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Autore: Crazymoonlight    01/10/2019    0 recensioni
[Magic The Gathering]
Una raccolta di storie nate in occasione dell'Inktober 2019 e riguardanti personaggi conosciuti o meno provenienti dal Multiverso! Ogni storia prende ispirazione da una carta realmente esistente nel gioco.
1. Ring - Sol Ring
2. Mindless - Rise of the Dark Realms
3. Bait - Mana Leak
4. Freeze - Winter Orb
5. Build - Urza, Lord High Artificer
6. Husky - Borborygmos
7. Enchanted - Gift of Orzhova
8. Frail - Human Frailty
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Day 1: Ring - Sol Ring

 
 





«Rakesh, Aditi! Svelti! A che punto siete con i serbatoi di etere? L'astrolabio ha bisogno di tempo per caricarsi!»

Le parole quasi si persero nel cadenzato frastuono di ingranaggi rotanti e negli sbuffi di vapore bollente che venivano risucchiati dagli aspiratori.

Quel giorno l'osservatorio era in pieno fermento: un intero squadrone di inventori e ingegneri e ancor più costrutti metallici erano all'opera, intenti ad azionare i macchinari che circondavano la stanza circolare. 

«Riempiti eeee… aperti! Stanno finendo di pompare in questo preciso momento.» rispose prontamente Rakesh, comparso alla sua sinistra con una serie di lunghe pergamene in spalla, poste in equilibrio precario; riusciva a malapena a mantenerle tutte senza che cadessero. Alla sua destra, Aditi, sempre efficiente, annotò l'informazione su un taccuino e continuò a tenere il passo a mo' di marcia.

«Perfetto!» esclamò con fare pratico poggiando la piuma da scrittura sui fogli, anche se il suo volto fu solcato brevemente da un'espressione di soddisfazione.

«Sembra essere tutto in ordine.»

Venya annuì e si diresse verso il parapetto che si innalzava lungo le pareti sul resto del laboratorio, con i suoi due assistenti alle calcagna. Di sotto, le principali macchine erano già in funzione e, al centro, l'astrolabio iniziava a brillare del caratteristico blu perlaceo tipico dell'etere.

Si trattava di uno strumento diverso da tutti quelli del suo genere: era una sfera metallica che raffigurava l’intera volta celeste e che era stata conficcata nel pavimento, da cui ne fuoriusciva solo una metà. Era circondata da una scala graduata per gli angoli e da numerose fenditure concentriche nelle quali fluiva l'etere. La sua superficie era decorata con incisioni arcaiche e formule matematiche in altorilievo, tranne che per un foro circolare delle dimensioni di una palla, che stava iniziando anch'esso a rilucere. Sopra, sospeso in aria come per magia, c'era un anello d'oro purissimo, inclinato in modo tale da essere perpendicolare al foro dell'astrolabio.

«...capo ingegnera Sangmi?» A giudicar dal tono, Aditi doveva averla chiamata più e più volte, ma lei si era assorta nei suoi pensieri. Tornata alla realtà, le fece segno di parlare con un gesto della mano e continuò a fissare la scena sottostante.

«Mi stavo chiedendo…» la sua voce si era fatta all’improvviso cauta, esitante «...se sia davvero il caso di continuare. Ritengo che l’Aetherflux Mini-Shuttle VS22b sia un progetto più adatto da presentare alla Fiera. È quasi ultimato, manca solo qualche piccolo ritocco estetico. Faremmo una gran bella figura.»

Venya le diede a malapena il tempo di terminare la frase, prima di controbattere, palesemente infastidita. «Fandonie!» scattò. «Mi rifiuto di partecipare alla Fiera degli Inventori con un misero razzo per le corse aeree. Abbiamo qualcosa di molto più ambizioso per le mani, qualcosa che vale più di mille riconoscimenti e che rivoluzionerà il nostro mondo!»

«Ma capo ingegnera!» cercò di obiettare l’assistente. «Gli ultimi tentativi non sono andati… diciamo che non hanno dato i risultati sperati, ecco. Stiamo utilizzando tutte le nostre risorse e le ultime esperienze sono state a dir poco… rischiose

L’altra sbuffò. «Rischiose? E perchè mai?!»

