Guardo le vetrate di casa tua, la tua
finestra, la più alta
e irraggiungibile. Una luce accesa, calda e invitante ma comunque
inavvicinabile. Tremo. Immobile sul marciapiede con le braccia inermi
sui
fianchi mentre fisso l’arancionato lume che proviene
dall’interno della tua
camera. Pochi passi, un muro di mattoni ci divide, pochi metri sopra di
me ci
sei tu. Mi vengono i brividi se penso che sei così vicina,
ma al tempo stesso
così lontana. Non siamo Troy e Gabriella, non lo siamo mai
stati.
Io e te, Chad e Taylor. Il ragazzo
fissato con la palla da
basket al posto del cervello e la capitano del decathlon di scienze.
Sorrido. È
inevitabile.
Così diversi e
così appassionati, così dissimili e
innamorati.
Non avevo mai ballato con nessuno di
un’altezza così perfetta
per la mia. Così dolcemente più piccola e minuta,
con quel corpo sinuoso e
morbido. Da far venire voglia di stringerla in un abbraccio che tolga
il
respiro ad entrambi. Lasciando che il suo profumo di cioccolata e
vaniglia
pervada e impegni il proprio corpo, per poi sentirlo regnare sovrano su
di te
per giorni avendo la consapevolezza di essere suo.
Mi metteva in soggezione, sapere di
essere suo, mi mandava
in fibrillazione.
Stringo il pugno con prepotenza e
sento le nocche delle dita
farmi male: perché te ne vai Taylor? Perché vuoi
diventare Presidentessa degli
Stati Uniti d’America?
I tuoi sogni sono il tuo
futuro…e io? Ero il tuo presente…ma
già dire che “ero” vuol dire che ora sono
il tuo passato. Non c’è posto per me nel
tuo futuro? Un angolino ritagliato
con inciso il mio nome?
Forse….forse
c’è. Ma per poco.
Te ne vai Tay. Te ne vai da me, senza
guardare indietro,
senza soffermarti troppo sul passato. Perché io e te siamo
uguali infondo,
nella nostra diversità, nelle nostre enormi e oceaniche
differenze.
Anche tu, come credevo io, pensi che
quest’amore sia solo
infatuazione. Passerà con il tempo, guarita da un nuovo
amore, da un nuovo uomo
che ti stringerà la mano davanti a tutti come io non ho mai
fatto, che ti
inviterà ad un ballo inchinandosi come tu vuoi senza bisogno
di incitazioni a
farlo, che ti stringerà a se come io ho sempre temuto di
fare…come se
stringendoti tu saresti potuta svanire per sempre dalla mia presa.
Ma io sono qui Tay…e ti
amo, non è infatuazione.
Parti, senza di me portandoti via il
mio cuore.
È
mio…perché lo vuoi?
Faccio un passo avanti nella notte,
illuminato dalla luna.
Vedo dalla vetrata del salotto che qualcuno sta vedendo la televisione.
Probabilmente il resto della famiglia è lì, e tu?
Studi? Ancora Tay? Non ci pensi
nemmeno un po’ a me?
Premo il pulsante freddo di falso oro
al fianco della porta
e sento il rumore del citofono giungere ovattato
dall’interno.
Aspetto.
Ti aspetto.
Son
venuto qui
per dirti tutto per dirti aiutami
ho capito che
questo sono io
nei miei pensieri nei miei lati scomodi
quindi prendimi
ma adesso è presto se tu te ne vai
Sei
un miracolo
mi dai il coraggio per stare dove sto
sul ciglio di un equilibrio che non ho
questo sono io, ma con te c'è la farò.
La porta si apre e vedo la sagoma
familiare di un uomo
pelato comparire sulla soglia. Mi scruta irritato, credo di averlo
interrotto
mentre si godeva con la sua famiglia il suo programma preferito. Lo
fissò
leggermente indifferente, sono stanco. Voglio te.
