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Autore: meilunye    03/10/2019    1 recensioni
{ Kyousuke Tsurugi/Victor Blade x Tenma Matsukaze/Arion Sherwind || Scritta usando il prompt #14 del Writober 2018 di Fanwriter.it (cucciolo) || University AU }
Tenma porta a casa un gattino randagio, e a Tsurugi l'idea non va molto a genio.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matsukaze Tenma, Tsurugi Kyousuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note
{ Kyousuke Tsurugi/Victor Blade x Tenma Matsukaze/Arion Sherwind }
Anche questa fanfiction fa parte di quelle poche che avevo scritto per il Writober di Fanwriter.it (prompt #14, "cucciolo"). Una cosa molto semplice, ma spero la troverete carina comunque.
Buona lettura!

 
 

Per l’ennesima volta, Tsurugi si chiese come diamine fosse finito in quella situazione.

Quando guardava le pubblicità in televisione, pensava sempre che il cibo per gatti avesse un’aria deliziosa, persino migliore di quello umano. L’aspetto era davvero invitante, ma ora che lo stava maneggiando dal vivo era tentato di gettarlo via e tapparsi il naso. L’odore era proprio disgustoso.

« Che fregatura », commentò fra sé, passando il coltello lungo le pareti della scatoletta per ripulirla fino in fondo. Versò anche l’ultimo grammo di quella schifezza al tonno sul piattino e lo afferrò, mentre con l’altra mano lanciava il contenitore nella spazzatura.

Si voltò, posando il cibo a terra. Il responsabile di quella tortura corse subito da lui, le zampette che tamburellavano allegre sulle piastrelle della cucina, e iniziò a servirsi a grossi bocconi.

Tsurugi si abbassò a terra per osservarlo da vicino e sospirò sconsolato. Perché toccava a lui quel maledetto compito? Lui non aveva nemmeno mai avuto un gatto, e ora era obbligato ad accudirne uno.

Come sempre, era tutta colpa di Tenma...

❀ • ❀ • ❀

Era una giornata piovosa, di quelle in cui Tsurugi ringraziava di essere uno studente universitario e di essere autorizzato a starsene barricato in casa tutto il giorno con la scusa di essere stressato per gli esami. Anche se le lezioni erano ancora in corso e lui, in teoria, avrebbe dovuto frequentarle.

Tenma aveva provato a trascinarlo fuori, era arrivato quasi a strattonarlo e a portarlo di peso, ma era stato costretto a rinunciare di fronte al suo completo rifiuto. Quindi, armato di giaccone pesante e ombrellino azzurro, se n’era andato via da solo, imbronciato, ed era riuscito a dimenticarsi persino le chiavi e il cellulare sul tavolino della sala.

Beh, in ogni caso, Tsurugi sarebbe stato lì ad aprirgli la porta. Non aveva certo intenzione di muoversi: avrebbe trascorso tutto il pomeriggio sepolto sotto le coperte fino al naso, sdraiato sul divano a guardare la televisione. Ogni tanto anche lui aveva diritto a una bella giornata di riposo, no? Tanto, il suo coinquilino non sarebbe tornato prima di sera...

O almeno così pensava.

Era da poco trascorsa l’ora di pranzo, e Tsurugi aveva ceduto alla sonnolenza, addormentandosi davanti al telegiornale. Stava facendo un bel sogno, giocava a calcio nella stessa squadra di suo fratello, e si passavano il pallone con gioia come quando erano bambini. Proprio mentre stava per fare goal, il campanello lo svegliò.

Doveva essere il corriere. Eppure non aspettavano pacchi, o almeno non ricordava di aver fatto ordini di recente. E non ricevevano mai lettere, le poche persone con cui erano ancora in contatto le sentivano ogni giorno al telefono.

Forse Tenma aveva comprato qualche altra cianfrusaglia da mettere nella credenza. Sì, era per forza così. Cosa sarebbe stato stavolta, l’ennesimo pinguino in ceramica? Un altro portafoto che sarebbe rimasto vuoto per secoli?

