Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: Ink_    05/10/2019    0 recensioni
[Mini-long]
Dean aveva soltanto tre certezze: primo, di non essere pazzo e che qualcosa lo stesse trattenendo in quel covo di matti. Secondo, che presto Sammy lo avrebbe tirato fuori di lì. E terzo, che non rimanesse più molto tempo.
«Santo cielo non è un sogno quel uomo? Quasi quasi … ».
«Oh mia cara, quel ragazzo è tanto bello quanto svitato! E ad ogni modo mettiti in coda, prima ci siamo io e la capo infermiera Tess» disse Lucinda scatenando l’ilarità delle specializzande.
«Che c’è? Solo perché una donna ha settantacinque anni suonati non può sognare?»
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I.

“I mostri sono reali e anche i fantasmi sono reali.
Vivono dentro di noi e, a volte, vincono.”
Stephen King
 
 
 
Lucinda Dhale sedeva sull'erba, la schiena sostenuta dal tronco dell'albero su cui Toby era appollaiato ormai da diversi minuti, mentre al suo fianco due giovani stagiste chiacchieravano allegramente. Come lei, Toby osservava dall'alto il pigro trascinarsi degli altri pazienti per il cortile della clinica. Vagavano alla cieca come falene attratte dalla luce, a volte si bloccavano a metà di un passo con lo sguardo perso nel nulla, rapiti da chissà quale epifania. Immobili e avvolti dal paesaggio autunnale, inconsapevoli protagonisti di un quadro impressionista.
 
Il vecchio vedovo Rogers sedeva sulla sua sedia a rotelle poco distante da loro, vicino alla siepe perfettamente curata e quasi appassita di rose canine.
 
Lucinda soffocò una risata e le ragazze si voltarono a guardarla «Che c’è da ridere  Lucy?» le chiese Brooke sfoggiando un sorriso complice.
 
Brooke era un tipo socievole e sbarazzino, avvezza ai pettegolezzi e alle frivolezze, mentre Holly, l’altra ragazza, era più riservata e pacata. Se vedeva qualcuno in difficoltà si precipitava in suo soccorso, animata dalla scintilla di chi è stato posto su questa Terra con l’unico scopo di aiutare gli altri. Lucinda aveva subito preso in simpatia le due specializzande (le ricordavano molto le sue defunte nipotine) e il sentimento doveva essere reciproco poiché le ragazze passavano molto tempo in sua compagnia.
 
«Avanti Signora Dhale, ci racconti cosa la fa sorridere» disse gentilmente Holly. Al contrario di Brooke, lei non era una gran cacciatrice di scoop, ma se nessuno dava di matto la vita alla clinica poteva essere piuttosto monotona perciò Lucinda non poteva biasimare la sua curiosità.
 
«Rido, mie care ragazze, perché la gente in questo posto non cambia mai» sospirò «È come se avesse una palla al piede, ma invece che portarla alla caviglia se la tengono tra le braccia, e di loro spontanea volontà per giunta! Come possono cambiare? Come possono guarire?» scosse il capo divertita. Holly si stava mordicchiando il labbro, segno che stava riflettendo: «È una cosa a cui penso spesso» mormorò.
 
«Io temo di non aver ben capito, invece» disse Brooke spostando lo sguardo tra la compagna e l’anziana signora.
 
Se c’era una cosa che Lucinda stessa non aveva ancora compreso era che cosa ci facesse quella ragazza in una clinica psichiatrica. Quello non era decisamente il posto adatto a lei.
 
«Vedete quell’uomo, care?» ed indicò Timothy Rogers ed il groviglio di spine dove poche rose pallide resistevano ancora. Brooke ed Holly si trovavano lì da qualche settimana e ancora stavano imparando i nomi e le tragiche storie dei pazienti, insieme alle dosi di farmaci e a chi fosse permesso o meno di maneggiare posate di plastica.
 
«Quello è il caro Signor Rogers, la moglie si chiamava Rose, ora chiedo, cogliete l’ironia della cosa? Riuscite a vedere la palla al piede che si porta appreso?» Le ragazze annuirono. «Tiene una fotografia sul comodino, è la moglie la donna ritratta?».
 
«Esatto, mia cara»
 
 Il signor Rogers era uno dei pochi pazienti ad avere il permesso di tenere con sé una foto in una cornice di vetro, nonché uno dei pochi a condividere la stanza quando tutti gli altri avevano camere singole. Ma questo poteva essere dovuto al fatto che il signor Bright era in stato catatonico da decenni ormai e come Timothy non era un tipo particolarmente loquace, ragion per cui qualcuno dello staff doveva aver pensato che nessuno dei due pazienti si sarebbe lamentato per la propria sistemazione.
 
