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Autore: Katekat    01/10/2019    2 recensioni
– Tu sai come mi chiamo?
– Sì che lo so, tu ti chiami “Bambino”. Tu sei il Bambino.
Il Bambino che non somiglia a nessuno.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Tonks, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Il sangue dei dinosauri
 

- Berrò il sangue dei dinosauri, così diventerò fortissimo.
Così nessuno potrà farmi del male, come hanno fatto a mamma e papà. E nessuno farà del male a te, nonna, perché ti difenderò io; sarò il più forte di tutti.
…. Nonna, mi senti?

 
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C’è un ragazzino che la guarda e piange.
Lei non ha idea di chi sia, non se lo ricorda più.
È in una stanza che non conosce. C’è una donna anziana, in piedi – sembra molto triste, ma non piange. Tiene le mani sulle spalle del ragazzino che invece continua a fissarla con occhi pieni di lacrime.
Lo guarda meglio – no, non somiglia a nessuno. No, non si ricorda proprio di chi sia quel bambino.
Chiude gli occhi.
Eccolo, finalmente.
Il rumore del Mare.
E poi si ricorda.
Ma certo: il Bambino. La Vecchia Donna.
I protagonisti di una Storia.
Ma la Storia di chi?
 
 
Una Farfalla tiepida le accarezza la mano.
Apre gli occhi.
Luce.
Le onde non si sentono più.
– Le onde non si sentono più.
– Ti sei svegliata.
Gira la testa – è piena di ovatta.
C’è un sorriso a mezzaluna su quel piccolo viso.
Oggi le sembra di averlo già visto da qualche parte, prima.
Ma non c’è più un prima né un dopo nella sua testa.
– E’ piena di ovatta.
Che cosa, le chiede una voce.
- La mia testa. E’ piena di ovatta.
Gira lo sguardo intorno alla stanza, cercando da dove viene la voce.
Non c’è nessuno. Tende svolazzano nella luce. Chissà se dietro di esse c’è il Mare.
La voce sarà del Bambino; non c’è nessun altro, a parte lui.
Quasi quasi gli chiederebbe di scostare le tende; vuole vedere se c’è il Mare. E lei si sente troppo debole per alzarsi da quel letto di ovatta. Morbido, si affossa sotto il suo corpo – come la sua testa, si incurva di pensieri rotondi, slegati, sformati. Una matassa di lana imbevuta di acqua che lenta si disfa.
– Dimmi, tu lo senti il Mare?
Il Bambino la guarda senza espressione. Le posa una manina sulla sua. Era quella la carezza tiepida della farfalla che l’aveva svegliata.
Lo guarda meglio.
– Non somigli a nessuno che conosco.
Il Bambino sembra molto triste, ma non piange.
– Mi hai sempre detto che somiglio alla mamma, e a te. E solo poco poco a papà.
Non ha idea di cosa stia parlando.
Il soffitto è molto luminoso. Le tende sono bianche, sembrano leggere come piume. Pensieri morbidi continuano a rotolare senza senso nella sua testa, da un angolo all’altro. Ovatta le riempie le orecchie.
Una Falena fredda le accarezza una mano.
Abbassa lo sguardo.
Il Bambino le ha messo davanti una foto in una cornice pesante, d’argento, fredda come una falena.
Delle figurine si muovono incerte al suo interno. Ma i suoi occhi sono troppo offuscati per metterle a fuoco.
– Ti ricordi? – la voce del Bambino trema, come un trapezista scosso da un forte vento sull’esile filo. – Mamma, papà… e io. Ero appena nato.
Ma c’è solo nebbia davanti alle sue pupille. Lascia ricadere lentamente la foto.
– Lo senti il Mare? – chiede.
Il Bambino abbassa la testa. Lei torna a guardare il soffitto. Piccole ombre vi si muovono attraverso come piccoli insetti – farfalle. Lo sente piangere, le sembra stia piangendo. O forse sta solo imitando lo scroscio delle onde sulla sabbia.
Se lo ricorda benissimo, quello.
– Sai, quand’ero piccola… mio padre… – si interrompe, si rabbuia. – No, mio padre non ci ha mai portate in spiaggia da bambine. Ci sono andata più tardi, con mio cugino Sirius. Ero più grandicella, allora… Te lo ricordi Sirius?
Qualcuno bussa alla porta.
La Falena, teme per un momento.
Invece entra una bellissima Farfalla vestita di bianco. Non vola, ma si muove piano, senza far rumore – come se volasse.
Il Bambino si asciuga le lacrime e solleva lo sguardo su di lei.
– Ora devo andare, nonna. Verrò a trovarti domani, ok? Non ti sentire sola, e cerca di non fare incubi stanotte.
Annuisce, la testa piena d’ovatta.
– Tu te lo ricordi Sirius? Sai, ero un po’ innamorata di lui.
- E’ ora di prendere le sue medicine, signora Tonks.
 
