella capitale russa? o sarà la capitale russa ad andare da loro?
Genere: Commedia, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gennaio 1943 (o così sembrerebbe)


Ogni mio passo affondava di mezzo metro dentro la neve.
Non c'era altro, solo neve. Una desolante piana ricoperta di neve. Anche sugli alberi c'è la neve. Sempre che quelli all'orizzonte siano alberi. Le lenti del mio binocolo si erano appannate a contatto con l'aria fredda e, nonostante la mia pulizia continua, continuavo a non vedere oltre al mio naso...
«Capitano, la giornata è splendida. E' sicuro che il binocolo sia a fuoco?»
«La mia parola contro la tua, Weisz»
«Lo ha detto, Capitano»
Mi nascosi per controllare la messa a fuoco. Si, aveva ragione, quel maledetto. Ma io sono il Capitano e decido io. Essere contraddetto non fa parte del mio stile.
Contraddire, però, è nelle corde di quell'imbecille di Tom Weisz, il mio pilota. Nonostante io, Bastian Faust, abbia la prestanza di un plotone di cosacchi a diguno da mesi, sono stato costretto a scendere a patti con quattro imbecilli perchè, beh, un carro armato non si muove da solo.
Ed ho iniziato da quello più intelligente, nonchè l'unico che riesca a vedere nel raggio di cinque metri.
Il fatto che la neve non ci consenta di proseguire non è una scusa per potersi allontanare dal carro armato e farsi i cazzi propri.
«Non è che siamo impossibilitati a proseguire» continuò Tom Weisz «La neve è troppo alta e ci siamo...invischiati»
«Se avessimo un pilota all'altezza di questo carro» replicati «non ci saremmo impantanati. Non ha la più pallida idea di quanti motori ho dovuto ungere per avere un Panzer Tiger, Weisz. Letteralmente, intendo.»
Sotto il pallido sole della Russia continentale, nel silenzio dell'inverno, potevo sentire Tom Weisz battere i denti dalla rabbia, ingoiando boli di saliva spessi come macigni pur di non saltarmi addosso e spaccarmi la faccia. Così è la vita.
Gli altri...dove sono, gli altri?
Ah! ecco il mio marconista. Maik Gerste. Dovrebbe, in teoria, occuparsi dei collegamenti radio E della mitragliatrice. In realtà si occupa solo della mitragliatrice. Così, ogni volta che siamo nella merda, nessuno sa come raggiungerci. Non succede mai, per fortuna, siamo perfettamente autosufficenti.
Non credo che Maik sappia leggere o scrivere. A volte ho il dubbio perfino sulle sue facoltà linguistiche e spesso è preda di allucinazioni che lo portano a confondere i sassi con i russi.
Gli alberi con i russi. Noi stessi con i russi. Una volta, mentre dormivo, mi sono ritrovato la sua ursina presenza addosso e le sue zampe artigliate e pelose sul collo mentre, ringhiando, esclamava: «Guderian mi è apparso in sogno e mi ha detto che devo ucciderti perchè sei una spia sovietica e ti chiami Dimitri Mendvov»
In teoria dovrei avere (si parla per ipotesi, non essendo visibili nel raggio di cinque metri) un servente e un cannoniere. Giuro che non so chi sia l'uno e chi sia l'altro. Solo i nomi mi sono dati a sapere. Klaus Achen e Martin Jager.
Uno è il più vecchio, l'altro è il più giovane. Uno è basso e grasso, l'altro alto e magro. Uno ha i baffi, l'altro no. Uno è sposato ed ha due figli, l'altro no. Non hanno niente in comune, se non la passione per la diserzione ed un malcelato amore per Stalin. Giuro di aver visto degli opuscoli rossi nascosti dentro gli stivali. Loro giurano che servano a tener caldo.
«Capitano» uno dei due, Klaus, si palesò ai miei occhi.
«Io e Martin pesavamo di disertare. Ci servirebbe la sua autorizzazione»
«Perchè dovrei darvi la mia autorizzazione?»
«Perchè così, se dovessimo incontrare qualcuno, ci basterebbe dire che lei ci ha autorizzato a disertare, così ci lascerebbero andare»
Bene, adesso quello che digrignava i denti nella riecheggiante piana nevosa ero io.
Per fortuna Tom decise di provare a far ripartire il carro ed io fui grato di fare eco alla sua voce.
Dimenticavo: il nostro marconista, Maik, soffriva di claustrofobia. Così non entrava mai dentro il carro, preferendo la postazione esterna, ideale per rosolare tra l'acciaio fetido ed i fumi della benzina.
Poi dai piani alti vengono a dirmi che fumare fa male. Ci metterei la firma per poter arrivare al momento in cui mi ammalerò ai polmoni per le sigarette! Amo l'ottimismo delle menti del Reich.
L'unica direzione che riuscimmo ad intraprendere fu, in ogni caso, la marcia indietro.
Per un bel pezzo. Fin quando Maik non decise di avvisarmi della presenza di un russo tirandomi un pugno in testa. Quasi non persi il cappello e mi maledissi per aver tenuto la testa fuori da quella fucina bollente che era l'interno del carro.
«Capitano. Russo all'orizzonte»
Presi i binocoli.
«Non c'è un cazzo, Gerste. Adesso posi quel maledetto Pervitin»
«Capitano, è fuori fuoco»
«La visuale è perfettamente a fuoco. In ogni caso decido io quando la visuale è a fuoco e quando non lo è-»
«Gerste, vuole che ordini un colpo di cannone, se questo la rende felice?»
«Capitano, sarebbe davvero gentile-»
Sbuffai
«Achen, Jager. Caricate e colpite. Dove volete»
«Non è pericoloso, Capitano?»
«In effetti avete ragione. Se disobbedite ai miei ordini potrei sbattervi davanti alla corte Marziale e, nel migliore dei casi, potreste essere impiccati.»
Sbiancarono, certo. Ma eseguirono il mio ordine.
Ci fu un boato. Alcuni alberi si spezzarono, abbattendosi l'uno contro l'altro in una cascata di schegge e neve ghiacciata.
«Niente russi. Li abbiamo presi» commentò Maik con un grugnito allegro.
Non obiettai.
«Andiamo, ora. Sono stanco di continuare questa farsa »


