Capitolo diciottesimo
Spingersi al limite
Non pensare sia impossibile
Camminare sulle immagini
E sentirci un po' più liberi
E se si può tremare e perdersi
È per cercare un'altra via nell'anima
Strada che si illumina
La paura che si sgretola
Perché adesso sai la verità
Questa vita tu vuoi viverla
Vuoi viverla
E vivi sempre, ogni istante…
(“Ogni istante” – Elisa)
Trascorsero tre mesi
e Jacopo Pazzi organizzò la sua nuova vita con Antonio: si trasferì a vivere
con lui nella villa che aveva acquistato sulle colline di Firenze, lasciando
Palazzo Pazzi a Francesco e Guglielmo con le loro famiglie; ai nipoti affidò
anche la gestione della Banca Pazzi rimanendo come supervisore, ma senza più
dovervisi recare ogni giorno e potendo invece dedicare molto più tempo al suo
ragazzino.
Avrebbe voluto anche
diradare la sua presenza al Consiglio dei Priori e rimanere, caso mai, come
consigliere per i nipoti… ma questo, come scoprì presto, non poteva ancora
farlo.
Tuttavia quel giorno
di settembre sembrava che non ci fosse posto per i pensieri negativi nella
bellissima villa dove Pazzi aveva invitato Guglielmo e Francesco con le loro
famiglie e poi… beh, sì, aveva invitato anche Lorenzo con la sua famiglia e
Giuliano con Simonetta, che in quei giorni si era stabilita a Firenze. A dire
il vero, organizzando quella giornata di festa per inaugurare la nuova villa,
Jacopo aveva fatto finta di
dimenticarsi di invitare anche i Medici, ma poi, per disdetta, Antonio glielo
aveva ricordato!
C’era stato un
banchetto e poi, visto il bellissimo pomeriggio di inizio autunno e la
possibilità di godersi lo splendido parco con l’incantevole vista su Firenze,
tutti erano usciti nel giardino. Giuliano passeggiava per mano a Simonetta e
parlava con lei dei progetti futuri: quando fosse trascorso un periodo
conveniente, si sarebbero sposati. Tuttavia, per tutelare la cagionevole salute
di lei, la giovane donna avrebbe dovuto continuare a trascorrere i mesi
invernali a Genova, anche dopo il matrimonio con Giuliano. Avrebbero dovuto
trovare un modo per stare insieme, perché Giuliano non poteva allontanarsi da
Firenze per mesi interi, visto che era il braccio destro di Lorenzo e i
problemi per i Medici non erano ancora finiti. Eh, già, perché ovviamente né
Papa Sisto né, tanto meno, il Conte Riario avevano preso poi tanto bene il
fallimento della congiura ordita per impadronirsi di Firenze e di certo la cosa
non sarebbe finita lì…
Mentre i due
passeggiavano, Giuliano si accorse di qualcosa che lo fece inorridire.
Sconvolto, chiese
perdono a Simonetta e si avvicinò, in silenzio e senza fare il minimo rumore,
al piccolo gruppo seduto su una delle panchine del parco. C’erano Jacopo e
Antonio e, con loro, si trovavano anche il piccolo Piero, che aveva ormai quasi
quattro anni, Giovanna di tre e i gemelli Jacopo e Antonio (appunto, tanto per
non fare confusione sui nomi!) di un anno e mezzo. Novella e Francesco erano in
piedi lì accanto e tenevano d’occhio i figli e anche i nipoti. Ma ciò che aveva
stravolto Giuliano non era questo, quanto… il fatto che Jacopo stesse
raccontando a tutti i bimbi riuniti la favolosa
avventura del valoroso Pazzino de’ Pazzi alla conquista di Gerusalemme! E
quel che era peggio… i bambini sembravano incantati dal racconto di Pazzi e
Piero, in modo particolare, si interessava, faceva domande, si divertiva a
immedesimarsi nel prode cavaliere crociato.
No,
no, non può essere vero…, fece Giuliano tra sé, sperando
inutilmente che si trattasse solo di un incubo.
Vide passare Lorenzo
e lo afferrò per un braccio senza dire una parola, quasi trascinandolo ad
assistere a quel nefando spettacolo!
