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Autore: PrincessintheNorth    07/10/2019    1 recensioni
Nuova edizione della mia precedente fanfic "Family", migliorata ed ampliata!
Sono passati tre anni dalla caduta di Galbatorix.
Murtagh é andato via, a Nord, dove ha messo su famiglia.
Ma una chiamata da Eragon, suo fratello, lo farà tornare indietro ...
"- Cosa c’è?
Deglutì nervosamente. – Ho … ho bisogno di un favore. Cioè, in realtà non proprio, ma …
-O sai cosa dire o me ne vado.
- Devi tornare a Ilirea."
Se vi ho incuriositi passate a leggere!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morzan, Murtagh, Nuovo Personaggio, Selena | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MURTAGH

- Papà! Papà mi senti? PAPAAAA’!
A svegliarmi non furono tanto le urla di Belle, quanto il suo tuffo sul mio stomaco.
- Ehi … piano … ma è così che svegli la mamma di solito?! – brontolai mettendomi seduto.
- Sì … papi, è il nostlo compelanno! – sorrise estatica. – Tanti auguli!
- Ma grazie, amore … tanti auguri anche a te!
Mi si accoccolò tra le braccia, appoggiando la testolina alla mia spalla. – La mamma aveva lagione. – sorrise felice. – Sei supel blavo a fal passale gli incubi.
- Non hai fatto il brutto sogno stanotte? – le chiesi conferma, sentendo la speranza che avevo provato la sera prima rinnovarsi e risplendere come un falò.
Belle scosse la testa. – Ho sognato che mi poltavi sul dlago. – confessò con un sorrisetto da birbante.
- Per fortuna questo sogno lo posso esaudire. – la accontentai, non che la cosa non mi andasse: era dalla prima volta che l’avevo tenuta fra le braccia che volevo portarla a volare! – Se ti vesti senza far rumore scappiamo e andiamo a volare … senza dirlo alla mamma.
Fu quell’ultimo dettaglio che la mandò in visibilio: gli occhi le si illuminarono e mi rivolse un sorriso meraviglioso.
- Allola mi vesto! – esultò, saltando giù dal letto e correndo nella sua cameretta.
Piccola peste, pensai mentre mi alzavo e mi dirigevo verso l’armadio. Quella sera, in occasione della festa, mi sarei dovuto vestire con un minimo d’eleganza, ma per il resto della giornata potevo evitare di conciarmi come un damerino.
- Che succede? – brontolò Katie, stiracchiandosi e sollevando la testa dai cuscini.
- Porto Belle a volare. – le spiegai raggiungendola e facendole una carezza sui capelli. Dei, quanto mi era mancata quella morbidezza fra le dita … - Le ho promesso che non te l'avremmo detto, quindi non fare storie.
Sbuffò divertita, mettendosi più comodamente seduta. – Guarda che non si fa nulla senza il permesso della mamma.
- Non fare la mamma noiosa … a proposito, il tuo piano ha funzionato. – la informai, godendomi il sorgere del suo sorriso stupito sulle sue labbra.
- Non ha avuto incubi? – sussurrò, la voce tremante di felicità.
- Neanche uno. – sorrisi stringendola. – Avevi ragione … come al solito.
Qualche lacrima di sollievo sfuggì al suo controllo, subito spazzata via dalla sua mano, lesta a cancellare ogni traccia di commozione.
- Finalmente … - sospirò.
- Allola papà io mi sono vettita quindi ola andiamo … mamma! Sei sveglia! – la piccola esclamò con un sorriso. – Non hai detto niente alla mamma velo? – mi chiese poi dubbiosa.
- Certo che no, Belle. – le assicurai. – La mamma non sa niente.
- Niente di niente. – le confermò Kate quando, poco convinta, la bimba si voltò verso di lei. – So solo che ti sei messa i calzoni al contrario … vieni qua. – e le sistemò i pantaloni della tenuta da volo.
- Va bene … allola andiamo!
Mi saltò in braccio ed uscimmo dalla camera, per dirigerci verso un’avventura.
 
