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Autore: Devil_san    11/10/2019    0 recensioni
Desmond non muore e viene scambiato per un Istari.
…e si ritrova coinvolto in una guerra.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Gimli, Legolas
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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VI

 

 

 

Desmond doveva dar loro credito.
I Neri Cancelli di Mordor erano davvero degni del loro nome. Molto sinistri, tetri e imponenti e brulicanti di orchi e chi sa quali altri mostri disgustosi.
E anche se l'emissario, che era brutto come la morte e aveva seriamente bisogno di andare a farsi vedere da un dentista il prima possibile per farsi rimettere a posto tutti i denti, aveva mostrato al loro gruppo la cotta di maglia di Frodo (e Desmond era proprio curioso di conoscere questo piccolo hobbit tanto pazzo da andare a compiere questa pazza impresa suicida) per gettare sconforto tra le loro fila (a cui i due ingenui hobbit con loro ci cascarono in pieno), l'Assassino non credeva alle parole dette da quel volgare essere.
Dilettante, sbuffò una delle sue perpetue allucinazioni di Antenati Assassini morti da secoli grazie all'Animus.
Probabilmente Altair. Sicuramente Altair, anche se poteva sentire gli altri condividere il sentimento. Desmond riuscì a trattenersi dal roteare gli occhi alla ridicolaggine di tutto ciò (anche se doveva concordare). Com'è che è a un passo da una morte atroce, per mano di bestie disgustose che fino a pochi giorni fa per lui non erano altro che pure fantasiose invenzioni umane per spiegare il mondo ai tempi della ruota e del fuoco, si ritrova a dover ascoltare i pensieri dei suoi Antenati, pure creazioni della sua mente, commentare con sprezzo le tattiche di demoralizzazione del nemico per portare lo sconforto tra i loro ranghi?
Mistero.
Comunque, anche Aragorn doveva concordare con tutti loro visto che mozzò la testa di quel brutto ceffo dell'emissario.
E mentre Gimli commentava con un piatto: «Fine delle trattative.» facendo sbuffare divertito Ezio da qualche angolo buio della sua mente, Aragorn voltò il cavallo verso di loro con un espressione piena di così tante emozioni che erano difficili da discernerle tutte. Ma Desmond era sicuro che la più potente di tutte era diniego.
«Non ci credo. Io non ci credo.» annunciò Aragorn, con un che di disperato nella voce.
«Neppure io.» aggiunse i suoi due centesimi Desmond, sporgendosi dal cavallo su cui era seduto sopra per osservare la cotta di maglia di fattura sopraffina, una che gli faceva fremere le dita dalla voglia di prenderla al volo e tenersela tutta per sé.
Dannati stupidi geni manipolati da Minerva.
«Se Sauron» continuò Desmond per sviare i suoi pensieri dalle sue voglie da cleptomane: «avesse già recuperato l'anello, da quel che mi avete detto di lui, tutti noi saremmo dovuti essere già tutti sottomessi a lui. …o morti. Eppure siamo ancora qui.» finì alzando la testa per puntare lo sguardo verso i due immani e pesanti battenti.
Ma non c'era più tempo per discutere, perché un esercito di proporzioni mai viste prima stava marciando verso di loro da oltre i cancelli che con un agghiacciante stridio lentamente si stavano aprendo davanti a loro.
«Ripiegate.» ordinò Aragorn alla vista delle forze nemiche: «Ripiegate!» ripeté spronando la sua cavalcatura dove il loro misero esercito li stava aspettando, immediatamente seguito dagli altri con Desmond a chiudere il drappello.
Quando li raggiunsero il loro misero esercito tremava dalla paura alla vista di tale dispiegamento di forze ma Aragorn si lanciò in un ispirante discorso che riuscì a ridare coraggio agli uomini riuniti lì oggi per sfidare il più grande e temibile esercito della loro Era per poter dare il tempo a un piccolo hobbit di compiere la sua missione.
Desmond poteva percepire i suoi Antenati, particolarmente Connor che aveva vissuto durante la guerra d'indipendenza americana, approvare tale discorso infervorante che l'erede di Gondor rivolse alle truppe, e anche se venivano circondati dalle schiere nemiche togliendo loro qualsiasi possibilità di fuga, Desmond sapeva che ogni singolo uomo avrebbe combattuto fino all'ultimo respiro in questa avventata e suicida battaglia.
