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Autore: EleWar    11/10/2019    6 recensioni
L’aria era satura di elettricità, immobile.
Due persone si fronteggiavano sulla terrazza di un palazzo di mattoni.
Una tempesta stava per scoppiare.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Cap. 1 Ti odio
 
L’aria era satura di elettricità, immobile.
Una cappa scura incombeva sui cieli di Tokyo: grossi nuvoloni carichi di pioggia si erano accumulati nel cielo, e in poco tempo avevano oscurato il sole. Pur essendo giorno pieno, sembrava che fosse già scesa la sera.
Non tirava un alito di vento e il caldo era soffocante.
Due persone si fronteggiavano sulla terrazza di un palazzo di mattoni.
I loro occhi fiammeggiavano, i loro corpi tesi erano un fascio di nervi, tutto esprimeva rabbia e animosità.
 
Una tempesta stava per scoppiare.
 
Un brontolio lontano, roboante, rotolante, poi un altro ancora, e ancora, sempre più vicino.
Un boato assordante e un’unica goccia d’acqua, poi un’altra e un’altra.
Cadevano sparse, senza un ordine preciso. Quasi sfrigolavano sul cemento infuocato. Evaporavano all’istante.
Un odore nauseabondo di asfalto bagnato saliva dalla strada.
Poi una raffica di vento improvvisa, a scompigliare una zazzera rosso fuoco e una massa corvina.
 
“Basta! Sono stufa! Sono stufa dei tuoi silenzi, dei tuoi mutismi… non ne posso più!”
“Kaori…”
“Sono senza forze. Per quanto ancora vuoi prendermi in giro? Quanti mesi sono passati dal matrimonio di Miki? E cosa è cambiato?? Te lo dico io: niente! Un emerito grandissimo niente!”
“Kaori ti prego…”
“Cosa? Cosa vuoi dire ancora? Parla Ryo! Anzi no, non dire niente, se devono essere parole senza senso, come quelle che hai detto quel giorno nella radura… Ed io stupida, ad illudermi che fossero per me! Povera scema! Quante volte ho sperato che dessi seguito a quelle belle parole che ti hanno solo riempito la bocca!”. E alla ragazza uscì una risatina secca, sarcastica.
“E invece… No, non parlare che è meglio. Tanto ti riesce bene di non dire mai le cose come stanno. Sei solo capace di sputare sentenze, di offendermi, di denigrarmi in ogni modo possibile”
“Sugar, non dire così…”
“Così come? Non è forse vero? Io per te non sono mai stata abbastanza, mai. Abbastanza in gamba per essere la partner del grande Ryo Saeba, nonostante io abbia fatto di tutto per migliorare ed essere degna di te! Ah ah ah! Degna di te! Mi viene da ridere. Degna di un allupato cronico il cui solo desiderio è quello di farsi più donne possibili e immaginabili; tutte tranne me ovvio! Perché io non sono abbastanza bella per i tuoi gusti, abbastanza affascinante, seducente e sexy. Non sono nemmeno abbastanza brava a cucinare, visto che invariabilmente ti lamenti di quello che preparo! Chissà se come sguattera o donna delle pulizie ti ho mai soddisfatto? Di sicuro pensi che non sono nemmeno abbastanza intelligente. Forse simpatica, sì, in maniera passabile, ma sai che me ne faccio della simpatia? Tutte le donne che sono entrate nella nostra vita sono state tutte migliori di me, tutte! E tutte ti sono piaciute, ti hanno intrigato e ti sei dato da fare per conquistarle, e a me che restava ogni volta? Le briciole. Un contentino ogni tanto: un abbraccio, una pacca fraterna, un brava a denti stretti. Quando hai voluto dare il massimo di te, mi ha rifilato un bacio sulla fronte, e chissà che poi non sia corso a lavarti la bocca… No, non provare ad interrompermi! Eppure io, la brava e comprensiva Kaori, ero sempre qui a medicarti le ferite, a consolare il tuo cuore spezzato, quando al grande seduttore andava buca e le strafighe lo piantavano in asso. Ed io pazientavo, speravo, sognavo… che illusa!”.
Fece una pausa. Poi come a ricordarsi improvvisamente una cosa:
“E non chiamarmi Sugar! Io non sono zucchero, sono veleno, perché sei stato tu a farmici diventare!”.
 
