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Autore: AdhoMu    07/10/2019    3 recensioni
Draco e Astoria sono pronti per dare inizio ad una nuova fase della loro vita; tuttavia, proprio nel momento cruciale, Astoria chiede al fidanzato di saldare alcuni conti lasciati in sospeso.
Fra i tanti, in particolare, ce n'è uno legato ad una vecchia (ma mai sopita) vicenda che ha visto protagoniste una collana maledetta ed una giovane Cacciatrice dalla frangetta corvina.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Katie Bell, Oliver Wood/Baston | Coppie: Draco/Astoria
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Il Signore degli Anelli e il suo Tesoro'
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Delitto e castigo.
 
La luce soffusa dei candelabri si rifrangeva sulla chioma corvina acconciata in un nodo elegante sopra la nuca; i diamanti discreti che le adornavano i lobi delicati scomponevano lo spettro luminoso in tanti piccoli flash capaci di ipnotizzarlo.
La giovane sorrise - un sorriso soave di denti di perla e di luminose iridi scure – e tese il braccio, facendolo scorrere sulla tovaglia immacolata; le dita affusolate dalle unghie laccate di un raffinato rosa nude si aprirono, infine, per accarezzare con dolcezza la scatolina di velluto verde smeraldo.
Guardava assorta davanti a sé, apparentemente dimentica della proposta che le era stata rivolta. E lui, che si era aspettato un “sì” immediato, rimase interdetto al cospetto del suo inatteso silenzio. “Se Astoria non urlerà di gioia” gli aveva detto sua madre, che letteralmente adorava la finezza e la signorilità della (possibile) futura nuora “è solo perché ti sei scelto una ragazza incredibilmente adeguata, tesoro mio”.
«Se... se non te la senti di rispondermi adesso» mormorò allora, deglutendo un po’ nervoso «non c’è alcun problema, sai... puoi pensarci su, se preferisci. Prenditi tutto il tempo che vuoi».
Lei scosse la testa, alzando gli occhi scuri su di lui.
«Oh, no. Ma cosa vai a pensare, Draco?» la ragazza ritrasse la mano dalla scatolina per intrecciare delicatamente le dita con le sue. «La mia risposta la conosci già, dico bene?»
«Per dire il vero» azzardò lui, esitante «non mi sembri... troppo convinta, ecco».
Lei tossicchiò discretamente.
«Lo sono, invece».
«Oh» replicò lui, sentendosi invadere dalla gioia. «Benissimo, allora. In questo caso, stavo pensando di entrare subito in contatto con la direzione del Grand Hotel Georgiano... mamma dice che i ricevimenti organizzati da loro non hanno pari, e quindi, mi dicevo...»
«Draco».
Astoria tossicchiò di nuovo, interrompendolo a mezza frase. Lui ammutolì all’istante, indeciso, gli occhi grigi dilatati in una muta richiesta di chiarimento.
«In realtà» sussurrò infine la ragazza «una cosa ci sarebbe».
Draco deglutì di nuovo.
Aveva una mezza idea di dove Astoria sarebbe andata a parare, eppure non era sicuro di sentirsi pronto ad affrontare le sue rivendicazioni. Lui certi argomenti, in quella serata che aveva immaginato permeata di felicità, avrebbe preferito non toccarli; eppure, conoscendo la spiccata sensibilità di colei che gli sedeva davanti, intuiva che ciò sarebbe stato impossibile. Non per nulla, tempo prima, si era consultato con un magitatuatore, il quale gli aveva spiegato che i tatuaggi intrisi di magia oscura non possono essere rimossi, garantendogli però che, con un po’ di impegno, sarebbe stato in grado di trasformare quel brutto teschio in qualcosa di più ameno.
«Io lo so» cominciò lei, senza abbassare lo sguardo «che, per me, è facile parlare» Astoria gli accarezzò con l’indice il dorso della mano. «La mia famiglia, per quanto dannatamente tradizionalista, non mi ha mai esposta a certe... a certe cose».
«Astoria...» bisbigliò lui, scoraggiato nel constatare che le perplessità di lei derivavano proprio dal tema di cui sopra.
«Dammi il tempo di spiegare, ti prego» si affrettò a soggiungere lei, timorosa di averlo ferito. «Io ti voglio sposare Draco, lo sai. Davvero, non potrei desiderare...»
«Posso farmelo modificare» disse precipitosamente lui, afferrandole la mano. «Non è difficile: basta solo... possiamo decidere insieme in quale disegno...»
«Non è quello».
Draco tacque, sorpreso. L’improvvisa consapevolezza del fatto che nel calderone dei pensieri della ragazza amata ribollisse anche qualcosa d’altro lo spiazzava; cosicché, incapace di formulare previsioni più precise (non era mai stato troppo bravo in Divinazione), il ragazzo rimase in silenzio, in attesa che Astoria sganciasse la bomba.
«Non è quello» ripetè lei, in tono definitivo. «Sono gli annessi e i connessi che proprio non riesco a superare, mi dispiace».
Il giovane sbattè le palpebre, incapace di afferrare in concetto.
«Tu mi dirai: sei sempre stata a conoscenza di quello che ho fatto» continuò Astoria, determinata. Nel periodo in cui si erano frequentati, Draco le aveva raccontato tutto, ma proprio tutto; e lei lo aveva ascoltato, confessione dopo confessione, senza giudicarlo né interromperlo mai. «Hai perfettamente ragione: l’ho sempre saputo. Perché recriminare ora, mi chiederai?»
Draco sentì che le dita sottili della ragazza stringevano con forza inaspettata le sue, facendogliele quasi scricchiolare.
«Io ti accetto per qullo che sei, Draco, come spero che tu accetteri me per quello che sono. Io... ti voglio bene così, credimi. So quanto vali».
«Ma c’è un ma, evidentemente» mormorò lui, aggrottando la fronte.
Astoria sbuffò fuori l’aria.
«Sì» ammise infine. «C’è un ma. E riguarda un fatto molto, molto specifico, del quale mi raccontasti tempo fa, e che io... non sono mai riuscita a dimenticare, ecco».
 
