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Autore: vanessie    11/10/2019    1 recensioni
La storia sviluppa alcuni personaggi di mia invenzione presentati nella fanfiction "Sunlight's Ray".
Una vicenda ricca d'amicizia, amore e problemi della vita quotidiana con cui ogni adolescente si trova a fare i conti...narrati da una prospettiva femminile e maschile. Non mancherà un pizzico di fantasy e un richiamo ai personaggi originali della Meyer!
Per avere una migliore visione delle cose sarebbe meglio aver letto Sunlight's Ray 1-2-3, in caso contrario potete comunque avventurarvi in Following a Star!
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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- Questa storia fa parte della serie 'Sunlight's ray'
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FOLLOWING A STAR

 

Capitolo 182

“La fine di un percorso”

 

POV Evelyn

La mia gravidanza stava quasi per giungere al termine. Ero lievitata letteralmente negli ultimi due mesi, con la conseguenza che i movimenti erano diventati impacciati. Avevo scoperto di aspettare una femmina e insieme avevamo scelto il nome, Jennifer. Lei cresceva e stava benissimo, a giudicare dalle visite ginecologiche e dalle ecografie. Ormai avevamo concluso la preparazione della sua cameretta, molti amici e parenti ci avevano fatto un regalo dalla lista nascita, così ci ritrovavamo la casa piena di piccoli mobili, seggiolone, accessori per la pappa e per il gioco, coperte, vestiti microscopici. Tutto era sistemato, mancava solo che decidesse di nascere. Non vedevo l’ora a dire il vero, era diventato faticoso tutto, anche le più piccole cose, inoltre volevo conoscerla e scoprire quale fosse il suo aspetto. Ovviamente non ero affatto pronta per il parto, nessuna donna lo può essere, una piccola dose di paura era concessa, ma non avevo mai voluto vivere la gravidanza nella paura di quel momento finale. Anche se doloroso, la specie era continuata, per cui se ce l’avevano fatta le altre, ce l’avrei fatta pure io. Adesso che alla data presunta di parto mancavano dieci giorni, Kevin si era messo d’accordo con il suo capo, faceva solo il turno di giorno e la notte restava a casa con me, qualora avessi avuto bisogno di qualcosa.

Quella mattina mi ero alzata con una sensazione strana. Mancavano solo nove giorni e lei si muoveva senza sosta, calci e pugni ovunque. Misi da parte la stanchezza e mi dedicai a qualche piccola faccenda domestica. Un pranzo veloce e leggero, lo stomaco ultimamente non aveva molta fame, compresso dall’utero che ormai si era preso tutto lo spazio possibile. Portai alcune tutine di Jennifer nella sua stanzetta. Le avevo appena tolte dallo stendibiancheria, poiché al corso preparto ci avevano consigliato di lavare tutto il corredino dei neonati, in modo tale che una volta nati avrebbero trovato tutto pulito. Aprii l’anta del suo armadio e ce le sistemai. Mentre stavo per lasciare la camera, mi cadde l’occhio sulla valigia per l’ospedale. Come tutte le mamme in attesa, l’avevo preparata a sette mesi, così nell’eventualità di una fuga all’ospedale avrei avuto tutto l’occorrente. Mi decisi a riposare un pochino. Mi stesi sul letto e accesi la tv, in cerca di qualche programma che potesse intrattenermi. Come al solito mi addormentai.

Nella mia vita non ero tipa da sonnellini pomeridiani, ma durante la dolce attesa ne facevo spesso. Ne avevo una reale necessità. Quando mi risvegliai, al contrario del solito, mi sentivo ancora peggio. Non sapevo descrivere la sensazione esatta, era come una sorta di malessere generalizzato, mischiato a stanchezza e apatia. Non avevo molto appetito e non avevo neppure voglia di stare ai fornelli, dunque mi limitai ad apparecchiare la tavola e sentii rientrare Kevin dalla clinica. “Ciao” “Ciao, finalmente sei tornato!” eslamai. Mi raggiunse in cucina con lo sguardo un tantino preoccupato “Stai bene?” “Sì Kevin, è solo che oggi sono particolarmente stanca” “Non era necessario che facessi nulla, avrei pensato io alla tavola” mi ammonì bonariamente. “Non ho avuto la forza di cucinare, scusami” mi giustificai “Tranquilla, mi metto comodo e faccio io, siediti” rispose. Feci come voleva e lo aspettai in cucina, mentre lui andò a sistemaresi comodo. Quando tornò aprì il frigorifero e mi chiese se mi andava un piatto di carne accompagnata con delle verdure. Accettai, a me andava bene qualsiasi cosa, gli ero grata che fosse lui a occuparsi di tutto. Mise sul fuoco la carne e nel mentre preparò una padella con le verdure. Quando la cottura della carne arrivò a termine, la portò in tavola. “Sai che faccio, mentre cucino ti suono qualcosa, almeno ti rilassi” affermò, scomparendo poi verso il soggiorno per recuperare la sua chitarra. Avvicinò uno sgabello ai fornelli e si occupò di girare le verdure, intervallando con la chitarra le note di una canzone che mi piaceva. “Grazie tesoro, non so cosa farei adesso senza di te” dissi sorridendo e pensando a quanto lui fosse sempre stato generoso e premuroso con me, diventandolo ancor più nell’ultimo periodo. Si voltò e incrociò i miei occhi.

