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Autore: A_Typing_Heart    12/10/2019    2 recensioni
Ichigo Kurosaki è uno studente di una prestigiosa scuola maschile, ma nutre dei dubbi sulla strada che ha sempre considerato essere quella adatta a lui: diventare medico come il padre. Allontanandosi dalla scuola per riflettere si ritrova in uno squallido locale mandato avanti da un barista dai modi bruschi e dall'aspetto bizzarro; ma più frequenta quel posto e quell'uomo più Ichigo scopre una nuova prospettiva sulla sua vita e sulle sue scelte.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Sosuke Aizen
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente la sveglia trillò con un rumore incredibilmente molesto e svegliò Ichigo, che la spense con uno schiaffo sul bottone. Si prese qualche attimo per sbadigliare e stiracchiarsi e si sorprese di trovare Grimmjow già sveglio che si aggirava in mutande per il garage. Una caraffa mai vista conteneva del caffè e sul tavolino c'erano anche delle fette biscottate che dovevano essere state un po' maltrattate, a giudicare dagli angoli smussati e qualche crepa.
«È il massimo che ti posso offrire stamattina.» disse lui, posando la caraffa e una tazza sul tavolo.
Balbettò un ringraziamento e aspettò che sparisse dietro la tenda del bagno prima di alzarsi dal letto. Si avvicinò al tavolo e mangiò un pezzo di fetta biscottata, assorto in un disagio palpabile: dopo quello che era successo durante la notte, con quelle accennate avances nei suoi confronti... come avrebbe dovuto gestire la situazione con Grimmjow? Non era mai stato nella condizione di essere corteggiato, quindi nemmeno aveva mai dovuto rifiutarsi a qualcuno che non lo interessava. Non aveva la minima idea di cosa fare né a chi chiedere consiglio. 
Immerso in queste cupe elucubrazioni sorseggiò il caffè e mangiò, ma quando Grimmjow uscì dal bagno si accorse di essersi preoccupato inutilmente: era un po' più tranquillo e amichevole di prima, ma Ichigo non vide i comportamenti che temeva di dover gestire. Non gli chiese nulla sulla sera precedente, non gli chiese nemmeno se volesse tornare al lavoro un altro giorno, non fece allusioni e il massimo del contatto fisico che Grimmjow cercò fu quello di spolverargli la camicia sulla spalla. Non si sedette nemmeno al tavolo con lui per consumare la colazione e gli disse ben poco durante tutto il tragitto fino a scuola.
«Grazie del passaggio e della colazione, Grimmjow.» gli disse invece Ichigo quando scese dall'auto.
«Non ti preoccupare.» disse lui, guardandolo. «Oggi sarai comunque stanco, non provare a presentarti al pub.»
«Cosa? Perché?»
«Te l'ho appena detto, no? Non puoi lavorare fino a notte fonda e andare a scuola al mattino.»
«No, però... Aizen...»
«Ci parlo io con Aizen, non ti preoccupare di queste sciocchezze.»
«Beh... posso tornare domani, è il week end. Digli che sarò lì.»
«Glielo dirò.»
«Ma tu, Grimmjow?»
«Mh?»
«Tu come ti senti?»
Grimmjow fece una buffa smorfia e soppesò la risposta per qualche secondo prima di parlare.
«Mi fa male un po' tutto, ma niente di che... non è giorno di consegna, quindi non devo fare niente di pesante... posso cavarmela da solo.»
«Sei sicuro?»
«Sì, sono sicuro... posso cavarmela da solo oggi... quindi immagino ci vedremo domani.»
«Magari oggi potrei...»
«Non presentarti al pub.» gli intimò minaccioso Grimmjow. «Non ti servo niente, ti avviso. Non voglio vederti oggi, resta a scuola e studia un po'. È quello il tuo lavoro.»