*
 
«Più facile a dirsi che a farsi».
Draco spiò di sottecchi il tetto di paglia del cottage, seminascosto dalla densa nebbia che, come sempre in inverno, ammantava la campagna inglese. Sullo sfondo, indistinte, le sagome scure degli imponenti triliti gli confermarono che si era smaterializzato nel posto giusto, nei pressi del più potente Cerchio Magico britannico.
“Abita da qualche anno in un cottage appena fuori dal villaggio di Amesbury, proprio accanto a Stonehenge” gli era stato detto dal suo contatto fidato al Ministero.
“Non mi è riuscito di rintracciarla sul Magielenco. Ho addirittura temuto che fosse... insomma, sai, la Battaglia, i dispersi...” aveva argomentato, tentando di non pensare che, se mai v’era stata un’occasione in cui lei aveva rischiato di morire, quella si era verificata per mano sua.
“No, no: Katherine Bell è viva e vegeta. Devi averla cercata sotto il nome sbagliato” era stata la risposta. “Subito dopo la guerra si è sposata e ha assunto il cognome del marito”.
Draco mosse un paio di passi, controvoglia, irritato dal modo in cui le raffiche di vento gelido si prendevano spietatamente gioco della sua brillantina, trasformandolo nel giro di pochi minuti in uno spaventapasseri allampanato, dotato di capelli di paglia chiarissima.
«Quanta rusticità » osservò, infastidito.
Il cottage era ben curato e, nonostante la stagione rigida, la tonalità calda del tetto, la banderuola lucida, le imposte di legno dipinte di giallo e di blu e i vasi di ceramica colorata posati sui davanzali interni, pieni di piante vivaci, spandevano tutt’intorno una sensazione di rassicurante tepore domestico. Per uno come lui, però, abituato a ben altri scenari, l’ambiente campagnolo non riscuoteva che un magro successo. Fosse stato per lui, non avrebbe esitato un solo attimo a girare sui tacchi e smaterializzarsi alla volta di lidi più appetibili; la promessa fatta ad Astoria, tuttavia, lo costrinse a proseguire.
Deciso a sbrogliare la pratica nel minor tempo possibile, Draco raggiunse velocemente l’uscio e bussò. Inutile dire che grande fu il suo disappunto quando, dopo avere atteso un paio di minuti ed aver ritentato, si rese conto che la sua faticosa trasferta era stata vana. In casa, evidentemente, non c’era nessuno.
«Plebaglia assalariata» bofonchiò sdegnato all’idea che, in pieno Ventunesimo secolo, vi fosse ancora qualcuno costretto a lavorare per mantenersi (i Malfoy non avevano mai avuto bisogno di muovere un dito: perché mai gli altri si ostinavano a sgobbare come bestie?) – qualcuno che, di conseguenza, non si faceva trovare in casa in pieno giorno, che è invece l’orario perfetto in cui ricevere visite di riguardo.
Draco si guardò nervosamente intorno, indispettito all’idea di dover rimettere piede una seconda volta in quella landa desolata. Poi, improvvisamente, gli venne un’idea.
«Mi ha chiesto di farle pervenire le mie scuse» si disse, ripetendo mentalmente le parole di Astoria. «Ebbene, le mie scuse le perverranno. Nessuno ha parlato di chiederle scusa di persona, in fondo».
Il giovane agitò la bacchetta di Biancospino (sua madre aveva speso un occhio della testa per trovargliene una uguale all’originale, sottrattagli in piena Guerra da quel cane di Potter) ed evocò un’enorme cesta di vimini piena di fiori di ogni foggia e colore. Nascosti fra gli steli c’erano anche altri piccoli oggetti magici di foggia delicata che, secondo Astoria, le sarebbero riusciti graditi e l’avrebbero convinta a perdonarlo. Draco fece levitare la cesta fin sulla lastra di pietra grigia che costituiva la soglia del cottage e, dopo avere appuntato un biglietto di pergamena estratto dal taschino interno del cappotto, protesse il tutto con un resistente Incantesimo Antivento.
«Ecco fatto».
Scuse fatte, missione compiuta. Astoria, finalmente, sarebbe stata fiera di lui.
Senza girarsi indietro, Draco si allontanò dal casolare di pietra e, in men che non si dica – e con enorme sollievo -, si smaterializzò alla volta di Londra.
 