Aditi e Rakesh, il quale teneva ancora le lunghe pergamene in bilico su una spalla, si scambiarono un’occhiata d'intesa di sottecchi, come a voler ispirarsi coraggio a vicenda. Fu di nuovo Aditi a parlare, e questa volta la sua voce risuonò chiara e sicura, come se si fosse preparata a quell’eventualità e avesse ripetuto più volte il suo discorso.

«Ebbene, Jahangir e Ishan Mobo hanno abbandonato la squadra dopo i loro infortuni...» iniziò ad elencare.

«Non è colpa mia se non conoscono le norme di sicurezza di base per lavorare in un laboratorio!» sbottò Venya.

«Uno si è rotto un braccio e l’altro si è beccato un’ustione di secondo grado sul torso!» boccheggiò Rakesh in maniera appena udibile  e incredula alle sue spalle.

«...abbiamo dovuto faticare parecchio affinché non sporgessero denuncia. E poi c’è la questione del Consolato. Se continuano ad esserci altri incidenti, potrebbero tagliarci i fondi, chiudere il nostro laboratorio o addirittura toglierci la licenza!» 

«È vero, capo ingegnera Sangmi.» le diede man forte Rakesh. «È pericoloso e lei non ha più l’età per rischiare di…» tentò, ma aveva scelto le parole sbagliate.

«Stai forse insinuando che sono troppo vecchia per fare il mio lavoro, sciocco ragazzo?» 

A quello scatto d’ira, Rakesh trasalì e lasciò cadere alcune pergamene per terra. «Vi conviene tapparvi la bocca e tenervi pronti per iniziare o mi toccherà trovare altri assistenti!  E ora al lavoro!»

«Agli ordini!» risposero all’unisono i due e si dispersero a malincuore, ma prima Rakesh si calò a raccogliere le pergamene, che nel frattempo si erano srotolate rivelando disegni intricati e annotazioni varie. Venya li guardò allontanarsi e si recò alla centrale di comando, dalla quale aveva la visuale perfetta.

Questa è la volta buona, si disse armeggiando con delle ruote dentate, mentre gli altri andavano avanti con i preparativi. Se lo sentiva dentro, nonostante le premesse non fossero incoraggianti. Doveva farcela. Era un sogno che aveva da bambina, come una visione rivelatrice: un fascio di luce solare racchiuso in un anello. In giro si diceva che contenere la luce delle stelle in potenti artefatti fosse un’arte che gli artigiani avevano perso da secoli, ma, da quando l'aveva vista in sogno, era diventata la missione della sua vita. Forse era rimasta l’unica che ancora tentava di ricreare un simile prodigio: da quando Avaati Vya aveva trovato un modo per raffinare l’etere, gli altri inventori avevano utilizzato solo quello come fonte di energia e non avevano provato ad affidarsi ad altro. Tanto meglio, avrebbe avuto meno rivali ad ostacolarla. C’erano voluti anni e anni di studi e ricerche per acquisire le conoscenze adatte e, sebbene non avesse ancora raggiunto il suo obiettivo, di esperimento in esperimento c’era sempre un piccolo miglioramento che la portava più vicino alla soluzione e non le faceva perdere la speranza. 

Aveva controllato e ricontrollato i calcoli, scelto il giorno adatto affinché il Sole si trovasse nella posizione giusta, migliorato i suoi strumenti… anche gli ingegneri che la affiancavano erano ottimi e dotati di menti brillanti, anche se non lo diceva spesso per non farli adagiare sugli allori. Era tutto pronto. Questa è la volta buona, si ripeté. 

Aspettò che tutti ultimassero i propri compiti, dopodiché gridò: «Tutti in posizione?»

Un coro d'assenso fu la sua unica risposta. Osservò un complesso sistema di clessidre affisse alla parete retrostante che servivano a misurare il passare del tempo. Erano in perfetto orario.

«Bene! Orientare l'astrolabio alle coordinate AR 10h 17m , Dec 20° 06', TS  07h 37m !». Un trio di costrutti al piano inferiore si mosse verso una serie di leve e le tirarono. Con un leggero stridio, l’astrolabio ruotò su se stesso e si inclinò secondo l’angolo indicato. L’anello superiore si adattò automaticamente ai movimenti in modo da mantenere la sua posizione perpendicolare rispetto al foro della sfera.

