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Autore: AleeraRedwoods    02/10/2019    2 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-Un Destino Scritto-


    Seduti davanti alla candela, nella penombra delle Tombe dei Re, Alatar e Sillen si fissavano intensamente.
    –Concentrati. La fiamma è il tuo nemico, la candela è la tua energia vitale: impara a combattere senza ferirti.-
    La stella provava eccome a controllare quella massa di energia che le ribolliva dentro ma, per quanto facesse attenzione, il tutto si esauriva in un totale fallimento, come ogni volta.
    Visualizzava l’energia dentro di lei, dai confini ben delineati e stabili, poi allungava una mano per afferrarne un piccolo lembo e tutto sembrava agitarsi senza controllo. 
    Ogni volta, era costretta a fermarsi subito, stremata, cercando di evitare di buttare all’aria tutto ciò che era presente nella stanza. Per fortuna, quel maldestro allenamento non le aveva procurato altro che una gran stanchezza, lasciando intatta tutta l’energia, al sicuro, dentro i suoi solidi confini. In quello, per lo meno, era stata brava.
    -Non sta funzionando, Alatar.- Ringhiò lei, all’ennesimo tentativo andato a vuoto. Lo stregone, dal canto suo, non si scompose.
    -Non ti stai concentrando.- Punta sul vivo, la stella strinse i pugni: -Sono due settimane che non faccio altro che concentrarmi!-
    Come al solito, i due non riuscivano a comunicare. Sillen sapeva che riversare sullo stregone la propria frustrazione era sbagliato ma egli era anche l’unico a poterla capire, in quel momento. L’unico che non l’avrebbe abbandonata a sé stessa in quella lotta impari che lei aveva ingaggiato contro il suo stesso potere.
    Prima che i due ricominciassero a discutere, però, sulla porta apparve qualcuno, silenzioso e discreto come un’ombra. Glorfindel si appoggiò allo stipite a braccia conserte, sollevando un sopracciglio elegante con fare curioso. Sillen lo fissò a sua volta, sorpresa dalla sua visita inaspettata, e lui le sorrise.
    Un sorriso felino, un ghigno saputo: -Perdonate la mia intrusione. Il tuo potere in subbuglio mi stava facendo venire il mal di testa, Stella dei Valar.- Spiegò, come avesse appena detto un’ovvietà. La stella sgranò gli occhi, le labbra serrate dalla sorpresa.
    Era proprio come pensava, quell’elfo era strano.
    C’era qualcosa di diverso, in lui.
    Fu Alatar a trarla d’impiccio, alzandosi velocemente in piedi e attirando la loro attenzione su di sé: -Glorfindel di Gondolin! Quale onore poterti rincontrare!-
    L’elfo raggiunse lo stregone, scostando i lunghi capelli luminosi dietro la schiena ampia: -È passato tanto tempo, Morinehtar.- Poi piegò la testa, alludendo alla stella. –Se posso intromettermi…-
    Alatar annuì, quasi sollevato. –Il tuo aiuto sarebbe una benedizione! Vi lascio soli, dunque.-
    Sillen non vide lo stregone uscire: la sua attenzione era completamente rivolta all’elfo dorato davanti a lei.
Si sentiva minacciata? Cercò di calmare il respiro, scrutando con diffidenza la figura imponente che troneggiava su di lei.
    Glorfindel, intanto, indicò la candela con fare supponente, sollevando il mento: -Ti stai concentrando troppo, Stella dei Valar. Così non ci riuscirai mai. Non lo stai facendo nel modo giusto.- Lei storse la bocca, irritata. Lui nemmeno aveva idea delle fatiche che aveva dovuto sopportare solo per vedere ogni proprio tentativo fallire miseramente.
    Come osava deriderla in quel modo?
    -E quale dovrebbe essere il modo giusto, mio signore?-
    Lui le rivolse uno sguardo affilato, che la scosse violentemente dalla testa ai piedi: all’elfo non era piaciuto il suo tono.
    Sillen deglutì, sentendo i propri muscoli tendersi nervosamente. Con il suo modo di muoversi, con la sua presenza psichica e fisica che invadeva la stanza, con quello sguardo che la opprimeva e la attraeva allo stesso tempo, Glorfindel le ricordava terribilmente il Re di Bosco Atro. Ciò nonostante, i due elfi erano completamente diversi: c’era qualcosa che trascendeva i limiti della sua comprensione, in quell’elfo dorato davanti a lei.
    Qualcosa che in Thranduil, per quanto antico e potente, non aveva scorto.
    Qualcosa di pericoloso.
    –Vedi, Sillen- l’elfo calcò in modo suadente la S, lisciandosi la lucente chioma dorata –io non sono molto diverso da te.-
    Lei socchiuse gli occhi: ultraterreno. Mai come in quel momento una parola le sembrò più azzeccata.
    -Per questo sapresti come aiutarmi, mio signore? Perché siamo simili?- Lo apostrofò lei, seguendolo con lo sguardo. Quello non si scompose, ignorando il tono piccato della stella.
    Pareva davvero deciso a darle una mano, dopotutto.
    –Sono stato un elfo come tanti, un tempo. Un Vanyar[1] potente, un elfo nobile, valoroso oserei dire, ma pur sempre un elfo.-
    Sillen, suo malgrado, registrò quelle informazioni rapidamente, senza lasciarsi sfuggire una singola parola. Lo vide sorridere deliziato, quasi avesse intuito con quanta attenzione lei stesse ascoltando; quasi come la cosa gli fosse estremamente gradita.
    –Non sono più quell’elfo, da ben due Ere. Ma lascia che ti racconti, in poche parole, la mia storia.-
    Prese a passeggiare nella stanza spoglia, rifulgendo come una fiamma viva tra le rocce, completamente a suo agio nel ruolo di protagonista. Quando cominciò a raccontare sembrò perdersi totalmente nei ricordi e Sillen, inevitabilmente, finì ben presto per entrare in essi insieme a lui.
    -In passato, durante la Prima Era, il nome con cui ero conosciuto non era Glorfindel di Imladris, bensì Glorfindel di Gondolin, Signore della Casa del Fiore d'Oro. Ero un Principe, un valoroso guerriero delle Dodici Case di Gondolin e di Re Turgon. Combattei per lui talmente tante battaglie da aver perso il conto, sai? In una battaglia però, capitò qualcosa per la quale non ero affatto preparato: finii per morire.-
    Sillen rimase pietrificata ma Glorfindel, dopo una breve pausa per dare enfasi alle sue parole, continuò: -Non che non fossi già da tempo sceso a patti con la morte, intendiamoci, né fu una morte disdicevole. Perii valorosamente per mano del peggior nemico che avessi mai affrontato, un Balrog di Morgoth.-
    I suoi occhi tradivano le forti emozioni che attraversavano la sua mente a quei ricordi e la stella non riuscì a proferire parola.
    –Non me ne andai senza compiere la mia missione: lo uccisi, trapassai il suo disgustoso corpo di fuoco e malvagità da parte a parte. Tuttavia, finii per vagare nelle Sale di Mandos senza nemmeno il tempo di accorgermi che fossi morto.-
    Chinò appena il busto verso di lei e Sillen, rimasta seduta a terra, si tese all’indietro, sgranando ancora di più i grandi occhi violetti.