Si alzò, un po’ contrariato per essere stato destato di soprassalto mentre stava riposando, ma quando aprì la porta si dovette subito ricredere: Tenma era lì, zuppo dalla testa ai piedi, e teneva la borsa stretta al petto.

« Ehi, cosa… », provò a dire, ma venne interrotto da un fulmine castano che lo superò di corsa per precipitarsi all’interno. Tsurugi richiuse l’uscio, confuso.

Seguendo le impronte di fango sul pavimento – che già sapeva sarebbe toccato a lui pulire – trovò Tenma. Era accovacciato a terra in camera loro, intento ad armeggiare con qualcosa che lui non riusciva a vedere.

« Che hai lì? », gli chiese con sospetto. Un brivido pieno di cattivi presagi gli corse lungo la schiena.

« Fra poco vedrai », fu la risposta vaga di Tenma.

Non era da lui essere così evasivo. Tsurugi era terrorizzato, ma non poteva fare altro che assecondarlo se l'altro non voleva confessare. « Non dovresti essere a lezione? ».

Tenma fece spallucce. « Sono in pausa pranzo. E poi è un’emergenza ».

« "È un’emergenza"? », ripeté Tsurugi, ormai sinceramente preoccupato. « Tenma, che sta succedendo? ».

Nessuna risposta. Il silenzio era normale fra loro, non era niente di nuovo né imbarazzante, tuttavia di solito era lui quello di poche parole e raramente il contrario. Tenma non chiudeva mai la bocca, le uniche volte in cui lo faceva era perché era arrabbiato o giù di morale.

Provò a cambiare argomento. « Hai… hai pranzato? », chiese.

Tenma si prese un lungo minuto per rispondere, come se non lo avesse neppure sentito.
« Non ho avuto tempo ».

Tsurugi appoggiò una spalla contro lo stipite della porta. « Vuoi qualcosa? », propose. Era avanzato un po’ del riso che aveva mangiato lui, per fortuna. O al massimo avrebbe potuto preparargli qualcosa di veloce. Era lui quello che cucinava fra i due, per quanto questo lo facesse sentire una casalinga di mezza età.

« Ah… sì, grazie », le risposte di Tenma erano distratte e troppo corte perché lui non si preoccupasse. Stava per andarsene, immerso nei suoi pensieri, quando il castano lo fermò. « Mi puoi versare del latte in una ciotola? ».

Campanello d’allarme. Aveva visto abbastanza film per sapere dove stava andando a parare. Tenma amava gli animali, questo lo sapevano tutti, ma non poteva davvero aver portato un randagio a casa, vero?

Sperava vivamente di no, o lo avrebbe sgozzato. Decise di obbedire senza porsi altre domande per evitare di arrabbiarsi prematuramente: in ogni caso, ormai gli sarebbe rimasto ben poco da fare se non convincerlo a non adottarlo.

Avevano già discusso per Sasuke, nel momento in cui avevano deciso di andare a vivere nello stesso appartamento. Non è che a lui non piacessero gli animali, soltanto non era abituato ad averne attorno, e un cane bastava e avanzava. Anche perché lui era molto particolare, così pigro da non farsi quasi mai vedere. Stava tutto il giorno nella sua cuccia a dormire e a malapena si spostava per mangiare.

Tsurugi non aveva voglia di litigare di nuovo per un animale domestico. Chiuse lo sportello del microonde con un po’ troppa foga, impostò la temperatura e il riso prese a scaldarsi.

Tenma lo raggiunse in cucina mentre lui stava versando del latte fresco di frigo in una ciotola. E tra le sue braccia, come previsto, c’era un piccolo gattino. Era poco più che un cucciolo, tremolava e aveva l’aria terrorizzata. Tsurugi notò che era fradicio dalla testa ai piedi, proprio come il ragazzo che lo reggeva. Ma a Tenma non sembrava importare affatto, se ne stava impalato a fissare la bestiola con gli occhi che brillavano di gioia.