«Aprire la cupola nel punto corrispondente!» 

La sopracitata cupola ricopriva l’intera stanza. Era interamente in vetro, in modo da osservare notte e giorno il cielo, e suddivisa in tanti tasselli, così da poter aprire solo la parte interessata. A ordine eseguito, l’atmosfera si fece appena più umida, per via dell’aria che proveniva dall’esterno. Fuori il cielo era sereno, senza neppure una nuvola, e il Sole era cocente e prossimo allo zenit. All’orizzonte era possibile vedere il panorama colorato di Ghirapur, pieno zeppo di alte spire e cupole sorrette da pilastri e decorate con mosaici.

«Perfetto!» esclamò, con un pizzico di eccitazione crescente. «Statemi bene a sentire: abbiamo penato parecchio per farci dare l'autorizzazione dalla Lega degli Aeronauti! L’atmosfera dovrebbe essere libera da dirigibili, Eteridi e altre creature, ma non voglio alcuna perturbazione permanente! In caso contrario, i responsabili pagheranno di tasca propria. Se seguirete alla lettera le istruzioni come vostro solito, non ci saranno problemi. Mettetevi a distanza di sicurezza e indossate le lenti polarizzate!»

Rakesh e Aditi la raggiunsero e la guardarono quasi esasperati, ma non osarono contraddirla. Indossavano già le lenti protettive e Venya li imitò. Tornò a guardare le clessidre. Dovevano attendere il momento giusto… Alzò un braccio per dare il segnale.

«Pronti e...» l’ultimo granello di sabbia si posò con delicatezza nel cono inferiore della clessidra, «...VIA!»

Rakesh spinse un pomello dalla centrale di comando e l’effetto fu immediato: l’etere fluido che scorreva nei cerchi concentrici circondanti l’astrolabio prese a brillare intensamente e dal foro iniziò ad uscire una colonna di pulviscolo blu ascendente a spirale, che acquisì rapidamente velocità fino a che il flusso divenne così spedito da diventare confuso e indefinito, come un fascio di luce sparato a raggio. 

Il flusso aumentò di intensità e superò la cupola attraverso il tassello aperto, su, dritto fino al Sole. Passarono pochi istanti prima che dalla stella stessa venisse risucchiato un raggio, che prese a contrastare il flusso di etere e scese ad altissima velocità giù, fino a quasi schiantarsi contro l’astrolabio. Un boato assordante ed una luce accecante, a stento trattenuta, si diffusero in tutto il laboratorio, e Venya dovette distogliere lo sguardo per non perdere la vista. L’anello d’oro, che era stato investito in pieno dal getto di luce, prese a ruotare furiosamente.

«Capo ingegnera Sangmi!» urlò Aditi dopo qualche minuto «Dobbiamo fermarci! Stiamo perdendo il controllo delle macchine!»

L’aria si era fatta estremamente calda, a causa del calore sprigionato dalla reazione in corso. L’etere stava sprigionando vapori a profusione e gli ingranaggi e le ruote dentate sferragliavano con un fragoroso stridio metallico.

«No!» ribattè lei. Con la coda dell’occhio, riuscì a vedere che al centro dell’anello si stava creando una piccola sfera di luce condensata. L’esperimento stava riuscendo!

«Aumentate la potenza degli aspiratori! Ricaricate i serbatoi, abbiamo bisogno di altro combustibile!»  

La squadra di ingegneri corse ad eseguire le istruzioni, con non poca fatica, ma Aditi continuò ad opporsi: «Capo ingegnera Sangmi! La supplico! Se continuiamo di questo passo, salteremo in aria!»

Probabilmente aveva ragione: l’aria si stava facendo incandescente e il flusso di etere sembrava non essere abbastanza potente da trattenere tutta la luce. Sprazzi di energia iniziarono a colpire tutto ciò che li ostacolava. Alcuni costrutti vaganti furono presi in pieno e si spaccarono. Ma la sfera nell’anello si faceva sempre più grande… mancava poco…

«Correte ai ripari! Non abbiamo ancora finito, ma ci siamo quasi! Al mio segnale!»

