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Autore: armony_93    30/07/2009    2 recensioni
Così diversi e così appassionati, così dissimili e innamorati. Non avevo mai ballato con nessuno di un’altezza così perfetta per la mia. Così dolcemente più piccola e minuta, con quel corpo sinuoso e morbido. Da far venire voglia di stringerla in un abbraccio che tolga il respiro ad entrambi. Lasciando che il suo profumo di cioccolata e vaniglia pervada e impegni il proprio corpo, per poi sentirlo regnare sovrano su di te per giorni avendo la consapevolezza di essere suo.
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chad Danforth, Taylor McKessie
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Guardo le vetrate di casa tua, la tua finestra, la più alta e irraggiungibile. Una luce accesa, calda e invitante ma comunque inavvicinabile. Tremo. Immobile sul marciapiede con le braccia inermi sui fianchi mentre fisso l’arancionato lume che proviene dall’interno della tua camera. Pochi passi, un muro di mattoni ci divide, pochi metri sopra di me ci sei tu. Mi vengono i brividi se penso che sei così vicina, ma al tempo stesso così lontana. Non siamo Troy e Gabriella, non lo siamo mai stati.

Io e te, Chad e Taylor. Il ragazzo fissato con la palla da basket al posto del cervello e la capitano del decathlon di scienze. Sorrido. È inevitabile.

Così diversi e così appassionati, così dissimili e innamorati.

Non avevo mai ballato con nessuno di un’altezza così perfetta per la mia. Così dolcemente più piccola e minuta, con quel corpo sinuoso e morbido. Da far venire voglia di stringerla in un abbraccio che tolga il respiro ad entrambi. Lasciando che il suo profumo di cioccolata e vaniglia pervada e impegni il proprio corpo, per poi sentirlo regnare sovrano su di te per giorni avendo la consapevolezza di essere suo.

Mi metteva in soggezione, sapere di essere suo, mi mandava in fibrillazione.

Stringo il pugno con prepotenza e sento le nocche delle dita farmi male: perché te ne vai Taylor? Perché vuoi diventare Presidentessa degli Stati Uniti d’America?

I tuoi sogni sono il tuo futuro…e io? Ero il tuo presente…ma già dire che “ero” vuol dire che ora sono il tuo passato. Non c’è posto per me nel tuo futuro? Un angolino ritagliato con inciso il mio nome?

Forse….forse c’è. Ma per poco.

Te ne vai Tay. Te ne vai da me, senza guardare indietro, senza soffermarti troppo sul passato. Perché io e te siamo uguali infondo, nella nostra diversità, nelle nostre enormi e oceaniche differenze.

Anche tu, come credevo io, pensi che quest’amore sia solo infatuazione. Passerà con il tempo, guarita da un nuovo amore, da un nuovo uomo che ti stringerà la mano davanti a tutti come io non ho mai fatto, che ti inviterà ad un ballo inchinandosi come tu vuoi senza bisogno di incitazioni a farlo, che ti stringerà a se come io ho sempre temuto di fare…come se stringendoti tu saresti potuta svanire per sempre dalla mia presa.

Ma io sono qui Tay…e ti amo, non è infatuazione.

Parti, senza di me portandoti via il mio cuore.

È mio…perché lo vuoi?

Faccio un passo avanti nella notte, illuminato dalla luna. Vedo dalla vetrata del salotto che qualcuno sta vedendo la televisione. Probabilmente il resto della famiglia è lì, e tu? Studi? Ancora Tay? Non ci pensi nemmeno un po’ a me?

Premo il pulsante freddo di falso oro al fianco della porta e sento il rumore del citofono giungere ovattato dall’interno.

Aspetto.

Ti aspetto.

 

 

Son venuto qui
per dirti tutto per dirti aiutami
ho capito che
questo sono io
nei miei pensieri nei miei lati scomodi
quindi prendimi
ma adesso è presto se tu te ne vai

Sei un miracolo
mi dai il coraggio per stare dove sto
sul ciglio di un equilibrio che non ho
questo sono io, ma con te c'è la farò.

 

 

La porta si apre e vedo la sagoma familiare di un uomo pelato comparire sulla soglia. Mi scruta irritato, credo di averlo interrotto mentre si godeva con la sua famiglia il suo programma preferito. Lo fissò leggermente indifferente, sono stanco. Voglio te.

-Scusi per il disturbo signor Mckessie, vorrei sapere se c’è Taylor.-

Parlo rapidamente, conciso con tono piatto. Sono stufo persino di fare il ruffiano, di cercare di aggraziarmi tuo padre che non mi ha mai potuto vedere. Posso immaginarlo mentre la sera a cena ti interrogava su di me, quello che facevo, cosa dicevo, come mi comportavo da dove venivo. E tu paziente che rispondevi a tutto, elogiandomi come tu solo sapevi fare, carezzandomi con le parole, baciandomi con le descrizioni.