Lorenzo, però, non
vide niente di male nella scena che gli si presentò davanti, anzi, ne parve
quasi commosso.
“Che ti prende,
Giuliano? Ho sempre pensato che Jacopo, nonostante tutto, ci sapesse fare con i
bambini. Era rigido e severo con Francesco e Guglielmo perché voleva prepararli
a una vita di impegno e dovere verso la Banca e la famiglia Pazzi, ma ricordo
come fu gentile e amichevole con il piccolo Duca di Milano” replicò il fratello
con un sorriso. “Credo che Jacopo sarebbe stato molto diverso se avesse potuto
crescere dei figli suoi, ma il destino ha voluto altrimenti… Perciò mi fa
piacere che passi del tempo con mio figlio e i miei nipoti.”
Giuliano era
esterrefatto: come poteva Lorenzo non
capire?
“Ma… ma… sta
raccontando ai bambini quella stramaledetta storia del suo stramaledetto
antenato Pazzino de’ Pazzi!” protestò.
“E con questo? Non
penso proprio che possa traviarli o che so io, è la storia di un’impresa eroica
di un cavaliere e, per quanto noi l’abbiamo sentita mille volte e non la
sopportiamo più, i bambini non la conoscono ancora e, anzi, è proprio il tipo
di storia che i piccoli adorano ascoltare. Guarda Piero, gli brillano gli
occhi!”
L’osservazione di
Lorenzo causò a Giuliano un mezzo infarto.
“Ma è proprio questo
il dramma! Te lo immagini, magari
Piero domani starà per tutto il giorno a giocare per casa, dicendo di essere il prode Pazzino de’ Pazzi e fingendo di
conquistare Gerusalemme!” gemette.
“Giuliano, tu non hai
figli, ma questo è normalissimo per un bambino” scherzò il fratello.
“E tu non lo disconoscerai per questo?”
“Ma certo che no! E’
un bambino e si divertirà a giocare a fare l’eroe, come abbiamo fatto tu ed io
e tutti i bambini di questo mondo” ribatté Lorenzo, divertito. “Ti scandalizza
perché ammira un Pazzi? Purtroppo tra i nostri antenati non ci sono figure
tanto affascinanti per un bambino, ma non preoccuparti, non credo proprio che,
un domani, tradirà la famiglia per un semplice gioco di fantasia!”
Sempre ridendo,
Lorenzo lasciò il fratello a macerarsi nella sua angoscia e nel suo totale
disgusto…
Possibile che Lorenzo
non riuscisse a capire quanto era orribile la prospettiva di dover sentire, nei
giorni a venire, Piero e Giovanna e magari perfino Jacopo e Antonio che
giocavano per il palazzo inneggiando a Pazzino
de’ Pazzi? Era una prospettiva allucinante!
Giuliano avrebbe avuto nausea e dolori di stomaco per settimane!
Anche Lorenzo, però,
aveva i suoi pensieri, che certo non riguardavano Pazzino de’ Pazzi ma il suo
discendente. Non avrebbe voluto rovinare quella giornata così perfetta a Jacopo
e ad Antonio, ma sapeva che doveva parlarne prima che fosse troppo tardi e che
le cose non si potessero più sistemare. Poco più tardi, quando Piero e gli
altri bambini si erano sparpagliati per il grande parco, tutti impegnati a giocare alle Crociate impersonando,
appunto, Pazzino de’ Pazzi e i suoi valorosi compagni (con immensa gioia di
Giuliano, come potrete immaginare!), Lorenzo si avvicinò a Jacopo e Antonio che
erano rimasti seduti fianco a fianco sulla panchina.
“Molto bene” fece
Jacopo con un sorrisetto, “vedo che almeno qualcuno della famiglia Medici è in
grado di apprezzare il vero valore cavalleresco, quando ne sente parlare.”
Anche Lorenzo
sorrise, guardando il figlio e i nipoti che giocavano ai cavalieri. Poi, però,
riportando il volto verso Jacopo, la sua espressione si fece grave.
“Jacopo, penso di
dovervi avvertire che la situazione al Consiglio dei Priori non è delle più
semplici” iniziò.