Un altro tuono, seguito da un lampo.
Poi, d’improvviso, le gocce di pioggia: goccioloni gelidi sulla pelle accaldata e sudata, sui capelli che si afflosciavano e ricadevano sulla fronte, gocce insistenti che si appiccicavano ai vestiti leggeri.
In poco tempo prese a riversarsi sulla testa dei due sweeper una cascata d’acqua, che li bagnò fino alle ossa, ma entrambi sembravano insensibili a tutto questo, come se fossero diventati due statue di marmo scolpite.
Il vento sferzava i loro visi cosparsi di acqua, ma non si preoccupavano di cercare un riparo; continuavano a rimanere lì, imperterriti, uno di fronte all’altro, come se ne andasse della loro stessa vita anche solo muovere un muscolo.
 
Il temporale era scoppiato con una violenza inaudita!
 
Tutto quello che la socia gli aveva appena urlato contro, ogni singola frase, era stata come un coltello affilato che si conficcava ripetutamente nel cuore e Ryo si sentiva morire; fece un passo avanti verso di lei, un braccio teso.
“Kaori, lasciami spiegare…”
Gli occhi della ragazza erano inondati di lacrime di rabbia, di dolore, d’incomprensione, ma quelle parole vi riaccesero una nuova ondata di risentimento.
“Stai lontano da me! E poi non c’è nulla da spiegare. Di’ una volta per tutte che mio fratello ti ha incastrato, che ti ha obbligato ad accollarti una palla al piede come me! Sii sincero una volta tanto! E poi dopo corri pure da una delle tue donnine, e restaci, passaci la notte, trovati un’altra pazza adorante! Ah giusto, perché non vai da Reika? Ti aspetta a braccia aperte e non vede l’ora di prendere il mio posto!”
“Smettila di dire queste cose!”
“La verità ti fa male vero? Allora corri da Saeko e chissà che stavolta non ti saldi tutti i debiti con gli interessi? O da Kasumi che ti aspetta come un cagnolino scodinzolante! Anzi, non andare tu. Me ne vado io direttamente, così potrai portare qui tutte le donne che vorrai! In fondo questa è casa tua, e senza di me fra i piedi, senza questa matta isterica e gelosa che ti assesta martellate madornali, avrai campo libero.”
“No-non dirai sul serio!”
“Mai stata più seria di così. Hai finito di calpestare i miei sentimenti… anche se proprio io, da cretina qual sono, ti ho sempre permesso di farlo”.
A quelle parole Ryo, sgomento e atterrito, le si parò davanti, quasi incombente.
Kaori era furiosa e piangeva da straziare il cuore.
Quando il suo socio le fu vicino, la ragazza gli afferrò con violenza i risvolti della giacca fradicia, il suo sguardo era colmo di collera, i suoi occhi erano pieni di dolore e tormento.
Quasi con voce stridula disse, scuotendolo:
“Sono stanca Ryo, sono stanca! Sono stanca di te! Ti odiooooooo!!”
Nel momento esatto in cui Kaori pronunciò la sua sentenza, Ryo sentì mancargli la terra sotto i piedi. Stava succedendo quello che lui aveva sempre temuto: Kaori voleva lasciarlo. Ma fu una frazione di secondo, perché entrambi furono investiti da una luce fortissima, un bagliore accecante, seguito da un boato spaventoso, come un’esplosione.
Una saetta fulminea si era abbattuta a terra, aveva scaricato la sua potenza distruttiva proprio lì, sulla terrazza.
Ryo si sentì istantaneamente percorso da una scarica elettrica, che dal corpo della socia si era trasferito su di lui, prima di essere sbalzato all’indietro a diversi metri di distanza.
Quel rumore come di scoppio era stato così assordante che non riusciva più a sentire niente, le orecchie gli ronzavano, ed era tutto ovattato.
Frastornato, si ritirò su a fatica; la testa gli pulsava e uno strano odore di bruciato, di pelle e vestiti bruciati, invadeva le sue narici.
Il suo primo pensiero coerente fu “Kaori!” e appena fu in grado di rimettersi in piedi corse da lei.