 
 
 
 
 
- Mamma è stata una figata! – urlò Belle quando rientrammo, correndole incontro.Nel sentirla parlare in quel modo, quasi mi venne un mancamento, sebbene quella fosse probabilmente l’unica parola adatta ad esprimere l’ebbrezza di un volo a dorso di drago.
Katherine impallidì, sconcertata. – Chi ti ha insegnato quella parolaccia? – domandò sconvolta.
- Lo zio Alec. – confessò la piccola ridendosela.
- Allora dopo lo vado a sistemare. – sbuffai. Non era possibile sentire una bimba come Belle usare certe terminologie, soprattutto a tre anni appena compiuti!
- Sì! – Belle esultò. – Così gli tili un calcio nel sedele!
Quella bimbetta sembrava avere una predilezione per i calci nel sedere: ad Alec calci nel sedere, a Morzan calci nel sedere … meglio non farla arrabbiare.
- Ti è piaciuto? – le chiese poi, prendendola in braccio.
- Tantissimissimo. – la piccola ridacchiò. – Pecchè poi andavamo supel in alto, ma ploplio in altissimissimo e abbiamo vitto la balchetta di Sìguld che andava a fale un gilettino e allola siamo andati a digli ciao e poi abbiamo fatto le aclobazie e poi ci siamo anche tuffati!
Nel sentire quella minima parte di tutto ciò che avevamo fatto, Katie si voltò verso di me, con un sorriso terrificante.
- Tuffati? – fece lentamente, con uno sguardo glaciale.
- Ma sta esagerando … - tentai di minimizzare la cosa. – Avremo al massimo pucciato i piedi … o no, Belle?
- No! – ovviamente, quella piccoletta non mi resse il gioco. – Sono anche andata sotto con la testa, mamma! C’elano tanti pesciolini pescioletti!
Sì, beh. – April arrivò in quel momento, con un’espressione da smorfiosa. – Io ci sono andata più volte di te, sul suo drago.
- April. – il sibilo di Katherine fece paura persino a me. – Se non vuoi finire in punizione ti consiglio vivamente di piantarla con questo atteggiamento.
April le scoccò un’occhiata furibonda, piena d’astio, ma girò i tacchi e se ne andò.
- Glielo dico a papà che mi hai sgridata! – strillò, sfidandola.
- Diglielo pure! – Kate urlò di rimando. – Ho tante cose da dirgli anch’io!
 - Stronza!
- Chiudi immediatamente quella boccaccia, ragazzina! E fila in camera tua a pensare a come ti stai comportando!
Urlando di rabbia e pestando i piedi, April rientrò nel castello, brontolando sottovoce, mentre Belle affondava il viso nella spalla di Katie, scossa da violenti singhiozzi.
- Guarda che era una bugia, piccola. – cercai di consolarla.
- È cattiva …
- No, è solo gelosa. – Katherine mormorò. – Adesso calmati, va bene? Non ha senso che ti rovini la giornata per una stupida frase.
Lentamente, Belle annuì, riemergendo dal nascondiglio che la folta criniera della sua mamma le offriva. – Se fa ancola così la picchio.
- No, invece. Non bisogna picchiare le persone. – le spiegai. – Altrimenti passi dalla parte del torto. Se non le picchi sei più brava.
Disse il Regicida, conclusi tra me e me con amarezza. Con ogni probabilità il giorno seguente avrei dovuto ricevere le delegazioni dei nani e degli elfi giunte in occasione degli svariati compleanni che celebravamo: dire che la cosa mi entusiasmava sarebbe stato l'eufemismo del secolo. 
Non sei più quella persona, mormorò Castigo. 
A loro non interessa. Ho ucciso il loro re, replicai. E al contrario di Galbatorix Rothgar era un re amato.
Non oseranno insultarti ... non in casa tua. Non in presenza di testimoni come Kate, Derek e tuo padre. 
No, certo che non lo faranno ... ma mi toccherà comunque sopportare i loro sguardi e le loro espressioni. Non importa ... nei loro panni farei lo stesso, dopotutto. 
Nessuno ti obbliga alla gogna,
mi ricordò. è da tempo che non voliamo insieme, solamente noi. Domani casualmente andremo a caccia.
- Va bene … - sospirò Belle. – Pelò è malelucata.
- Ne parlerò con il suo papà e vedrai che si comporterà meglio. – la rassicurai. 
 
