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Autore: V4l3    10/10/2019    3 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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22

Il bussare alla porta lo sorprese, pensando di esserselo immaginato, ma il sentire dei passi sul portico, lo convinsero ad alzarsi, chiedendosi chi fosse a rompere le palle la sera di Natale.

Infastidito, buttò la cicca della sigaretta nel fuoco e si avviò alla porta, aprendola di malavoglia ma rimanendo subito dopo a bocca aperta.

Aveva freddo, un freddo cane, ad essere precisi! Le temperature erano scese vicino allo zero e l'aria era gelata; aveva ringraziato Liz un milione di volte per essere andata a prenderla alla stazione, appena le aveva mandato un messaggio per avvertirla che stava tornando.

 Non le aveva chiesto nulla, stringendola in un caldo abbraccio, appena scesa dalla stazione

-Sono felicissima che sei tornata, Alex- le aveva sussurrato e lei aveva arrossito per quella manifestazione di affetto che non credeva neanche di meritarsi

-Credo che ti devo delle spiegazioni- aveva iniziato mentre in auto percorrevano la strada verso casa di Jason, ma Liz l'aveva guardata sorridendo 

-Abbiamo tutto il tempo, Alex, quando ti sentirai pronta, mi racconterai tutto- le rispose e Alex era rimasta colpita per la sensibilità di Liz, sentendo gli occhi inumidirsi mentre le sorrideva grata.

Liz era scoppiata a ridere quando Alex le aveva detto che aveva bisogno di rimanere un attimo lì fuori e farsi coraggio per bussare, ma poi aveva acconsentito ed era andata via, lasciandole qualche minuto per ritrovare quella spinta che le aveva fatto mettere di nuovo tutto in quelle due borse che si portava dietro, andare via da Londra e tornare lì.

Guardava quella casa ormai da diversi minuti, riflettendo sul come in poco tempo, quell'abitazione avesse assunto tutt'altro significato ai suoi occhi, rispetto alla prima volta in cui era arrivata lì; si chiese se avesse fatto bene a tornare, se davvero era ciò che voleva, ma alla fine, tremante per il freddo e il vento, che continuava a soffiare imperterrito, decise di bussare, sperando vivamente che il suo cuore le avesse fatto fare la scelta giusta e, quando le aprì, il sangue le fluì nel corpo come spinto a tutta velocità.

Si strinse nelle spalle non sapendo bene come comportarsi, capì di aver preso Jason totalmente alla sprovvista nel modo in cui la guardò

-Cosa ci fai qui?- dopo attimi di stupore e silenzio, la voce di Jason uscì come un soffio, Alex abbozzò un sorriso portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio

–Buon.. Natale...?- non aveva idea di cosa dire mentre portava il suo peso da una gamba all'altra; nonostante ci avesse pensato per tutto il tempo del viaggio, preparandosi anche dei discorsi, sotto quello sguardo, si sentì completamente priva di qualsiasi pensiero sensato  

-Ecco io, non so se ho fatto bene a tornare, ma ieri... si insomma, sei andato via e io non sapevo cosa fare, parlarti al telefono non mi piaceva come idea, così ho deciso di venire, ma i treni non c'erano e ho dovuto aspettare questa mattina, ma un ritardo ...-

Alex si fermò di colpo quando si sentì stringere dalle braccia di Jason, qualsiasi parola le morì in gola, il cuore le esplose nel petto come una bomba e si ritrovò ad avvolgere le braccia alla vita dell'uomo, in un gesto automatico, respirando il profumo di tabacco, di fragranze intense che ricordavano il legno, il fumo, Jason.

Era perfetto quel modo di essere abbracciata a lui, sbagliato forse per quello che provava ogni volta, ma non poteva non sentire quelle mille emozioni; solo così, tra le sue braccia, quel dolore che come un tarlo raschiava, sempre, da sempre, anche quando faceva finta di nulla, scacciandolo nei meandri della sua mente, riusciva a tacere.

La sua vita non era stata facile e la morte della madre le aveva aperto una voragine dentro che lei cercava di evitare, ma era lì, bastava un attimo di distrazione e quella voragine la risucchiava, resa ancora più profonda e buia, dopo quello che aveva saputo. 