-Scusi per il disturbo signor
Mckessie, vorrei sapere se c’è
Taylor.-
Parlo rapidamente, conciso con tono
piatto. Sono stufo
persino di fare il ruffiano, di cercare di aggraziarmi tuo padre che
non mi ha
mai potuto vedere. Posso immaginarlo mentre la sera a cena ti
interrogava su di
me, quello che facevo, cosa dicevo, come mi comportavo da dove venivo.
E tu
paziente che rispondevi a tutto, elogiandomi come tu solo sapevi fare,
carezzandomi con le parole, baciandomi con le descrizioni.
Sentivo le sue parole nel descrivermi
sotto il suo punto di
vista…il punto di vista di un padre che ama le sue figlie e
che non vuole che
le vengano portate via dal primo “bamboccio
riccioluto” che passa.
“Il solito ragazzo di
bell’aspetto, don giovanni, che ha in
mente solo una cosa.” Sverginare la sua bimba. È
questo che i genitori temono.
Non vedono in noi quell’amore tenero e sincero che un tempo
anche loro
provavano e sentivano vero. Quell’amore che era il primo
dell’universo e anche
il più impossibile o importante. Quando lo vivevano poi,
altro che tre metri
sopra al cielo, partivi dritto per l’universo senza bisogno
dell’astronave, di
ossigeno o della tuta. Bastava l’amore e andavi ovunque.
Basta che mi ami e io per te vado
ovunque.
-TAYLOR! SCENDI
C’È DANFORTH!-
Due anni e tuo padre non ha imparato
il mio nome. Credo che
non voglia impararlo. Tanto che gli interessa? Per la sua gioia andrai
a circa
1000 Km da me, così non correrai più il rischio
che sia io a rubarti, da bravo
adolescente allupato quale sono, la verginità, ci
penserà l’altro ragazzo di
cui ti innamorerai quando sarai lì.
Ma a questo i genitori non pensano.
Pensano solo ad
eliminare il pericolo, che nella mente di tuo padre ora porta il nome
di CHAD
DANFORTH.
Sorrido quando sento che scendi le
scale di corsa. Sei
tenera Tay. Ti vedo con le guance accaldate, gli occhi un po’
gonfi, i capelli
raccolti in testa con un mollettone mentre alcune ciocche ricciole
ribelli ti
cadono attorno al viso. Una maglia larga bianca comoda, come piace a
te, niente
moda, solo comodità; dei pantaloncini corti blu e delle
infradito ai piedi.
La descrizione della cosa
più semplice e bella che esista al
mondo. Tu.
-Chad!-
Dici quando mi vedi con le mani in
tasca. Tuo padre è ancora
di fianco alla porta, tenendola aperta. Da bravo pastore quale
è deve accertarsi
che la pecorella non corra troppo pericolo. Sorrido mettendomi le mani
in tasca
e scendendo dal gradino dell’entrata arretrando di qualche
passo. Un silenzioso
invito ad uscire nella notte, un’esortazione a stare da soli
per parlare, che
tu acutamente cogli e compi un passo avanti seguendomi.
Mentre i tuoi contorni da
arancionati, causa la luce del
salotto accesa, diventano azzurri dell’effetto della luna
misto notte che si gode
la tua presenza. E in un attimo brilli. La luna si è
dedicata a te e tu ingenua,
piccola (pecorella) bambina, non ne sei conscia.
Tuo padre è ancora sulla
porta che ci osserva, tu arrossisci
e con un gesto della mano lo congedi. Irritato richiude la porta ma lo
so che
ci sta osservando o dalla finestra del salotto o dallo spioncino.
Lo ignoro e mi concentro su di te che
mi guardi confusa. Non
sai perché sono qui, ma ne sospetti il motivo.
Sono ancora qui
per dirti cosa per dirti scusami
ma comprendimi
siamo sempre noi
sospesi ognuno sul proprio oceano
quando è gelido
ma adesso è presto se tu te ne vai
-Noi non siamo Troy e
Gabriella…-
Inizio svogliatamente pensando al mio
migliore amico che ora
è lontano, insieme alla sua fidanzata. No Tay io e te non
siamo come loro.