Ok, era carino con quell’espressione sul viso, Tsurugi si ritrovò ad ammetterlo suo malgrado. E subito scosse la testa, sorpreso di averlo pensato.

Non appena appoggiò la ciotola sul tavolo, il micio si avventò sul latte con un balzo. Doveva essere molto affamato.

Non disse una parola, avrebbe aspettato che il gatto finisse di bere per tirare fuori il discorso e fare la parte del cattivo ancora una volta. Intanto, andò di corsa fino al bagno e afferrò un asciugamano che, al ritorno, appoggiò sui capelli bagnati di Tenma.

« Asciugati prima di prenderti un malanno », disse soltanto.

Il suo coinquilino sembrò risvegliarsi da uno stato di trance. « O-Oh, grazie ».

Tsurugi gli rivolse uno dei suoi sorrisi appena abbozzati. Vivere con Tenma era come prendersi cura di un bambino piccolo, a volte. Guardandolo meglio, si accorse che sul suo viso c’era un piccolo graffio. Lo accarezzò con un dito, sovrappensiero. « E questo come te lo sei fatto? ».

« Ah, questo… », il respiro di Tenma si fece improvvisamente irregolare. Arrossì e abbassò lo sguardo a quel contatto fisico, ma non si allontanò né lo respinse. « Niente… Sono inciampato mentre correvo a casa ».

Tsurugi ridacchiò. « Questo succede perché sei imbranato », lo prese in giro, « La prossima volta chiamami... ah, sì, sempre se ti ricordi di prendere il cellulare ».

« Ehi! », Tenma finse di mettere il broncio, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere. « Non sono imbranato! ».

« Oh sì, invece ». Le sue reazioni erano sempre così divertenti, era impossibile non stuzzicarlo.

L’atmosfera si fece tesa dopo quel breve scambio di battute, come spesso accadeva, in un modo che Tsurugi stranamente adorava. Le sue guance prendevano colore, il viso sembrava andargli a fuoco, e guardarsi negli occhi diventava imbarazzante, eppure gli piacevano quei momenti, nonostante il cuore gli battesse all’impazzata nel petto. E per sua fortuna, questi finti battibecchi fra loro erano all’ordine del giorno.

Gli amici con cui uscivano ogni tanto li prendevano in giro, li chiamavano “piccioncini” o davano loro della coppia sposata per farli arrabbiare, ed era Tenma quello che si agitava di più e urlava loro di smetterla. Lui riusciva giusto a tacere per la vergogna. Eppure, per quanto fingessero, non potevano negare che fra loro ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia.

Il gattino miagolò, riportandoli con i piedi per terra, nel silenzio più scomodo della giornata. Si accorsero entrambi di cosa stavano facendo: erano intenti a fissarsi negli occhi come due fidanzatini.

Tsurugi fu il primo a distogliere lo sguardo, deglutendo per scacciare l’improvviso imbarazzo. « Senti, ehm… », balbettò, « Cosa vuoi farne di… quello? ».

Gli occhi di Tenma si posarono sul micio che, mentre loro si erano persi in smancerie, aveva ripulito la ciotola. « Vorrei tenerlo qui per oggi », disse, e i muscoli del suo compagno si irrigidirono subito, « Questa sera scriverò ai miei compagni di corso per vedere se qualcuno può adottarlo ».

Questo era contro le previsioni di Tsurugi. « Aspetta… non lo vuoi tu? ».

« No, tranquillo », rispose Tenma con una risatina. « Non ho tempo di dedicarmi anche a un micio ora ». Si accorse dello sguardo perplesso dell’altro, e gli sfuggì un verso divertito. « Ma è questo che ti preoccupava tanto? ».

Wow, era una bella novità. « Va bene allora », acconsentì, non avendo altro motivo per opporsi, « Finché te ne occupi tu, per me non… ».

