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Autore: time_wings    01/10/2019    1 recensioni
Questa storia partecipa al #writober 2019 di Fanwriter.it
Dal testo:
Yuri non era stato in grado di capire quando avesse acconsentito a un’idea tanto folle. Lui odiava le sorprese, perché essere all’oscuro di qualcosa significava essere deboli e Yuri non si era mai permesso di mostrarsi debole, neanche davanti ad uno specchio, con nessuno a guardarlo se non i suoi critici occhi turchesi, che ogni volta lo sfidavano a dimostrare che valeva, che valeva più di tutti gli altri, che era un prodigio e che, se avesse voluto, avrebbe potuto sfondare nel panorama del pattinaggio di figura, con l’eleganza e la grazia che lo contraddistinguevano.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Yuri Plisetsky
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al #writober 2019 di Fanwriter.it
Prompt: Castagne
Numero parole: 3055
 
 

STRAPPO ALLA REGOLA


 
Yuri non era stato in grado di capire quando avesse acconsentito a un’idea tanto folle. Lui odiava le sorprese, perché essere all’oscuro di qualcosa significava essere deboli e Yuri non si era mai permesso di mostrarsi debole, neanche davanti ad uno specchio, con nessuno a guardarlo se non i suoi critici occhi turchesi, che ogni volta lo sfidavano a dimostrare che valeva, che valeva più di tutti gli altri, che era un prodigio e che, se avesse voluto, avrebbe potuto sfondare nel panorama del pattinaggio di figura, con l’eleganza e la grazia che lo contraddistinguevano.
Così, quando Otabek gli aveva chiesto, qualche giorno prima, di liberarsi per un pomeriggio aveva chiaramente opposto resistenza e aveva iniziato a fare capricciosamente il prezioso. Si era, però, subito deciso ad avvertire Lilia del fatto che avrebbe saltato un allenamento e l’aveva liquidata con un gesto della mano quando aveva iniziato a fargli la solita ramanzina. Questo, però, a Otabek non l’aveva ovviamente detto.
Quel pomeriggio, infatti, una moto nera era passata a prenderlo. Otabek aveva inchiodato e si era liberato del casco scrollando la testa e osservando compiaciuto il suo ragazzo che, nonostante il broncio, si era presentato all’appuntamento. Gli aveva messo un casco tra le mani al quale Yuri aveva rifilato un’occhiataccia e poi l’aveva costretto a metterlo.
“Sei sicuro di stare comodo?” Gli domandò Otabek, infilandosi il casco a sua volta e provvedendo ad allacciarlo all’altezza del collo.
“Sì, perché?”
“Perché sarebbe meglio una tuta o qualcosa del genere.” Replicò il moro, osservando scettico i jeans attillati di Yuri.
“Sto benissimo così, grazie.” Ribatté il biondo, facendo leva sul pedale e sedendosi alle spalle di Otabek.
Così Yuri si era trovato in sella a una motocicletta, senza avere la minima idea di dove si stessero dirigendo. Tutto ciò che riuscì a capire, tra una fitta di freddo ed un’altra, era stato che quella strada si inerpicava su una collina e che il vento gelato non accennava a placarsi, anzi, semmai ad intensificarsi.
“Mi dici dove diavolo stiamo andando?” Tentò per l’ennesima volta, picchiettando il fianco di Otabek per attirare la sua attenzione. Non ricevette risposta. Yuri aggrottò la fronte, irritato, lasciandosi andare ad un grugnito frustrato che si assicurò superasse il rombo del vento per arrivare dritto alle orecchie del suo ragazzo: “Che cazzo.” Ancora niente. Si abbandonò sconfortato sulla schiena di Otabek.
Yuri odiava le sorprese.
 