Ma stretta a Jason, poteva essere semplicemente Alex. 

Poteva sentirsi bene, sentire quel vuoto dentro colmarsi, lui aveva avuto la capacità, sin dall'inizio, di riempire ogni angolo della Alex sofferente, malinconica, addolorata, come un'alta marea che inesorabile ricopre ogni anfratto di spiaggia scoperta, così era stato lui,  riportandola a respirare, a sentire ogni cosa in maniera diversa, a vivere.

Con lui, aveva imparato ad andare avanti, nonostante fosse stato sempre restio nei suoi confronti, ma anche quel suo modo di fare le aveva permesso di conoscerlo e di imparare ogni volta un po' di più di lui e soprattutto di sé stessa.

Era sempre stato diretto con lei e, sempre lo avrebbe fatto, di questo gliene ne sarebbe stata grata a vita. Non lo sapeva prima, ma era questo, quello di cui aveva bisogno.

Chiunque, avesse conosciuto la sua storia, aveva e avrebbe provato pena nei suoi confronti, ma davanti a Jason, lei non aveva mai letto compassione. 

Con il suo carattere scontroso, in qualche modo l'aveva aiutata, inconsapevolmente lui l'aveva spronata, permettendole di accettare quello che le era toccato in sorte e smettendo di piangersi addosso, come aveva sempre fatto. 

Davanti a lui, Alex era sempre stata solo Alex e lei non voleva perdere quello che lui gli aveva dato, non voleva rischiare di perderlo, perchè da sconosciuto, era diventato talmente importante da non volere nessun altro accanto. 

Era stata lei a piombargli nella vita, poco più di due mesi prima, ma in realtà, Alex aveva capito che fosse esattamente il contrario. 

Prima, la sua esistenza era fatta solo di spostamenti, costanti, quasi cadenzati, di gente ogni volta nuova, conoscenze che si perdevano presto; una vita, la sua, scandita dalla malattia della madre, dalle visite ospedaliere, dalla chemioterapia, dalla perdita; ma da quando lui era entrato nella sua vita, tutto aveva assunto colori diversi. 

Gli aveva permesso, in pochissimo tempo, di affezionarsi a quei posti, riconoscerne i profumi, i suoni, conoscere e provare affetto per persone come Liz e Mike, dare un peso importante a quello che aveva ora.

Lei non voleva perdere più nulla.

-Entriamo- Jason sciolse quel piccolo paradiso che Alex non avrebbe mai voluto lasciare, permettendole di entrare e prendendole il borsone che si era portata appresso con il suo zaino, sorprendendola per quel gesto.

Una volta dentro Alex, sentì un calore che non provava da tempo, da quando tornava da scuola e la madre l'accoglieva con un sorriso e un bacio, quando semplicemente tornava a casa.

Si girò verso Jason che la guardava con un sorriso leggero sulle labbra e uno sguardo attento

-Stai al buio?- gli chiese vedendo solo la luce del fuoco a donare un po' di bagliore, lui le si avvicinò

-Avevo bisogno del buio- le rispose fissandola negli occhi, Alex sorrise sentendo un po' di imbarazzo e volse lo sguardo alle fiamme accese

-E' un po' triste così, per essere Natale- constatò

-Lo era fino a qualche attimo fa- le parole di Jason fermarono il fiato di Alex che lentamente guardò l'uomo che aveva davanti, lui sorrise in quel modo che lei gli aveva visto fare poche volte, ma che lo rendevano ancora più bello; le si avvicinò e con estrema lentezza le accarezzò una guancia, come aveva fatto il giorno prima, quando poi era stato fermato dall'arrivo di Thomas.