    -Io sono nato a Valinor, sai? Lo so per certo, eppure non ricordo niente di Valinor. Non ricordo nulla di come questa fosse prima del mio arrivo sulla Terra di Mezzo e non ricordo nemmeno le Sale di Mandos. So solo che, dopo avermi restituito il mio corpo immortale, i Valar mi hanno ritenuto degno di tornare qui, ero necessario: il mio destino non era ancora compiuto.- I suoi magnetici occhi dorati si tinsero di una sfumatura malinconica.
    -Ovviamente, nessuno chiese il mio parere. Il fatto che io fossi stanco, che non intendessi prendere nuovamente parte ai problemi di questo mondo, non interessò a nessuno. Comunque, anche se fosse stato, non avrei detto nulla, allora, non mi sarei opposto. A che scopo? I Valar vedono scritto il mio destino da sempre, è tutt'ora scritto, chi sono io per contraddirli, chi ero a quel tempo?-
    Lo capiva la stella, quello che l’elfo stava dicendo. E le dispiaceva quasi, per quella costrizione che Glorfindel aveva dovuto subire. Tuttavia -Perché lo stai raccontando a me?- chiese, la voce improvvisamente debole.
    -Non desideravi sapere perché io sono l’unico in grado di aiutarti, Sillen?- Rispose lui, lapidario. -Ciò che ti sto raccontando non ti suona forse familiare?-
    Sillen si toccò distrattamente il viso e sobbalzò: nemmeno si era accorta delle lacrime che scendevano silenziose sulle sue guance.
    L’elfo strinse gli occhi, fissando quelle lacrime inopportune: -A causa dei divini Valar sono tornato qui, più forte, più potente. Altre due Ere sono trascorse e altre battaglie ho combattuto. Ho visto sorgere e cadere maestosi regni e grandi sovrani e ancora mi appresto a combattere l’ennesima battaglia. In vero, potevo non rispondere alla tua chiamata, potevo riposare. Invece sono qui. Sai perché, Sillen?- Lei si coprì il viso con le mani, realizzando frammentariamente ciò che l’elfo le stava dicendo. Si ritrovò con il fiato mozzato, a piangere come una bambina.
    Sì, quello che le stava raccontando le era familiare.
    Dannazione, lo era.
    Glorfindel si accucciò di fronte a lei, carezzandole la testa con la stessa delicatezza che avrebbe riservato al più fragile dei fiori.
    -Sono qui perché, dal primo momento che ho udito la tua storia, ho capito che sei esattamente come me. Perché so come ti senti. Perché so cosa vuol dire essere sbattuti su questa terra con un destino scritto. Perché, dalla prima volta che ti ho vista, riesco a sentire dentro di te lo stesso potere maledetto che scorre dentro di me. Ma soprattutto- Sollevò il mento della stella con le dita, catturando il suo sguardo disperato -sono qui perché so quanto desideri soddisfare questo destino, quanto non riesci a sottrarti da esso. Siamo qui perché entrambi eravamo destinati a esserci. Siamo identici, Stella dei Valar.-
    Lei scosse la testa ma ogni sua convinzione rotolò su sé stessa senza freni, scivolandole via dalle mani.
    Fu come scoprire che la realtà, sino a quel momento, fosse stata solo una porta chiusa.
    E Glorfindel aveva prepotentemente distrutto i suoi cardini.
    La stella non riuscì a controllare la propria violenta reazione e, se il Vanyar non l’avesse stretta tra le braccia, era certa che sarebbe crollata in pezzi. Contro il petto dell’elfo, Sillen gridò e pianse senza ritegno per lunghi e strazianti minuti.
    Ecco ciò che aveva dentro da sempre, dal momento in cui era caduta su quella meravigliosa terra: vi erano ribellione e sottomissione, collera e amore, disperazione e speranza.
    I Valar l’avevano creata, le avevano donato vita e pensiero e ora la incatenavano a un destino che non voleva, ma al quale non riusciva a voltare le spalle.
    Aveva lasciato il Reame Boscoso, Emlinel… Thranduil.
    Tutto pur di perseguire una sorte che non aveva scelto.
    -Io non lo sapevo, non avevo capito niente, niente-
    Glorfindel la prese per le spalle, guardandola fermamente negli occhi: -Ora, Sillen, devi ascoltarmi.- Lei fissò i suoi occhi dorati, cercando di fermare le lacrime. –L’unico modo che abbiamo per controllare un potere come il nostro è renderlo parte di noi. Esso non è altro rispetto a te, sei stata creata nella tua interezza per poterlo dominare. Rendilo parte di te, Sillen, o esso ti schiaccerà.-
    La stella s’immobilizzò, la testa che si svuotava velocemente: quell’energia indomita, bruciante e complessa era davvero parte di lei? Poteva davvero contenere in sé tanta forza?
    La risposta era più che evidente e, nel momento in cui realizzò, il suo viso sconvolto si distese lievemente.
    Glorfindel le sorrise, cogliendo i suoi pensieri. Quell’elfo spaventoso, arrogante e sfacciato le aveva infine aperto gli occhi.
    Lui la lasciò, poi prese la candela accesa e sedette di fronte a lei, tendendola all’altezza del cuore: -Ora, spegni la fiamma, Sillen.-
    La stella deglutì, torcendosi le dita per l’apprensione.
    Come se riuscisse a leggerle nel pensiero, l’elfo sorrise con fare rassicurante: -Adesso sai cosa devi fare. Avanti, non mi alzerò da qui finché non spegnerai questa fiammella.-
    Sillen incrociò le gambe, allontanandosi un po’ di più dall’elfo e chiudendo gli occhi. Rivide la massa di energia muoversi turbolenta dentro di lei e allungò la mano. La sentì invaderle il corpo. Questa volta però, sapeva che ci sarebbe riuscita.
    Lo sapeva perché, dopotutto, quello era il suo destino. Ne era capace perché era stata creata per farlo. E l’evidenza di ciò era tanto crudele quanto innegabile.
    Fissò l’elfo dai capelli d’oro, afferrò con forza l’energia dentro di sé e i suoi occhi divennero pura luce. Strinse i denti e, invece che sprigionare il suo potere, immaginò di inserirlo a forza dentro la pietra viola che portava al collo. Come se ciò stesse accadendo davvero, questa s’illuminò e prese a sollevarsi dal suo petto, levitando quasi parallelamente al suolo.
    Glorfindel strinse gli occhi, compiaciuto, e la stella mosse appena la testa: la fiamma fu spenta di netto.
    Quando nella stanza piombò il buio, Glorfindel le consegnò la candela intatta, alzandosi in piedi. –La Stella dei Valar ha davvero un potere fuori dal comune.-
    Questa, sorpresa, si rigirò la candela tra le mani.
    Ora tutto era chiaro: si era sempre concentrata sul perché dovesse realizzare il suo destino, senza capire che avrebbe dovuto solo pensare al come.
    Il destino non necessitava motivazioni, né compromessi.
    Allo stesso modo, il suo potere era parte di lei, non uno strumento a sé stante che doveva imparare a mettere al servizio di una qualche causa. Poteva sfruttarlo al pari di una mano o una gamba, perché non poteva fare altro.
    Il suo fine, non il suo mezzo.
    Legata alla sua criptica profezia, la Stella dei Valar adesso sapeva che il suo unico compito era combattere per gli abitanti della Terra di Mezzo. Non vi era spazio per i desideri, per le emozioni, per i dubbi, per la rabbia. Doveva solo combattere.
    E tanto sarebbe bastato, fino al compimento del suo destino.
    Suo malgrado, sorrise, improvvisamente sollevata.
    -Compirò il mio destino. Poi, potrò cominciare a vivere.-
    A quelle parole, tuttavia, il Vanyar non osò rispondere.