*
 
Non erano trascorse che poche ore dalla visita (semi)frustrata di Draco Malfoy, che le campagne di Amesbury riecheggiarono di un nuovo, secco ed inconfondibile crack.
L’imponente figura di un giovane uomo infilato un un curioso uniforme gialloblu emerse dalla nebbia. Accanto a lui, un borsone sportivo dall’aspetto pesantissimo levitava incurante delle raffiche di vento; stretto fra le sue dita, spuntava invece il manico di una sfolgorante scopa da corsa di ultimo modello. La pelle dei suoi avambracci, lasciati scoperti dalle maniche rimboccate, era quasi completamente coperta da un fitto reticolo di tatuaggi.
«Casa dolce casa».
Con un bel sorriso dipinto sul volto, Oliver percorse il sentierino di pietre piatte d’ardesia che conducevano all’ingresso del cottage e fece per estrarre la bacchetta. Era di ottimo umore: l’allenamento era andato alla grande, facendo ben sperare in vista dell’incontro del Puddlemere United contro i Caerphilly Catapults in programma per la domenica successiva. Mentre armeggiava distrattamente con la cerniera della felpa, tuttavia, l’occhio gli cadde sulla variopinta cesta di fiori abbandonata sulla soglia.
«Oh, per Merlino» sbuffò, contrariato all’idea che un (o, più probabilmente una) fan fosse riuscito(a) ad aggirare il Fidelius apposto sul cottage. «Dobbiamo sbrigarci a formularne un altro».
Oliver aprì la porta e, senza degnarla di un secondo sguardo, fece levitare la cesta all’interno del cottage, facendola poi atterrare accanto al caminetto. Lui, i regali delle sue ammiratrici, non li guardava neanche ma sua moglie (che, saggiamente, si guardava bene dall’esserne gelosa) gli aveva spesso detto che era poco educato sbarazzarsene senza indugio. “Sono fatti col cuore, è un peccato buttarli via” sentenziava, facendo oscillare la frangetta corvina “basta solo che non mangi niente di quello che ti arriva, beninteso”. Mica stupida, la sua bella.
«Beh, a Katie piaceranno» ammise Oliver, strappandosi via felpa e maglia e dirigendosi a passo deciso verso il bagno, dove lo aspettava la seconda, sublime doccia calda della giornata.
 