Ichigo annuì senza protestare oltre e lo guardò ripartire, prima di rientrare a scuola e correre in camerata per rimettersi l'uniforme. Non vide Ishida e Sado e immaginò che dovessero trovarsi a colazione a quell'ora. Si cambiò velocemente e li raggiunse; avevano conquistato il loro tavolo preferito vicino alla finestra. Non fece in tempo a sedersi sgraffignando un pezzo della colazione rigorosamente giapponese di Ishida che lui gli lanciò un'occhiata inspiegabilmente truce.
«Che c'è?» gli chiese preventivamente. «Grimmjow vi ha detto che mi riportava stamattina! O no?»
«Certo che lo ha detto, e lo ha detto anche con un certo tono di sfida.» osservò Ishida. «Quasi come se volesse sfidarmi a dirgli che non volevo.»
Ichigo non riuscì a evitare di passarsi la mano sulla fronte e sugli occhi. Avrebbe dovuto immaginare che uno come Grimmjow non sarebbe riuscito a non lanciare una frecciatina di un qualche genere, specie dopo aver imparato qual era la natura del suo interesse. Era veramente geloso di Ishida, chissà che cosa si era messo in testa su di loro... e nella mente di Ichigo cominciarono ad affollarsi funesti dubbi: lui e Ishida sembravano una coppia? Lanciò tutt'intorno un'occhiata paranoica, ma in realtà nessuno nella mensa li degnava di uno sguardo.
«Kurosaki, sei sicuro di non avere nulla da dire su quel tizio?»
«Quale tizio?» rispose soprapensiero, prima di guardarlo. «Ma che, intendi Grimmjow?»
«E quale altro tizio, secondo te?»
«Ma la smetti? Non sono gay, e lui non mi interessa nel modo che pensi tu.»
«Era solo curiosità.» disse Ishida, più calmo di quanto non fosse mai stato durante i suoi interrogatori. «Poco fa quando sei sceso dalla macchina stavi sorridendo in modo insolito, quindi io e Sado kun abbiamo pensato che forse ti aveva detto qualcosa... o che era successo qualcosa.»
Ichigo si paralizzò mentre gli occhi nocciola saettarono rapidamente da uno all'altro dei suoi compagni di dormitorio. Realizzò poi che la finestra era quasi all'altezza esatta del punto in cui Grimmjow lo aveva fatto scendere dalla macchina.
«Cosa... adesso mi state spiando? Chado! Anche tu ti ci metti con queste idee balorde? Perché gli dai retta, scusa? Tu mi conosci da un sacco di anni!»
«Infatti.» confermò lui pacato. «Per questo vedo che sembri diverso.»
Ichigo restò completamente interdetto e perse ogni desiderio di ribattere. Prese un pezzo di toast e se lo ficcò in bocca solo per impegnarsi in un movimento meccanico qualsiasi mentre si perdeva a riflettere, scorrendo lo sguardo pigramente sugli altri studenti.
Chado era probabilmente la persona che lo conosceva meglio in assoluto, anche i rapporti con suo padre non arrivavano a un certo grado di intimità. Non aveva nessun altro amico come lui, e già da alcuni anni avevano un rapporto che avrebbe definito speciale per sintonia e fiducia. Se lui diceva che era cambiato, che era diverso, forse lo era veramente anche se non se ne era reso conto. Lui di diverso trovava soltanto le molte domande che si stava facendo. Solo dieci giorni prima si sarebbe chiesto qualcosa su se stesso? Solo dieci giorni prima sarebbe stato così confuso se un altro ragazzo lo avesse accarezzato?
Probabilmente no, concluse. Perché solo dieci giorni prima l'azzurro era un colore come tutti gli altri.


Tenere fede alla promessa che aveva fatto a Grimmjow fu difficilissimo per Ichigo, che non fece altro che sobbollire lentamente in un brodo di dubbio, confusione, vergogna e pizzichi di irritazione. Già all'inizio della seconda ora di lezione aveva avuto voglia di uscire da scuola e andare al pub, ma sapeva che se avesse provato a farlo di nuovo Grimmjow stesso gli avrebbe dapprima lanciato addosso uno o più sgabelli, e poi l'avrebbe riportato a scuola a calci. 