Sentire quel tocco sul proprio viso, come era accaduto a Londra, le fece fermare il cuore ed ebbe la sensazione che stesse per crollare, le gambe erano molli e il sangue correva troppo forte dentro di lei, come il cuore che improvvisamente si era messo a battere come a volerle uscire dal petto, sentì gli occhi inumidirsi per l'emozione e li chiuse, lasciando che quel calore si unisse al suo, senza niente e nessuno a interromperlo

–Non pensavo di rivederti tanto presto- ammise Jason con voce bassa 

–Credevo di aver perso l'unica possibilità di poterti chiedere scusa per tutto quello che hai passato da quando sei qui- Alex sgranò gli occhi a quelle parole

–Non devi chiedermi scusa, Jason, sono io che sono entrata nella tua vita senza darti altra possibilità, sono io a dovermi scusare anche per tutto il dolore che hai provato per mia madre-

Jason aprì la bocca preso in contro piede da quelle parole, lasciando cadere la mano lungo il fianco

–Te l'ho detto, non so niente di voi, a parte poche cose che mi sono state raccontate da lei e da te, ma so com'era fatta e il suo modo di pensare; il fatto di averti escluso nella sua vita senza mezzi termini e poi ributtarti così in una situazione come questa, non deve essere stato facile e il tuo comportamento nei miei confronti, alla fine, era più che giustificato- si fermò e guardò nuovamente verso le fiamme

–Alex, non devi..- 

–No, Jason, quello che ti ha fatto mia madre è sbagliato pur avendo le sue ragioni- lo interruppe rivolgendo di nuovo i suoi occhi color del mare verso di lui - ma lasciare che tutto finisse senza darti alcuna spiegazione non è ciò che si definisce rapporto tra amici- per la prima volta Jason lesse maturità, consapevolezza 

–Avevo deciso di andarmene quando ho capito, dopo le tue parole, che stare qui significava nuovamente farti vivere ciò che lei voleva, imponendoti in qualche modo una cosa che non meritavi di subire- parlò piano, come a voler dosare bene ogni parola 

- Ho capito quanto ci tenessi a lei, alla vostra amicizia, nel momento in cui hai fatto di tutto per farti andare bene la cosa, ma questo non ha funzionato e ti sei sentito come chiuso in gabbia- la vide abbassare la testa 

-Lo capisco perfettamente perchè è così in qualche modo ho vissuto con lei per tutta la mia vita: lei decideva per me, per noi, io non potevo fare altro che seguirla; non mi ha mai detto niente delle violenze subite, del suo passato, ma grazie a te ora, è tutto molto più chiaro ed è per questo che me ne sono andata- poi i suoi occhi puntarono di nuovo quelli scuri di Jason

–Ma ieri, quando ti ho visto- si fermò e un sorriso dolce le colorì le labbra, il viso, gli occhi –in qualche modo mi hai fatto rendere conto che mi stavo comportando esattamente come lei, sono andata via senza dirti nulla, senza una spiegazione e questo non lo voglio, non è giusto perchè tu hai fatto un passo enorme accettandomi qui con te, aiutandomi in un modo che nessuno ha mai fatto e, io, non potevo trattarti così. Quando ti ho visto ho pensato che fosse giusto parlare a quattrocchi e che la mia immaturità mi aveva portato a scappare-

Jason continuava a fissarla senza fiatare, con un'espressione indecifrabile sul volto, ma lei decise che non avrebbe ceduto all'imbarazzo.

La stava guardando come se davvero la stesse vedendo per la prima volta, cancellando totalmente quello che era stato il loro rapporto fino a quel momento e, ciò che vide, gli piacque più del lecito.

Il volto di Alex era arrossato, un pò dal freddo che sicuramente aveva subito per arrivare di nuovo lì, ma era sicuro che quel rossore era provocato anche da ciò che gli stava dicendo, parlandogli con il cuore, senza fronzoli, senza maschere, gli stava dicendo esattamente quello che aveva provato fino a quel momento e capì di avere davanti una donna bellissima.

I suoi occhi brillavano mentre gli diceva che non voleva scappare come la madre, ma che doveva parlargli proprio perchè ci teneva; le sue labbra erano screpolate e rosse e la sua espressione era un misto di decisione e contentezza; aveva il corpo rigido mentre di fronte a lui gli confessava che andarsene gli era costato tanto, proprio quanto stava costando a lui doversi trattenere da non prendere quel viso tra le mani e poterle chiudere la bocca con la propria.

