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Autore: The_Storyteller    08/10/2019    0 recensioni
Cosa fare quando sei in attesa della persona amata?
Dopo il ritorno dal Darvaarad, Dorian aspetta speranzoso di sapere come sta il suo amatus, l'Inquisitore Aaron Trevelyan, e si perde nei ricordi di ciò che hanno vissuto insieme.
Genere: Fantasy, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cassandra Pentaghast, Cole, Dorian Pavus, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era tardo pomeriggio al Palazzo d’Inverno. I delegati del Ferelden e dell’Orlais, i pochi servi elfici rimasti e gli altri ospiti del Sacro Concilio erano impegnati nei propri doveri, chiedendosi nel frattempo del destino dell’Inquisitore.
Al bancone della taverna, dove solitamente stava il Toro di Ferro insieme al suo luogotenente, sedeva un uomo solo, assorto nei suoi pensieri, mentre beveva un calice di vino.
Dorian si sentiva la mente vuota, ancora scioccato da quello che era successo nel Crocevia due giorni prima. Fece girare il liquido rossastro nel suo calice, ripensando al suo primo incontro con Aaron.
 
 
Quello squarcio nella chiesa di Redcliffe si era aperto così all’improvviso che Dorian era rimasto immobile per qualche secondo, prima che un’ombra cominciasse ad attaccarlo. Ormai l’aveva sconfitta quando sentì qualcuno entrare nell’edificio.
“Numerosi passi, devono essere quelli dell’Inquisizione.” aveva pensato fra sé e sé.
Si era girato verso i nuovi visitatori con un sorriso smagliante, ed era rimasto piacevolmente sorpreso da colui che intuiva essere il cosiddetto Araldo: un uomo ben piazzato sulla trentina, armato di una corta spada e uno scudo.
Dopo avergli parlato di Alexius e della sua magia temporale, Dorian si prese ancora qualche secondo nell’osservare l’uomo, mentre parlava con Felix: portava la barba corta, la pelle ambrata era resa ancora più viva dall’abbronzatura, e gli occhi color nocciola osservavano con pazienza il figlio di Alexius mentre spiegava la sua preoccupazione per i Venatori.
Ma la cosa che più aveva colpito Dorian di quel guerriero erano i suoi capelli, un rosso scuro quasi color sangue, che risultavano incredibilmente strani e affascinanti sul quel nobile dei Liberi Confini.
 
 
Il mago del Tevinter riempì di nuovo il calice. Forse era arrivato al terzo giro, forse di più, ma non gliene importava. Voleva solo dimenticare il suo dolore, e far posto alla speranza di rivedere Aaron, il suo amatus.
 
 
Era partito quasi come un gioco. Fin dal suo arrivo a Haven, dopo che l’Inquisizione aveva formalmente accettato l’alleanza dei maghi ribelli, Dorian e Aaron passavano molto tempo insieme, parlando del Tevinter e di come il mago sentiva il bisogno di dover cambiare la propria patria.
All’inizio erano solo dei complimenti e delle semplici battute, poi a Skyhold i flirt erano diventati sempre più evidenti. Fin dove avrebbe osato spingersi l’Inquisitore?
La risposta arrivò qualche settimana successiva, dopo la lettera di suo padre che lo pregava di incontrare a Redcliffe. E fu allora che Dorian gli raccontò il motivo del loro disaccordo: - Preferisco la compagnia degli uomini. Mio padre non approva.-
E quale sorpresa, quale scandalo quando il guerriero gli aveva candidamente risposto che era ben conscio delle sue “preferenze”!
Ma Dorian era troppo pieno di rabbia, troppo dolore gli appesantiva il cuore mentre si rivolgeva a suo padre: - Lui mi ha insegnato a odiare la magia del sangue. “La risorsa delle menti deboli”. Queste sono le sue parole. Ma qual è stata la prima cosa che avete fatto quando il vostro prezioso erede si è rifiutato di fingere per il resto della sua vita? Avete cercato di cambiarmi!-
Il mago del Tevinter non riusciva a perdonare colui che più di tutti avrebbe dovuto volergli bene, e probabilmente non ci sarebbe mai riuscito se l’Inquisitore non l’avesse incoraggiato: - Non lasciare che finisca così, Dorian. Non te lo perdoneresti mai.-
E nonostante la sua tristezza, di nuovo a Skyhold, Dorian aveva avuto la forza di raccontare ad Aaron di come i suoi genitori avessero voluto tentare un rituale del sangue, pur di far proseguire la dinastia dei Pavus.
 
