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Autore: Cromatic Angel    03/10/2019    1 recensioni
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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11.

 

Un anno prima

 

«Prima che tu giunga a conclusioni affrettate, vorrei che ti sedessi qui sul divano e che mi ascoltassi, fino alla fine» Mi prese per le spalle e mi condusse sul divano dietro di me posto al centro del soggiorno, mi sedetti inerme, non sapevo più chi fossi e che segreti avesse la mia famiglia. Decisi di obbedire a mio padre e rimasi in silenzio, mi lasciai condurre in un tempo molto lontano, ancor prima che io nascessi.

 

 

 

Estate 1991

 

A quattordici anni sei ancora un bambino, ma se fai parte di una ricca famiglia inglese non sei affatto innocente, sa già come funzionano le azioni in borsa, sai parlare di contratti catastali e verso dei dipendenti. A quell’età sai già che appena dopo la laurea sarei il CEO di qualche azienda di famiglia.

Ma questo è ciò che sai, o che ti hanno convinto a credere. Ciò che non sai e che puoi pensare con la tua testa e decidere di avere un futuro differente da quello che è stato già disegnato per te.

«Jamie torna qui» suo padre gli urlava da dietro da scrivania del suo studio, ma quel ragazzino biondo con i pugni stretti lungo i fianchi, marciava verso la porta di casa. Era stanco di sentirsi dire cosa dire e come fare, era stanco degli ordini di suo padre. Si sentiva represso e la morte di sua madre aveva solo accentuato quella dittatura. Prese la sua bici e lasciò la villa. 

C’era un posto a Riffer che lo faceva stare bene ed era il lago, stava lì a pensare e sognare.

Quando arrivò la trovò lì che scalciava i sassolini con la scarpa.

«Martha» la chiamò lui, ma lei non si girò

«Jamie…è successa una cosa» rispose continuando a tormentare i ciottoli.

Lui le si avvicinò e con forza la fece voltare strattonandola per un bracciò. Vide le sue guance rigate di lacrime e lei tirava su con il naso. Aveva un occhio nero ed un graffio sulla guancia.

«Che è successo» gli urlò lui preoccupato « chi ti ha picchiata?»

«Mio padre» disse tra i singhiozzi

«Tuo padre? perché?» era pietrificato, non riusciva a capire come Edward potesse alzare un solo dito verso la sua amata figlia, solitamente se la prendeva con Malcolm, ma mai con lei. Anzi la proteggeva sempre.

«Sono incinta Jamie, gliel’ho detto sperando di potermi confidare con lui, che avrebbe capito ed invece ha reagito così, mamma non ha mosso un dito ha lasciato che mi riducesse così, se non fosse stato per mio fratello a quest’ora sarei sicuramente sotto terra» gettò le braccia al collo del ragazzo piangendo disperata

«Quando lo hai scoperto» la strinse a sè

«Ieri sera, ho comprato un test e l’ho fatto… volevo chiamarti per dirtelo, ma non ho avuto il coraggio. È solo colpa mia, è stata mia l’idea!» urlò tra le lacrime.

«Le cose si fanno in due abbiamo deciso entrambi e adesso accadrà questo. Io ci sarò se tu vorrai»
Martha si staccò dal ragazzo e lo fissò.

 

Da quel giorno Jamie non riuscì più a rivedere Martha, ogni giorno per tutta l’estate si piantava davanti il cancello del castello di Riffer sperando di poterla vedere, ma nulla. Tornato a Liverpool decise di tentarle tutte, telefonava ogni giorno a casa di Martha, uscito da scuola si precipitava sotto la sua finestra, ma nessuna risposta. Stava diventando pazzo e suo padre puntualmente gli rinfacciava il danno fatto, chiamandolo irresponsabile e dicendo la cosa che lo feriva di più “tua madre non sarebbe per niente fiera di te”.

Ma una mattina, mentre pedalava verso scuola, venne fermato da una donna

«Jamie Khan?» chiese guardandosi intorno con fare circospetto.

«Chi è lei?» il ragazzo scese dalla bici incuriosito ed allo stesso tempo preoccupato 

«Ho un messaggio per lei da parte di Martha» gli fece cenno di seguirlo nel vicolo accanto a loro, appena la donna si sentì più sicura continuò a parlare «Sono l’istitutrice di Martha, che mi ha detto di dirle di vedervi nel piccolo tempio di Sefton Park subito dopo scuola.» 