Per la prima volta, Jason sentì davvero il suo cuore battere per quella ragazzina di neanche vent'anni che stava dimostrando molto più cervello, maturità e coraggio di quanto lui avesse mai fatto.

Il suo corpo fremeva per poterla stringere ancora tra le braccia, poterla baciare fino a levarle il respiro, ma dovette far fronte a tutte le sue forze per evitare l'irreparabile; non poteva e non doveva.

Una parte di lui sapeva e aveva visto che Alex non era certo indifferente alla sua presenza o vicinanza, ma non era certo possibile confondere quello che provava lui, con quello che lei aveva sicuramente qualificato come affetto per qualcuno che l'aveva aiutata e voleva continuare a farlo.

Doveva imporsi a tutti i costi di non commettere un errore che gli sarebbe costato caro, perchè permetterle di notare come ora lui la guardava, era da pazzi, non poteva fargli vedere che, per lui, qualcosa era davvero cambiato, ma non come pensava lei.

Improvvisamente si rese conto che il suo malumore nell'avercela intorno, in quei giorni passati,  era da ricollegarsi al fatto che non voleva vedere ciò che il suo cuore evidentemente aveva captato subito, nell'esatto momento in cui aveva bussato alla sua porta, più di due mesi prima.

Lui non la voleva perchè non voleva amarla, non voleva innamorarsi, non voleva credere che il suo cuore si fosse di nuovo messo a battere per una persona sbagliata.

Il suo compito era solo quello di aiutarla, proprio come gli era stato chiesto da Emma, lasciandole la possibilità di vivere la sua vita, permettendole di fare le proprie scelte, non condizionandola e lui sapeva, che se le avesse mostrato per errore qualcosa, di quello che ora lui sentiva, sarebbe stato un disastro per entrambi.

Lei si sarebbe spaventata, come minimo; avrebbe creduto che lui la volesse aiutare solo per secondi fini, forse gli avrebbe anche fatto ribrezzo, perché no? 

Deglutì a vuoto a quei pensieri, ma si rese conto che lei lo stava fissando intensamente e le sue parole non inondavano più la stanza, ma era lì davanti a lui come in attesa.

Jason sbattè le palpebre un paio di volte, cercando di staccare i miliardi di pensieri che gli stavano affollando la mente concentrandosi di nuovo su quello che stava dicendo

–Hai fatto bene a tornare- si limitò a dire e lei abbozzò un sorriso abbassando la testa

–Spero davvero sia così- gli rispose e lui non ce la fece a trattenersi e con due dita le fece alzare il viso spingendole il mento verso l'alto, facendosi guardare

–Non commetterò gli stessi errori, Alex, è una promessa- gli disse osservandola in volto, lei dapprima si era sorpresa per quel gesto, ma gli sorrise felice 

–Vorrei che potessimo parlare, ogni volta, se c'è qualcosa che non va- ammise lei e questo fece fremere il cuore di Jason che sembrò volersi liberare da quel bavaglio di emozioni che lui stesso si era costruito, ma l'unica cosa che fece fu un gesto d'assenso con il capo e un sorriso appena accennato, sapendo già che le stava mentendo.

Gli aveva appena promesso che sarebbe cambiato in meglio il loro rapporto, ma ora che sentiva quel sentimento ingombrante, gli fece paura pensare di doverlo trattenere, ne sarebbe stato capace?

Non avrebbe potuto rivelarle nulla, se non starle accanto ed essere un amico di cui lei poteva davvero fidarsi, poco importava se dentro dovesse soffocare il suo amore per lei, ora ciò che più contava era il bene di Alex. 

Hai mangiato?- si ritrovò a chiederle, cercando di cambiare quella situazione che lo stava mettendo in difficoltà, la vide levarsi il giubbotto che teneva ancora addosso e si ritrovò ad osservarla vestita con dei pantaloni imbottiti scuri e degli scarponi, aveva un maglione enorme, di colore verde che metteva in risalto ancora di più i suoi occhi e non potè non pensare che anche così vestita, lui si era inciso nella sua maledetta testa ogni singolo strato di pelle di Alex, ogni neo, ogni segno, da quella sera e il suo buon proposito gli si annodò alla bocca dello stomaco.