Siamo diversi…per questo sono qui. Per dirti che ho bisogno
di sentirti dire
che mi ami. Perché per me sei tutto Tay, senza di te la mia
vita non ha senso,
nemmeno il basket. Assume sfumature secondarie quasi insignificanti.
-…-
Sei silenziosa, hai capito
perfettamente cosa intendevo con
quella frase, cosa volevo dirti con quelle poche parole e quei nomi.
Loro hanno
fatto la loro scelta ma non potrei imitarli. Il mio posto è
qui e il tuo
probabilmente è lì. Ma il mio amore è
dove sei tu.
-…Tay ho bisogno del tuo
aiuto.-
Mormoro voltandomi e iniziando a
camminare illuminato dalla
luce della luna senza voglia di nascondermi ai tuoi, ma solo di
sfuggire alla
vita e alle sue complicazioni, che la luna chieda alla notte di
coprirmi e
nascondermi con il suo manto nero stellato. Sento i tuoi passi dietro i
miei, mi
segui lentamente e attenta alle mie parole. Con le mani in tasca fisso
l’asfalto che passa sotto i miei piedi e mi sento tanto
stupido. Forse lo sono
se penso che mi amerai ancora quando finiremo gli studi.
-Non riesco a contare le
stelle…mi aiuti?-
Mi blocco immobile non appena sento
che i tuoi passi si sono
fermati. Mi volto verso di te senza espressione e ti vedo ad occhi
sgranati che
mi fissi immobile. Sorrido leggermente e mi avvicino a te. Intercetto i
tuoi
occhi lucidi ma non sono in grado di sostenere il tuo sguardo, mi
dispiace. Ti
accarezzo una guancia e mettendoti una mano sotto al mento alzo il tuo
viso
verso il cielo. Ti vedo spostare lo sguardo sul manto di stelle.
Sorrido di
nuovo e mi posiziono alle tue spalle. Lascio che la mia mano scivoli
sul tuo
braccio e avverto un brivido dal tuo corpo caldo passare sul mio.
Sospiro e
poggio una fila di baci sul tuo collo risalendo poi sulla guancia.
Sento le
labbra che premono sulle tue gote bagnate e sorrido tristemente
circondando con
la mano il tuo polso e alzandolo verso il cielo. Tu punti con
l’indice il cielo
e sorridendo inizio a contare a bassa voce muovendo il tuo dito sulle
stelle
che scelgo le più luminose. Il tuo piccolo corpo contro il
mio trema mentre
alcuni piccoli singhiozzi ti scuoto il petto e risuonano sopra il mio
conto.
-Conta con me…-
Ti sussurro con dolcezza cercando di
reprimere la paura per
quel futuro che cercherà di dividerci. Eppure il tuo corpo
vicino a me mi fa
sentire bene, mi da speranza. Se ci sei tu, se anche solo tu mi pensi o
dici di
amarmi io ci crederò.
-…trentatre,
trentaquattro,trentacinque, ti verrò a trovare
ogni week-end…trentasei, ogni momento
libero…trentasette, ogni giorno ti
chiamerò…trentotto, ti basterà contare
le stelle e io ci sarò…-
Singhiozzi e il trentanove muore
sulle tue labbra mentre
piangi convulsamente senza avere tempo per parlare, o chiamare altri
numeri.
Vorrei poterti trattenere qui con la scusa che ogni sera dovrai contare
le
stelle in un pezzo di cielo con me, ma ora ho più coraggio,
sono più realista.
Ho preso la mia decisione.
Ci crederò… e
tu?
- quaranta, quarantuno, quarantadue,
quarantatre,
quarantaquattro, quarantacinque…-
Sei
un miracolo
mi dai il coraggio di stare dove sto
sul ciglio di un equilibrio che non ho
questo son io, ma con te ce la farò.