---
 
– E’ stata colpa mia, vero, nonna?
Oggi il Mare non si sente.
– Le hai portate le farfalle nel tuo barattolo di vetro?
– E’ stata colpa mia. – I capelli del Bambino oggi le sembrano diversi. Più cupi, più spenti. Non erano di quel colore l’ultima volta che è venuto. Quelli se li ricorda bene, oggi. – Non sono stato abbastanza forte per difenderti. E i cattivi ti hanno presa.
Presa. I cattivi. Come le Farfalle intrappolate in un barattolo di vetro. Se la luce riuscisse a passarci attraverso, solo un raggio, rimarrebbero stecchite – bruciate le ali.
– Il sangue dei dinosauri fa diventare fortissimi. I dinosauri sono i più grandi di tutti. Sono imbattibili. Ti ricordi, nonna? Dovevamo preparare quella pozione speciale per farmi diventare forte come un dinosauro. Tu dicevi che l’ingrediente che ci mancava era solo uno: proprio il sangue dei dinosauri. Non l’abbiamo trovato, nonna. E i cattivi ti hanno presa…
I dinosauri. Il sangue.
Sangue sull’ovatta. La impregnava su un lato della testa. Puzzava. Era calda. Ferro. Sangue.
– Sirius e Regulus giocavano con i dinosauri – dice all’improvviso. Si accarezza i radi capelli sulla tempia. – Si sdraiavano sul tappeto del Grande Salone, a pancia in giù. Sirius sceglieva sempre il T-rex. Regulus si arrabbiava, perché gli lasciava il Brontosauro. Che era grande, ma buono. Mangiava solo erba, e non faceva male a una mosca. Invece il T-rex era cattivo, il più cattivo. – Si gira improvvisamente. Fissa il Bambino. – E tu quale avresti scelto da bere? Il sangue del T-rex o il sangue del Brontosauro?
Il Bambino non esita quando risponde.
– Il Brontosauro. Ha il collo più lungo, e ci vede da lassù meglio di tutti. Vede arrivare prima il nemico. Invece il T-rex ha le zampette corte, non può difendersi se il suo nemico non è vicino abbastanza.
Annuisce. Un pensiero si è come ricollegato nella sua mente. Da tondo, curvilineo, si è spiegato, è diventato una retta tesa, scossa da un forte vento – vacillante ma regge.
– Hai ragione, Reggie. Sirius si sbagliava: il T-rex non è il più forte di tutti. Bronto sì che lo è, Bronto ci vede lungo. Tuo fratello era un idiota.
- Nonna…
Sposta lo sguardo sul Bambino, aggrotta le ciglia. Non somiglia a Reggie.
– Non somigli a nessuno. Chi sei?
Inutili.
Inutili sono le foto che lui le fa vedere.
I disegni.
I nomi scritti in stampatello.
Ormai non ha più la vista per leggere. Vede solo luce e ombra, i colori neppure tutti.
Vede il Bianco – tende, soffitto, ovatta, Farfalla che entra in silenzio e sorride, quando entra il Bambino dice “è tardi, nonna, devo andare, ci vediamo domani”.
Vede il Nero – il Mare profondo, la notte, Regulus e Sirius avevano i capelli neri, anche Bellatrix aveva i capelli neri, troppo lunghi, troppo spessi, erano serpenti...
– Tu sai come mi chiamo?
– Sì che lo so, tu ti chiami “Bambino”. Tu sei il Bambino.
Il Bambino che non somiglia a nessuno.
– I tuoi capelli erano diversi prima. Mi prendi in giro?
Scuote la testa. – Non è colpa mia. Lo fanno da soli. Come la mamma. Ho preso da lei, me l’hai detto tu. Lei li aveva quasi sempre rosa, quando era contenta. L’ho vista in foto.
Rosa.
Non ha idea di cosa sia.
Esiste un colore che non sia bianco o nero?
 