«Oh, beh…ok! Le dica che ci sarò!» un turbinio di emozioni lo pervase, finalmente dopo quattro mesi riusciva a vederla. La donna lo salutò con un cenno del capo e si dileguò tra la folla.

La mattinata passò velocemente, ed al suono della campanella Jamie corse alla sua bici e più veloce di quanto non avesse mai fatto arrivò nel luogo d’incontro. La vide sulle scale di quel piccolo tempio che si ergeva sul lago. I capelli biondi mossi dal vento e la sua giacca a vento copriva quel piccolo rigonfiamento che custodiva dentro di sé. Fu sollevato nel vedere che non avesse abortito. 

Mollò la bici nel prato e corse da lei ad abbracciarla, non riusciva a parlare.

«Scusami tanto!» Martha lo allontanò delicatamente 

«Per cosa?» la scrutò Jamie attentamente

«Per non aver mai risposto alle chiamate. Ma i miei genitori mi stavano addosso, poi dopo Riffer sono stata da mia sorella Viky, è incinta anche lei» rise amaramente «ma lei può, è spostata, ha l’età giusta. Ma mi capisce, mi sta vicina ed è l’unica che mi sta veramente aiutando. Io voglio solo che questo bambino sia felice» alzò le spalle.

«Lo sarà» Le prese il viso tra le mani fissandola negli occhi

«E come? Cosa gli dirò quando sarà grande? “Volevo perdere la verginità con una persona a cui volevo bene, ma non amavo e ops sono rimasta incinta e tuo nonno ha deciso di farti credere che sei suo figlio”? DEVO DIRGLI QUESTO??»urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.

«Scappiamo» disse tutto d’un fiato.

«Cosa?» Era come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso «per andare dove?»

«Da qualsiasi altra parte, a Londra magari. Ma andiamo via. Tanto siamo due delinquenti per la nostra famiglia, perché stare qui?»

«Perché non conosco altro posto, perché…io…Jamie, no!» si allontanò da lui e gli diede le spalle « Starò da Viky, crescerò nostro figlio con il suo aiuto. Già è molto per me…ma non puoi chiedermi di scappare»

«Ed io? È anche mio figlio» si sentiva estromesso da tutta quella faccenda, non che la volesse sposare, per lui era come una sorella. Ma sentiva che nonostante la sua tenera età dovesse prendere atto di ciò che aveva commesso ed aiutarla.

«Sono io che ti ho coinvolta in tutto questo, non voglio rovinarti la vita» le tremava la voce.

«Ma io già volevo andare via da prima che accadesse tutto ciò» cercava di convincerla in tutti i modi. Ma sapeva bene quanto Martha fosse testarda.

«Allora vai» si girò con gli occhi lucidi verso lui « va via da qui, rifatti una vita. Non ti impedirò di vedere questa creatura, ma non posso venire con te»

«Perché penso che questo sia un addio?» sussurrò, cosi piano che temette di non essere sentito.

«Perché stai andando a riprendere la tua vita e chissà forse un giorno io prenderò potere della mia. Ma è più un ‘a presto’. Saprai sempre tutto, di me , di lui ed io ti sarò sempre grata per la tua amicizia, per tutto ciò che sei e che stai facendo per me. Ma meriti una vita migliore di questa, una vita in cui tu possa trovare qualcuno che ti ami, che ti supporti e che ti renda felice. Io sarò sempre qui, la tua Martha, la tua migliore amica che avrà sempre tempo per te…però…solo una cosa ti chiedo» si avvicinò a lui e gli prese una mano «fammi sapere cosa ne sarà di te. Solo così saprò che non mi stai dicendo tu addio»

Si fissarono per un pò senza dire nulla. Ma quel silenzio, sapevano entrambi, valeva più di mille discorsi. Occhi negli occhi, ghiaccio nel ghiaccio. Solo un sorriso sciolse quel contatto, quel flusso di parole non dette. E dopo l’ultimo abbraccio Martha lo lasciò lì, mentre lei tornava a casa con la sua istitutrice che silente era rimasta lì nascosta ad aspettare.