 
 

KATHERINE
 
 
Fu a pranzo che Murtagh scoprì cosa significasse gestire un capriccio in piena regola di Belle. Gli avevo detto più volte che quella bimba era una peste, ma ogni volta aveva riso, convinto che stessi esagerando.
- Sei tu che hai poca pazienza. – usai contro di lui uno dei commenti che mi aveva rivolto, ottenendo uno sguardo inferocito.
Stava per dire qualcosa, ma Belle tornò all’attacco, protestando nuovamente. Voleva passare il pomeriggio nella foresta, cosa che, data la minaccia che si stagliava su di noi, era assolutamente impraticabile. Non avevamo idea di dove si annidasse il pericolo: meglio stare in un posto ben difeso.
- SE NON ANDIAMO NON TI VOLIO PIU BENE! – strillò, il visetto talmente rosso che poteva mettere in ombra le squame di Castigo.
- E allora non volermene! – Murtagh replicò. – Non andremo nella foresta, piccola. È pericoloso.
- La mamma mi potta semple! – urlò più forte lei. – Anche i nonni! Se non mi potti decido che volio più bene a lolo e non è pelicoloso!
- Tanto non ti porterebbero nemmeno loro. – insistette lui. – Vaglielo pure a chiedere.
- Sì che mi pottano pecchè sono più blavi di te!
Murtagh sospirò, la stanchezza e la tensione chiaramente visibili sul suo volto. Dopotutto, Belle stava facendo così da due ore e lui non era certo noto per essere un uomo paziente, specie con i capricci. Considerando l’atteggiamento della bimba e la situazione generale, stava andando alla grande.
- Katie, hai intenzione di portare Belle nella foresta?
- Assolutamente no.
Un lampo di furore attraversò il volto della piccola.
- Ma mi potti semple! – protestò.
- Lo so, ma ora è diventato un posto molto pericoloso. – cercai di spiegarle. - Vorrei solo evitare che tu ti metta in pericolo. 
Per tutta risposta quella mi fece una linguaccia.
- Non ci riprovare un’altra volta. – Murtagh la ammonì. – Questo atteggiamento non mi piace per niente.
Lei socchiuse gli occhi, guardandolo con aria di sfida. – A me sì.
- Non m’interessa se piace a te. – la riprese. – Stai sbagliando.
. E tu sei uno stlonzo!
Stavolta, una sculacciata non gliela tolse nessuno. Non fu neanche una sculacciata vera e propria, più una semplice pacca (quelle che mi regalava papà da piccola erano ben più pesanti), ma ovviamente lei la prese malissimo, iniziando a fare una scena di lacrime per impietosirlo. Per fortuna lui non cadde nella trappola.
- E tu sei in punizione. – replicò con voce severa.
- Ma è il mio compelanno …
- Allora ti saresti dovuta comportare meglio. – fece senza cedere terreno. – Adesso vai in camera tua e ci resti finchè non avrai deciso di tenere un comportamento più educato.
Di fronte a quel tono lei cedette, e filò nella sua cameretta a testa bassa.
- Avevi ragione. – sospirò avvicinandosi alla finestra della nostra camera, dove avevamo consumato il pasto. – è una capricciosa.
- Te l’avevo detto … e comunque sei bravo a fare il papà severo. – mi complimentai abbracciandolo.
- Non è un bel compito. – commentò storcendo il naso e ricambiando la stretta. – Ma è necessario. Non può comportarsi in quel modo, assolutamente.
Sul tappeto, Killian ed Evan giocavano con i soldatini di stagno che un tempo erano appartenuti a Murtagh, totalmente immersi nel loro mondo di battaglie e cavalieri.
- Guadda che se bali ancola uso il dlago. – brontolò Evan.