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Un giorno il Bambino arriva, e i suoi capelli sono finalmente di un colore che lei sa riconoscere.
Sono neri.
Come il Mare profondo, la notte, i capelli di Sirius e Regulus, anche i capelli di Bellatrix erano neri, sembravano vivi, come serpenti…
Lo guarda incuriosita. E non gli chiede se le abbia portato Farfalle in un barattolo, o il rumore del Mare.
– Somigli a qualcuno, oggi.
Gli fa un debole cenno con la mano. Vieni qui, avvicinati.
I capelli del Bambino sono ovatta sotto la sua mano. Ha il viso tondo. Una mezzaluna sdentata sulla faccia. Ha perso i denti da latte, sul davanti. Tocca il buco che hanno lasciato. E il Bambino fa lo stesso: tocca la bocca della nonna, priva di denti. Si studiano a vicenda, si riconoscono al tocco.
– Come mi chiamo, nonna?
Esita.
Lui capisce che ha bisogno di un aiuto.
Qualcosa sfarfalla sotto il suo sguardo smorto.
Un foglio.
Il Bambino le prende la mano nella sua, le passa l’indice sulle grosse lettere in rilievo, una per ogni foglio.
Leggi, nonna, ti aiuto io.
T
E
D...
- Ted.
– No, nonna, vai avanti. Mi chiamo Teddy, non Ted. Avanti, solo un altro piccolo sforzo. Dai, puoi farcela...
Il Bambino piange, ma ride anche.
Ride anche lei. Non sa perché. Le Farfalle si sollevano svolazzando verso la finestra. Fanno un rumore come quello del Mare.
- Tu giocavi con i dinosauri? Con Sirius e Regulus?... Sirius sceglieva sempre il T-rex, credeva che fosse il più forte. Ma Regulus…
– Il mio preferito è lo Pt-pterodattilo. Guarda, nonna, te lo faccio vedere.
Ma stavolta, ben prima che la Farfalla bianca scivoli a posarsi su di lei, gli occhi le si chiudono.
Le giornate si accorciano.
Non ha preso le sue medicine, oggi.