    Qualche ora dopo, Sillen entrò nella Sala delle Riunioni a testa alta e prese posto a capo del lungo tavolo di legno massello al centro della stanza. Gli alleati stavano animatamente parlando tra loro, tesi e preoccupati e a malapena la notarono.
    Sillen, dunque, spostò rumorosamente la sedia, attirando l’attenzione su di sé. Sedette con grazia e lasciò vagare il suo sguardo su occhi dubbiosi ed espressioni corrucciate, prima di parlare: -Tra quanto saranno ultimati i preparativi per l’assedio?-
Faramir le passò con un lieve inchino il resoconto dell’organizzazione e la stella si prese tutto il tempo per leggerlo, con minuzia estrema.
    Fuori dalla finestra regnava il caos: tendoni adibiti a mo’ di fucina costeggiavano le mura, invadendo la città di fumo e di assordante clangore metallico; Uomini, Elfi e Nani gridavano ordini nelle più disparate lingue e i cavalli nitrivano e scalpitavano senza sosta.
    La stella non aveva mai avuto a che fare con un impegno del genere ma adesso le parve facile comprendere e ragionare e sentiva come se da sempre fosse stata in grado di fronteggiare il peso del suo incarico.
    Attorno a lei, i generali alleati la fissavano impazienti. Alatar, Re Elessar, Re Thorin Elminpietra, éomer, persino il giovane Elboron, tutti aspettavano una sua presa di posizione.
    –Tutti gli abitanti sono giunti al sicuro.- Le fece Legolas, fedelmente seduto al suo fianco. Sillen annuì, posando il plico di fogli: -L’ultima volta abbiamo chiarito la disposizione dell’esercito, la preparazione dei fossati e quella delle mura.- Si alzò improvvisamente in piedi e nella stanza cadde il silenzio.
    -Ma c’è altro da chiarire. Ho rimandato questa parte del mio piano perché non ero sicura di me stessa. Vi chiedo scusa per questo.- Tutti la fissarono sbigottiti, perché i suoi occhi adesso rilucevano di pura luce bianca. Lei respirò a fondo e sorrise.
    -Ora vi dirò come distruggeremo il nemico.-