«Vedete ragazze» riprese Lucinda «il fatto è che il vecchio Rogers amava davvero sua moglie. La conobbe al college …  Era un uomo innamorato Tim Rogers, anche dopo quasi un ventennio di matrimonio. Cosa rara vi dico! Dunque, quel pomeriggio aveva preso permesso dall'ufficio per poter tornare all'appartamento che condivideva con la sua dolce metà e organizzarle una seratina romantica» Brooke si era totalmente girata verso di lei, gli occhi illuminati. Dall’alto del ramo Toby fece schioccare la lingua amareggiato e borbottò che questo non era decisamente il posto adatto a lei. Toby era molto bravo a capire quando la gente era fuori posto.
 
«Se qualcuno uscisse prima da lavoro per organizzarmi una serata romantica lo sposerei all’istante» commentò Brooke con una risata.
 
«Se fossi in te ci penserei due volte cara la mia ragazza … è colpa della moglie se è finito in questo posto! Come stavo dicendo, aveva rincasato presto: le luci accese, il letto disfatto e lo scrosciare della doccia furono buoni indizi per Timothy, nel caso in cui il pungente odore di sesso che impregnava le lenzuola non fosse stato abbastanza. Le stesse lenzuola che il dolce Tim aveva pensato di coprire di petali di rosa, le stesse lenzuola su cui il volto spiegazzato di Benjamin Franklin lo scrutava per tre volte con un mesto sorriso». Le stagiste tacquero. Holly perché scioccata dall’udire la parola “sesso” uscire dalle labbra di un’anziana signora e Brooke perché trecento dollari erano davvero una bella tariffa.
 
Soddisfatta del silenzio Lucinda riprese a raccontare: «Venne fuori che la dolce Signora Rogers arrotondava il suo stipendio da maestra d'asilo con un lavoretto part-time e come succede nelle piccole città, la scandalosa notizia si sparse più velocemente di un virus virale, arricchendosi di dettagli succulenti ogni volta che veniva masticata e sputata da una bocca diversa … Ogni volta che Rose Rogers si azzardava ad uscire di casa veniva accolta da smorfie di disgusto e occhiatacce affilate come rasoi! Inutile a dirsi che venne licenziata in tronco circa dodici ore dopo che il marito si era lanciato in mezzo alla strada piangendo e urlando, pregando gli automobilisti di passaggio perché lo investissero».
 
«È perché lo ha tradito che il signor Rogers è uscito fuori di testa? Mi sembra una reazione eccessiva» commentò Brooke. Holly le rifilò un’occhiataccia «Uscire di testa non è un termine appropriato …» borbottò lanciando una sguardo di scuse alla signora Dhale, che le rispose con un sorriso.
 
«Non preoccuparti cara. Il tradimento fu un duro colpo per il povero Rogers, ma quello di grazia gli arrivò due settimane dopo, quando tornò in città dopo una “pausa di riflessione”» disse mimando le virgolette con le dita ossute «La povera Rose aveva riflettuto anche lei ed era giunta alla conclusione che la soluzione migliore era appendersi alla ventola del soffitto. Fu così che la trovò il marito, a penzoloni, blu come un mirtillo e senza nemmeno un biglietto! Il poveretto non ha retto».
 
«Be’ wow … gli ha rovinato la vita» mormorò Brooke.
 
«È piuttosto informata signora Dhale, come conosce tutti questi dettagli?» chiese Holly cercando di alleggerire l’atmosfera.
 
«Me l’ha raccontato Toby» rispose allegramente l’anziana, poi si sporse in avanti con aria cospiratrice e abbassò il tono della voce «Me lo ha sussurrato all’orecchio sinistro – quello per i segreti - due notti dopo l’arrivo del signor Rogers». 
 
Holly si ritrasse impercettibilmente e Toby schioccò nuovamente la lingua: «Proprio non vuole accettare che la gente qui è pazza. Crede che siate qui per essere curati, che lei vi possa salvare».
Lucinda alzò lo sguardo verso le fronde gialle e arancioni, dicendo che presto si sarebbe resa conto che non era così semplice, che c’erano persone che non potevano essere salvate. Mentre parlava, le ragazze alzarono lo sguardo sgomentato sul ramo vuoto.
 