L’uomo, che ricordava
bene i nobili che lo avevano apostrofato in malo modo qualche tempo prima,
annuì. Non voleva, tuttavia, che Antonio venisse a sapere di questi problemi e
avrebbe desiderato che si allontanasse.
“Potremmo parlarne in
un altro momento, Lorenzo? Oppure Antonio potrebbe…”
“No, Messer Pazzi, io
voglio ascoltare. Voglio sapere se è vero che rischiate qualcosa e che delle
persone malvage di Firenze vogliono il vostro male!” protestò il ragazzo.
Jacopo sospirò. Era
preoccupato, ma non per sé. Il medico era stato chiaro sulle condizioni di
salute di Antonio e temeva che un’eccessiva preoccupazione potesse affaticare
il cuore indebolito del suo prezioso ragazzino. Era vero, comunque, che Antonio
si sarebbe forse tormentato maggiormente se non avesse saputo nulla e avesse
finito per immaginare una situazione ancora più grave di quella reale, così si
arrese e lasciò che restasse ad ascoltare Lorenzo.
“Alcuni Priori di
Firenze, come Ridolfi e Pucci, non sono convinti che la vostra famiglia sia
davvero estranea alla congiura e stanno insistendo con il Gonfaloniere affinché
ordini delle indagini più approfondite” rivelò il giovane Medici.
Jacopo ostentò una
tranquillità che non provava, ma doveva essere il più convincente possibile per
tranquillizzare Antonio.
“Che indaghino pure.
Scopriranno soltanto quello che già sanno, ossia che io ero a conoscenza della
congiura e che non l’ho denunciata quando avrei dovuto” disse. “Non vi ho
partecipato e non l’ho favorita. Non credo che mi possano imprigionare per
questo.”
“Jacopo, credo che a
questo punto voi e io possiamo parlarci con sincerità. La congiura, per me, è
ormai acqua passata, io so quello che ho visto e cioè che voi e vostro nipote
Francesco avete ucciso i sicari che stavano per colpire me e mio fratello”
riprese Lorenzo, con convinzione. “Dopo di che, voi siete venuto con me e mio
fratello a parlare alla folla di Firenze per incoraggiarla a respingere l’esercito
nemico. A me non interessa sapere altro e nemmeno al Gonfaloniere, purtroppo
però famiglie come, appunto, i Pucci e i Ridolfi, vorrebbero approfittare di
questo clima di sospetto per colpire la vostra famiglia e prenderne il posto.
Entrambi sappiamo benissimo che tutto il resto è solo una scusa per arrivare al
potere.”
Jacopo circondò con
un braccio le spalle di Antonio e lo strinse a sé. Lo sentiva tremare e voleva
rincuorarlo in ogni modo.
“Sappiamo che è così
e sappiamo anche che io stesso ho messo in atto queste strategie, in passato,
contro di te e contro la tua famiglia” replicò.
E,
a quanto pare, adesso tocca a te. Sarà il karma, pensò
Lorenzo, ma non lo disse. Riprese la parola, invece, per cercare di
sdrammatizzare, visto che nemmeno lui voleva che Antonio si agitasse.
“Per quanto mi è
possibile, io cercherò di distogliere Ridolfi e Pucci dalle loro accuse e
immagino che il Gonfaloniere mi appoggerà” disse. “Volevo comunque avvertirvi
perché siate preparato. Quegli uomini non esiteranno ad attaccarvi apertamente
durante ogni Consiglio dei Priori e dovrete essere pronto a rispondere in modo
convincente.”
“Lo sarò. Io… ecco…
insomma… ti ringrazio, Lorenzo, per avermi avvertito e per il tuo appoggio”
rispose Jacopo che, come al solito, sentiva dolori di pancia non indifferenti
ogni volta che era costretto a ringraziare il giovane Medici!
“Lorenzo… Messer
Pazzi non corre alcun pericolo, vero? Me lo assicuri?” insistette però Antonio.
Voleva la parola di Lorenzo poiché sapeva bene che Jacopo non gli avrebbe detto
tutta la verità, per evitare di turbarlo.