Lei giaceva a terra, a faccia in giù. La schiena era percorsa da una scia bruciata, i vestiti erano arsi e fumanti, e i brandelli lasciavano intravedere la pelle ustionata sotto, per tutta la lunghezza di quel corpo tanto amato. I capelli erano in parte bruciati e anneriti dalla fiammata.
Kaori era stata colpita dal fulmine.
Ryo prese ad urlare:
“Nooooo!! Kaori, noooooo!!!” ma era come in un incubo, urlava e gli sembrava che dalla gola non uscisse suono alcuno.
S’inginocchiò per prenderla fra le braccia e quando le voltò delicatamente la testa, le sue mani vennero a contatto con un liquido vischioso e appiccicaticcio che niente aveva a che fare con la pioggia. Era rosso: era sangue e l’acqua non riusciva a lavarlo via, lo stingeva solamente.
Con cautela, nonostante il panico che lo attanagliava, rigirò il corpo esamine della sua amata socia, per controllare che non ci fossero altre ferite. Apparentemente, a parte quella sulla fronte dovuta alla caduta, e l’ustione sul dorso del corpo, sembrava che non ce ne fossero altre; ma quando andò a sentire il polso, questo era assente.
Possibile?
Kaori non respirava?
Kaori non respirava più?
Il suo cuore… il suo cuore perché non batteva più?
Ryo fu preso dall’angoscia e, ancora stringendola fra le braccia, iniziò a dondolarsi e a ripetere:
“No, no, ti prego Kaori, non morire, non morire, è colpa mia, è colpa mia” e già sentiva il pianto strangolargli la gola.
Poi, con un guizzo di lucidità, pensò bene di riadagiarla a terra e provare a rianimarla. Intanto l’acqua inclemente continuava a scrosciare su di loro e sul dramma che stavano vivendo.
Ryo sbottonò la camicetta della ragazza con mani tremanti e iniziò col massaggio cardiaco, poi passò alla respirazione bocca a bocca; e, nonostante la situazione al limite del tragico, pensò ironicamente che non si sarebbe mai aspettato che il loro primo bacio sarebbe stato così.
Instancabile, proseguì per attimi che gli parvero secoli, e non smetteva di parlarle, d’incitarla:
“Dai Kaori, non fare scherzi! Dai Sugar, sì Sugar! Torna, torna da me!” e poi ancora “Non puoi lasciarmi proprio adesso! Chi mi prenderà a martellate? Chi mi rimetterà in riga? Kaori? Kaori? Smettila con questa farsa!”.
Tutto sembrava inutile: il corpo della ragazza sussultava sotto le pressioni energiche del socio, come una bambola di pezza, e l’angoscia dell’uomo minacciava di rendere tutto inutile.
Ryo era arrivato al limite, lo sconforto stava per prendere il sopravvento, stava urlando ma non se ne accorgeva nemmeno:
“Kaoriii! Ti prego, Kaoriii! DEVI VIVERE, DEVI VIVERE!”
E poco prima che si lasciasse andare senza più speranza, quando ormai in quell’ennesimo bacio aveva profuso tutto il suo amore e la sua disperazione, la ragazza, con un colpo di tosse, rinvenne.
Improvvisamente lo sweeper smise di agitarsi, e dolcemente le sollevò la schiena:
“Respira amore mio, respira!”.
Faticosamente la giovane riprese a respirare, prima in maniera affannosa e poi sempre più regolare.
Tirandosi su a sedere, emise un gemito che non sfuggì all’uomo: molto probabilmente lui le aveva incrinato lo sterno, facendole il massaggio cardiaco, e si maledisse per questo, ma si consolò pensando che l’importante era che lei fosse viva, e che quello prima o poi sarebbe guarito. Al limite, Kaori l’avrebbe preso a martellate per fargliela pagare.
A quel punto lacrime copiose presero a sgorgare lungo le guance dello sweeper numero 1 del Giappone, ma lui nemmeno se ne accorse.
Era tornato a respirare anche lui, e sembrava che quel macigno che fino a poco prima gli stava schiacciando il cuore, si fosse finalmente dissolto.
La strinse dolcemente a sé, poi si alzò e la prese in braccio: doveva portarla in clinica dal Doc al più presto.
Kaori non aveva emesso una sola parola ed era ancora frastornata, e quando fu tra le braccia forti di Ryo, si lasciò andare nuovamente, svenuta. Però… viva.
 