Otabek parcheggiò in uno spiazzo pavimentato al limitare di un bosco. Scese dalla motocicletta e si tolse il casco, osservando Yuri in attesa che scendesse dalla sella per riporlo nell’apposito vano insieme al suo. Il biondo, però, inarcò un sopracciglio: “È qui che volevi portarmi?” Domandò scettico, guardandosi attorno. Otabek abbozzò un sorriso: “Sì, ora scendi.” Ordinò, annuendo.
Il sopracciglio di Yuri continuò a salire in modo a dir poco disumano: “Ho litigato con Lilia e sono praticamente scappato da casa sua per… questo?”
Otabek pensò che fosse decisamente troppo superficiale per avere solo quindici anni. I ragazzini non preferivano passare il loro tempo in strada e accontentarsi anche di una lattina come pallone da calcio? Era chiaro che Yuri fosse un’eccezione.
“Oh, allora non ti sei trovato casualmente sotto casa mentre passavo di lì, ti sei liberato!” Lo smascherò Otabek, assottigliando lo sguardo.
Yuri sgranò gli occhi per un attimo, consapevole di aver fatto un passo falso: “E va bene.” Brontolò, prima di tornare ad indossare il solito broncio. Finalmente si decise a scendere dalla moto con un salto e a slacciare il casco. Si alzò il cappuccio della felpa sulla testa e piantò le mani in tasca, deciso a non farle più uscire di lì.
Otabek sistemò i caschi ed estrasse dal cassetto portaoggetti un cestino di vimini. Yuri lo adocchiò e alzò un sopracciglio confuso: “Mi stai portando a raccogliere fiori?” Lo schernì, con un sorriso sarcastico piantato in viso. Otabek desiderò di strapparglielo via a morsi, ma si contenne quando pensò alle lamentele che si sarebbe dovuto sorbire.
“Più o meno.” Disse invece, decidendo di godersi così la sua vendetta, mentre si incamminava nel bosco.
“Aspetta, che vuol dire?” Gli gridò dietro Yuri, raggiungendolo poco dopo. Otabek non si perse il leggero luccichio curioso nei suoi occhi, mentre guardava con interesse gli alberi dalle foglie marroni che iniziavano ad inghiottirli. La luce di un pomeriggio appena coperto filtrava attraverso i primi rami spogli.
“Adesso mi dici cosa stiamo andando a fare?” Domandò seccato Yuri, mentre camminava con passo pesante tra le foglie cadute. Ormai il moro non se la beveva più.
“Non ancora.” Si limitò a rispondere Otabek, continuando a camminare in silenzio: “Intanto raccontami, come stanno andando gli allenamenti?”
Yuri gli rifilò uno sguardo scettico, come a dire ‘Davvero vuoi parlare di questo?’, poi alzò gli occhi al cielo e scrollò le spalle: “Come sempre. Lilia mi stressa, come al solito, ma non mi lamento.” Iniziò, poi ci pensò su: “È che a volte è così rigida!” Sbottò, lasciandosi andare ad un piccolo sfogo: “Voglio dire so che vuole che sia il migliore, ma potrebbe anche smetterla di ficcare il naso nei fatti miei e lasciarmi stare, qualche volta.”
Otabek annuì, mentre Yuri continuava a sproloquiare su questo o quel salto che in allenamento non era venuto come voleva. Otabek sapeva bene quanto potesse essere pignolo sui suoi salti e la sua eleganza e poté anche solo immaginare quanto fossero sicuramente già perfetti e quanto, nonostante ciò, Yuri non riuscisse a ritenersi soddisfatto. Sospirò, allungando istintivamente la mano verso la sua tasca, mente parlava, infilandocela per afferrare la sua.
Yuri s’interruppe all’improvviso, voltando lo sguardo verso le loro mani, mentre il viso gli si imporporava adorabilmente. A volte il suo carattere scontroso e la quantità disumana di medaglie facevano dimenticare a Otabek che, in fondo, aveva solo quindici anni e certe cose gli facevano ancora un certo effetto. Sorrise internamente, deciso a sua volta a non dargliela vinta. Yuri alzò lo sguardo su di lui, come per accertarsi che non si fosse accorto del suo disagio. Otabek poté sentire quello sguardo turchese trafiggerlo con timore. Ricambiò, alzando le sopracciglia come a dirgli che sì, aveva capito e no, non gliel’avrebbe fatta passare liscia.