 
L’uomo si alzò dal bancone, desideroso di un po’ d’aria fresca. Si avvicinò a una balconata, osservando distrattamente il paesaggio di Halamshiral. La brezza leggera gli alleggerì la mente dai pensieri foschi, per spostarsi invece su ricordi più piacevoli e dolci. Si infilò una mano nella giubba e prese il suo amuleto di famiglia, stringendolo quasi con affetto.
 
 
Il loro primo bacio era stato proprio in quell’occasione, quando Aaron gli aveva detto che pensava solo cose buone su di lui. E dopo i primi baci, quasi casti e senza malizia, quelli seguenti diventavano più carichi e passionali, una catena di desiderio che nessuno dei due voleva mai interrompere.
Ma fu dopo che l’Inquisitore gli aveva restituito l’amuleto della sua casata che Dorian decise di fare il grande passo: vedere fin dove la loro relazione sarebbe andata avanti, vedere se Aaron avesse voluto una semplice sveltina o qualcosa di più serio.
- Tu mi piaci. Più di quanto dovrei, più di quanto sia saggio.- gli aveva confessato, seduto al suo fianco sul suo letto. Nella sua mente si era ormai rassegnato a un rifiuto, a venire considerato solo lo svago di una notte e niente più.
- Non voglio soltanto divertirmi, Dorian.- gli aveva invece detto Aaron, con quello sguardo che lo faceva sciogliere ogni volta che lo guardava.
Per la prima volta nella sua vita, Dorian si sentiva accettato, libero finalmente di essere sé stesso, libero di amare il suo uomo. Nemmeno negli anni dissoluti della sua giovinezza, nemmeno con Rilienus si era sentito così libero di essere semplicemente Dorian!
 
 
Il mago ripensò ancora a tutti i momenti che lui e Aaron avevano trascorso insieme, fino a quando non era dovuto ritornare nel Tevinter. Quei due anni di lontananza erano stati più duri del previsto, complice anche l’assassinio di suo padre. Non era stato facile rivelare al suo amatus che una volta terminato il Concilio, qualunque sarebbe stato l’esito, sarebbe dovuto andare via per sempre, ad occupare il suo nuovo seggio al Magisterium.
Dorian era sovrappensiero quando le sue mani sfiorarono un medaglione. Lo prese e lo aprì, ammirando malinconicamente il cristallo dell’invio, gemello di quello che aveva regalato ad Aaron solo qualche giorno prima; prima che venisse scoperto il cadavere del qunari, prima che avessero solo potuto immaginare cosa sarebbe successo con la Viddasala.
 
 
Era disperato. Non aveva trovato un aggettivo migliore per descrivere il suo stato d’animo in quel momento.
Avevano appena sconfitto l’ultimo saarebas e Aaron si dirigeva di corsa verso l’Eluvian; la mano marchiata stava peggiorando sempre più e bisognava trovare Solas ad ogni costo. Dorian gli aveva gridato di aspettarlo, ma gli venne un colpo al cuore quando lo specchio magico si chiuse dopo il passaggio dell’Inquisitore, impedendo a chiunque altro di attraversarlo.
Aveva provato in tutti i modi ad attivarlo, ma le note trovate nel Darvaarad si rivelarono inutili. Per quanto Varric e Rainier provassero a calmarlo, a dirgli che sarebbe tornato sano e salvo, il mago del Tevinter continuava a stare in ginocchio davanti all’Eluvian, ritrovandosi per la prima volta dopo anni a pregare il Creatore di riportargli indietro l’uomo che amava.
Nessuno di loro sapeva quanto tempo fosse trascorso da quando Aaron era scomparso, quando finalmente lo specchio si attivò di nuovo e una figura attraversò la superficie azzurrina.
Al veder tornare l’Inquisitore, Dorian sorrise di gioia, ma subito dopo la felicità venne sostituita dalla paura: fatti solo pochi passi, Aaron stramazzò a terra, mentre il braccio sinistro continuava a pulsare della luce dell’Ancora.
- AARON!- lo aveva chiamato, accorrendo al suo fianco e prendendolo fra le sue braccia. Gli occhi erano chiusi e il respiro debolissimo, ma era ancora vivo.
Prendendo l’iniziativa, Rainier se lo issò sulle spalle, pronto a riportarlo attraverso tutti gli Eluvian fino al Palazzo d’Inverno.
- Forza Elegantone, dobbiamo fare in fretta!- lo aveva spronato Varric.
Per il resto, Dorian non ricordava granché, solo che fortunatamente non avevano trovato altri qunari, che una volta tornati ad Halamshiral l’Inquisitore era stato affidato alle cure dei guaritori, e che da allora non lo aveva più visto.
 
