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Autore: Napee    10/10/2019    1 recensioni
[IwaOi] [omegaverse]
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Questa mini long è stata scritta usando i prompt del WritOber indetto da Fanwriter.it
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Tratto dalla storia:
“Non lo so, dimmelo tu…” aveva risposto dubbioso, mostrandogli fra le mani la lettera dell’ente sanitario che lo “chiamava al dovere” e gli forniva l’indirizzo dell’omega che aveva bisogno del suo aiuto.
“Penso ci sia stato un qualche errore del cazzo. Domani faccio chiamare mamma e-…”
“Nessun errore.” Ammise Tooru in un sospiro, tutto d’un fiato, espirando quel segreto che aveva custodito gelosamente per tutti i suoi sedici anni.
Hajime lo guardò sconvolto e confuso. I suoi occhi verde smeraldo non erano mai stati così pieni di dubbi e domande.
Una parte di Tooru se ne dispiaceva. Hajime era sempre stato onesto con lui, fin dall’inizio, non gli aveva mai nascosto niente, non aveva mai omesso niente.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'WritOber2019'
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•   Love bites





Sapeva che presto o tardi sarebbe arrivato quel momento. Era una cosa che Oikawa Tooru sapeva da tempo ormai, fin da quando gli avevano comunicato che era un omega, e poteva far finta di niente e rimandare quanto volesse l’inevitabile con pillole varie, ma quel momento della sua vita sarebbe arrivato presto e ormai non poteva più farci niente.
Secondo la lettera che l’ente sanitario gli aveva mandato, il suo primo ciclo fertile di calore sarebbe giusto fra poche settimane. Sarebbe durato circa tre giorni, al massimo sei.
Praticamente una settimana in cui il governo lo obbligava a farsi scopare da un alpha appositamente scelto per lui.
Uno sconosciuto in pratica.
Avrebbe passato una settimana con un vero e proprio estraneo al quale avrebbe donato la sua prima volta.
Anche contro la propria volontà dato che, quando il calore sarebbe sopraggiunto, tutto ciò che avrebbe voluto sarebbe stato un alpha.
E Tooru già pensava al dopo, a come si sarebbe sentito, a quanto avrebbe fatto male donare il suo corpo a qualcuno che non aveva nel cuore.
Da anni ormai amava in segreto il suo migliore amico, ma non aveva il coraggio di confessargli i suoi sentimenti. A che proposito poi?
Quale senso avrebbe avuto confessarglieli se poi tanto avrebbe passato una settimana fra le braccia un un alpha sconosciuto e non fra quelle di Hajime Iwaizumi?
Il campanello suonò improvviso e Tooru rabbrividì all’idea che potesse già essere l’alpha passato a prenderlo per portarlo in un love motel.
Scese le scale percependo il suo cuore smettere di battere ad ogni gradino che scendeva.
Aprì e Hajime Iwaizumi lo guardò storto con le guance un po’ arrossate.
“Iwa-chan? Cosa ci fai qui di domenica mattina?” La domanda gli nacque spontanea data la notissima abitudine del moro di stare sveglio fino a tardi il sabato sera a leggere fumetti e manga per poi dormire la domenica mattina fino all’ora di pranzo.
Diceva che in quella sera recuperava tutto ciò che non aveva il tempo di leggere durante la settimana e che per questo il sabato sera era sacro.
Tooru aveva rinunciato ad uscire il sabato sera o la domenica mattina con lui da tempo ormai. E aveva perso anche la voglia di piombare in quella camera che puzzava di calzini sporchi la mattina presto, per pregarlo in ogni modo possibile e provare a convincerlo ad alzarsi e andare a correre insieme.
“Non lo so, dimmelo tu…” aveva risposto dubbioso, mostrandogli fra le mani la lettera dell’ente sanitario che lo “chiamava al dovere” e gli forniva l’indirizzo dell’omega che aveva bisogno del suo aiuto.
“Penso ci sia stato un qualche errore del cazzo. Domani faccio chiamare mamma e-…”
“Nessun errore.” Ammise Tooru in un sospiro, tutto d’un fiato, espirando quel segreto che aveva custodito gelosamente per tutti i suoi sedici anni.
Hajime lo guardò sconvolto e confuso. I suoi occhi verde smeraldo non erano mai stati così pieni di dubbi e domande.
Una parte di Tooru se ne dispiaceva. Hajime era sempre stato onesto con lui, fin dall’inizio, non gli aveva mai nascosto niente, non aveva mai omesso niente.
Gli aveva parlato del suo secondo genere e goliardicamente, davanti ai loro amici, aveva ammesso di non veder l’ora di ricevere quella lettera e sperava solo che fosse una bella omega con dei seni da sballo.