A metà strada ci fermammo. Entrambi, carro ed equipaggio, avevano bisogno di bere qualcosa.
Noi, però, non avevamo nulla per dissetarci. Il ferrovecchio, invece, aveva una deliziosa tanica di benzina che, con qualche preghiera a favore, ci avrebbe permesso un dolce rientro senza dover fare il rabbocco. Avevo perfino dato un nome al carro armato: Zwing. Non significa nulla, certo. Ma...il suono è gradevole. Come se lo avessi già sentito da qualche parte.
Forse era un ballo.
Un ballo molto divertente che adesso non esiste più.
Sostammo tra alcune casette disabitate. O meglio, ciò che ne restava.
Con mezzo metro di neve sui tetti diroccati e le assi sporgenti, appuntite e cotte dal fuoco, si intravedeva il fienile. O forse era una stalla. Metà dell'edificio era collassato per le fiamme e l'altra metà per la neve. A giudicare dalla piana forse, oltre il capanno, doveva esserci un campo di...di qualcosa. Qualunque cosa ci fosse stata, adesso, non è altro che ghiaccio.
Accanto alla stalla c'era una casa. Il tetto era stato divorato per metà dal fuoco ma, fortunatamente, buona parte dello stabile era ancora in piedi.
Mandai Klaus e Martin in avanscoperta. Sicuramente altri prima di noi avevano battezzato con le fiamme questa dimora di nessuno ma la speranza che ci fosse ancora qualcosa di commestibile superava la rassegnazione.
«Capitano. Se qui dentro ci fosse un covo di russi pronto ad assaltarci?» chiese Klaus mentre, con l'agilità di un sasso, rotolava fuori dal carro armato.
«Se l'Armata Rossa non ha niente di meglio da fare che nascondersi in un edificio collassato nel bel mezzo del nulla...beh, forse questa guerra è vinta davvero» commentai, accendendomi una sigaretta.
In quanto Capitano, potevo starmene comodamente appoggiato al bestione di ferro mentre i miei sottoposti faticavano a muoversi tra la neve.
«Magari è un'imboscata»
«Ha un'arma, no? E' nel foderino, proprio qui. Sa, è utile per salvarsi la pelle»
Per chiarire il concetto, mimai il gesto, senza rendermi conto che, poco distante da me, Tom stava versando una tanica di benzina nel serbatoio.
«Stia attento con quella cazzo di mano!»
«Qui comando io e le assicuro che ogni mio gesto è perfettamente calibrato» lo rimproverai, portandomi nuovamente la sigaretta alla bocca.
«Per poco non saltavamo tutti in aria!»
«Saltare in aria? Capitano, questo è un campo minato?» pigolò Klaus che, anzichè entrare nell'abitazione, si era fermato ad annaspare per la fatica «Lo sapevo, che era una trappola sovietica!»
«Basta! Basta! Seri! Qua passati i russi. Tedeschi morti qui» Ringhiò Maik, spezzando la lite.
A quattro zampe come un cane, naso piantato a terra, scavava sotto ad una tettoia diroccata.
Sotto numerose assi cedute sotto il peso della neve il ghiaccio sporgeva un avvallamento di stoffa verdastra, rigida e secca. Inutili furono i miei tentativi di far desistere Maik dal dissotterrare il macabro ritrovamento di due corpi.
«Neve soffice. Si scava bene» i grugniti annaspanti di Maik si fecero sempre più insistenti fin quando, finalmente soddisfatto, estrasse uno dei due uomini per riportarlo in superficie ed esaminarlo.
A modo suo, ovviamente. Come la bestia ringhiosa che era, Maik annusò la salma profanata e frugò nei vestiti rigidi ed incostrati dal ghiaccio.
«Qua da non molto» sentenziò, rigirando il pover uomo dal volto contratto in quella che sembrava una richiesta di pietà «Ha un buco qui. E qui. Capitano, posso prendere proiettile? No mostrine. Peccato, volevo mostrina. Maik non ha mai avuto una mostrina»
Mi chiedo perchè.
«Gerste, per favore. Lasci in pace quei poveri diavoli. Non credo siano stati i russi. Penso fossero...» lanciai uno sguardo verso Klaus e Martin che, nel frattempo, avevano ignorato i miei ordini e stavano nuovamente consultando la mappa: «disertori»
I due, improvvisamente, rizzarono le orecchie e, con una rincorsa di inaudita potenza, corsero verso la casa che avrebbero dovuto ispezionare e sfondarono la porta.
Riebbi notizie solo dieci minuti più tardi, quando riemersero con una bottiglia di piena e un'improvvisa voglia di vivere.
«Capitano, aveva ragione! Guardi cosa abbiamo trovato!»
«Mi deludete. Quando mai ho avuto torto?»