–A dire il vero ho mangiato solo un tramezzino a pranzo, ora ho un pò fame- rispose prendendo il borsone e avviandosi verso le scale, facendolo di nuovo ritornare alla realtà

–D'accordo farò un piatto di pasta veloce- disse avviandosi verso la cucina, ma poi si fermò e la guardò con un sorriso strafottente dando sfogo ad una domanda che gli si era materializzata davanti agli occhi appena l'aveva vista

–Ma quel damerino? Che fine ha fatto?- le chiese, troppa era la curiosità per quel ragazzino che il giorno prima aveva rischiato parecchio di fargli alzare le mani; Alex stava per andare a posare le sue cose nella sua camera, ma si fermò sui primi gradini della scala e lo guardò con un leggero sorriso

–Per ora io non sono affare di nessuno, se non di me stessa- rispose e Jason si sentì soddisfatto avviandosi verso la cucina non riuscendo a trattenere un sorriso che gli increspò le labbra.

-Non hai degli addobbi di Natale?- gli chiese seduta sulla sedia della cucina mentre finivano di cenare, Jason ci pensò un attimo prima di sorriderle

–Credo di avere delle vecchie cose appartenute ai miei nonni, di sotto, se vuoi te le prendo- Alex sembrò illuminarsi

–Davvero? Si, sarebbe carino poter addobbare la casa, anche se è già Natale, ma almeno per qualche giorno si potrebbe fare- e si alzò sparecchiando i due piatti e bicchieri che avevano usato per mangiare; Jason prese un pò di caffè e iniziò a berlo osservando la ragazza iniziare a lavare le due stoviglie, con quell'espressione serena e il leggero sorriso a increspargli le labbra, non riusciva ancora a credere che fosse tornata, ma prima che la sua testa iniziasse frullare si alzò anche lui

–Vado di sotto a vedere cosa trovo- le passò accanto e scese velocemente nel suo laboratorio.

Dopo una decina di minuti riuscì a scovare uno scatolone e quello che doveva essere l'albero di Natale avvolto in buste di plastica dalla testa ai piedi, era una vita che non cercava quelle cose; gli ritornarono alla mente i ricordi da bambino, quando la nonna gli proponeva, già con la fine di novembre, di andare nel seminterrato per prendere gli addobbi e iniziare a decorare la casa.

Un sorriso gli colorì il viso, rivedendosi nei panni di un ragazzino intento ad aiutarla nel preparare la casa, sapendo quanto lei ci tenesse a quella festa, quanto adorasse vedere la casa prendere vita sotto quei colori, quelle lucine, inondando casa con i profumi tipici della festa.

–Ehi tutto bene?- la voce di Alex alle sue spalle lo fece trasalire, non l'aveva sentita scendere

–Certo- ripose avvicinando lo scatolone alle scale, Alex guardò quel lato del seminterrato che la volta in cui era scesa non aveva notato, era proprio sotto la scala, dove era stato ricavato un ampio vano con accatastati diversi scatoloni e uno di quelli attirò la sua attenzione, aveva la scritta "Foto" ben visibile

–Alex, mi devi aiutare a portare di sopra lo scatolone- Jason gli si era avvicinato

–Sono tue di quando eri piccolo?- gli chiese, Jason seguì il suo sguardo e vide anche lui quella scritta nera su quello scatolone

–Un pò di tutto- ammise non trattenendo un sorriso nel vedere il suo sguardo curioso

–Le vorresti vedere, immagino- constatò facendole spuntare un sorriso birichino sul volto, sospirò alzando gli occhi al soffitto –Ma non volevi fare l'albero?- le chiese

–Si, ma quello si può fare anche dopo- rispose ovvia e lui non trattenne una risata

–Va bene, ma aiutami a portare tutto di sopra-

Appena posarono l'albero di Natale, Alex si sedette a terra vicino al camino, con lo sguardo che le brillava di curiosità mentre apriva lo scatolone; Jason si sedette sulla poltrona bevendo una birra e accendendosi una sigaretta, osservandola.