Quando poi erano rimasti soli e Tooru aveva toccato l’argomento di nuovo, Hajime aveva ammesso di farsela sotto dalla paura e che, in fondo, era solo un ragazzo normale e la sua seconda natura lo spaventava da pazzi.
L’idea di perdere il controllo in compagnia di uno sconosciuto non lo entusiasmava affatto. Avrebbe potuto farsi male o fare male a quell’ipotetico omega… o peggio: marchiarlo. Hajime, nell’intimità della loro amicizia, gli aveva aperto il cuore e parlato con sincerità senza preoccuparsi di apparire debole. Davanti a Tooru non aveva bisogno di apparire forte e poteva lasciarsi andare e essere il vero sé stesso.
Forse era stato proprio vedendo quanto fosse autentico Hajime che Tooru si era innamorato di lui.
Entrarono in casa Oikawa e si accomodarono sul divano in salotto.
I padroni di casa erano partiti per la loro ennesima luna di miele e forse era stato meglio così, almeno avevano tutta la privacy che quel momento richiedeva.
“C’è poco da spiegare in realtà…” iniziò Tooru nervoso, asciugandosi le mani sudaticce sui pantaloni.
“Sono un omega, Hajime, e proprio l’altro ieri ho ricevuto la lettera dove mi annunciavano che il mio primo calore dovrebbe sopraggiungere a breve.”
“Aspetta…” lo interruppe Hajime confuso.
“Come fa l’ente sanitario a sapere una cosa del genere?”
Tooru sorrise amaramente.
“Analisi del sangue, acquisti di medicine e gli stessi soppressori che il governo ci passa… noi omega siamo praticamente spiati ventiquattro ore al giorno.”
“Ma perché? Che bisogno c’è?”
“Perché se andassimo in calore in maniera incontrollata creeremmo il caos ovunque. Si dice che non esista niente di più forte dei feromoni di un omega in calore, che possono dare alla testa e ammaliare gli alpha fino al punto di convincerli a fare ciò che non vorrebbero.” Spiegò sputando fuori tutta la sua frustrazione e la rabbia per quella società che li demonizzava come bestie dalle quali sarebbe bene tenersi alla larga.
“Non sei riuscito a portarmi a correre nemmeno una domenica mattina, quindi forse fai proprio schifo come omega.” Lo punzecchiò Hajime, rilassando quel clima teso che si era creato fra loro e dandogli una spallata giocosa.
Tooru gli sorrise bisbigliando un “vaffanculo” fra un sorriso e l’altro.
Si misero alla play per tutto il giorno e si nutrirono con il cibo spazzatura che i genitori di Tooru avevano comprato per il loro nipotino.
Fu quando la notte fu calata, quando ormai quella domenica altro non era divenuta che una giornata passata in amicizia ad oziare, che Tooru iniziò a sentirsi diverso.
Qualcosa dentro di lui chiedeva attenzioni, una sorta di languore bisognoso imponeva di essere soddisfatto. Era come se avesse fame di qualcosa, una fame allucinante, ma non riusciva a capire di che cosa.
Iniziò anche a sudare molto, abbastanza affinché il joystick gli scivolasse di mano.
Sospettava che fosse il calore. Aveva letto a riguardo e più o meno i sintomi erano quelli.
“Hajime…” lo chiamò con un filo di voce appena, strascicato, implorante. Pareva quasi un gemito ansante.
Il moro si voltò nella sua direzione distogliendo gli occhi dallo schermo e il sorriso divertito gli morì sulle labbra.
Davanti a lui, Tooru Oikawa se ne stava seduto scomposto, con le gambe spalancate verso di lui, le guance in fiamme, il respiro mozzato in ansiti e lo sguardo ebbro di lussuria.
Sentiva persino il suo profumo.
Non aveva idea se quelli fossero i famosi e temibili feromoni omega, ma sapeva che Tooru aveva un profumo davvero squisito.
Invitante. Come un bel frutto maturo da mordere.
Deglutì spaventato appena realizzò ciò che il suo cervello aveva pensato.
“C-ci siamo?” Gli chiese balbettando e si diede mentalmente dell’idiota subito dopo.
Era ovvio che fosse giunto il momento cosa si aspettava? Qualche cartello luminoso sopra a Tooru?
Tooru annuì comunque, portandosi una mano sulla fronte a scacciare le gocce di sudore che gli scendevano dalla fronte.
“I-io… non ho i preservativi.” Lo informò e Tooru fece appena ad indicargli il cassetto del suo comodino.
