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Autore: PanettodiBurro    10/10/2019    1 recensioni
La compagnia di Thorin Scudodiquercia è decisa a marciare su Erebor per distruggere il drago, Smaug, e riprendersi la Montagna Solitaria, rivendicando la terra natia. E se alla compagnia si aggiungessero più membri?
Tra nani testardi, orchi e mannari, elfi ed hobbit, protagonisti di nuove avventure; riusciranno i nostri eroi a portare a termine la loro missione prima che l'ultima luce del sole tramonti nel giorno di Durin?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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II. Incontro inaspettato

L’ancora ignara hobbit non poteva che non avere la più minima idea di chi fosse il nano che intralciasse la sua strada e al quale aveva appena rivolto la parola e, sebbene avesse fini più loschi (per quanto losco poteva essere soddisfare una curiosità) di quanto desse a vedere, si rivolse al nano formalmente e il più rispettosamente possibile. Ebbene, quel nano altri non era che il grande Thorin Scudodiquercia, un nano estremamente importante e degno di nota; tuttavia la hobbit di nomi importanti ne aveva sentiti ben pochi e ricordarti ancor meno, tramandati oralmente o letti svogliatamente in antichi libri; numerosi erano i nomi di nobili origini Elfiche (di cui riusciva a ricordarsene poco più grazie ad un piccolo segreto che legava la hobbit e il popolo degli elfi) ed altrettanto numerosi erano quelli che appartenevano agli Uomini Mortali. Ma la mente della hobbit non era fatta per ricordare nomi e gesta leggendarie che, per quanto affascinati, preferiva di gran lunga occupare lo spazio a sua disposizione con ricette, tramandate anch’esse da una generazione ad un’altra generazione, e famiglia a famiglia, da hobbit ad hobbit, ma senza alcuna gloria o canzone che ne elogiassero segreti, trucchi e bontà!
 Appurato che alla hobbit di quei nomi gliene fregasse ben poco e che quei pochi e fortuiti nomi che ricordava le sfuggissero pure, men che meno c’era da aspettarsi che questa potesse ricordare nome di qualche nano! Tant’è che trattò Thorin Scudodiquercia come un nano qualsiasi.
 Al nano non restava che voltarsi e scrutare la figura a cui apparteneva quella voce. Non aveva nulla da temere dal momento che fosse in piena terra hobbit e in quel villaggio risiedevano solo hobbit e non aveva percepito nulla di insolito.  Da buon nobile nano, educato, si voltò verso di lei e abbassò il capo, in segno di saluto, ma non prima di aver studiato quella figura da capo a piedi, soffermandosi sui tratti caratteristici che distinguevano un hobbit da qualsiasi altro essere presente nelle terre di Arda: un viso giovanile e grazioso con tre o più macchie sulle guance, fronte e naso dovute alla lunga esposizione ai raggi solari, scuri, morbidi e indomabili ricci che ricadevano sulle spalle e occhi lucidi e color nocciola, e altrettanto scuro era il vello fitto che ricopriva i loro grossi piedi; una palette di colori che a Thorin ricordava molto la stagione autunnale, una delle sue favorite. Ed ovviamente l’altezza, Thorin dovette chinare il capo più di quanto si aspettasse per poterla inquadrare al meglio in quella fitta notte d’estate, l’incombere del buio rendeva più difficile che mai soffermarsi sui dettagli e l’unica illuminazione di cui potevano disporre era quella proiettata sul sentiero dalle finestre ad oblò delle numerose abitazioni che ricoprivano la facciata della Collina.
 “No; non ho bisogno di una mano... Però, forse c'è qualcosa che potreste dirmi: quelle che sono visibili da questo punto sono tutte le case esistenti di Hobbivile? O ce n'è qualcuna nascosta dietro qualche collina, a me impercettibile dal punto in cui ci troviamo?” chiese scocciato e portando la mano sulla fronte nel tentativo di scorgere qualcos'altro che andasse al di là della Collina, o meglio, dei piccoli promontori che scorrevano lungo Hobbivile, e dunque, la Contea. Dopotutto gli era costato molto trovarsi lì in quel momento, e gli sarebbe scocciato non poco sapere che avrebbe dovuto girare altre case nel caso in cui i suoi timori si sarebbero rivelati fondati.