« A dire il vero… », lo interruppe Tenma, e lui capì di essersi rilassato troppo presto. « Se faccio di corsa, posso andare alle lezioni pomeridiane… ».

Tsurugi lo guardò dall’alto in basso con aria sospettosa. Non era da lui rinunciare ad accudire un animaletto per seguire un corso all’università. « Non puoi saltarle? », chiese.

« Ehm… », Tenma abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe. « Sai, devo consegnare delle cose importanti e… il prof ci ha detto di essere presenti a tutti i costi… ».

Sapeva di menzogna da lontano un chilometro. Tsurugi lo afferrò saldamente per un polso. Per pura coincidenza, quella mattina aveva scambiato dei messaggi con Hakuryuu, un evento più unico che raro. Era iscritto alla stessa facoltà di Tenma e, parlando degli impegni del giorno, aveva detto di avere solo una lezione di ripasso senza importanza, che pensava proprio di saltare.

« Non mi prendere in giro », sbottò, innervosito per quella bugia.  « Sai che conosco altra gente nel tuo stesso corso. Tenma, perché non vuoi saltarle? ».

Il castano non rispose. Stava sudando freddo e non riusciva a guardarlo negli occhi.

« Aspetta… », Tsurugi finalmente c’era arrivato, « Non è che non vuoi, ma non puoi… Hai già fatto troppe assenze ».

Eppure, lo vedeva uscire tutti i giorni all’ora giusta, con la cartella in spalla. A volte andavano persino assieme fino all’ingresso dell’università, dove le loro strade si dividevano. Possibile che Tenma, quel Tenma, così innocente e puro, marinasse le lezioni? « Come hai fatto a sprecarle tutte? ».

« Ecco… », Tenma si liberò dalla sua presa e si allontanò di qualche passo, come se temesse di essere picchiato o, peggio, ucciso. « Vedi, il giovedì è il giorno in cui Shinsuke è libero dal part time e… ».

Tsurugi chiuse gli occhi, sentendo la rabbia salire. « Tenma ».

« M-Mi ha invitato al campo qualche volta, e io… », il ragazzo si portò le mani davanti al viso per proteggersi. Sapeva che Tsurugi non avrebbe mai e poi mai alzato un dito su di lui, però le sue parole ferivano eccome quando lo sgridava. « Potrei aver detto di sì ».

Tsurugi era senza parole. « Mi stai dicendo », ricapitolò, « Che hai saltato delle lezioni per andare a giocare a calcio? ».

Tenma cadde in un silenzio colpevole e lui capì di aver indovinato.
Di norma, non erano fatti suoi le lezioni che frequentava o meno, né gli esami che passava o doveva ripetere, e neppure i soldi che la sua famiglia avrebbe speso a vuoto se avesse perso troppi anni… tuttavia, era lui a dover sopportare tutta l’ansia del castano quando non riusciva a studiare in tempo e si affannava per recuperare trenta esami in una settimana. Era a dir poco intrattabile in quelle circostanze e resistere alla tentazione di rinchiuderlo nello sgabuzzino con un calzino in bocca era davvero difficile, ma Tsurugi era disposto a vivere quell’inferno se era solo un problema di scarsa memoria o di comprensione. Non era colpa sua se era tonto, no?

Però, se stava solo sprecando giornate come un idiota, beh...

« Ti prego », Tenma unì i palmi di fronte al viso in segno di supplica, « Prenditi cura del micio solo per oggi, okay? Appena finiscono le lezioni mi precipiterò qui, lo giuro ».

No. Tutto ma non quello. Lui e gli animali proprio non andavano d’accordo, non ne aveva la minima voglia, e poi non sapeva da che parte iniziare per accudirne uno… Gli avrebbe solo fatto del male, non voleva quella responsabilità, era troppo per…

« Grazie! », disse Tenma, come se tacendo avesse accettato. Prima che Tsurugi potesse fermarlo, aveva già afferrato la propria cartella ed era ripartito a gran velocità, percorrendo tutta la casa come un razzo.