 
Tenendosi la testa fra le mani, Dorian piangeva in silenzio, tentando di togliersi dalla mente le ipotesi più drammatiche sul destino del suo uomo: non poteva sopportare l’idea di perderlo per sempre.
- Sta bene.- disse una voce dietro di lui.
Dorian venne colto così di sorpresa che si lasciò scappare un breve urlo. Nonostante fosse diventato più umano, Cole aveva sempre la brutta abitudine di comparire all’improvviso.
- Sta bene. Più o meno.- ribadì il ragazzo.
- Che cosa vuoi dire?- chiese Dorian, mentre il suo cuore accelerava il battito.
- Il corpo guarirà, ci vuole tempo e amore. Ma il cuore soffre, si sente confuso e tradito. La verità fa male, ciò che vuoi fare è terribile. Mi hai aiutato e io aiuterò te, ti farò cambiare idea.-
Poi Cole indicò in lontananza un’elfa dai capelli corvini, intenta a confezionare mazzi di fiori.
- Lei lo ricorda, l’ha salvata dall’arlecchino della Granduchessa. Gli piacciono i fiori, dovresti portargliene qualcuno.- suggerì lui.
Ancora confuso da ciò che gli aveva detto Cole, Dorian si asciugò comunque le lacrime e si diresse verso la fioraia, chiedendole un mazzo di nontiscordardimé.
 
“Mi sento un idiota” pensava Dorian nella sua mente, tenendo lungo il fianco il mazzetto di fiorellini azzurri nel tentativo di farlo vedere il meno possibile. Ma complice l’orario o chissà quale circostanza, non incontrò praticamente nessuno.
Senza quasi rendersene conto, Dorian aveva raggiunto la porta della stanza dell’Inquisitore. Si fermò, incerto sul da farsi, quando la porta si aprì e ne uscì Cassandra; anzi, la Divina Victoria.
Il mago del Tevinter doveva ancora abituarsi all’idea che quella donna dal carattere deciso e caparbio, lettrice appassionata di romanzi rosa, che avrebbe potuto prendere a pugni in faccia ogni membro troppo pomposo della Chiesa, fosse stata eletta come capo religioso del Thedas.
La donna, assorta nei suoi pensieri, lo notò solo in quel momento e si avvicinò a lui accennando un sorriso: - Si è svegliato.- disse a bassa voce.
Per Dorian non poteva esistere una notizia migliore, ma rimase confuso dallo sguardo triste della Cercatrice.
- Vai da lui, ha bisogno di te.- aggiunse la donna, dandogli un buffetto sulla spalla e allontanandosi nel corridoio.
Il mago aprì lentamente la porta ed entrò nella stanza dell’Inquisitore: come tutte le stanze nobili del palazzo, il locale aveva un gusto tipicamente orlesiano, ricco di decorazioni eleganti e materiali preziosi. Da un’ampia finestra si poteva vedere il parco diligentemente curato, mentre numerose candele accese davano una luce calda all’ambiente.
E finalmente lo vide. Aaron. Il suo amatus. E capì il motivo della frase di Cassandra.
 
L’uomo era semisdraiato nel letto, a petto nudo. Fissava la finestra senza realmente vederla, perso in chissà quali pensieri. Dorian si avvicinò in silenzio, senza riuscire a staccare lo sguardo dal braccio sinistro di Aaron, amputato all’altezza del gomito. Si costrinse ad alzare gli occhi verso il guerriero e raggiunse il fianco del letto.
- Amatus.- lo chiamò dolcemente.
Aaron girò la testa nella sua direzione e sembrò risvegliarsi dal torpore che lo aveva posseduto fino a quel momento.
- Dorian...- fu l’unica parola che riuscì a dire.
Il tevinter prese una sedia, l’accostò al letto e ci si sedette sopra, poi gli diede il mazzo di fiori azzurri: - Non prendermi per un romanticone, era giusto per dare un tocco floreale alla stanza.- disse arrossendo leggermente.
Aaron si mise a sedere, sorpreso da quel regalo, e prese delicatamente i fiori con la mano superstite. Un sorriso gli comparve sulle labbra, seppur malinconico.
- Questi erano i fiori preferiti di Mathilda.- disse.
Notando lo sguardo confuso del mago, spiegò chi fosse quella persona: - Era la mia balia, quand’ero bambino. Le piaceva molto fare corone di fiori, soprattutto con questi.- disse indicando col capo i fiori. - Per me è stata come una seconda madre... Grazie Dorian.- aggiunse guardandolo negli occhi.
 