“Che c’è?” Domandò infatti, fingendo innocenza.
Yuri sbuffò: “Niente.” Esalò brontolando e alzandosi sulle punte per rubargli un bacio a fior di labbra, come a rimarcare le sue parole e dimostrare che era un duro e che non s’imbarazzava mai. Otabek alzò gli occhi al cielo.
Percorsero ancora una decina di metri, prima che Otabek si arrestasse, guardandosi attorno. Yuri si voltò a guardarlo e, non ritrovandolo più al suo fianco, alzò un sopracciglio confuso: “Che succede?” Domandò, calciando una pigna e ricacciando le mani in tasca a disagio.
Lui odiava le sorprese.
“Siamo arrivati.” Sentenziò Otabek, studiando il suo viso in attesa che la reazione esplodesse.
“CHE? E cosa avrebbe questo spiazzo che quello di cinquanta metri fa non aveva, scusa?” Domandò, incredulo. Per caso il suo ragazzo era impazzito? Aveva in mente di ucciderlo nel bel mezzo del nulla?
“Le castagne.” Rispose semplicemente Otabek, con una scrollata di spalle.
Sul viso di Yuri si dipinse la consapevolezza, mentre abbassava veloce lo sguardo ai suoi piedi. Quella che aveva calciato non era affatto una pigna, anzi, era una castagna in tutto e per tutto.
“Ho portato i guanti.” Aggiunse Otabek, tirando fuori dalla tasca del giubbino due paia di guanti da giardinaggio.
“E a che servono?”
Otabek lo guardò incredulo. Faceva sul serio o davvero non sapeva cosa significasse andare a raccogliere le castagne?
“Ma non l’hai mai fatto da piccolo?” Yuri scosse la testa perplesso.
“Le castagne non nascono mica sbucciate e cotte.” Lo prese in giro, infilandosi un guanto.
Yuri gli rifilò un’occhiataccia: “Lo sapevo.” Non lo sapeva.
“Hanno il riccio, quello che vedi a terra.” Spiegò, indicando gli aculei che spuntavano timidamente tra le foglie autunnali: “E non vogliamo che le tue manine di fata si riempiano di buchi.” Concluse, alzando un angolo della bocca in un sorriso divertito. Poi gli lanciò un paio di guanti da giardinaggio, che Yuri afferrò al volo e prese a fissare con una punta di disgusto.
“E tu hai dato per scontato che avrei accettato.”
“Beh, non è che ci sia molto altro da fare, qui.” Ribatté Otabek, con tutta l’ingenuità di questo mondo.
Che errore madornale. Un sorriso malizioso si formò sul volto del giovane, che alzò gli occhi su di lui mentre una luce vittoriosa gli iniziava a illuminare lo sguardo: “Io un’idea ce l’avrei.”
“Yuri.” Lo riprese il moro. Era da un po’ che facevano questo discorso, ma Otabek si era dimostrato da subito protettivo. Un po’ troppo, stando a quanto diceva Yuri. Il fatto era che Otabek non era sicuro che il biondo fosse pronto. Pensava, infatti, che tutta l’esuberanza e l’impazienza dei suoi quindici anni nascondessero una paura perfettamente naturale, ma che Yuri non riusciva a notare o, più che altro, ad accettare.
“Oh, avanti, ma qual è il problema? Tu l’hai già fatto!”
La sua irriverenza era incredibile e, soprattutto, con il suo essere tanto inaspettata e diretta era capace di cogliere di sorpresa Otabek con una facilità disarmante, mettendolo in imbarazzo nel giro di un secondo.
“Non c’entra niente, lo sai.”
Yuri alzò lo sguardo al cielo e sbuffò: “Allora voglio i neri.”
“Eh?”
“I guanti neri.” Precisò il biondo, sorridendo. Piccolo diavolo.
“Sei intrattabile.” Commentò Otabek, sfilandoseli dalle dita e lanciandoli al biondo, che sorrise appena, insoddisfatto di quella piccola vittoria che, in fondo, non gli aveva portato nessuna concreta ricompensa: “Andiamo un po’ più avanti.”
 