Arresosi all'idea di non poter andare trascorse la giornata tentando inutilmente di studiare, ma quello che davvero fece fu fissare pagine e pagine di spiegazioni che non penetravano il suo cervello se non per il colore con cui evidenziava passi che sembravano vagamente promettenti. Sapeva bene che gli esami non erano poi molto lontani, ma al momento gli sembravano talmente insignificanti da non trovare alcuna vera motivazione per mandare a memoria complicate formule e concetti di fisica, quindi fu con sommo disonore che alle nove di sera si arrese. Gettò il libro oltre il bordo del letto e affondò su quest'ultimo a faccia in giù, sperando di sprofondarci e restarne inghiottito.
Quando aprì di nuovo gli occhi scoprì che c'era luce fuori dalla finestra. Lui era rimasto vestito, sdraiato così come si era buttato, per ore, immobile come una statua da giardino rovesciata dal vento. Non aveva sentito rientrare in camera né Chado né Ishida, che o non avevano voluto o non erano riusciti a svegliarlo.
Si alzò indolenzito e più stanco di quando era crollato, e mentre si cambiava la camicia spiegazzata gli tornò alla mente un volto familiare con la voce irritata che lo rimproverava dicendogli di cambiarsi prima di andare a dormire. Sospirò abbattuto e si guardò nello specchio.
«Fai davvero pena.» si disse in tono basso ma convinto.
«In effetti fai davvero schifo.» gli rispose il riflesso.
Ichigo sollevò la testa di scatto e si guardò intorno. La stanza era buia, illuminata solo dalla luce che filtrava dalla finestra, la luce giallastra di un lampione. Si accorse che sia Chado che Ishida erano nei loro letti, entrambi addormentati, ma la sveglia sul comodino di quest'ultimo lo informò che era appena passata la mezzanotte.
Si alzò dal letto, indolenzito proprio come nel sogno insensato che stava facendo, e si spogliò per mettersi a dormire come una persona civilizzata. Persino il suo subconscio gli stava suggerendo quanto fosse patetico, ma ciò non innescò nessuna reazione d'orgoglio in lui. Si mise il pigiama, si infilò sotto la coperta e scorse una lista quantomai improbabile di persone a cui avrebbe potuto chiedere consiglio per la sua situazione, finché non cedette di nuovo al sonno.


«Allora io vado, eh!»
«Hai preso i libri?»
«Per farci cosa, scusa?»
«Beh, per studiare, nei tempi morti.» osservò Ishida come fosse una cosa ovvia. 
«Ishida... dubito che potrò...»
«Perché, che cosa pensi di fare d'altro in quelle pause?»
Il suo tono non era più isterico o aggressivo come prima, ma forse queste frecciate dal tono vagamente allusorio erano anche peggiori per Ichigo, e il peggio del peggio era che Chado non aveva alcuna intenzione di dirgli di darci un taglio o di fare qualche altra cosa per aiutarlo. Infastidito aprì la borsa, ci ficcò dentro un quaderno e due libri e la richiuse in un gesto che sperava facesse cogliere tutta la sua stizza.
«Contento adesso?»
«Hai preso lo spazzolino?»
«Certo che l'ho preso, cosa pensi, che lo divi...?»
Qualcosa nell'espressione di Ishida gli suggerì che volesse proprio quella risposta, così girò sui tacchi prima di avere la pessima idea di tirargli un pugno. Borbottò un malmostoso saluto e lasciò il cortile della scuola a grandi passi senza mai voltarsi indietro, nemmeno quando sapeva di trovarsi fuori dal campo visivo. Era già abbastanza infastidito da se stesso e confuso per fatti suoi, senza che anche loro buttassero benzina sul fuoco.
Attraversò il primo incrocio prima di rendersi conto di dove stava andando. Passo dopo passo l'irritazione nei confronti dei suoi compagni scivolò via lasciando il posto a uno strano nervosismo. Era passato un giorno senza vedersi, e Grimmjow gli era sembrato vagamente scontroso al loro ultimo incontro. Non sapeva che umore aspettarsi da lui, perché passava repentinamente da un momento di gentilezza a un mutismo ostinato fino a scatti d'ira. Quale Grimmjow avrebbe trovato dietro il bancone al suo arrivo?