 A Bramblerose balzò il cuore in gola, non poteva sapere se il qui presente nano avesse sentito quest’ultimo saltarle in gola, rimbalzarle da una parte all’altra e percepire l’entusiasmo pervaderle le ossa fino al midollo all’udire della sua richiesta. Gli occhi della hobbit brillavano più di tutte le stelle presenti in quella singolare notte, e come i suoi occhi, qualcos'altro a lei noto brillava ed era impresso nella sua mente da stamani a questa parte: il segno inciso sulla porta di casa del signor Baggins! ‘Non è un caso, ne sono certa!’ pensò. E pensò bene, come poteva esserlo? Il famoso stregone di cui tutti gli hobbit rammentavano nome ed aspetto (soprattutto i fuochi d’artificio) arriva nei pressi della Contea, si soffermava a casa di Bilbo Baggins per delle faccende, alla hobbit – ancora per poco – ignote; e più importante che mai: il famoso hobbit è erede del dono Tuc; i due si salutano “amorevolmente” e lo stregone gli “dona”, a sua insaputa, un segno di ringraziamento per la piacevole chiacchierata! Segno che, per qualche motivo, ora serve a questo nano.
 Nel perfetto piano della hobbit mancavano ancora molti e fondamentali tasselli per mettere in piena luce il grande quesito. Perché quella runa aveva attirato un nano? O meglio; serviva solo a questo: una runa attira nani? Sembrava assurdo! Tutti sapevano che per attirare dei nani serviva almeno dell'oro! Perché dei nani poi? La hobbit continuò a vagare da una ipotesi ad un’altra e mille possibili congetture, senza riuscire a trovare una singola risposta che potesse soddisfare quei suoi dubbi. Bramblerose scosse il capo affranta, era inutile continuare a farfugliare e perdere tempo con l’immaginazione quando aveva la risposta a tutti suoi quesiti davanti ai suoi occhi! Doveva solo giocare bene le sue carte. Se non fosse stato presente il nano a quest’ora la hobbit starebbe a far i salti di gioia, ma gesti avventatati o parole sospette, che avrebbero potuto far preoccupare il suo interlocutore o fargli sospettare che lei sapesse qualcosa che non doveva proprio sapere, erano da evitare come le avventure!
  La hobbit affinò quanto più poteva la vista, cercando di mettere a fuoco il viso del nano e ne scrutò i caratteri generali con una veloce occhiata, non potendo soffermarsi nei dettagli – non sarebbe stato nemmeno il caso – portava dei lunghi, a tratti mossi e in disordine, capelli neri, la barba (tratto fondamentale dei nani) e due occhi apparentemente chiari, segnati da un particolare cipiglio che sarebbe stato visibile ad ogni ora del giorno. Non poteva ritenersi soddisfatta, ma avrebbe avuto modo di vederlo meglio e saziare più che mai la sua curiosità arrivata a destinazione. Inoltre, non tanto per giustificare il nano, ma era davvero facile perdersi tra le vie di Hobbiville se non si era un hobbit (i quali conoscevano a memoria ogni angolo della Contea) data l'apparente omogeneità che accomunava tutte le possibili vie da percorrere.
La hobbit sorrise al nano e ricambiò il saluto chinando anch’essa il capo e presentandosi, a contrario di Thorin, e aggiungendo un caloroso:
 “Bramblerose; al vostro servizio! No-”
Thorin che non era un nano particolarmente paziente, almeno quando si trattava di faccende importanti, ma gli piaceva definirsi l’opposto, riprese la parola ancor prima che la hobbit rispondesse o meno la sua richiesta, interrompendola subito dopo la sua presentazione.
 “Sto viaggiando da molto tempo, e sto cercando una dimora in particolare, non so a chi appartenga, quindi non mi aspetto che me la sappiate indicare con così poche informazioni, dovrò attenermi a determinate cose, e so già che una volta vista, la saprò riconoscere, ma mi dispiacerebbe venire a conoscenza che ci sono altre dimore da controllare oltre quelle che vedo.”