«Ehi … guarda un po’ chi e’ uscito dal guscio» esclamò Brooke indicando con un gesto il portone che dalla clinica dava sul cortile. «Il grande Dean Winchester ci onora con la sua presenza».
 
Lucinda storse il naso e scosse la testa, sistemandosi dietro l’orecchio i capelli che erano scivolati fuori dallo chignon. Nessuno usciva dal guscio in quel posto, il guscio era la loro unica difesa, una spessa corazza, costruita su misura con anni di negazione e auto convincimento che va tutto bene! stai bene! non hai un problema!
 
Sotto il guscio qualcuno aveva eretto anche un muro, come il vecchio Rogers, un muro in cemento armato coperto di filo spinato per avere la mera illusione di essere al sicuro da quella cosa che li aveva costretti in una stanza con i muri bianchi e le cinghie ai letti.
 
L’aveva avuto anche lei un muro per un po’, ma la cosa era persistente, scalciava e grattava come una bestia feroce e con il tempo piccole crepe avevano cominciato ad aprirsi nel muro e il filo spinato aveva preso ad arrugginire. Alla fine tutto era crollato con l’impeto di una diga mal costruita.
 
I dottori avevano affibbiato alla cosa un nome lungo ed articolato, difficile da ricordare, ma lei preferiva chiamarla Toby.
Lucinda Dhale credeva che ogni cosa andasse chiamata con il suo nome e lei sapeva perfettamente chi fosse Toby:era un angelo – con brillanti occhi azzurri e soffici boccoli dorati – che il Buon Dio le aveva mandato perché la scortasse in paradiso.
 
Aveva sempre saputo che Toby l’avrebbe portata là un giorno, ma lui insisteva perché prima facesse ammenda. Da buona cattolica quale era pregava ogni giorno, inginocchiata a terra nonostante i dolori alla schiena, gli occhi rivolti verso il crocifisso che arredava la sua stanza. Aveva chiesto perdono per ogni cosa, per le caramelle che aveva rubato dal droghiere da bambina, per essersi ubriacata alla festa del paese e persino per aver rovesciato per sbaglio la marmellata di fragole sulla tovaglia la mattina prima, ma Toby continuava ad insistere perché ammettesse la sua colpa più grande. Poteva essere davvero insistente a volte, ma lei era più testarda e continuava a ripetergli che le sue nipoti se l’erano cercata, dannazione.
  
«Santo cielo, non è un sogno quel uomo? Quasi quasi … ».
 
«Oh mia cara, quel ragazzo è tanto bello quanto svitato!E ad ogni modo mettiti in coda, prima ci siamo io e la capoinfermiera Tess» disse Lucinda scatenando l’ilarità delle specializzande.
«Che c’è? Solo perché una donna ha settantacinque anni suonati non può sognare?» chiese fingendo indignazione. Quelle ragazze avevano il singolare dono di farla sentire giovane.  
 
«E vediamo Lucy, Toby ha qualche aneddoto anche sul bel Winchester?». Holly si irrigidì alla domanda. Aveva stilato un regolamento tutto suo che andava ad aggiungersi a quello ufficiale della clinica, non dar corda alle illusioni dei pazienti! era in cima alla lista, appena sotto a mostra tatto!
«Ma certo! Toby è un gran chiacchierone» disse con un sorriso. «Sai Brooke, penso che dovresti andare a parlarci. Il giovane Dean è una persona piuttosto socievole da quando gli hanno cambiato i farmaci. Prima soleva avere pessimi attacchi d’ira e deliri, ma è migliorato moltissimo negli ultimi anni! È un vero peccato che si perda così spesso però».
 
«Cosa intende per “perdersi”, signora Dhale?».
 
«Be’ vedi il signor Rogers, cara? È perso in questo momento. Da qualche parte nella sua testa presumo … I medici lo chiamano estraniarsi o catatonia, come se fossero imprigionati nei loro stessi ricordi ed illusioni. Personalmente? Io credo che si trovino esattamente dove vogliono essere» ed annuì soddisfatta. Holly pensò che quanto detto dalla signora Dhale andasse contro tutto ciò che aveva studiato al corso di psicopatologie, ma dovette ammettere che era una maniera piuttosto ottimistica di vedere le cose. Un po’ di ottimismo in un posto del genere non poteva far male.
«Dai Lucy! Raccontami qualcosa di lui» incalzò Brooke.
 