Ichigo arrivò quasi di corsa al locale, ma quando andò per aprire la porta ci sbatté contro. Era ancora chiusa a chiave. Perplesso controllò l'orario e scoprì di essere in netto anticipo, ma era convinto di trovare lo stesso Grimmjow dietro il banco, a fare la sua pausa pranzo o a sistemare questa o quella cosa. Ma doveva esserci, pensò accigliandosi. La serranda era sollevata, e lui la chiudeva sempre quando usciva, anche se usciva per dieci minuti, era stato lui stesso a dirglielo.
Si chiese se non si fosse sentito male e bussò forte alla porta, ma senza ottenere risposta. Non riusciva a vedere nessuno nella zona del bancone. Imprecando si lanciò di corsa alla porta del retro, afferrò la maniglia e con sua sorpresa quella si aprì subito. Più calmo entrò e la richiuse alle proprie spalle, ma prima che potesse chiamare il nome del barista sentì la sua voce. Si bloccò, incerto. Era davvero la sua voce?
Proseguì cercando di non fare rumore e aprì la porta che separava il magazzino dal locale.
Grimmjow era nell'angolo della sala al tavolo da biliardo, per questo non era visibile dalla vetrina. Stava pulendo il rivestimento verde con una spazzolina, aveva un paio di grosse cuffie con l'imbottitura isolante e... stava cantando, convinto di essere completamente solo nel pub.
Ichigo si portò la mano alla bocca per soffocare una risata e si avvicinò pian piano al tavolo da biliardo. Grimmjow non aveva affatto una brutta voce, cantava meglio di quanto avrebbe potuto fare lui, ma c'era qualcosa di comico, di surreale in quella scena. Paradossalmente quella gratificò e imbarazzò Ichigo nello stesso modo, come se stesse guardando qualcosa di intimo, qualcosa di ancora più intimo della sua nudità.
Proprio mentre si chiedeva se aspettare o se interromperlo Grimmjow alzò gli occhi per prendere un flacone che era sul bordo più lontano e lo vide. Il modo in cui lo guardò, col terrore negli occhi, era più adatto a qualcuno che veniva trovato accanto a un cadavere con un coltello in mano.
«Che... che cosa fai tu qui?»
«Sono arrivato presto...» disse Ichigo sorridendo. «Certo che canti bene, non l'avrei mai...»
Prima ancora che riuscisse a terminare la frase Grimmjow gli fu davanti e gli afferrò la gola con tale impeto da fargli davvero male. Istintivamente gli afferrò il polso, ma non riuscì a smuovere il braccio di un centimetro; sembrava di marmo. Il modo in cui lo guardò gli fece paura, perché aveva l'espressione di chi era pronto ad ammazzare qualcuno... di proposito, questa volta.
«Dillo a qualcuno e ti ammazzo!»
Ichigo non riuscì nemmeno ad articolare una parola tanto la mano lo stringeva, così fece quello che in realtà non avrebbe mai voluto fare: alzò il piede e gli assestò un calcetto proprio sulla parte del costato che gli faceva male. L'effetto fu immediato anche se il colpo era stato delicato e Grimmjow mollò la presa, emise un rantolo e si piegò per il dolore aggrappandosi al tavolo. Ichigo fece un passo indietro e si massaggiò il collo.
«Idiota! Mi stavi strozzando, ma sei impazzito?!»
Grimmjow si limitò a emettere un altro rantolo e si accovacciò tenendosi il fianco. Ichigo lo fissò pronto a scaricargli addosso il resto delle lamentele non appena avesse dato segni di ripresa, ma quelli non si manifestarono. Preoccupato, si avvicinò a lui.
«Ehi, Grimmjow.... ehi... stai bene? Rispondimi.»
Grimmjow farfugliò qualcosa che a suo avviso non aveva senso. Aveva il fiato corto e Ichigo si pentì subito di averlo colpito proprio in quel punto. Maledicendosi fra sé e sé si chinò e afferrò il braccio di Grimmjow.