Provaci tu...ci provo io
provaci adesso che ci provo anch'io
provaci ancora di più
Sei
un miracolo
e all'improvviso mi sento in bilico
sul ciglio di un equilibrio che non ho
ma con te c'è la farò
-… quarantasei,
quarantasette, quarantotto, quarantanove,
cinquanta, cinquantuno, cinquan…Chad!-
Rido interrompendoti, ti accarezzo il
naso e tu ridi. Mi
afferri la mano e mi baci l’indice. Poi lo mordi e io
sussultò togliendolo
dalla tua presa con un mezzo urlo infastidito.
-Ehi!-
Siamo stesi sull’erba. Fra
poco saremo laureati entrambi.
Abbiamo dato l’ultimo esame e finalmente l’incubo
è finito. Abbiamo vinto…la
consapevolezza più bella e grande. Abbiamo battuto la
lontananza senza
rinunciare ai nostri sogni. È stata dura ma…
-…ce l’abbiamo
fatta.-
Mormori come per terminare il mio
pensiero. Sorrido
accarezzandoti la testa. Indossi un vestitino bianco con una fascia sul
seno e
poi ricade morbido, persino trasparente in alcuni punti. È
fresco e
delicato…come l’estate. Come noi.
Ti accarezzi una caviglia
perché anche se è fine estate fa
fresco, l’autunno sembra già arrivato. Fisso
nuovamente le stelle mentre sento
che mi baci il palmo della mano. Incredibile. Pensare che per
più di cinque
anni non ho avuto un attimo di pace. Ero diventato un pendolare tra
studio e
cuore. Non facevo altro. Ero a pezzi dalla stanchezza e distrutto dalla
lontananza invece…ogni volta che ti ritrovavo era come
rinascere, mi davi la
voglia di affrontare quei 1000 Km.
-Si…e non mi
fermerò a cinquantuno…una volta sono arrivato a
contarne trecentoquarantacinque…-
Ti volti verso di me, mi sorridi e
poi con dolcezza mi
stampi un bacio sulle labbra dicendomi con amore.
-Io ne ho contate seicentoquattro.-
Rimango zitto, sento vampate di caldo
per l’emozione.
-Ti amo…-
Sorridi emozionata e accaldata ti
sporgi e mi baci di nuovo.
Voglio sposarti. Abbiamo quasi venticinque anni e voglio che tu sia
mia, voglio
amarti perché so che anche tu provi lo stesso.
-Anche io.-
Affermi sicura. La mia piccola
Presidentessa degli Stati
Uniti. Ti bacio il collo e mi metto a sedere, poggi la testa sulla mia
spalla e
fissiamo ancora le stelle.
-Grazie per l’aiuto. Ora lo
so che le stelle sono
seicentoquattro.-
Mi guardi e ridi, di gusto
assaporandoti la tua stessa
risata che sgorga dalla gola inondandomi come mille campanellini
d’oro le
orecchie e inevitabilmente mi stendo su di te baciandoti ancora
più
profondamente, soffocando la tua risata che è
così bella ma non come i tuoi
baci che sanno di cioccolato e vaniglia, che sanno di te e di amore.
-Un giorno…ti
chiederò se vuoi sposarmi.-
Resto immobile a qualche centimetro
dal tuo viso a godere
dell’espressione felicemente scioccata che ti dipinge le
labbra, i tuoi occhi
limpidi si fanno lucidi di lacrime e poco dopo ti ritrovo che mi
stringi
ossessivamente. Mentre piangi mormori che mi ami, fino a farmi ridere.
Mi baci
e io mi rigetto con foga sulle tue labbra. Sei mia e senza di te non ce
l’avrei
mai fatta…
Questo sono io, ma
con te c'è la farò.
Sei un miracolo
mi dai il coraggio per stare dove sto
sul ciglio di un equilibrio che non ho
ma con te ce la farò.
... ce la farò