 
Ryo, impaziente, misurava a grandi passi il perimetro della sala d’attesa della clinica. Aveva guidato come un matto, con le strade allagate, per portare Kaori prima possibile dal Doc, affinché la visitasse e curasse.
Una porta lo separava dal suo unico bene, e se ripensava che più che a causa della sua fuga volontaria, aveva rischiato di perderla seriamente per colpa di quel maledetto fulmine, si sentiva stringere il cuore in una morsa di ferro.
Inoltre non poteva non constatare che loro due, insieme, erano una calamita ambulante di guai. Veramente gliene succedevano di tutti i colori, ci mancava anche essere colpiti da un fulmine durante un temporale! Colpiti… colpita! Povera Kaori, non bastava che fosse furente con lui; era stata investita da una scarica elettrica ad alto voltaggio ed era un vero miracolo che fosse ancora viva. Altra stretta al cuore. Viva era viva, ma ora sperava con tutto sé stesso che non avesse subito danni gravi o permanenti.
Per il momento non aveva avvertito gli amici dell’incidente, anche perché non sapeva ancora come sarebbero andate le cose fra loro due: durante il temporale stavano litigando furiosamente e aspettava con ansia il momento in cui avrebbe potuto riparlare con la sua partner.
Cosa si sarebbero detti?
Di sicuro non le avrebbe permesso di riprendere da dove erano rimasti… almeno non subito.
Sarebbe tornata sui suoi passi? Sarebbe rimasta con lui dopo lo scampato pericolo? Magari la botta le aveva fatto dimenticare che voleva andarsene e che… lo odiava.
Meglio non avere fra i piedi un pubblico fin troppo interessato alla loro storia.
 
Finalmente il Doc uscì dalla stanza di Kaori: il suo viso era imperscrutabile. Ryo gli si fece incontro, e impaziente chiese:
“Allora? Come sta? Posso vederla?”
“Con calma Baby face!” e si permise di sorridere bonariamente.
“Kaori è una ragazza forte, si riprenderà velocemente. È una fortuna che sia stata solo sfiorata dal fulmine: un centimetro più in là ed ora noi…” fece una pausa, poi riprese “Ad ogni modo, i parametri vitali si sono stabilizzati, non sembra avere altre lesioni oltre a quelle superficiali. Certo l’ustione sul dorso del corpo le darà un po’ di noia, soprattutto i primi tempi, ma con una cura antibiotica e impacchi con pomate specifiche, presto guarirà e non le rimarranno troppe cicatrici. I capelli ricresceranno sicuramente e la ferita sulla fronte è poco profonda. Sono sicuro che con il tuo aiuto” e gli strizzò l’occhio significativamente “guarirà presto”
“Posso vederla?”
“Sì, ora sta riposando però. Magari non svegliarla.  Il sonno è da sempre un gran toccasana”.
Ryo ringraziò il Doc con un cenno della testa ed entrò silenziosamente nella stanza di Kaori.
Appena varcata la soglia, si richiuse la porta alle spalle e rimase lì ad osservarla a distanza, come se temesse di avvicinarsi. Ma già il fatto che non fosse intubata o attaccata a macchinari pigolanti, lo confortò; se non avesse avuto quella vistosa fasciatura sulla testa, che spiccava bianca sulla fronte e fra i capelli fulvi, sarebbe parso che dormisse soltanto. Era molto pallida, quello sì, ma almeno era lì davanti a lui e fuori pericolo.
Si avvicinò titubante. Non sapeva cosa augurarsi: che si svegliasse e lo vedesse lì, oppure che continuasse a dormire tranquilla e riprendesse le forze.
Afferrò uno sgabello e vi si lasciò cadere sospirando.
Il braccio della ragazza era abbandonato mollemente lungo il corpo, sulla coperta, e lui le prese la mano; era così fredda! Istintivamente lei la strinse, nel sonno, e Ryo si sentì rinascere.
 