Una vasta scelta di profilattici dai gusti più eccentrici faceva bella mostra nel cassetto e a Hajime restava solo l’imbarazzo della scelta.
“Si può sapere cosa ci fai con tutti questi cosi? Vuoi farti una tutina di lattice alla banana e mango o cosa?”
Tooru accennò un sorriso appena e salì sul letto che si frapponeva fra lui e l’alpha, con una luce negli occhi che Hajime non gli aveva mai visto prima.
“A-aspettavo… te…” sincopò come risposta, piombandogli addosso ed iniziando a strappargli i vestiti.
Hajime oppose una certa resistenza convinta che mano a mano divenne più blanda, sempre di più, finché non si lasciò avviluppare fra le spire di quel profumo dolciastro che lo faceva impazzire.
Lasciò che le mani impazienti di Oikawa li denudassero entrambi e poi si lasciò guidare sul letto, dove le labbra del suo migliore amico invocavano il suo nome come un devoto invoca il suo Dio.
Non seppe il momento esatto in cui decise di spegnere il cervello e non pensare più, non se ne rese nemmeno conto in verità.
Solo che a un certo punto, scivolare dentro Oikawa piegato a quattro zampe gli sembrava la cosa più corretta del mondo in quel momento.
Fare sesso con lui, godere a pieno del suo corpo bello e statuario, gli sembrava normale. Come se fino a quel momento non fosse mai stato il suo migliore amico.
Come se non ci fosse niente di strano nel fare sesso insieme quando i loro corpi s’incastravano così bene.
E quel profumo che lo chiamava era la cosa più deliziosa che le sue narici avessero mai sentito.
Come un piatto prelibato che aspetta di essere mangiato.
Hajime allungò il collo, si stese sulla schiena di Tooru e morse la sua carne rosea.
Ma quel profumo lo chiamava ancora. Forse un altro morso. Un altro e un altro ancora.
Ebbe un momento di lucidità quando lo sentì sussultare per il dolore. Guardò in basso e vide un po’ di sangue sulle natiche rosee di Tooru e un po’ sui suoi addominali.
Capì di aver perso completamente la testa fino a quel momento.
Capì di averlo preso con una forza talmente brutale da avergli persino fatto male.
Tornò a guardare davanti a sé per scusarsi con lui, ma la visione della sua schiena piena di morsi lividi gli impedì di pronunciare alcuna parola.
Lo allontanò da sé con forza e cercò di restare lucido. Si spalmò sulla parete opposta al letto e cercò un briciolo di lucidità nel freddo che il muro gli iniettava direttamente nelle ossa.
Si concentrò sull’odore di vernice e su quello del sangue che lo faceva sentire una merda.
Era un coglione. Era stato un vero stronzo e quello che aveva temuto si era infine avverato.
Tooru si avvicinò a lui implorante, chiamandolo e spalancandogli le gambe davanti in un chiaro invito.
Ma fu quando portò una mano fra le sue cosce che Hajime si sentì un vero verme. Sul dorso di quella mano spiccava uno dei suoi morsi.
Forse Tooru aveva provato a proteggersi dal marchio o forse aveva solo messo la mano sulla sua spalla… Hajime non lo sapeva, non riusciva a ricordarlo, ma il livido che sarebbe nato su quella pelle chiara gli avrebbe ricordato per sempre di come aveva trattato il suo migliore amico.
Si riavvicinò al letto con circospezione, cercando di non restare soggiogato ancora dal profumo di Tooru.
Si sdraiò sul materasso e attese che il suo migliore amico gli fosse addosso. Lo lasciò fare, gli lasciò dirigere i giochi godendosi l’esperienza dello stare sotto al più bello della scuola.
“T-ti amo… Hajime…” Uggiolò d’un tratto Oikawa, cogliendo il suo migliore amico di sorpresa.
“C-cosa?” Ansimò il moro in risposta, poggiando le mani sui fianchi instancabili di Oikawa per costringerlo a fermare la sua cavalcata.
“Che stai dicendo?”
“S-sono innamorato di te, Hajime.” Furono le ultime parole che Tooru ansimò dalle labbra prima di unirle con quelle del suo migliore amico.
E forse era il calore, forse era stato l’impeto della prima volta, Hajime non sapeva spiegarsi il motivo per il quale Tooru gli avesse detto quelle cose e poi lo avesse baciato.
Semplicemente lasciò perdere e, mentre Tooru riposava al suo fianco dopo l’amplesso, lui fissava intensamente il soffitto domandandosi se tutto quello fosse solo un triste scherzo del destino o se qualcuno stesse crudelmente giocando con i suoi sentimenti per Tooru.
  
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