«Ehi! Grimmjow!»
«Non... dirlo a nessuno...» esalò allora lui. «È la mia ultima volontà...»
«Ahh, abbiamo cambiato registro ora che ti sei accorto che sei un rottame e che anche io ti potrei ammazzare?» fece Ichigo, tirandolo un po' per il braccio. «Avanti, non stai morendo... alzati, devi stare in piedi, se stramazzi così ti schiacci il diaframma e non respiri per forza...»
Ci volle un bello sforzo per issare in piedi un uomo pesante quanto Grimmjow, visto che sembrava anche restio a collaborare, ma alla fine lo raddrizzò e lo appoggiò al bordo del tavolo da biliardo. Lui non parlò, prendendo solo profondi respiri e tenendo la mano ancora sul costato.
«Tutto questo perché ti sei arrabbiato per una tale idiozia.» commentò Ichigo scuotendo la testa. «E tu saresti un adulto?»
Si massaggiò il collo. Il punto in cui lo aveva afferrato con le punte delle dita gli faceva ancora male, ma le attuali condizioni di Grimmjow lo fecero desistere dall'infierire su di lui per vendetta. Aspettò per diverso tempo che il respiro del barista tornasse quasi normale e riuscì a tranquillizzarsi solo quando lo vide togliere la mano dal costato.
«Stai meglio, Gri...?»
Ancora una volta Ichigo fu ammutolito da Grimmjow, ma non per una mano dalla presa ferrea alla gola. Il barista dai capelli azzurri fece un passo avanti e posò la testa sulla sua spalla, passandogli un braccio dietro la schiena. Quella fu istantaneamente attraversata da un brivido potente come un fulmine. Ichigo alzò le braccia, ma non riuscì a far fare loro nulla: non cercò di allontanarlo, né reagì in alcun modo a quella situazione altamente imbarazzante. Neanche il suo cervello riusciva a rispondere adeguatamente, riuscì solo a sperare che non entrasse nessuno in quel momento. 
Per non essere visto... o per non essere interrotto?
«Mi dispiace di averti messo le mani addosso.» mormorò Grimmjow, così vicino al suo orecchio. «Non succederà più. Lo prometto.»
Ichigo restò completamente immobile mentre Grimmjow gli posava le labbra nel delicato punto tra la mascella e il collo, quasi sopra al punto dolorante per la sua stretta mortifera. Lui si raddrizzò e lo lasciò, avviandosi verso il bancone, come se nulla fosse successo, ma Ichigo non riuscì neanche per un secondo a fingere che non fosse successo. Si portò la mano davanti alla bocca mentre nella sua testa esplodeva una tempesta violentissima di pensieri incoerenti e sensazioni contrastanti. 
Era stato baciato per la prima volta in un posto così insolito, per la prima volta da un uomo, per la prima volta da quell'uomo che gli faceva un effetto così strano. Non sapeva cosa pensare, non capiva nemmeno cosa provava al riguardo. Avrebbe dovuto fargli molta più impressione, avrebbe dovuto suscitargli disgusto... ma non provava disgusto, l'unica cosa che riusciva a sentire era una sconosciuta paura, e il fatto che gli fosse ignota gli impediva di capire come classificarla, come gestirla.
Si passò la mano sul punto in cui era stato baciato, sentendosi stordito. Doveva andare via... sapeva che doveva andarsene da quel bar, doveva restarsene a scuola a studiare, fingere che non fosse successo niente e dimenticare quell'uomo. Sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Quella relazione, qualsiasi tipo di relazione fosse, stava evolvendo a ogni ora passata insieme... se fosse rimasto troppo a lungo non avrebbe più potuto controllarla... o era già andata fuori controllo senza che se ne rendesse conto?
«Kurosaki?»
Al suono di quella voce la paura che lo stava possedendo scoppiò come una misera bolla di sapone. All'improvviso ogni pensiero dettato dal panico svanì senza lasciare nemmeno il ricordo di sé. Ichigo si voltò e vide che quegli occhi azzurri sembravano guardarlo con apprensione.