- Dlago no. – protestò Killian.
- Allola gioca bene!
Finimmo rapidamente di mangiare, dato che il capriccio di Belle ce l’aveva impedito, ed aiutammo le domestiche a sparecchiare: o almeno, Murtagh le aiutò, perché a me toccò cambiare il pannolino a Killian.
- No mamma! – protestò mentre cercavo di pulirlo.
- Non ti posso lasciare sporco di cacca, piccolo. – sospirai cercando di tenerlo fermo.
- NO!
Furibondo, afferrò il pannolino sporco e lo lanciò via. Sarebbe atterrato in testa a Murtagh se questi non l’avesse afferrato prima.
- Non posso mettervi in punizione tutti quanti! – protestò, malcelando un sorriso divertito e raggiungendoci al fasciatoio. – Ci sono tanti sport a cui potrai dedicarti da grande. Il lancio dei pannolini sporchi non rientra fra questi, perciò smetti di allenarti.
- Troppo tardi. – lo informai finendo di pulire il recalcitrante bimbo e mettendogli un pannolino pulito. – è già il campione del regno.
- Davvero? Beh, magari ti divertirai a lanciare qualcosa di diverso. O a mirare meglio e lanciarlo in testa alla mamma, il prossimo pannolino!
- Murtagh! Killian, lo devi lanciare al papà!
- No! – rise il piccolo.
Oh.
La mettiamo così?
- Se non la pianti di istigarlo contro di me sfodero l’arma. – minacciai Murtagh.
- Sfoderala. – mi prese in giro.
Mi voltai rapidamente verso Killian, che ci guardava divertito insieme ad Evan, che attirato dal rumore l’aveva raggiunto.
- Amore. – lo chiamai. – Quanto bene vuoi alla tua mamma?
- Tanto. – disse con un sorriso.
- Quindi il pannolino sporco a chi lo lanci?
- Alla mamma! – rise di gusto, per poi lanciarsi fra le braccia del suo papà, immediatamente seguito dal fratello.
- Oh, no! – Murtagh lanciò un urlo disperato. – Non posso resistere a quest’attacco!
Si lasciò cadere platealmente a terra, ridendo come un matto non appena i bimbi iniziarono a torturarlo con il solletico. 
Era fantastico vedere come la relazione tra i bambini e tra Murtagh e loro fosse sbocciata in meno di una giornata: era come se Evan fosse in famiglia dalla nascita, come se Murtagh non fosse mai stato allontanato da noi, come se nulla di ciò che era successo fosse mai accaduto. Non appena era arrivato a casa aveva immediatamente preso per le redini il suo ruolo di capofamiglia, senza per questo risultare meno affettuoso o esageratamente severo, così che i piccoli l’avevano accettato (ed amato) immediatamente.   
Ed io che temevo ci sarebbero voluti anni …
Meglio così, commentò Antares, occupata a far la guardia alle proprie uova, partorite da poco. Quando avevo osato commentare sulla lunghezza della gestazione di un drago aveva replicato “per creare le creature più perfette del creato ci vuole tempo, mia cara” e aveva concluso il tutto con uno sbuffo di fumo dalle narici. Le cose sarebbero state diverse se non gli avessi mai parlato di lui.
Immagino di sì …
Nuovamente, ringraziai gli dei per avermi dato la forza di averlo fatto, nonostante il dolore che ricordare provocava. Ogni sforzo era ora ampiamente ripagato da ciò che avevo davanti agli occhi: Murtagh costretto a fare da cavallo ai piccoli.
Magari anche Belle vuole giocare.
Mi avviai verso la porta che metteva in comunicazione la nostra stanza con quella dei bambini, ma quando la aprii sentii il mio cuore fermarsi.
Belle non c’era.
 