 E se prima qualche dubbio fosse sopravvissuto alle sue conclusioni – nonostante fossero un po’ affrettate – ora non c'era altro da sapere o parole d'aggiungere, tant'è che sradicò ogni altro possibile quesito con un'unica richiesta ed ordine; niente giri di parole, tempi morti o riflessioni: sapeva dove il nano era recato e fato volle che ci dovesse andare anche lei. Strinse involontariamente la lettera tra le sue mani, un po’ madide, chiedendosi se fosse stato il caso di consegnarla al signor Baggins proprio in quel momento. Ci avrebbe pensato arrivata a destinazione. Perciò riprese la parola da dove era stata interrotta.
 “No; non vi è altra dimora oltre il circondario della Collina! Ma lei è un nano davvero fortunato, sa? Devo giusto recarmi a far visita ad un amico nei pressi della Collina. Le posso far strada, se lei me lo concede!”
Esatto! Quale miglior modo di sapere la verità se non farle direttamente strada. Tuttavia Bramblerose ricordava ancora il motivo che aveva generato quell’incontro inatteso e fortunato: una porta ed un ricco hobbit accomunava i due più di quanto il nano potesse immaginare. Superò il nano prima ancora di ricevere un consenso da parte sua e partì spedita verso la Collina, direzione: casa Baggins!
 Thorin non poté far altro che seguire la hobbit e sebbene si fosse mostrato a primo impatto riluttante, avesse farfugliato un qualche rifiuto, borbottato e fosse più deciso che mai a voler continuare da solo, la risposta dalla hobbit l’aveva ricevuta ed era pure positiva; non ebbe davvero alcuna possibilità di scelta. Anche se avesse voluto bloccarla o raggiungerla, la hobbit si era dimostrata più veloce del previsto, aveva percorso in una sola manciata di secondi una grande distanza, in totale silenzio e con estrema agilità, prenderla sembrava impossibile. Tant’è che Thorin stesso dovette affrettare il passo per non perderla di vista e più la guardava più concretizzava il perché lo stregone avesse scelto proprio un hobbit per questa sua impresa.
 Continuarono a correre per qualche minuto. Con quel ritmo i due arrivano a destinazione in men che non si dica e Thorin ebbe modo e tempo di rimangiarsi e pentirsi dei lamenti di poco prima non appena poté scorgere a poche miglia di distanza l’indistinguibile, unico e lucente segno inciso sulla porta di quel buco-hobbit prima di quanto avesse potuto sperare. Sia chiaro, avrebbe trovato anch’esso la casa senza alcun aiuto da parte di posteriori ma ci avrebbe impiegato più tempo del dovuto, senza contare che era già abbondantemente in ritardo, perciò sentì di dover ringraziare il fato per quel fortuito incontro e di dover ringraziare pure lei a tempo debito.
 Per la hobbit non filò tutto liscio come l’olio, più avanzava più la paura la faceva sovrana: tremava ad ogni passo con il rischio di ruzzolare giù per la Collina. Più volte ebbe come l’impulso d’arrestarsi di colpo, salutare il nano, alzare i tacchi e lavarsene le mani di tutta quella faccenda – assurda per un hobbit – per fare dietrofront e rintanarsi nel suo buco-hobbit dove nessun nano, stregone o chicchessia avrebbe potuto scombussolare la sua pacifica e pacata vita. Ma la sua natura Tuc non volle così, tanto da portarla spedita dinanzi la dimora di Bilbo Baggins. Ma prima che Thorin e Bramblerose arrivassero alle soglie di casa Baggins, schiamazzi e risate si udirono sulla via e scodelle, piatti e posate stridevano e battevano in un chiassoso ma orecchiabile coro accompagnato da delle allegre voci intonate e unite in un’unica canzone; il ritornello fu un certo: “Questo Bilbo lo detesta!”. Di fatto, all’udire di ciò, contro ogni aspettativa Thorin superò la hobbit, che aveva rallentato appena il passo a causa del terribile sopraggiungere dell’ansia man mano che la strada si accorciava; e senza attendere oltre Thorin si piazzò davanti alla porta alla quale diede pochi, ma vigorosi, colpi. Il silenzio incombette, e tutte le voci tacquero di colpo.  Alla hobbit non fu chiaro il motivo di tanta fretta, né del perché questa sopraggiunse tutta d’un tratto, chiaramente non le era chiaro nemmeno il perché di tanta baldoria dentro casa Baggins – conoscendo il proprietario – ma non si soffermò troppo su quell’interrogativo pensando che avesse semplicemente invitato ospiti un po’ troppo chiassosi. Perché tutt’altro attirò la sua attenzione, i suoi sospetti era fondati, sebbene questo fosse già considerato una certezza per lei, quel nano era diretto proprio in quella casa: la casa con quel segno!