 

cap-182

 

“Mi sembra il minimo, hai un pancione enorme ora!” esclamò ridendo “E poi devi riposarti” aggiunse. Gli andai vicina e gli feci una carezza sul capo, dandogli un bacio a stampo sulle labbra. Tornai seduta quando anche le verdure furono pronte. Anche Kevin mi raggiunse, quindi cenammo. Lo ascoltai mentre mi raccontava la sua giornata lavorativa, mi piaceva ascoltarlo ed era un modo per svagarmi, visto che ero in maternità e i miei unici pensieri erano legati alla bambina e all’imminente parto. “Sai che sono arrivati altri regali dalla lista nascita?” gli domandai felice “Ah sì? Da parte di chi?” “Dai miei colleghi di lavoro. Hanno fatto il regalo tutti insieme” “Bene, cosa ci hanno comprato?” chiese “L’interfono per la cameretta di Jennifer e un piumone per il lettino a cancelli” spiegai “Accipicchia che bel regalo, costano abbastanza se non ricordo male” rispose. Sorrisi e annuii. “Che bella che sei amore, hai una luce tutta diversa!” “Non dire sciocchezze Kevin, sono a pezzi” “Ti assicuro che sei bellissima” ribadì, facendomi sorridere ancora.

 

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Decisi di andare a letto molto presto, ero davvero esausta. Kevin rimase sveglio a completare delle questioni di lavoro al pc. Era notte fonda, mi alzai per andare a fare pipì, ormai ci andavo spessissimo. Raggiunsi il bagno e accesi la luce. Controllai l’orologio da polso e notai che erano le due di notte. Quando finii di fare pipì mi accorsi che la carta igienica era zuppa. Non potevo esserne certa, visto che quella era la mia prima gravidanza, ma al corso preparto ci avevano insegnato a riconoscere la rottura delle acque. Eccoci, dovevo svegliare Kevin e recarmi in ospedale. Mi prese una certa tachicardia, ma non per la paura del parto, bensì perché non mi sentivo tranquilla a casa, volevo giungere all’ospedale il prima possibile, in modo tale da essere nelle mani di professionisti esperti. Tornai in camera e cercai di calmarmi per non agitare mio marito. “Kevin, sveglia” sussurrai, lui aprì gli occhi in un baleno “Che c’è?” “Mi si sono rotte le acque, dobbiamo andare” specificai. Si tirò su a sedere, mi diede un bacio sul dorso della mano e ci vestimmo in fretta. Si occupò lui di prendere la mia borsa per il ricovero e così uscimmo per prendere l’auto. Per tutto il tragitto restai tesa, mentre lui mi mostrava un’apparente calma, sapevo che lo faceva per aiutarmi. Arrivammo all’ospedale, parcheggiamo ed entrammo dal pronto soccorso, poiché la notte l’accesso al reparto era negato. Un infermiere si occupò di accompagnarci al primo piano e lì incontrai l’ostetrica, che in seguito si sarebbe occupata personalemnte del mio travaglio e del parto. Prese tutti i miei dati e la serie di esami che avevo fatto in gravidanza, poi mi attaccò ad una macchina, quella del tracciato, per mettere sotto controllo la frequenza delle contrazioni e il battito cardiaco di Jennifer. Mi lasciò sola nella stanza con Kevin, la macchina infatti aveva bisogno di una ventina di minuti per controllare la situazione. Iniziai a tranquillizzarmi, ero in un luogo sicuro, circondata da medici, infermieri ed ostetriche, sapevo che si sarebbero presi cura di me.

Una volta finito il tracciato, l’ostetrica mi comunicò che le contrazioni erano appena all’inizio e che quindi ci sarebbe voluto del tempo. Mi consigliò di rilassarmi e provare a dormire un pochino, in modo tale da recuperare le forze che mi sarebbero servite in seguito. Ci accompagnò in una stanza per il ricovero, lasciandoci soli un momento. Kevin dispose nell’armadietto la mia borsa e mi diede un abbraccio e un bacio.

 

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L’ostetrica tornò da noi e disse a mio marito di tornare a casa, per poi venire da me la mattina successiva dalle 9 in poi. Qualora ci fossero state novità, ossia se le contrazioni si fossero fatte frequenti, sarebbe stato l’ospedale a richiamarlo subito. Detto questo si congedò. Indossai una camicia da notte, le ciabatte, legai i capelli in una coda e mi sdraiai a letto. Mio marito mi rimboccò le coperte “Allora io vado, amore” disse facendomi una carezza “Sì” “Stai tranquilla e cerca di dormire” mi suggerì “Ok, a dopo” lo salutai. Ci scambiammo un bacetto innocente e lo vidi sparire dalla porta. Mi accarezzai la pancia, la stanza era in penombra ed io provai a rilassarmi. Il nostro lungo percorso di nove mesi era giunto al termine, presto ci saremmo separate e adesso stava a me prendere tutte le mie forze fisiche e psicologiche per donarle alla mia bambina.  

 

NOTE:

Ciao a tutte. Ultimi faticosi giorni con il pancione, Evelyn è stanca e affaticata, tutto nella norma così come la voglia di incontrare faccia a faccia Jennifer. Kevin sa che sua moglie in questo periodo ha bisogno d'aiuto, per cui cerca di prendersene cura quando è a casa. Durante la notte arriva il grande momento della rottura delle acque, l'agitazione prende campo, la nostra coppia deve andare in ospedale, ovviamente serve tempo prima di arrivare alla nascita, per cui il capitolo si chiude con una maggiore tranquillità di Evelyn, poichè è circondata da persone esperte, ma anche con una sua riflessione su quando quel percorso di nove mesi adesso debba giungere a termine. Per conoscere Jennifer vi aspetto venerdì prossimo, baci,

Vanessie

   
 
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