 
 
 
 
 
 
 
ERAGON
 
 
I draghi erano creature complicate. Certo, quella era una verità che avevo scoperto non appena l’uovo di Saphira si era schiuso per me, ma non per questo mancava mai di ripresentarsi.
Da giorni Saphira era terribilmente irritata: per la precisione, dal giorno in cui Antares aveva deposto le uova, le prime che venissero al mondo da centinaia d’anni.
Dovresti essere contenta che la tua specie non è più a rischio d’estinzione, commentai.
Salvare la mia specie era un compito che spettava a me, sibilò furibonda. L’onore di deporre le prime uova sarebbe dovuto essere mio, non di quella boriosa-monogama-cucciola. Invece sono stata … la seconda.
Antares non è boriosa, cercai di tranquillizzarla. Né un cucciolo.
Eppure è debole, fece con disprezzo.
Perché ha scelto Castigo come compagno? In tal caso è debole anche lui, dato che è stata una scelta reciproca. Io penso che tu ce l’abbia con lei non tanto perché ha deposto le uova prima di te, quanto perché Castigo ha scelto di restare con lei e c’è solamente un altro drago maschio disponibile, un drago che non ti interessa più, ipotizzai.
Seppi di aver fatto centro quando la sua testa fece uno scatto e me la ritrovai a meno di un centimetro dal volto, le labbra arricciate a scoprire le zanne, illuminate da un baluginio bluastro.
Non applicare i tuoi ragionamenti umani alla mia mente, sibilò.
Eppure ho indovinato.
Antares non ha il minimo rispetto per la creatura che è, fece con rabbia. La monogamia non è per draghi.
Ma è per lei. Non puoi pretendere che siano tutti come te. Non sei l’unica rappresentante della tua razza. Altrimenti ogni omicida s’infurierebbe perché esiste gente che vive senza togliere la vita al prossimo. Non concentrarti sul fatto che lei e Castigo abbiano preso una scelta differente da ciò che tu senti sia meglio per te … la cosa veramente importante sono quelle sei uova che nel giro di un mese si schiuderanno.
Stava per rispondere, ma improvvisamente venni distratto.
Nella torre era entrata Belle, che sul viso aveva un’espressione furibonda nonostante fosse il suo compleanno.
Senza nemmeno degnarmi di uno sguardo, andò a sedersi in un angolo, il volto verso il muro.
- Belle? – la chiamai.Lentamente si voltò verso di me.
- Ciao, tio Elagon. – brontolò.
Erano le prime parole che mi rivolgeva da che era nata: furono come musica per le mie orecchie.
- Sembri arrabbiata. – commentai andando a sedermi accanto a lei.
Sapevo che mi era proibito avvicinarmi a lei, che non appena Katherine e Murtagh l’avessero saputo avrebbero fatto ogni cosa in loro potere per farmela pagare, ma non m’importava. Quella piccola sembrava aver davvero bisogno di sfogarsi, ed era mia nipote. Starle accanto era il minimo che potessi fare dopo quanto avevo fatto.
- È colpa di papà. – sbuffò proprio come avrebbe fatto un drago. – Io volevo andale nel bosco ma mi ha detto di no e mi sono allabbiata e lui ha detto di no ancola e anche la mamma ha detto no e allola gli ho detto stlonzo e mi ha messo in punizione. Mi ha anche dato una sculacciata. – protestò. – è cattivo cattivissimo e io ho deciso che non gli volio più bene, e neanche alla mamma.
- Per una sciocchezza simile?
- Io volevo andale!
Mi si raggomitolò tra le braccia, nonostante fosse la prima volta dopo anni che ci vedevamo: d’altra parte sapevo, da quanto i miei mi avevano riferito, che era una coccolona e che Katherine le aveva parlato di tutti noi in ottimi termini, persino di me, nonostante le mie azioni.
- Vedi, Belle. – cercai di spiegarle perché non potesse andare nella foresta, evitando accuratamente la vera ragione. Non era il caso che sapesse. – Un mago cattivo ha fatto un brutto incantesimo alla foresta e agli animali: adesso chiunque ci entra viene rapito dai rovi e mangiato. Il tuo papà non è cattivo: ti vuole bene e non vuole che tu venga mangiata dagli scoiattoli carnivori.
- Ma mi ha messa in punizione …
- Perché non si fanno i capricci, e soprattutto non puoi dire “stronzo” al papà. – ridacchiai. – è una cosa molto brutta da dire.
- Pecchè?
- Perché vuol dire cacca.
Belle assunse un’espressione pensosa. – Papà non assomiglia alla cacca. – riflettè.
- No di certo. Forse dovresti chiedergli scusa.
Forse anche io dovrei farlo.
- Folse sì. – mormorò.