“Sei sicuro che sia la strada giusta?” Domandò Yuri dopo un po’, studiando la duna di terreno e foglie che aveva davanti e chiedendosi come avrebbero fatto ad arrampicarsi.
“Io te l’avevo detto di mettere qualcosa di comodo.” Otabek scrollò le spalle, indicando con un cenno del capo l’ostacolo, come ad invitare il biondo a darsi una mossa.
Un lampo di sfida gli percorse le iridi chiare: “Tanto lo so che questi pantaloni ti piacciono.” Lo prese in giro Yuri, arrampicandosi sulla duna con un’agilità ed un’eleganza meravigliose. Senza contare che aveva fatto decisamente leva sulle ginocchia più del necessario per assicurarsi che Otabek lo guardasse. La vena dispettosa nel suo tono, poi, contribuì a farlo arrossire, soprattutto perché Yuri aveva ragione e lui lo sapeva fin troppo bene. Quei pantaloni gli stavano da Dio: “Reggi questo.” Si limitò a dire Otabek, con una punta aggressiva nella voce, segno che la vittoria era andata per l’ennesima volta al biondo.
Yuri afferrò il cestino con un sorriso obliquo, chinandosi a prendere la prima castagna e studiandone le fattezze. Otabek, con una mano ancora su uno spuntone di roccia, alzò lo sguardo verso di lui, colpito dall’inconsapevole tenerezza di Yuri.
Dopo qualche secondo di silenziosa contemplazione da parte di entrambi, il biondo alzò uno sguardo interrogativo su di lui: “Che cazzo stai aspettando? Una carrozza?” Domandò acido, alzando le sopracciglia. Già, perché in fin dei conti Yuri era questo: una creatura all’apparenza celestiale che si rivelava per quello che era non appena apriva bocca, nel limbo tra un complicato paradiso e un dolce inferno.
“Nulla.” Replicò Otabek, che mai si sarebbe sognato di dar voce ai suoi pensieri.
Yuri scrollò le spalle: “Allora datti una mossa.” Lo incalzò, proseguendo per il sentiero senza aspettarlo. Otabek gongolò: “Sei impaziente, vedo.”
“Qui non ce ne sono molte.” Considerò Yuri, guardandosi attorno, con il cestino poggiato all’altezza del gomito.
“Ecco perché dobbiamo scendere seguendo quel sentiero.” Spiegò Otabek, indicando una corda legata al tronco di un albero, che fungeva da corrimano per la discesa, troppo scivolosa per via delle foglie cadute.
Yuri si voltò in un baleno a guardarlo, chiedendogli mutamente se non lo stesse prendendo in giro: “Sei pazzo? Vuoi che mi rompa una caviglia? È questo il tuo piano? Hai idea di quanti allenamenti sarei costretto a saltare?” Proruppe il biondo. Otabek non gli restituì alcuno sguardo significativo, preferendo un approccio più diretto e… pratico. Afferrò la corda con due mani e si calò tra gli alberi, non voltandosi indietro. Sentì Yuri sbuffare e seguirlo in silenzio.
“Fammi capire, hai preso i ricci e li hai messi nel cesto?” Domandò Otabek poco dopo, riappropriandosi del contenitore di vimini, nessuna traccia di emozione a modificargli il viso.
Yuri lo guardò come se fosse pazzo: “Cosa diavolo avrei dovuto fare, scusa?” Ribatté, già abbastanza annoiato dall’attività alla Heidi che il suo ragazzo gli aveva rifilato.
“Aprirli?” Rispose ironico Otabek, incredulo davanti alla totale inesperienza di Yuri. Quelli erano i momenti in cui si rendeva conto che la vita del biondo era davvero sempre e solo girata attorno alla danza e al pattinaggio.
Yuri prese a fissarlo, leggermente disgustato. A Otabek venne da ridere: “Che c’è? Hai paura che ti si spezzino le unghie?”
“Da’ qua.” Yuri afferrò velocissimo un riccio con la mano guantata e ne estrasse tre castagne, facendole rotolare all’interno della cesta. Lanciò l’involucro a terra, abbastanza lontano perché non se lo ritrovassero sotto i piedi (ma comunque con più veemenza del necessario), e prese ad esaminare il frutto con curiosità: “Questa ha un buco…” Considerò, studiandola ancora.
“Ah, vedi se ci trovi un tesoro.”
Yuri alzò uno sguardo annoiato su di lui: “Molto divertente…” Commentò, continuando ad osservarla.
“Ha il verme.” Spiegò lapidario Otabek.
“Eh?”
“Ha il verme.” Ripeté, con una certa fermezza.
Otabek vide lo sguardo disteso di Yuri trasformarsi in uno inorridito: “Puaaaaaah.” Gridò infatti, lasciando andare la castagna e accertandosi che il verme non si fosse intrufolato nei guanti neri che aveva guadagnato con tanta fatica.
Otabek lo studiò senza dire una parola, poi prese a raccogliere i ricci che trovava attorno a sé senza curarsi troppo di tutte le imprecazioni che Yuri gli stava indirizzando, a partire dalla sua strampalata idea fino ad arrivare alla sua stramaledetta ironia. Otabek finse di non sentirlo: “Devi raccogliere solo quelle cadute a terra e accertarti che siano sode e dure.”
Il dialogo unilaterare di Yuri si arrestò in un attimo. Seguì un momento di silenzio, poi sentì il giovane prendere fiato, pronto a parlare di nuovo: “No, Yuri, non ho intenzione di prenderti come esempio.” Lo fermò subito Otabek, ancora una volta non degnandolo della minima attenzione e continuando a fare ciò per cui era venuto: raccogliere le castagne... e nient’altro. Si ritrovò costretto ad ammettere, però, che sentì le guance andargli a fuoco.
 