Il tempo sembrò rallentare. Tutti i presenti si nascosero alla bell’e meglio per evitare i raggi impazziti e trattennero il fiato, mentre le macchine stridevano, l’anello vorticava così velocemente che i suoi movimenti erano diventati inscindibili e avrebbe perso presto il controllo…. 

«ORA!»

Rakesh tirò un’altra leva e tutto finì. L’astrolabio cessò all’istante di emettere il flusso e la luce, non più risucchiata, esplose nella stanza: Venya fu sbalzata indietro dall’onda d’urto e andò a sbattere contro il muro. Quando si riprese, un fischio spaccatimpani le invase le orecchie. Le sue lenti protettive si erano spaccate nell’impatto e macchie nere a sprazzi le ostacolavano la vista. Una mano la afferrò per un braccio e la aiutò ad alzarsi.

«Capo ingegnera Sangmi! Come si sente? Sente dolore da qualche parte?» la voce allarmata di Rakesh le giungeva ovattata, distante. Con fatica, analizzò la scena circostante. Molti altri ingegneri si trovavano nella sua stessa situazione, ma non sembravano feriti in maniera grave. Le mura erano crepate in più punti, diversi vetri della cupola erano frantumati e i resti giacevano a terra insieme ai costrutti distrutti. L’etere non brillava più, ma continuava ad emettere dei vapori, mentre l’astrolabio emanava un bagliore arancione come prova dell’alta temperatura raggiunta. 

Tuttavia, fu solo una la cosa ad attirare il suo sguardo: sull’astrolabio, l’anello aveva smesso di vorticare con furia e ruotava debolmente, perdendo velocità. Dentro, una sfera di luce pura, bianca, brillava come la più lucente delle stelle. Era stranamente immobile e silenziosa dopo tutto il caos che aveva generato per essere intrappolata. Era una scena innaturale.

Prima che potesse fare alcunché, Venya sentì del liquido caldo solcarle le guance ormai piene di rughe. Lacrime calde presero a scorrere liberamente dai suoi occhi. 

Ce l’aveva fatta. Il sogno di una vita era stato portato a termine. Ce l’aveva fatta.

Si accasciò senza forze a terra, mentre l’Anello Solare proiettava la sua bianca luce dal centro della stanza.

 


Note dell'Autrice: Salve e benvenuti in questa nuova raccolta! Mi sento obbligata a fare una premessa: conosco la storia di MtG in via generale, quindi alcune storie potrebbero non avere alcun senso per i più esperti o essere inventate di sana pianta. 
Come ho scritto anche nella descrizione della storia, questa raccolta nasce dall'Inktober, una sorta di contest annuale che si tiene nel mese di ottobre e che serve a spronare gli artisti a scrivere, dipingere, comporre... seguendo dei temi prestabiliti. In base a ciò, ogni giorno dovrei scrivere e pubblicare una storia, ma metto subito le mani avanti: non è detto che io ci riesca, ovviamente non perchè non voglio, ma perchè purtroppo non esiste solo la scrittura e il mio tempo libero è abbastanza limitato (e sono pure fin troppo lenta a scrivere, quindi non ho nemmeno il tempo necessario a rileggere e correggere eventuali errori, dannata me). Ma voglio provarci! Dopotutto lo scopo dell'evento non è necessariamente quello di rispettare la scadenza quotidiana, ma di darsi una mossa e non fermare l'arte (se la mia può essere chiamata tale)! Se può essere di conforto, ho già una mezza idea di ciò che potrò scrivere nei prossimi giorni.
Per quanto riguarda la storia appena pubblicata: ebbene sì, il protagonista è l'Anello Solare, immancabile in ogni mazzo EDH. Venya Sangmi è un personaggio di Kaladesh citata nel flavor text della carta e che viene considerata la creatrice dell'Anello su quel piano. Dalla Wiki risulta essere ancora viva ma di età avanzata, quindi ho supposto che la sua scoperta sia avvenuta qualche decina di anni prima l'attuale timeline, poco dopo l'inizio del Grande Boom dell'Etere. 
Fatemi sapere cosa ne pensate e... alla prossima!

-Crazymoonlight

 
  
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