Con mani tremanti, perchè sapeva che Jason in qualche modo le stava facendo vedere un pò di se, aprì la scatola guardandone il contenuto.

Subito si trovò a prendere tra le mani un album fotografico piuttosto grande, con una bellissima copertina in cuoio intarsiata, ma prima di aprirlo guardò verso l'uomo e gli sorrise come a cercarne il consenso, lui inclinò leggermente la testa aspirando dalla sigaretta, prima di accennare un sorriso.

La prima foto era in bianco e nero, piuttosto antica, ritraeva un uomo e una donna nel giorno del loro matrimonio. La donna aveva un semplice abito bianco, leggermente più stretto alla vita, il corpetto era ricamato e gli arrivava a coprirgli il collo che si arricciava appena, così come le maniche strette, la gonna non era molto ampia e ricadeva morbida fino a ricoprile i piedi. Portava il velo lungo e i capelli erano acconciati con boccoli intorno al viso e raccolti dietro il capo, sorrideva, mettendo in mostra una bocca molto bella, il viso era tondeggiante e ben proporzionato, davvero una bellissima donna, pensò Alex, mentre osservava attentamente la foto.

Accanto alla donna, a cingerle la vita, c'era un uomo piuttosto alto, vestito in abito scuro, i capelli erano tirati indietro, aveva un viso fiero con baffi molto curati a contornare una bocca non eccessivamente carnosa ma ben disegnata, non sorrideva, ma aveva un'espressione soddisfatta, mentre volgeva il suo sguardo all'obiettivo. Dietro di loro, l'entrata di quella che doveva essere stata la chiesa dove era stata svolta la cerimonia, si vedevano dei bellissimi vasi di fiori bianchi

-Sono i miei nonni- le spiegò lui -lei aveva appena vent'anni, mentre mio nonno ne aveva trentadue-

Alex guardò stupita verso Jason –Lei era giovanissima- disse, pensando che avesse la sua stessa età, ma sembrasse più grande, così come l'uomo, poco più giovane di Jason, anche se dimostrava qualche anno in più,  lui le sorrise appena 

–Per loro non ha mai contato molto, l'importante era stare insieme e per l'epoca non era così assurda come cosa, è stata scattata nel 1946, appena dopo la Guerra- Alex ribassò lo sguardo su quella foto accarezzandola appena, prima di girare le altre pagine, scoprendo altrettante foto in bianco e nero che ritraevano la coppia fuori la chiesa, in un bellissimo giardino e poi con parenti e amici, ma la foto che la colpì più di tutte fu quella in cui i due si guardavano, probabilmente uno scatto rubato, mentre ridevano complici, guardandosi in un modo che lei sperava un giorno di poter provare, convincendosi che l'età non poteva contare se ci si guardava in quel modo.

–Si saranno amati moltissimo- constatò chiudendo l'album

–Sì, tanto da venire a mancare uno poco dopo la morte dell'altra- Alex guardò Jason aspirare la sua sigaretta –Mia nonna si è ammalata diciassette anni fa, ha lottato per un anno, ma non ce l'ha fatta. E'morta a giugno, era una calda giornata estiva e si è spenta nel sonno- Alex ascoltava in silenzio

–Alla notizia mio nonno è come impazzito di dolore, non sono riusciti a salvarlo, è morto di infarto dopo venti giorni- Alex sgranò gli occhi a quelle parole

–Mi diceva sempre che lui non si sentiva nessuno senza lei accanto, doverla seppellire è stato troppo doloroso e in qualche modo si è lasciato morire- lo vide sospirare bevendo un pò di birra e rivolgere il suo sguardo al caminetto 

–Eri molto legato a loro?- gli chiese e lui sorrise appena

–Moltissimo, ho vissuto con loro da ragazzino e appena potevo venivo qui per stare con loro, erano delle persone eccezionali, devo a lui il mio amore per il legno e a lei la complicità; è la persona che mi ha sempre sostenuto nelle mie scelte, al contrario degli altri parenti- le parole di Jason colpirono Alex, desiderosa di sapere di più, ma si limitò a rimanere in silenzio e prendere l'album successivo 