*
 
«Venite dentro, ragazzi. Fa un freddo becco, quest’oggi».
Katie spinse la porta e, sorridendo, fece segno alle due persone che si trovavano con lei di precederla all’interno del cottage. Leanne e Graham eseguirono, grati per la sensazione di tepore che li investì non appena ebbero varcato la soglia. In lontananza, una profonda voce rivelò loro che Oliver era già arrivato e che si trovava in doccia, impegnato in intense speculazioni canore.
«Mettetevi comodi mentre mi aspettate» soggiunse Katie, mentre i due si slacciavano i cappotti e si srotolavano le sciarpe. «Ci metto un attimo».
«Grazie di cuore, Kat» le gridò dietro Leanne mentre lei sgattaiolava in cucina e, attraverso la porta di servizio, raggiungeva la serra nella quale coltivava le sue preziose piantine medicinali. «Vedrai» disse la ragazza al suo accompagnatore «l’infuso di Dragoncello di Katie è un vero portento: ti rimetterà in sesto in men che non si dica».
«Me lo auguro» Graham Montague si lasciò cadere sul divano che, schiacciato dal suo peso considerevole, emise un preoccupante cigolio di protesta. «Questo dannato mal di gola mi sta uccidendo».
«Dì piuttosto che non fumare ti fa soffrire troppo» lo schernì Leanne, allungandogli un buffetto affettuoso. «Stai tranquillo: Katie è una delle più competenti speziali del San Mungo, lo sai».
Proprio in quel momento, un ermellino d’argento si materializzò davanti al corpulento ex-Serpeverde e gli consegnò un biglietto legato con una cordicella di seta verde.
«Oh» cinguettò Leanne, incuriosita «quali nuove, Ham?»
«Malfoy» rispose quello, dopo aver dato una rapida scorsa al messaggio «Lui e Astoria Greengrass si fidanzano ufficialmente, stasera al Georgiano».
«Immagino abbiano convocato tutta la créme dell’alta società magica» osservò Leanne strappandogli di mano l’invito, mentre quello’orso cui si accompagnava mugugnava un sommesso che palle. Proprio in quella, Oliver fece ritorno dal bagno, tamponandosi un asciugamano sui capelli umidi.
«Leanne, che bella sorpresa!» il padrone di casa salutò calorosamente la migliore amica di sua moglie e la raggiunse per stringerla in un abbraccio. «Montague. Ciao anche a te» disse poi, rivolgendosi alla figura mastodontica insediata sul suo divano.
«Baston».
Leanne ridacchiò. Quei due facevano sempre così: non ce la facevano proprio, a fingere di andare d’accordo. Nonostante tutto quello che avevano passato insieme in tempo di Guerra, nonché in qualità di compagni di una coppia di migliori amiche, finivano sempre per punzecchiarsi in virtù delle trascorse scaramucce sui campi da Quidditch.
«Che bei fiori!» esclamò allora la ragazza, tanto per stemperare il clima. «Posso vederli?»
«Ah sì» commentò distrattamente Oliver. «Mi sono arrivati oggi; li ho lasciati lì perché credo che Katie li apprezzerà ben più di me».
«Decisamente» replicò divertita Leanne che, nel frattempo, aveva sfilato il rotolino di pergamena dalla cesta e, con assoluta naturalezza, lo aveva letto allo scopo di farsi quattro risate «Anche perché, in effetti, sono per lei» si lasciò sfuggire, prima di mordersi la lingua e maledire la sua stessa boccaccia. Graham, dal suo angoletto, le rivolse un’occhiata allarmata, come a dirle “Ma cosa ti salta in mente, donna?!”
Troppo tardi, però. Oliver che, in quel momento, stava esaminando l’invito che la coppia Malfoy-Greengrass aveva fatto pervenire a quello spocchioso di Montague, aveva sentito e aveva sollevato di scatto la testa.
«Che cosa?»
Leanne tentò goffamente di battere in ritirata.
«Ma no, Ollie... scherzavo...»
«Accio bigliettino!»
Il piccolo pezzo di carta volò fra le mani di Oliver, che si contrassero convulsamente spiegazzandone spietatamente le fibre man mano che il Portiere leggeva.
«A Katie Bell... con la speranza che questo regalo ti riesca gradito... una richiesta di perdono e una speranza di futura armonia... firmato DRACO MALFOY?!?! ».
Oliver saltò in piedi e si erse in tutta la sua statura, proprio mentre Katie entrava in salotto con un mazzolino di Dragoncello stretto fra le dita.
«Io gli spacco la faccia, a quell’imbecille!»
Alla vista di Oliver che si smaterializzava in fretta e furia, Katie sgranò gli occhi grigi e spalancò la bocca.
«Ma si può sapere che cosa accidenti...»
«Al Grand Hotel Georgiano, presto» ordinò risoluto Graham, gettando nel camino una manciata abbondante di Polvere Volante. «E che Salazar non voglia che quello sconsiderato del tuo uomo faccia una strage di aristocratici, Bell».
 