Lorenzo sorrise all’amico.
“No, non corre
pericoli, perché la mia famiglia e il Gonfaloniere sono dalla sua parte e
nessuno può fare niente contro di lui” lo rassicurò l’amico. “L’ho avvertito
solo perché sappia che le prossime riunioni del Consiglio dei Priori potranno
essere spiacevoli per lui.”
“Vedi, Antonio, anche
Lorenzo dice che non c’è da preoccuparsi. Piuttosto, parliamo di argomenti più
piacevoli” disse Jacopo, stringendo ancora di più il suo ragazzino. “Lorenzo,
so che tu sei amico di molti artisti famosi qui a Firenze: io desideravo far
scolpire una statua del mio valoroso antenato Pazzino de’ Pazzi per collocarla
all’ingresso del parco e mi chiedevo se tu conoscessi qualcuno in grado di
realizzare un’opera all’altezza del personaggio.”
E qui Lorenzo dovette
fare uno sforzo immenso per non scoppiare a ridere… immaginava già la faccia
che avrebbe fatto Giuliano quando avesse saputo, e peggio ancora quando avesse visto la statua di marmo fare bella
mostra di sé all’ingresso del parco della nuova Villa Pazzi!
“Sì, in effetti ho un
nome da consigliarvi: Antonio Rossellino, è uno
scultore molto bravo che ha realizzato da poco la tomba per… per Francesco Nori,
l’amico che è morto per salvarmi dai sicari” rispose Lorenzo, rattristandosi al
ricordo. “Posso parlargli e chiedergli di venire da voi per prendere accordi
sulla… beh, sulla statua del vostro antenato.”
“Ne sarò felice”
replicò Pazzi. “Io… ehm… grazie ancora, Lorenzo.”
Era sempre una
tortura, per Jacopo, doversi sentire in debito con il Medici!
Si era fatta ormai
sera e Lorenzo, Francesco, Guglielmo e le loro famiglie si stavano preparando
per tornare alle loro case. Jacopo e Antonio restarono a guardare gli ospiti
che se ne andavano, allacciati l’uno all’altro. Il ragazzo si sentiva ancora
piuttosto preoccupato per le famiglie che volevano mettersi contro Jacopo, ma
sapeva anche che Lorenzo le avrebbe tenute a bada.
Avrebbe tanto
desiderato vivere in pace e serenità al fianco del suo Messer Pazzi, ma aveva
anche capito che, a Firenze così come a Roma, non ci sarebbe mai stata una vera
amicizia tra le famiglie; si poteva solo ringraziare per i momenti di tregua e
di tranquillità, da vivere con le persone amate, e per la presenza di persone
sagge e illuminate come Lorenzo che avrebbero fatto di tutto per mantenere la
pace il più a lungo possibile.
Intanto Lorenzo,
uscendo dalla proprietà, si voltò a guardare l’ingresso del giardino e,
immaginandoci una statua di marmo a grandezza naturale di Pazzino de’ Pazzi ad accogliere gli ospiti, si lasciò
sfuggire una risatina. Per fortuna Giuliano era impegnato a stringersi
Simonetta e non si accorse di nulla, ma avrebbe avuto una brutta sorpresa nei
mesi a venire.
Forse non avrebbe più
voluto mettere piede a Villa Pazzi!
Jacopo e Antonio,
rimasti soli, entrarono nella grande villa, sempre tenendosi stretti. Quegli
istanti rubati alla vita pubblica erano preziosi, attimi di amore e serenità
tutti per loro, finché potevano chiudere fuori il mondo con la sua avidità e
smania di potere.
Il futuro non si
presentava roseo, né per loro né per la famiglia Medici. Ci sarebbero stati
rivali e nemici da affrontare, ma alla fine avrebbero superato tutto perché,
finalmente, in un modo o nell’altro, erano riusciti a superare incomprensioni e
rancori e avrebbero lottato insieme.
Per ora, comunque,
potevano vivere intensamente il momento presente e la gioia del loro amore,
prima che nuove tempeste scoppiassero all’orizzonte.
Vivere intensamente
ogni istante della loro vita insieme…
FINE