Storditi dal vento freddo e dal nevischio che non troppo lentamente iniziava a farsi più insistente, tornammo a marciare. Se non altro il carro armato era una fucina incredibile di calore, nonchè di fetore metallico. Sembrava di essere costantemente nel bel mezzo di un estate caraibica, nonostante abbia una vaghissima idea di dove siano i Caraibi, nonchè del loro clima. Penso faccia molto, molto caldo, più o meno come dentro a questa ferraglia dopo mezz'ora di marcia.
Avevo un problema, però. Un grosso problema.
Dovevo inventarmi una balla credibile per giustificare il nostro ritorno.
Dopo cinque minuti di profonda meditazione, giunsi all'unica balla plausibile: la nostra missione si era rivelata un indiscusso successo, così eravamo tornati al campo con due giorni d'anticipo rispetto alla settimana d'impiego pronosticata.
Rispetto agli altri, intendo. Non eravamo rimasti indietro. Avevo fatto tutto noi e gli altri, allocchi, erano ancora in marcia.
Per questo, al nostro ritorno, meritavamo davvero applausi e cori gioiosi, inni e canti che invocavano il mio nome.
Al massimo, però, venimmo accolti da uno sbuffo perchè "Quel perditempo di Faust è tornato"
O meglio, testuali parole del Colonnello: «Oggi, da qui alla Francia, molti uomini coraggiosi sono morti e gli unici che speravo andassero dritti ai Campi Elisi sono tornati completamente illesi» il tutto coronato da un rossore in volto, mano tremante e sputacchi infettivi verso la mia magnifica persona e tutto il mio equipaggio.
Per un attimo ebbi la grande idea di cercarmi il cappio al collo facendogli notare che Illesi è quasi l'anagramma di Elisi ma tutto sommato ho ancora abbastanza amor proprio da non infilare il dito in quella piaga infetta che è un superiore furibondo che, tutto sommato, comprendeva perfettamente il perchè gli altri carri abbiano preferito lasciarci indietro anzichè soccorrere il nostro motore ingolfato.
D'altronde il cammino per la grandezza è un sentiero irto di ostacoli e spesso si culmina con la dipartita della grande anima.
Il mio scopo, alquanto nobile ma un filo più egoistico, è riuscire a conciliare la grandezza con l'attaccamento alla vita. La gloria posso posticiparla.
Ho una vita intera per continuare la scalata verso il tempio degli assi del fronte Orientale.
Vero?
Lanciai uno sguardo ai miei uomini, prontamente ricambiato da occhiate di sdegno.
Se il loro culo è ancora ancorato a questo infausto mondo è anche grazie a me!
Irriconoscenti.
Forse questo è il duro e triste destino di un capitano.


 


Note:

Guderian: 
Uno dei più importanti generali della divisione corazzata tedesca
Pervitin: Droga estremamente abusata dall'esercito tedesco. Con una confezione a tubetto dal brand simile a quello della Coca Cola, al Pervitin si possono attribuire indiscusse vittorie.


Cosa è cambiato? (Per chi ha letto "Furia Nera") 

Zwing Tiger/ Furia Nera: Essendo quasi intraducibile in tedesco ed avendo una strana similitudine sia con il film Fury che con Dragon Trainer (che adoro, ma) ho deciso di cambiare nome al carro e, di conseguenza, alla storia. Zwing non ha un significato. Potrebbe derivare da Zwingen (costretto, obbligato) che da Swing, un popolare ballo che venne vietato in seguito all'instaurazione di un governo nazional socialista.

Capitoli: Capitolo uno e due accorpati.


 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: PawsOfFire