*
 
Una volta giunti a destinazione, dopo che furono riusciti a convincere l’addetto al servizio d’ordine a lasciarli entrare nel Salone Nobile (“Si faccia da parte!” “Ma non si può! È in corso un ricevimento ufficiale!” “Lei non capisce: noi dobbiamo entrare, per Morgana!”), i tre scoprirono che il danno era ormai stato fatto.
In un angolo dello stanzone, attorniato da un gruppetto di persone costernate (“Assurdo!” continuava a ripetere una donna bionda ed elegantissima, che si stringeva il viso fra le mani), Draco Malfoy era stato reinnervato e, ancora un po’ scosso, sorreggeva con mano tremante una tazza di porcellana ricolma di tisana rinvigorente. Infilata in un sofisticato abito da cerimonia blu notte Astoria Greengrass si chinava su di lui, assistendolo con premura; ciononostante, non appena si accorse dei nuovi arrivati, la giovane sussurrò un paio di paroline all’orecchio del fidanzato e si fece loro incontro.
«Oliver Baston, dico bene?» grugnì Graham, con fare ovvio, all'indirizzo della sua ex compagna di Casa.
«Robe da matti, Montague. Quell’energumeno ha fatto irruzione, sembrava imbestialito» Astoria non aveva parole, era scioccata e anche piuttosto imbarazzata per la cagnara di poco prima. «Ha fronteggiato Draco e, davanti a tutti, gli ha urlato di non permettersi mai più di provarci con sua moglie... lo ha fatto volare via manco fosse un bruscolino di polvere...»
Katie la fissava in silenzio, mentre un sospetto tagliente si faceva strada dentro di lei.
«Io gli avevo solo chiesto di scusarsi con te, Bell» continuò Astoria, rivolgendole un sorriso nervoso. «Sai, per quella storia... quella storia della...»
«... della collana di opali maledette» sillabò Katie, con una voce pesante come il piombo. Leanne le si accostò e le fece scivolare un braccio intorno alle spalle; Godric solo sapeva quanto penoso fosse, per la sua amica (e, dopotutto, anche per lei, che aveva assistito di persona alla scena), rievocare i lunghi mesi durante i quali aveva stazionato sulla labile linea che separa la vita dalla morte, per non parlar della dolorosa convalescenza che era venuta dopo. Era stato proprio in seguito a quell'episodio che Oliver, ai tempi poco più di un ragazzo, aveva sviluppato una vera e propria fobia (folle, irrazionale, ma tutto sommato comprensibile) di perderla.
«Ma tu, non glielo hai mai raccontato?...»
«A Oliver? Che la collana me l’aveva data Malfoy?...» la voce di Katie era flebile, malferma. «No. Non l’ho mai fatto, no. Ho preferito...»
“E per fortuna” Astoria mosse appena il capo in un cenno di assenso contrito e tutto sommato, pur sentendosi maledettamente inopportuna, emise un sospiro di sollievo. Perché Oliver Baston aveva senz’altro commesso un errore di valutazione, nell’interpretare il gesto di Draco. Ma era senz’altro meglio così: tutto sommato, il suo futuro sposo se l’era cavata con un castigo di modesta entità.
“Se lo ha schiantato per presunto corteggiamento indebito” si disse la ragazza, benedicendo la lungimirante saggezza dell'ex-Grifondoro “chissà che cosa non farebbe se sapesse che Katie, a causa dell’avventatezza di Draco, ha seriamente rischiato la morte”.
Decisamente meglio non scoprirlo, in effetti.

 
Piccola nota:
La caratterizzazione di Oliver e Katie che qui inserisco, così come quella di Leanne e Graham Montague, è coerente con l’headcanon sul quale si costruiscono le altre mie storie, per cui non mi aspetto che risulti perfettamente chiara agli occhi di coloro che non le hanno lette... mi scuso per questo inconveniente, sperando che l’insieme non riesca troppo confuso.
L’idea di base della storia è una domanda che mi faccio spesso, e cioè: come reagirebbe Oliver se scoprisse che Draco ha quasi ucciso la sua amata Katie? La risposta che mi sono data è che, probabilmente, è meglio che non lo venga mai a sapere...
Grazie infinite a tutti coloro che leggeranno.
   
 
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