Passò il resto della nottata a vegliarla, anche se Kazue aveva assicurato che non ce ne fosse bisogno. Ma lui non voleva allontanarsi da lei, e voleva essere il primo che avrebbe visto risvegliandosi.
Le ore passavano lente, però, e Kaori sembrava dormire profondamente; lui non le staccava gli occhi di dosso, ma vedendola così serena e tranquilla si rilassò anche lui, e sul far del mattino si addormentò sfinito, la testa appoggiata sul bordo del letto. Lei così lo trovò al suo risveglio.
La ragazza era ancora abbastanza frastornata e non riusciva a capire dove fosse, ma la presenza di Ryo accanto a lei, e il fatto che le tenesse la mano, le diede un senso di benessere; sorrise fra sé e si riaddormentò.
Nemmeno un’ora dopo fece la sua entrata il Doc, accompagnato da Kazue, per il consueto giro di visite, e Ryo, sentendoli entrare, si svegliò di soprassalto, con aria colpevole.
Si tirò su di scatto e bofonchiò qualcosa d’incomprensibile. Poi chiese:
“Devo uscire mentre la visitate?”
“Sì grazie” risposero.
Ne approfittò per sgranchirsi le ossa e andare a prendersi un caffè. Quando si sentì sufficientemente in forma, dopo quella nottata d’inferno, si decise ad avvertire il resto della banda: se non avesse chiamato Miki, di sicuro avrebbe preso una bella strigliata da lei, seguita dai rimproveri di suo marito, Umibozu.
Nel giro di poco tempo la notizia si sparse a macchia d’olio e arrivarono tutti alla spicciolata.
Quando il Doc uscì dalla stanza di Kaori, la sala d’aspetto era affollata dalla famiglia più atipica del Giappone: due ex-mercenari, uno sweeper americano, una poliziotta, un’investigatrice privata, una ladra di professione. Invece delle solite armi, imbracciavano voluminosi mazzi di fiori e pupazzetti, ed erano tutti in trepidante attesa.
Ryo li guardò con riconoscenza.
Ancora non era riuscito a parlare con Kaori, ma i ragazzi erano abituati alle loro epiche litigate e quindi, si disse, non sarebbe stata poi la fine del mondo se, al risveglio della socia, avessero ricominciato a bisticciare, anche se… stavolta lei gli aveva rinfacciato cose pesantissime, che altro non erano che la verità. Sospirò.
 
Infine il Professore si palesò dando la notizia più bella che potessero aspettarsi:
“Bene ragazzi, direi che la nostra piccola grande Kaori è fuori pericolo e presto potrà tornare a casa. E sì, avete il permesso di entrare a vederla!”.
Si precipitarono sulla porta, spintonandosi, mentre Ryo entrò per ultimo.
Subissarono la ragazza di saluti, baci, abbracci, battute, e lei ringraziava e sorrideva a tutti quanti felice. Non si preoccupò più di tanto dell’atteggiamento defilato di Ryo, e quando Mick lo prese per un braccio e lo trascinò al letto della socia, lei sorrise divertita. Vedendola ben disposta e apparentemente dimentica degli insulti della sera prima, gli si aprì il cuore e le disse:
“Finalmente ti sei svegliata, bella addormentata!”
E lei guardandolo gli rispose:
“Direi che ho fatto un sogno strano… ” e quando provò a mettersi a sedere mugolò per la ferita sulla schiena e per lo sterno; subito Miki si affrettò a rincuorarla:
“Non preoccuparti tesoro, con le cure del Doc e del nostro Saeba” e rifilò una pacca sulle spalle al sopracitato “guarirai prestissimo”.
Kaori, sempre sorridendo, guardò tutti loro, ad uno ad uno, poi disse:
“Siete tutti molto cari, ma… chi siete?”


Ebbene sì, eccoci di nuovo alle prese con l’ennesima amnesia di Kaori. Idea non originalissima, lo stra-ammetto, lo stesso Hojo l’ha usata ampiamente e soprattutto nell’anime, e assente nel manga, c’è un episodio completamente dedicato a questa situazione. Però un giorno m’è venuta in mente questa cosa, che prende spunto da amnesie già raccontate, ma che è vista dal mio personalissimo punto di vista… Be’ se avrete la pazienza di leggerla fino in fondo (è cortina cmq ;-) ) capirete di cosa parlo.  
Questa fic è molto diversa dalle altre, è più seria, ma spero che l’apprezzerete ugualmente.
In fine, non posso che RINGRAZIARE la mia amichetta Brizzetta, che ha letto in anteprima la fic e soprattutto si è prestata pazientemente (santa subito) al “duro” lavoro di betatura della stessa. ^_^
Ciao al prossimo capitolo!!
Eleonora

 
   
 
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