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Il Bambino viene ogni giorno.
Non sa chi sia, non somiglia a nessuno. Non le ricorda nessuno.
A volte c’è la Donna Vecchia, con lui. Non piange, ma sembra molto triste.
E’ molto vecchia. Ha i capelli di ovatta bianca, e profonde rughe incise nella pelle.
Il Bambino le porta foto, pupazzi, disegni. Parla molto. Ma quando lei gli chiede di Sirius e Regulus, e di Bellatrix e Cissy, lui non risponde. Non sa rispondere. E lei allora si arrabbia, e lo caccia dalla stanza. Falene dagli artigli affilati si alzano verso il soffitto, allora, e le graffiano la testa. La aprono, le portano via l’ovatta da dentro. Non sente più il rumore del Mare.
E’ la sua punizione, per essere stata cattiva col Bambino.
Una volta la Donna Vecchia le si siede accanto. È la prima volta che lo fa. In genere su quella sedia siede il Bambino.
Non sopporta che ora ci sia qualcun altro, lì.
– Quella è la sedia del Bambino. Non è sua. Deve alzarsi.
– Io mi ricordo di Sirius e Regulus – dice all’improvviso la Donna Vecchia. – Mi ricordo che giocavano ai dinosauri sul pavimento del Grande Salone, e che Sirius sceglieva il T-rex perché voleva vincere sempre.
È stupita. Finalmente qualcuno che sa, che ricorda.
Allora è veramente successo. Non si è inventata tutto.
La guarda meglio. Ora le sembra che la Donna Vecchia pianga. In genere non lo fa, è solo molto triste. Ora invece sembra proprio pianto quello nei suoi occhi.
– E’ successo qualcosa di brutto a Sirius? O a Regulus? Bellatrix è scappata di casa? O alla fine ha sposato quel… quel… come si chiamava?
La donna sta facendo il rumore del Mare. Dietro le palme che tiene serrate sulla faccia. Sì, non può sbagliarsi: è il rumore del Mare, quello.
– Sirius è morto, l’ha ucciso la sua imprudenza. E Regulus è morto, l’ha ucciso il suo Padrone. E Bellatrix è morta, anche lei. L’ha uccisa suo marito. Sì, alla fine l’ha sposato, Lestrange. E no, quella che è scappata di casa sei stata tu, Andromeda. Hai rovinato tutto, ci hai rovinati tutti.
La Donna Vecchia ha parlato quasi con odio. China di nuovo la testa, torna a coprirsi il viso.
Lei rimane in silenzio a lungo. Qualcosa per un attimo ha risonato, dentro di lei, a quello che ha detto la donna con i capelli di ovatta. Fragile come una farfalla, ma ora le sembra che abbia gli occhi di una Falena – grinzosa e sfigurata come una falena. Qualcosa per un attimo si è smosso, dentro la sua testa – da curvo e pieno si è spezzato, è diventato dritto e sfilacciato, ondeggiante nel vuoto. Le manca qualcosa per ricollegarlo, ricomporre quel filo spezzato – ma la donna non aggiunge altro.
– Dov’è il Bambino? – chiede. Si è ricordata improvvisamente di lui. Eppure, quando lui è presente, non se ne ricorda mai.
Il Bambino che non somiglia a nessuno.
Come attratto dal suo richiamo, eccolo ricomparire ai piedi del letto. La Donna Vecchia si eclissa come un incantesimo scaccia-falene.
– Eccoti. Dove sei stato? Ti ho cercato. La Donna Vecchia si è seduta al tuo posto.
– Davvero mi hai cercato?
– Eri a giocare con i dinosauri, dì la verità.
Era con Sirius e Regulus, e Bellatrix li guardava da lontano, mentre si esercitava nei suoi piccoli intrighi di magia oscura. E Cissy dov’era? Nei suoi ricordi lei non c’è mai.
– Io non ci gioco con i dinosauri. Io li uccido.
– Li uccidi? E perché? Sirius non li uccideva mica… solo quelli di Regulus, per vincere.
– Io invece li uccido e bevo il loro sangue. Il sangue dei dinosauri rende invincibili. È la pozione che sai fare tu, nonna.
Lei annuisce, come se avesse capito tutto.
E, in effetti, ha capito tutto: il rumore del Mare dietro la finestra, e il volo delle Farfalle sul soffitto – che diventano Falene quando la luce non c’è. Pian piano si trasforma tutto in ovatta, tutto diventa candido e avvolgente e privo di spigoli.
Gli fa cenno con la mano di avvicinarsi.
Gli tocca i capelli, e le labbra. Una mezzaluna di gengive indifese sul davanti.
Poi si tocca le proprie – gengive grinzose come una falena, altrettanto indifese.
– Non è vero che non somigli a nessuno – dice. – Somigli a me… Teddy.
  
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