 Era più piccolo del precedente, aveva una copertina colorata con dei rombi e quando l'aprì si sorprese ad osservare il volto di una donna giovane, forse sui venticinque anni

–E' mia madre- Alex guardò attentamente la foto riconoscendo in quel volto femminile i tratti che l'accomunavano con Jason, come per esempio la bocca e il sorriso, sfogliò ancora per ritrovarsi ad osservare la madre di Jason ed un uomo, lui seduto su una bella poltrona e lei in piedi dietro di lui con una mano a toccargli la spalla 

–Sono i tuoi genitori- si ritrovò a dire riconoscendo, in quell'uomo seduto, molti elementi che il figlio Jason aveva ereditato come lo sguardo, gli occhi così intensi e la sua fisicità

–Si, se la sono fatta poco dopo il matrimonio 43 anni fa- le spiegò lui guardando il fuoco 

–Mia madre era incinta e non voleva fare la foto dove già si vedeva una certa rotondità, così si posizionò dietro di lui nella foto- aggiunse con un sorriso malinconico

–Non era incita di te, però- constatò Alex 

–No era incinta di mio fratello, Will- Alex sfogliò altre pagine dove le foto ritraevano la madre di Jason con il piccolo Will, poi alcune foto sempre dei genitori

–E questo sei tu?- chiese facendogli vedere una foto dove la madre di lui teneva in braccio un neonato con vicino Will ancora piccolo  
–No, è mia sorella Megan- le rispose
-Lei e Will si passano appena due anni- Alex continuò a sfogliare le foto fino a chiudere il secondo album

-Li senti spesso i tuoi fratelli?- chiese prendendo un altro album fotografico, Jason sorrise

–No, quasi mai- ammise, ma Alex seppur sorpresa non indagò oltre iniziando a guardare il terzo album e si ritrovò a sorridere trovando le foto di Jason appena nato, poi un pochino più grande al compleanno della sorella mentre sorrideva, oppure vestito da cowboy con davanti una torta e delle candeline che segnavano 8 anni, oppure altre foto fatte quando insieme ai fratelli andavano a cavallo, o stavano al mare

–Hai delle foto bellissime- osservò sorridente, una parte di lei si chiese cosa si provasse ad avere una famiglia, dei fratelli, spesso questo pensiero da bambina le rotolava nella mente quando osservava i suoi amichetti; crescendo, si era in qualche modo arresa al fatto che quelle sensazioni, lei, non le avrebbe mai provate, poteva solo contare sull'affetto incondizionato della madre e questo alla fine le era bastato, ma vedendo quelle foto, di nuovo qualche domanda sul come sarebbe potuta essere la sua vita in altri termini, le spuntarono nella mente. Seguirono altri album dove si rincorrevano anni ormai passati e dove Jason e la sua famiglia aveva immortalato attimi di felicità 

–Adoro le foto- si ritrovò a dire chiudendo l'ultimo album e rimettendo tutto a posto

–Io le detesto- borbottò Jason stupendola

–Come mai?- chiese alzandosi da terra e iniziando ad aprire lo scatolone che conteneva gli oggetti natalizi

–Perchè sono, il più delle volte, scatti di apparente serenità e felicità- spiegò in tono distaccato

Alex lo guardò incrociando il suo sguardo che sembrava ferito, poi lo vide alzarsi per sistemare il fuoco; avrebbe davvero voluto chiedere di più per capire, ma si trattenne, non voleva ficcanasare e sapeva, per esperienza, che a Jason non piaceva parlare di sè e del suo passato, così si morse la lingua e iniziò a tirare fuori gli addobbi, mentre l'uomo liberava dalla plastica l'albero di Natale.