Il resto del pomeriggio passò relativamente in fretta. Yuri si acquietò, o meglio, si rassegnò al suo compito e, lentamente, iniziò a mostrare la curiosità e l’entusiasmo che amava tenere nascosti sotto uno strato di asprezza che credeva lo facesse apparire più interessante. Otabek si sentiva sempre in dovere di dissentire su questo punto. Erano proprio questi rari momenti in cui Yuri abbassava la guardia a strabiliarlo, a fargli percepire uno strano calore nel petto, a ricordargli che lo vedeva comportarsi così solo con lui, che quell’atteggiamento era una sua esclusiva e che lo sorprendeva nei momenti in cui meno se lo sarebbe aspettato.
“Guarda questa! È enorme!”
“Allora ti stai divertendo…”
Il sorriso di Yuri si era spento goffamente, per lasciare posto al solito broncio: “Ovviamente no.”
Ovviamente, pensò Otabek, si sta divertendo.
 
“Dove stai andando?” Gli domandò Yuri, con una punta di timore nella voce, mentre lottava contro il vento per reggere la busta in cui avevano travasato le castagne.
“A finire quello che abbiamo iniziato.” Rispose atono Otabek, concentrandosi sulla strada.
“Oh…” Yuri esitò, mentre il moro ascoltava attentamente il vento per captare qualunque altro mormorio: “Okay.” Continuò infatti il ragazzo, muovendosi a disagio sul sedile. La paura che si dimenava impazzita nello stomaco, sotto uno strato di falsa noncuranza. Otabek sorrise nel casco.
“Allora… che vuoi fare?” Esordì Yuri, non appena ebbe richiuso la porta della stanza del residence in cui alloggiava il moro. Spostò il peso da un piede all’altro, visibilmente a disagio, ma certo del fatto che Otabek non sarebbe riuscito a notarlo.
L’aveva notato.
“Te l’ho detto.” Rispose il moro, avvicinandosi pericolosamente a lui. Ad ogni passo Yuri lo studiava, mentre un misto di paura ed eccitazione gli danzava nello sguardo.
Otabek alzò una mano, sfiorandogli una guancia e Yuri trattenne il respiro, poi la fece scivolare lungo il suo braccio fino a sfiorargli una mano. Yuri gonfiò il petto di aria e nervosismo, preparandosi alla mossa successiva con coraggio, poi il ragazzo gli sfilò la busta dalle dita e si diresse senza dire una parola verso il cucinino della stanza, lasciando Yuri all’uscio, decisamente confuso.
“C-che stai facendo?” Tentò il biondo, sbirciando.
“Non ho cambiato programma.” Spiegò semplicemente Otabek: “Cucino le castagne.”
Yuri si batté una mano in faccia con la stessa forza con cui la realizzazione lo colpì: “Ma certo.” Mormorò avvicinandosi.
“Che pensavi?”
Yuri gli riservò un’occhiataccia: “Idiota.”
 