Quell’attimo di quiete durò poco, poiché lacrime di dolore cominciarono a scorrere sulle guance di Aaron. Dorian lo abbracciò dolcemente, cingendolo per le spalle.
- Va tutto bene, Aaron. I qunari sono stati sconfitti e tu sei ancora vivo. Questo è ciò che conta.- gli sussurrò. Ma quelle parole non placarono la tristezza dell’Inquisitore.
- No, Dorian. Non va per nulla bene! Siamo passati dalla padella alla brace e io sono diventato inutile!- si sfogò l’uomo, stringendo più forte il mago.
Dorian rimase confuso da quelle parole, e Aaron gli spiegò il perché della sua tristezza: - Solas non è un agente di Fen’Harel. Solas è Fen’Harel! E vuole distruggere il dannato Velo per far ritornare gli elfi di Arlathan!- disse sciogliendosi dall’abbraccio.
- Ho promesso che gli avrei fatto cambiare idea, ma come posso affrontarlo così?- aggiunse poi, indicando il braccio amputato. - Guideresti mai un carro senza una ruota, o monteresti un cavallo zoppo? Cosa posso fare se non posso nemmeno tenere uno scudo?-
Dorian lo lasciò sfogare, quindi gli accarezzò una guancia. - Va tutto bene.- ripeté.
- Siamo abituati ad affrontare l’impossibile, no? Troveremo una soluzione anche al piano di Solas. Perché tu sei tu, amatus. L’Ancora avrà certamente fatto la sua parte all’inizio, ma senza di te l’Inquisizione non sarebbe mai stata la stessa! Sei stato tu, con le tue decisioni e le tue azioni, ad aver reso possibile tutto questo.- gli disse deciso.
- Cosa, un’organizzazione guardata con sospetto da quelli che abbiamo salvato solo due anni fa? Piena di spie qunari ed elfiche?- commentò sarcastico Aaron.
- Quelli sono dettagli.- replicò ironico il mago. - Ciò che voglio dire è che, qualunque cosa deciderai di fare, qualunque sarà il destino dell’Inquisizione, avrai sempre gente fidata pronta a dare la vita per i valori che condividiamo. E ci sono anch’io, amatus, anche se saremo fisicamente lontani.- disse determinato, accarezzandogli i capelli.
- E in quanto a “montare” un cavallo zoppo, sono sicuro che suddetto stallone nasconda ancora molte potenzialità...- aggiunse facendo un sorriso furbetto.
Finalmente, Aaron riuscì a sorridere e diede un bacio a Dorian: - Ti amo.-
- Lo sai che quando lo dici così mi fai sciogliere, amatus.- scherzò Dorian, poi si tolse gli stivali e scivolò lesto tra le lenzuola. - E ora diamo materiale da gossip per le nobildonne orlesiane...- sussurrò mordicchiandogli il collo, deciso a donare al suo uomo tutto l’amore che meritava. 

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Salve a tutti, rieccomi con una nuova storia con un nuovo protagonista! Vi presento l'Inquisitore della mia terza run, Aaron Trevelyan, guerriero arma e scudo perdutamente innamorato del suo Dorian ^-^
Spero che leggerete con piacere questa storia e spero che leggerete anche le altre che ho scritto. Grazie ancora =)!!
P.S.: Rilienus è un personaggio che viene nominato in un banter tra Cole e Dorian, probabilmente un uomo con cui Dorian ha avuto o ha una relazione se non è impegnato con l'Inquisitore o col Toro di ferro.
L'elfa fioraia viene incontrata dall'Inquisitore durante la romance di Cassandra, ma la somiglianza con l'elfa della missione "Occhi Malvagi e Cuore Malvagio" è così tanta che è quasi certo che siano la stessa persona.
   
 
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