« E cosa faccio con Sasuke? », gli urlò dietro dalla porta della cucina.

« Sasuke?! », reagì Tenma, voltando appena la testa mentre si infilava le scarpe di corsa. « Anche se si accorge di lui, è troppo pigro per lamentarsi! Ed è solo per oggi, può resistere ».

Il microonde emise un suono acuto. « E… il pranzo? ».

« Non fa niente! », Tenma ormai aveva già il naso fuori di casa, e il vento gelido si stava insinuando all’interno dell’appartamento. « Grazie comunque! A dopo! ».

Sparito.

Sasuke sbadigliò dalla sua cuccia di stoffa al centro del salotto. Tsurugi rimase impalato a metà del corridoio, la ciotola vuota ancora stretta in una mano, il gattino che lo aveva raggiunto e gli stava mordicchiando una pantofola.

❀ • ❀ • ❀

Ora poteva dirlo con certezza: accudire un cucciolo era terribilmente faticoso.

Era infinite volte più semplice far sorridere Hakuryuu o chiedere a Minamisawa di non essere spocchioso per dieci minuti di fila. Una tortura.

Nel giro di mezz’ora, Tsurugi aveva percorso il corridoio della casa almeno mille volte, sotto lo sguardo assonnato di Sasuke. Il micio non la smetteva di correre di qua e di là, di infilarsi sotto i mobili, di incastrarsi nei posti più improbabili.

Graffiò pure il divano, quello che Yuuichi gli aveva prestato e a cui teneva tantissimo. Tsurugi si affrettò a nascondere il danno con il copridivano e pregò tutti i santi in cielo che il fratello non venisse mai a saperlo.

Come se non bastasse, il gattino continuava a mordergli le pantofole e a miagolare come un ossesso. A un certo punto, per disperazione, Tsurugi si era persino vestito ed era corso al conbini più vicino per comprare delle scatolette. Di solito, dar da mangiare ai bambini era un ottimo modo per farli stare zitti, e sperava funzionasse anche con quelli a quattro zampe.

Sprecò un sacco di tempo a scegliere quale variante prendere. Perché c’era così tanta scelta per dello stupido cibo per gatti? Sembrava un menu al ristorante. Adulti, sterilizzati, con pesce, carne, filetto… Afferrò un pacchetto con su scritto “cuccioli” e sperò che non fosse avvelenato o cose simili.

Il suo piano funzionò perché, non appena si fu riempito la pancia, il micio si fermò e smise di sembrare isterico. Iniziò a giocare con un vecchio portachiavi di stoffa che Tsurugi aveva staccato e gettato a terra proprio per aiutarlo a distrarsi, e rinunciò a correre ovunque per casa.

Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. Era salvo dalla piccola peste, finalmente, e anche se Tenma era andato via da appena tre ore si sentiva come se avesse corso una maratona. Nemmeno le partite di calcio più intense dei tempi della Raimon lo avevano mai messo tanto fuori combattimento.

Si sdraiò sul divano, esausto, e si tirò le coperte fino al naso come quella mattina. Afferrò il telecomando con un altro sospiro e accese la televisione. Un intero minuto di zapping gli rivelò che la cosa più interessante che fosse in onda al momento era un monotono documentario sui delfini, quindi si rassegnò a ore e ore di noia.

Forse persino studiare era più emozionante. Stava per alzarsi a prendere i libri, quando sentì un leggero peso sul petto. Aprì gli occhi: il gattino si era arrampicato sul divano e ora stava camminando su di lui. Lo fissava con curiosità nello sguardo, immobile con le zampe che affondavano nella sua maglietta.

« ...Vuoi stare qui? », chiese Tsurugi, come se l’animale potesse capirlo. Il micio miagolò in risposta.