 
 
[1] Glorfindel è un Vanyar per mia iniziativa XD Non è specificato dal Professore -che io ricordi- ma in teoria dovrebbe essere un Noldor (che solitamente hanno i capelli scuri, i biondi sono delle eccezioni, come Galadriel e Glorfindel appunto, dipende dalla discendenza). Nulla togliere ai Noldor, sono più che potenti, hanno una magnifica storia e vantano personaggi incredibili, lo so bene ahaha Silmarillion perdonami ^-^
Semplicemente, volevo rendere Glorfindel molto “mio”, e sono affascinata dalla superiorità assoluta di questi Vanyar, che più di tutti conservano la luce di Valinor. Per questo il mio personale Glorfindel contiene un tipo di potere molto primordiale, che lo rende tanto diverso dagli altri elfi descritti dal professor Tolkien. E per questo è unico, perché i Vanyar non si trovano sulla Terra di Mezzo da dopo la Guerra d’Ira u.u
Ho fuso uno dei personaggi che mi hanno incuriosita di più con un mio personaggio inedito, ecco XD  So che non era necessario definirlo come Vanyar, però volevo vederlo così, gratuitamente proprio. Fatemi sapere se avevate colto la modifica, se vi ha intrigati o infastiditi (nuooo, che cosa hai fatto, profanatrice, che bestemmia, meretrice!!) e accetterò ogni commento eheheh
 
 


N.D.A

Ecco, oggi pubblico due capitoli, per farmi perdonare! La lunga assenza è stata necessaria ma sono felice di potermi finalmente dedicare alla storia. Spero che questi due capitoli vi piacciano ;) 
Fatemi sapere cosa ne pensate,
la vostra Aleera.
 
 

 
   
 
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