Quella stessa notte Jamie prese il primo treno per Londra, sapeva che lì qualcuno l’avrebbe ospitato. 

 

 

 

Un anno prima

 

«Tua madre trascorreva ogni estate a Riffer da sua zia, sapeva già dei miei discorsi a casa e di Martha, mi accolse a casa sua…tuo nonno Peter mi prese con sé come fossi suo figlio, senza chiedere. Io di certo non rimasi con le mani in mano e oltre a studiare avevo trovato lavoro come cameriere in un pub nella periferia di Londra. Poi il resto lo sai già, a 18 anni avemmo te e ci sposammo dopo il diploma ed eccoci qui» si massaggiò gli occhi sospirando, era stanco e si vedeva. Ma in lui notavo anche un gran sollievo, come se finalmente si fosse tolto un grande peso dalla coscienza.

«E lui adesso dov’è?» Ero sconvolta, tutto quel racconto mi stava uccidendo. Ma anche se mi stava annientando io dovevo sapere chi fosse mio fratello.

«L’hai conosciuto stasera» sollevò lento il viso verso me.

«Ti prego…» iniziai a singhiozzare. Non ero più certa di volerlo sapere realmente. Ora che tutto sembrava andare nel verso giusto, sapere che lui era…oddio nemmeno riuscivo a pensarlo. Sentivo una mano invisibile che stritolava il mio cuore. Mi mancava il respiro.

«Reb» Mia madre s’inginocchiò davanti a me e mi prese entrambe le mani e le portò alle sue labbra posandoci sopra un bacio «frena i tuoi pensieri» mi sorrise mentre anche lei piangeva.

«Mamma… non farlo» ormai bevevo le mie lacrime, non poteva essere vero. La nausea mi assalì ed iniziavo a provare il disgusto per tutto quello che io e Noah avevamo fatto, e più ci pensavo più mi odiavo, provavo un senso di repulsione verso il mio stesso corpo.

«Beky» mi richiamò mio padre «tuo fratello è Cameron ed è venuto con Noah stasera perché voleva vederti. È da quando sei nata che vuole vederti, ma sa bene che non è possibile. Ci sono cose che ancora non ti ho detto, quindi al momento penso che possa bastarti questo.» Si alzò «Ma di certo non ti impedirò di incontrarlo e parlargli…solo sta attenta» mi ammonì.

«E per cosa? Perché potrebbe dirmi altre verità? Perché è un disonesto come suo nonno? Quindi anche Noah è come loro?» lentamente sentì il disagio che prima mi pervadeva, scivolare via, ero sollevata…ma adesso avevo una rabbia dentro che mi stava strappando la ragione e me la stava sbriciolando davanti gli occhi.

«No no no» svelto si sedette accanto a me «Cameron è il ragazzo più buono di questo universo, non è cresciuto con suo nonno, fortunatamente aggiungerei» sorrise scuotendo la testa «per questo non l’hai visto a Riffer. Lui vive con la mamma di Noah, con la sua famiglia a Liverpool. Sa tutto, sapessi quanto odio ha verso Riffer, ma quella famiglia, gli Hughes, hanno sempre portato malumori ovunque vadano…quindi stai attenta, fin quando saprai guardarti le spalle nulla ti potrà spezzare» disse accarezzandomi la schiena con una mano.

«Voglio solo sapere una cosa» non riuscivo ancora a guardare mio padre negli occhi, sentì solo un sussurrò, che ero certa fosse un ‘si’ «tuo padre sa di me?» fissavo le mie mani intrecciante ancora in quelle di madre, lei non smetteva di baciarle.

«Non vedo e sento mio padre dal 1991, so che è vivo. So che nessuno gli ha detto di te perché gli unici a saperlo sono Martha e sua sorella. E a loro affiderei la mia vita, ma so che Noah è fortemente convinto che debba saperlo, e non sono mai riuscito a fargli capire che non deve combattere una guerra che non è sua.» inspirò forte « Io preferirei che ti prendessi tutto il tempo che ti occorre per riflettere  su tutto ciò che ti ho raccontato e se vorrai mai conoscerlo allora vorrei avere io il piacere, se così si può definire, di accompagnarti da lui.»

Mi voltai verso lui e annuì.

Forse iniziavo a capire qualcosa di tutta quella strana e surreale storia.

 

  
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