« Ecco, ora parlo pure con i gatti. Sono messo bene », mormorò fra sé e sé. Dopo aver giocato a calcio con Oda Nobunaga e Giovanna D’Arco, altra gente del passato, superuomini dal futuro ed essere stato persino rapito dagli alieni, forse quella era la cosa meno stupefacente della sua vita. Eppure lo faceva sentire così… stupido. « Va bene, fai come ti pare ».

Proprio come se avesse voluto il suo permesso, il cucciolo aspettò fino a quel momento per accomodarsi sul suo petto, raggomitolandosi su se stesso in una piccola pallina di pelo, e si addormentò in un attimo.

Nel vederlo così, Tsurugi dovette ammettere che, in effetti, era carino... e gli ricordava vagamente Tenma. Il pensiero lo fece sorridere.

Cullato dal rumore dei delfini in sottofondo e dal respiro regolare del gattino sul suo petto, anche Tsurugi cedette alla stanchezza e cadde in un sonno profondo.

❀ • ❀ • ❀

Non appena l’ultima lezione fu conclusa, Tenma si alzò di scatto dal proprio banco e corse a perdifiato lungo i corridoi dell’università. Per fortuna il professore non li aveva trattenuti più del dovuto, quindi era in perfetto orario.

Non salutò nessuno, afferrò l’ombrello senza neppure fermarsi e si precipitò in strada. Doveva sbrigarsi, sapeva che Tsurugi aveva poca tolleranza per gli animali domestici che non fossero invisibili come Sasuke, e se lo avesse lasciato solo con il gattino anche solo un minuto di più, per punirlo lo avrebbe costretto a fare tutte le pulizie per un mese. Come minimo.

Giunto davanti alla porta di casa, suonò il campanello e attese. Nessuna risposta.
Ringraziò di essersi ricordato la chiave almeno stavolta, e la infilò nella serratura con le mani tremanti. Lanciò la cartella nell’atrio e piombò di corsa in salotto, pronto a inginocchiarsi di fronte al suo coinquilino e implorare perdono.

Quello che vide lo stupì non poco: Tsurugi si era addormentato sul divano, la televisione ancora accesa, con il gattino sdraiato sul suo petto.

Era un’immagine davvero carina. Tenma lo conosceva come le sue tasche, aveva scoperto e imparato ad apprezzare tutti i suoi lati positivi al di sotto della fredda facciata che mostrava agli sconosciuti... eppure non pensava lo avrebbe mai visto in una situazione tanto adorabile. Era così lontano dal comportamento del solito Tsurugi da lasciarlo senza fiato.

Gli batteva forte il cuore al pensiero di avere assistito a una simile scena, era un vero e proprio miracolo. Non gli importava cosa avrebbero detto gli altri, o il suo stesso cervello che gli ripeteva quanto sembrasse una ragazzina alla prima cotta: avrebbe conservato quella scena nella sua mente come il più prezioso dei ricordi.

Si tolse giacca e scarpe e si sedette sul divano. Passò la mano fra i capelli di Tsurugi per qualche istante, per poi passare ad accarezzare il gattino. Si sentiva improvvisamente stanchissimo, e quel piacevole calduccio non aiutava certo a far passare la sonnolenza. Con un sonoro sbadiglio, Tenma prese posto accanto al micio, sdraiandosi contro il petto di Tsurugi. Gli bastarono pochi istanti per addormentarsi come un sasso.

 

Quando si risvegliò, un paio d’ore dopo, era da solo sul divano e una coperta era comparsa sulle sue spalle. Tenma si mise a sedere, strofinandosi gli occhi con il dorso di una mano. 

In casa c'era un silenzio strano. Niente TV in sottofondo, niente rumori di tasti, di pagine sfogliate o di pentole in lontananza. Dov'era Tsurugi?
Un bigliettino sul tavolo attirò la sua attenzione. “Sono uscito a comprare una cuccia. Forse non c’è bisogno che tu scriva ai tuoi compagni”.

Tenma sorrise. Tsurugi aveva proprio un cuore di panna, questo non sarebbe mai cambiato.

   
 
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