“Come sono?” Domandò Otabek. Nella stanza faceva troppo caldo per via del forno, nonostante avessero aperto le finestre, lasciando passare la frizzante brezza autunnale.
Yuri era seduto scompostamente sulla sedia, con le gambe incrociate e un gomito poggiato con fare annoiato a reggergli la testa, coperta dal cappuccio della felpa. Otabek non aveva idea di come facesse a non sciogliersi.
Il biondo addentava sospettoso una castagna, sondando il terreno: “Non male.” Decretò poi, arricciando un labbro, mente studiava il punto in cui aveva morso.
“Mh.”
“Anche se questa è un po’ nera.” Considerò Yuri, mostrando l’imperfezione al suo fidanzato.
Otabek annuì, poi gli tese la mano: “Prendi la mia.”
Yuri esitò per un attimo con lo sguardo sul frutto, poi lo afferrò con una scrollata di spalle, cacciandoselo in bocca. Dopodiché si alzò, senza dare troppe spiegazioni e si avvicinò ad Otabek, chinandosi per posargli un leggero bacio sulle labbra, allontanandosi subito dopo per poter sfruttare la momentanea differenza d’altezza a sua vantaggio. Come previsto, il moro seguì le sue labbra, come attirato da una forza magnetica.
Yuri ridacchiò vittorioso, prima di concedergli un vero e proprio bacio, mentre il sapore delle castagne gli inondava le narici, insieme ad un po’ di tenerezza.
Otabek, però, non era sicuro che il vero vincitore fosse stato proprio Yuri, quella volta. D’altro canto, quel giorno era riuscito nel suo intento, portando a termine la missione.
Perché Yuri, in fin dei conti, non era poi così complicato, anche quando diceva di odiare le sorprese. Bisognava solo saper andare oltre il suo strato di fitte spine e trovarci un cuore tenero.
 
 
Note di El: Bene, bene, con un po’ di ritardo e tante crisi pubblico questa storia. Chiaramente ho il brutto, cattivo, terribile gusto di approdare in un fandom nuovo (che è già una sfida di suo) con una dannatissima challenge (che, lo dice la parola, è proprio una sfida). Quindi nulla, sono un po’ nervosa.
Iniziamo.
Generalmente prima di iniziare una storia sulla stessa pagina word del capitolo scrivo in maiuscolo una scaletta brutta degli eventi. Giusto per ricordarmi come andare avanti. Volevo che sapeste che l’ultima frase della mia scaletta trash era: “Yuri è una castagna.”
Per farvi capire il livello di disagio.
Vabbè.
L’autunno è la mia stagione preferita e volevo strappare questi due alla solita atmosfera invernale che dona il ghiaccio portandoli in questa nuova dimensione senza snaturarli troppo. Sono stata super-attenta che ogni parola/gesto fosse IC, quindi vi chiedo di segnalarmelo nel caso qualcosa vi avesse fatto storcere il naso. Sono pronta a migliorare!
Oh, tutte le cose che hanno a che fare con le castagne dovrebbero essere vere. Mi sono informata.
Non è niente di che, ma volevo tentare e spero vivamente che non vi abbia fatto troppo schifo. Sarei lieta di saperlo con un commentinoinoino.
Grazie comunque a tutti e a prestissimo!
Adieu,
 
El.
   
 
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