Dopo circa un'ora, Jason issò il bellissimo puntale che Alex aveva trovato tra gli addobbi: una stupenda stella dorata come completamento dell'albero e i due si ritrovarono ad osservarlo rapiti dalle diverse lucine che si accendevano ad intermittenza, così come le varie palline e addobbi di tutti i colori e dimensioni che avevano attaccato

–E'bellissimo- ammise Alex sorridendo felice, Jason non potè non pensare lo stesso e si ritrovò a posare un suo braccio sulle spalle della ragazza accanto a lui che lo guardò sorridente

-Ottimo lavoro socia-le disse lui facendola ridere 

–E del resto che ne facciamo, lo riporto di sotto?- le chiese

-No, penso che mi servirà, ma domani- rispose Alex non trattenendo uno sbadiglio

-Sono quasi le due di notte, tu hai anche fatto il viaggio, è meglio andare a dormire- e lo vide sistemare il fuoco prima di andare a letto

-Jason, mi avresti più chiamata?-

Quella domanda lo lasciò completamente di sasso, deglutì voltandosi verso di lei. Aveva un'espressione indecisa sul volto, mordendosi il labbro in imbarazzo

-Scusa, è una domanda sciocca, ma volevo sapere se..- lui la spiazzò sorridendo e mettendo in mostra la sua dentatura bianca e quelle leggere rughe di espressione intorno agli occhi e alle labbra 

-No- rispose lasciandola turbata per tanta schiettezza, sentendo il suo cuore dolere per quella risposta, dandosi della stupida per avergli posto una domanda del genere, infondo era lei quella che se ne era andata, era stato già tanto che lui fosse arrivato fino a Londra per provare a parlarle; ma lei voleva sapere se lui avesse in qualche modo lasciato le cose così, pensando che forse era questo ciò che lei voleva 

-Buona notte- disse iniziando a salire le scale

-No, non ti avrei più chiamata- la voce di Jason la fece voltare e lo fissò mentre le rivolgeva quello sguardo che le faceva stringere lo stomaco, arrossare le guance e battere il cuore ogni volta

-Sarei semplicemente tornato e, senza chiederti il permesso ti avrei riportato qui- lei rimase immobile mentre lui le sorrise e si avvicinò alle scale 

-E' stata la prima e l'ultima volta che mi hai visto fare il diplomatico, Alex, te lo posso giurare- lei rimase ad occhi sgranati e la bocca socchiusa -E ad essere onesti, quando hai detto che non sei affare di nessuno se non di te stessa, hai detto una cosa inesatta- Alex deglutì non riuscendo a distogliere lo sguardo -Tu sei affar mio- detto questo lo vide prendere lo scatolone delle foto e ritornare nel seminterrato per sistemarlo. 

Si ritrovò in quella stanza buia, le cui persiane malconce facevano entrare un pò del bagliore dell'esterno, era sdraiata sul letto, con la coperta fin sopra il naso, non riuscendo a non smettere di sorridere, perchè si sentiva felice, tremendamente felice. 

Dopo gli innumerevoli timori che l'avevano accompagnata dal giorno prima quando aveva preso la decisione di ritornare da Jason, ora si sentiva come in una bolla di gioia che non voleva abbandonare, per nessun motivo.

Si sdraiò a letto con le mani dietro la testa lasciando che tutti quei sentimenti che l'avevano investito da quando aveva rivisto Alex, lo avvolgessero. 

Era passato dallo stupore nel rivederla, alla felicità più assoluta, alla frustrazione per quei sentimenti che sentiva, ma non poteva esternare, alla soddisfazione di averla accanto.

Si chiese cosa sarebbe successo dal giorno dopo, se davvero potevano instaurare una convivenza che permettesse ad entrambi di vivere le proprie vite senza rovinare uno quella dell'altra. Soprattutto si chiese se davvero ne fosse stato capace.

Avrebbe avuto la forza di lasciarla andare, un giorno? Sarebbe riuscito a non mostrarle ciò che sentiva? E se gli avesse presentato un nuovo ragazzo con il quale si frequentava?

Immediatamente sentì una rabbia chiudergli lo stomaco, attanagliargli le viscere al pensiero, ma si obbligò a prendere profondi respiri per rilassarsi, ricordandosi che doveva solo permettergli di essere felice e in qualche modo proteggerla, niente di più. 

Sentiva la testa come un pallone ricolmo di pensieri ma nonostante questo si ritrovò a chiudere gli occhi e addormentarsi, perchè per ora, lei era lì.

  
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