Erano venuti a morire.
E tutti lo sapevano.
Ma se il loro sacrificio sarebbe stato vano o no, l'avrebbero saputo solo combattendo.
E mentre il tempo dei loro cuori si fermava, in stallo, sull'orlo della più grande battaglia che avessero mai combattuto Aragorn, rivolgendosi verso Gandalf e tutti loro con un commossa e mesta espressione scolpita sulla faccia, mormorò, come se fosse un addio: «Per Frodo.» prima di partire alla carica contro l'esercito nemico.
Contro la loro morte.
E ci fu solo un momento di esitazione prima che con un grido di guerra i due piccoli hobbit, in mezzo a tutti questi umani, scattarono dietro all'erede al trono di Gondor, presto seguiti da altrettante grida di battaglia e gambe scattanti e lame affilate del resto dei soldati.
E Desmond non esitò a unirsi alla carica, Bastone e Mela dell'Eden in mano e luccicanti al sole e pronti a essere usati come le armi micidiali che erano.
Quando fu a pochi metri dallo scontrarsi contro il fronte nemico, Desmond attivò i suoi Frutti dell'Eden e con uno scoppio di frattali lucenti come lame di luce, spazzò le prime file di orchi che sbalzarono via come birilli su quelli dietro di loro dando una chance in più ai suoi compagni di vivere un minuto in più oggi.
Se doveva morire, sarebbe morto con stile.
E lunghi minuti che sembravano ore ben presto si sfocarono tra di loro, minuti fatti di sangue e lame, grida e scudi, mentre i due eserciti si scontravano tra di loro in una battaglia all'ultimo sangue, combattuta fino all'ultimo respiro, fino a quando l'ultimo nemico non avrebbe ceduto alle armi dell'avversario.
Desmond si muoveva veloce come il fulmine tra le file degli orchi e le altre grottesche bestie, la lama celata che stillava sangue come se fosse un apri-bottiglia per vini, quando un stridio agghiacciante gli fece alzare la testa giusto in tempo per vedere alcune delle bestie più brutte e repellenti che avesse mai visto volare verso di loro, artigli affilati e una bocca crudele di zanne acuminate pronte a falciare i suoi compagni d'armi.
«Oh no. Tu non lo fai.» sentenziò l'Assassino e senza pensarci troppo alzò sopra di sé i suoi Frutti dell'Eden, e in un scoppio di accecanti frattali accecò prima tutti quelli intorno a lui per un attimo, fermando i combattimenti mentre si riparavano gli occhi dalla luce innaturale che emettevano i suoi due oggetti, per poi catturare tra gli archi di luce alcuni mostri intorno a lui e lanciandoli contro i Nazgûl e le loro cavalcature alate.
«Muori! Schifoso!» gridò Desmond infervorato, dopato di adrenalina, mentre faceva crollare a mezz'aria una di quelle orripilanti bestie stridule venute a predare su di loro lanciandogli contro un colossale troll armato di tutto punto, quando vide discendere su tali putride creature, precedute da un grido acuto, delle gigantesche aquile giganti.
Desmond a tale vista si bloccò.
Con uno sguardo intontito e meravigliato, ci volle un secondo per l'Assassino per riprendersi da tale meravigliosa vista, e non riuscì proprio a trattenersi dal sospirare sognante: «Dio… come mi piacerebbe poter volare su uno di essi.»
E i suoi Antenati, dall'angolo buio della sua capoccia dove risiedevano permanentemente, concordarono con altrettanto fervore.
E per quanto avrebbe voluto poter rimanere lì, fermo, a osservare per il prossimo secolo il volo maestoso delle aquile, la battaglia infuriava intorno a lui e non ci volle molto perché anche lui fosse riassorbito nei combattimenti.
E in lontananza il Monte Fato brillava malevole.

 

 

Note dell'Autrice:
Sono tornata. Con un nuovo capitolo solo per voi.
…e con la battaglia ai Neri Cancelli di Mordor in corso vi lascio fino al prossimo capitolo. Che spero di riuscire a pubblicare presto.
…dai che per fine anno la fanfic la finisco.
A presto!


 

  
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