«Mi dispiace per quella reazione... io... è una cosa di cui mi vergogno. Non l'ho mai mostrato a nessuno.»
«Perché ti dovresti vergognare di cantare? Lo fanno quasi tutti, credo.»
«Non... non mi sento sicuro a far vedere agli altri cosa mi piace davvero.»
Ichigo non poté fare a meno di pensare che sembrare quello che non era fosse una vocazione per Grimmjow. Era anche un uomo piuttosto fragile, forse per via del grave abbandono che aveva subìto da ragazzo, ma sicuro si impegnava a fondo a mascherare la sua debolezza. Riusciva a dare davvero un'immagine del tutto distorta di sé.
«Perché non dovresti far capire che cosa ti piace, scusa?» domandò Ichigo, facendo il giro del bancone per iniziare a prepararlo. «È una cosa senza senso...»
«Non so perché lo faccio.» disse Grimmjow, pulendo lo spillatore. «Ma sono fatto così... parlo sempre in modo sprezzante di quello che in realtà mi piace.»
Ichigo ponderò nella sua mente che in verità a lui pareva che Grimmjow fosse sprezzante su tutto, ma mentre affettava un'arancia gli tornò in mente il loro primo incontro. Non era stato decisamente sprezzante su di lui quando lo aveva chiamato "bambino"? E lo era stato ancora quando lo aveva chiamato Latte Senza Ghiaccio, e anche quando lo aveva preso in giro per i suoi voti a scuola... non aveva fatto altro che insultarlo, di fatto. Ichigo si voltò a guardarlo. Quel discorso valeva anche per lui? Gli piaceva davvero? Gli era piaciuto già dalla prima volta?
«AHIA!»
Ichigo sollevò la mano mentre il suo dito gocciolava sangue sul piccolo tagliere per gli agrumi. Che idiota, si era distratto proprio mentre usava l'unico strumento affilato esistente in quel locale...
Cercò un tovagliolo di carta per evitare di innaffiare l'intero bancone, ma prima che lo individuasse sentì premere sul taglio e si girò. Trovare Grimmjow così vicino dopo quello che era appena accaduto gli fece schizzare il cuore in gola. La stessa mano che poco prima lo stava strangolando ora aveva una grande delicatezza nel tenere quello straccio pulito sulla ferita.
«Come diavolo hai fatto a tagliarti con un coltello che fa fatica a tagliare la buccia di un'arancia?»
«Non... non lo so...»
«Tch, che mi aspetto da uno col cervello di un tacchino ripieno?» commentò lui. «Avanti, non perderai il dito per stavolta... mettiti un cerotto.»
«Era disprezzo questo?»
Grimmjow lo guardò per un attimo, preso in contropiede. Ichigo stesso si chiese come gli fosse venuto in mente di dire una cosa del genere, poi il barista fece una smorfia.
«Non dire cazzate e fila a mettere quel cerotto! Non ti montare la testa, schiocco le dita e ne trovo quanti ne voglio di mocciosi come te... e anche meglio!»
«... Sembra ancora disprezzo...»
«Sparisci o ti insegno quanti modi ci sono di ammazzare un uomo con una bottiglia di birra senza romperla!»
«Okay, okay...»
Ichigo si fermò sulla porta della stanza usata da Grimmjow come spogliatoio e che chiamava pomposamente "sala del personale", indeciso se parlare o meno. Alla fine si voltò a guardarlo con aria risoluta.
«Ma francamente, alla tua età dovresti saper gestire la vergogna in modo meno violento.»
«Tch!»
Grimmjow prese ad affettare l'arancia con ferocia borbottando insulti a un volume udibilissimo, e un momento dopo imprecò sonoramente. Ichigo lo vide scaraventare il coltello dentro il lavabo.
«Grimmjow, ti sei tagliato?»
L'unica risposta fu un colorito epiteto che sganciò mentre prendeva un tovagliolo e tamponarsi il palmo della mano.
«... Chi sarebbe quello col cervello di un tacchino, adesso?»
   
 
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