- E ricordati che sia la tua mamma che il tuo papà ti vogliono tanto bene … se ti dicono qualche no è solo per il tuo bene, mai per renderti triste.
Belle rimase accoccolata fra le mie braccia qualche minuto ancora, intenta a fare la conoscenza di Saphira, che sembrava avere un debole per i modi dolci, ma talvolta scaltri ed ambiziosi della piccola. Essendo cresciuta fin dalla nascita con dei draghi sapeva bene come relazionarsi a loro, infatti non cercò di metterle le mani nelle narici.
- Anche la dlaghessa della mamma è blu. – osservò. – Pelò è più scula e un po' più piccolina.
- Si dice dragonessa. – la corressi.
- Dlagonessa. – ripetè lentamente, per esser sicura di pronunciare bene la parola.
Saphira si congedò qualche minuto dopo per andare a caccia: non avendo più nulla da fare, Belle iniziò a guardarsi intorno.
- Ci sono i giochi qui? – domandò.
- No … però possiamo andare a prenderli.
Così almeno avrei potuto riportarla dai suoi genitori: le loro urla e quelle del personale del castello intenti a cercarla erano forti, ma me n’ero accorto solo pochi momenti prima, essendo talmente assorto dalla mia nipotina.
Incontrammo Murtagh a metà delle scale della torre, un’espressione terrorizzata sul volto, che tuttavia cambiò nella rabbia non appena vide che sua figlia, quella che gli avevo strappato, era con me.
- Toglile quelle luride mani di dosso immediatamente. – sibilò, il palmo della mano già stretto intorno all’elsa della spada.
- Papà non si dicono le palolacce. – protestò Belle andandogli in braccio e regalandogli un bacio sulla guancia. – Scusa se ti ho detto cacca.
- Sei scusata, piccola. – per un momento il tono della sua voce cambiò, modulandosi in quello dolce e gentile che usava con lei.
- Papi. – lo chiamò. – Elagon può giocale con noi al picchiapicchia?
Un’espressione tesa apparve sul volto di Murtagh. Era chiaro che condividere con me sua figlia, o solo avermi intorno fosse l’ultima cosa che voleva, ma non intendeva nemmeno deludere la bimba, che lo guardava con gli occhioni grigi carichi d’aspettativa.
- Papi ti plego … - insistette lei.
Se solo avesse accettato … avrei avuto occasione di parlargli, di scusarmi con lui e anche con Kate. Per quasi tre anni non mi era stato possibile raggiungere il Tridente: lui non me l’aveva concesso. Volevo solamente raggiungerla, chiederle scusa, ma non mi era stato possibile. Perciò mi era toccato impersonare la parte del codardo, del vile, dell’inetto, quando volevo solamente raggiungerla, scusarmi e chiedere il suo aiuto per salvare mio fratello.
Così, in un disperato tentativo, cercai di raggiungere la sua mente. Come immaginavo la trovai più chiusa e difesa del solito, ma tentai ugualmente di comunicare con lui, facendogli percepire quanto il mio rimpianto, il disgusto per me stesso e la rabbia per non averlo potuto aiutare fossero profondi.
Ti prego, insistetti. Devo parlarti. Ti prego. Ti prego.
Qualcosa cambiò nei suoi occhi: la rabbia si affievolì un po’, mentre qualcos’altro li attraversava. Compassione, forse. No: comprensione.
- Perché no? – rivolse un sorriso a Belle. – Dopotutto devi fargli vedere come sei brava a tirare calci nel sedere. 
Nel corridoio che portava alla sala del trono incrociammo Katherine, che come una statua era immobile, con le braccia conserte, intenta a regalarci il suo miglior sguardo torvo. Sapeva già tutto della situazione, ma non sembrava per niente ingentilita.
- Calmati. – Murtagh la tranquillizzò. – L’ho già sgridata io.
- Non è velo. – ridacchiò Belle, salendo in piedi sulle spalle del papà e lanciandosi in braccio alla sua mamma. – Mi ha plomesso che giochiamo al picchiapicchia con Elagon.
- Prima io e te facciamo un discorsetto. – disse alla bambina.
- Katie … - sbuffò Murtagh. – Non ce n’è bisogno. Ha capito di aver sbagliato, continuare a sgridarla non porterebbe a nulla. Te l’ho detto, la mamma noiosa in questa casa non la vogliamo. Ci sono già la mia e la tua.
Alla fine, lei desistette e mise giù la piccola, che iniziò a scorrazzare per la sala del trono tutta contenta insieme alla sua gattina.
Noi ci dirigemmo verso un luogo più appartato. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
   
 
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