«Vediamo … La sua famiglia è morta in un incendio, mamma, papà e il suo fratellino di appena sei mesi. Davvero un brutto colpo per un bambino di quattro anni devo dire. Non trovarono fughe di gas, né guasti al circuito elettrico, per cui si archiviò il caso come incendio doloso ahimè. Insomma, che razza di mostro potrebbe appiccare fuoco alla cameretta di un neonato? Perché è proprio lì che ebbe origine l’incendio! Una vicenda terribile … ne parlarono diversi giornali sapete? Era il 1983».
«Immagino che Dean ne rimase traumatizzato.»
 
Lucinda annuì severamente. «Andò a vivere con i genitori della madre, crescendo si fece un amico immaginario o almeno è quello che tutti pensavano visto che non aveva mai rivelato il suo nome. Venne fuori che l’amico tanto immaginario non era in effetti … Lo chiamava Sammy, diminutivo di Samuel, il fratellino morto nell’incendio.
 
«Lo fecero visitare da un psicologo infantile … e più tardi da uno psichiatra infantile. Per un po’ parve migliorare, ma quando raggiunse l’adolescenza le cose precipitarono. Passava più tempo nella sua testa che fuori e per lui Sammy era reale. Litigava con lui, parlava con lui, rideva e piangeva con lui e preparava panini al burro d’arachidi e marmellata che non venivano mangiati da nessuno. Il giorno del compleanno del fratello preparava sempre una torta e comprava un regalo … Una storia davvero triste insomma. La goccia che fece traboccare il vaso fu quando scomparve per tre giorni. Tornò con gli abiti laceri, sporchi di melma e sangue non suo. Disse che Sammy era stato rapito da uno spirito che infestava la palude o una stupidaggine del genere. E non fu né la prima né la più scioccante delle sue azioni, sapete! Aprì tombe e diede fuoco alle ossa dei defunti! Rubò carte di credito ed armi … nel 2005 irruppe nella casa di una deliziosa studentessa di Stanford, Jessica Moore se non sbaglio … Ed, ecco, diede fuoco all’appartamento della poveretta, uccidendola naturalmente.
Lo trovarono in Colorado. Disse che era stato un demone dagli occhi gialli, lo stesso che aveva ucciso sua madre, che il padre era scomparso e che era andato in California per chiedere l’aiuto del fratello.
Ovviamente il tribunale dichiarò l’infermità mentale … ed eccolo lì» concluse indicando con un cenno del capo un fazzoletto d’ombra dove l’uomo si era seduto.
 
Una spessa cappa di silenzio era calato sul piccolo circolo. Toby dondolava le gambe sul ramo, canticchiando un motivetto che arrivava alle sole orecchie di Lucinda.
 
«Temo che la voglia di parlarci mi sia quasi passata» ammise Brooke
 
«Quasi» e si alzò di slancio per raggiungere il paziente.
 
Lucinda scoppiò a ridere «Sai Holly cara, quella ragazza mi ricorda terribilmente me stessa alla sua età … speriamo non faccia la stessa fine!».
       
 


 
 
 
***
L’idea di questa storia è così vecchia che ormai non la riconosco nemmeno io, un po’ come una vecchia fotografia rovinata dalle infiltrazione di umidità. L’ho ripresa mesi fa e l’ho quasi terminata prima che l’università mi afferrasse per le caviglie trascinandomi in un baratro di esami.
Ora che ho un po’ più di tempo ho deciso di terminarla e pubblicarla, mi dispiaceva lasciarla lì a prendere polvere insieme alle altre trecento storie che non finirò mai.
A parte questo mi sembrava carino pubblicarla nel mese di ottobre, un po’ perché ci tenevo a scrivere qualcosa per Halloween (il che può in parte suggerire i temi affrontati nella storia) e un altro po’ perché a breve usciranno gli episodi nell’ultima stagione di Supernatural e volevo fare – forse – un ultimo saluto a questo fandom che mi ha sempre ispirato tanto.
Ho riletto questo capitolo così tante volte che il solo leggere la prima riga mi da la nausea quasi, spero non sia lo stesso per voi (non che lo rileggiate all’infinito, ma che vi dia la nausea).
Ci tengo a sottolineare che, benché la storia sia letteralmente ambientata in un manicomio, ci sono andata (spero) leggera con i temi per non urtare la sensibilità di nessuno e specialmente perché non sono una psichiatra, perciò non contate troppo sull’accuratezza.
Detto tutto ciò spero che questo primo capitolo abbia fatto il suo lavoro nell’ incuriosirvi e che possiate aver voglia di iniziare questo piccolo viaggio in mia compagnia :)
 
Un abbraccio,
~Ink
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Ink_