 Quella sua piccola e folle avventura di poche ore – cher durò più di quanto in realtà volesse ammettere – giungeva al termine, la hobbit era più che certa che all’interno di quella casa tutte le due domande avrebbero trovato una risposta: dagli avvenimenti insoliti a gli incontri inattesi.
Bramblerose si arrestò a pochi metri di distanza da Thorin, che troneggiava davanti la porta in attesa, all’udire dello scricchiolio del legno e lo stridulo delle giunture della porta. Rimase paralizzata, sentiva le gambe esserle diventate gelatina in balia di un terremoto provocato dal suo stesso tamburellare inarrestabile del cuore; sudava freddo e in un batter d’occhio divenne paonazza da capo a piedi; lo stregone di stamani aveva aperto e accolto il nano in casa, ‘Quindi c’è pure lo stregone. Non immaginavo che avrei avuto occasione di rivederlo così presto; dicevano che fosse così raro: è la seconda volta che lo vedo in una sola giornata. E dire che dovrei scusarmi pure con lui!’ pensò, e rivolse lo sguardo alla lettera un po’ ingiallita, madida e strapazzata, stretta tra le sue mani, l’idea di doversi scusare con Bilbo Baggins le metteva già abbastanza disagio, pensare che fosse pure in “buona” compagnia – dedotto dalle risate e schiamazzi di pocanzi – e che tra questi vi fosse al contempo la seconda persona alla quale doveva porre le sue scuse la fece immediatamente pentire di ogni sua scelta e desiderio di scoperta. Si era preparata alla presenza e giudizio di una sola persona, di un solo hobbit, potenzialmente pure comprensivo, ma non a gli sguardi curiosi e inquisitori di perfetti sconosciuti pronti ad origliare o assistere, nella peggiore delle ipotesi, alla sua ridicola e patetica sceneggiata.
 ‘Sarà per la prossima volta!’ decise, indietreggiando a piccoli passi ma il nano parlò mandole tutto in fumo. Quasi si era dimenticata della sua esistenza tanto era il panico misto ad un estremo imbarazzo scorrerle nelle vene, ossa e perfino midollo osseo.
 “Gandalf; avevi detto che questo posto era facile da trovare: ho smarrito la via due volte. Non l’avrei trovato affatto se non fosse stato per il segno sulla porta e… l’aiuto di questa hobbit.” Come si era ripromesso, Thorin l’aveva ringraziata a tempo debito.
Ma il dado era stato tratto. Niente e nessuno sarebbe stato in grado di aiutarla a trovare un escamotage e farla sgattaiolare da quella situazione del tutto illesa. Ingoiò il groppo creatosi alla gola, sperando che nessuno avesse sentito nulla, e giurò addirittura su tutte le sue numerose dispense di aver ingoiato anche il cuore in quel momento! Si avvalse di tutto il coraggio che aveva in corpo riuscendo ad avanzare a piccoli tratti, mentre chi vi si trovava all’interno della dimora cercava, curioso, di affacciarsi o trovare una finestra o una fessura da dove poter scorgere la figura della hobbit nominata pocanzi dal nano. Thorin stesso si voltò, notando che dietro di sé non vi era più nessuno. E con mille occhi puntati su di sé la hobbit non perse tempo a chinarsi e rispondere al nano il meno balbettante possibile.
  “E stato un piacere aiutarla!”
Incombette nuovamente il silenzio, e che silenzio! Non durò più di qualche misero secondo ma Bramblerose ebbe la sensazione che stessero passando eoni, intere generazioni ed ere! Con ancora tutti gli occhi puntati su di sé alla hobbit mancava poco per svenire se non fosse stato per la fragorosa risata dello stregone che alleggerì e smorzò la tensione del momento salvandole la vita e reputazione. E insieme a lui anche altri risero.
  “Vieni dentro!” disse lo stregone, ma non prima di averle rivolto un insolito occhiolino e sussurrato “Lo so perché lei è venuta qui. Ti ho visto; signorina Brandibuck.” prima che la hobbit varcasse del tutto l’ingresso senza farsi ripete l’invito due volte. Inutile dire che le si gelò il sangue.


 
   
 
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