Sentivo le sue parole nel descrivermi sotto il suo punto di vista…il punto di vista di un padre che ama le sue figlie e che non vuole che le vengano portate via dal primo “bamboccio riccioluto” che passa.

“Il solito ragazzo di bell’aspetto, don giovanni, che ha in mente solo una cosa.” Sverginare la sua bimba. È questo che i genitori temono. Non vedono in noi quell’amore tenero e sincero che un tempo anche loro provavano e sentivano vero. Quell’amore che era il primo dell’universo e anche il più impossibile o importante. Quando lo vivevano poi, altro che tre metri sopra al cielo, partivi dritto per l’universo senza bisogno dell’astronave, di ossigeno o della tuta. Bastava l’amore e andavi ovunque.

Basta che mi ami e io per te vado ovunque.

-TAYLOR! SCENDI C’È DANFORTH!-

Due anni e tuo padre non ha imparato il mio nome. Credo che non voglia impararlo. Tanto che gli interessa? Per la sua gioia andrai a circa 1000 Km da me, così non correrai più il rischio che sia io a rubarti, da bravo adolescente allupato quale sono, la verginità, ci penserà l’altro ragazzo di cui ti innamorerai quando sarai lì.

Ma a questo i genitori non pensano. Pensano solo ad eliminare il pericolo, che nella mente di tuo padre ora porta il nome di CHAD DANFORTH.

Sorrido quando sento che scendi le scale di corsa. Sei tenera Tay. Ti vedo con le guance accaldate, gli occhi un po’ gonfi, i capelli raccolti in testa con un mollettone mentre alcune ciocche ricciole ribelli ti cadono attorno al viso. Una maglia larga bianca comoda, come piace a te, niente moda, solo comodità; dei pantaloncini corti blu e delle infradito ai piedi.

La descrizione della cosa più semplice e bella che esista al mondo. Tu.

-Chad!-

Dici quando mi vedi con le mani in tasca. Tuo padre è ancora di fianco alla porta, tenendola aperta. Da bravo pastore quale è deve accertarsi che la pecorella non corra troppo pericolo. Sorrido mettendomi le mani in tasca e scendendo dal gradino dell’entrata arretrando di qualche passo. Un silenzioso invito ad uscire nella notte, un’esortazione a stare da soli per parlare, che tu acutamente cogli e compi un passo avanti seguendomi.

Mentre i tuoi contorni da arancionati, causa la luce del salotto accesa, diventano azzurri dell’effetto della luna misto notte che si gode la tua presenza. E in un attimo brilli. La luna si è dedicata a te e tu ingenua, piccola (pecorella) bambina, non ne sei conscia.

Tuo padre è ancora sulla porta che ci osserva, tu arrossisci e con un gesto della mano lo congedi. Irritato richiude la porta ma lo so che ci sta osservando o dalla finestra del salotto o dallo spioncino.

Lo ignoro e mi concentro su di te che mi guardi confusa. Non sai perché sono qui, ma ne sospetti il motivo.


 
Sono ancora qui
per dirti cosa per dirti scusami
ma comprendimi
siamo sempre noi
sospesi ognuno sul proprio oceano
quando è gelido
ma adesso è presto se tu te ne vai
 

 

-Noi non siamo Troy e Gabriella…-

Inizio svogliatamente pensando al mio migliore amico che ora è lontano, insieme alla sua fidanzata. No Tay io e te non siamo come loro. Siamo diversi…per questo sono qui. Per dirti che ho bisogno di sentirti dire che mi ami. Perché per me sei tutto Tay, senza di te la mia vita non ha senso, nemmeno il basket. Assume sfumature secondarie quasi insignificanti.

-…-

Sei silenziosa, hai capito perfettamente cosa intendevo con quella frase, cosa volevo dirti con quelle poche parole e quei nomi. Loro hanno fatto la loro scelta ma non potrei imitarli. Il mio posto è qui e il tuo probabilmente è lì. Ma il mio amore è dove sei tu.

-…Tay ho bisogno del tuo aiuto.-

Mormoro voltandomi e iniziando a camminare illuminato dalla luce della luna senza voglia di nascondermi ai tuoi, ma solo di sfuggire alla vita e alle sue complicazioni, che la luna chieda alla notte di coprirmi e nascondermi con il suo manto nero stellato. Sento i tuoi passi dietro i miei, mi segui lentamente e attenta alle mie parole. Con le mani in tasca fisso l’asfalto che passa sotto i miei piedi e mi sento tanto stupido. Forse lo sono se penso che mi amerai ancora quando finiremo gli studi.

-Non riesco a contare le stelle…mi aiuti?-

Mi blocco immobile non appena sento che i tuoi passi si sono fermati. Mi volto verso di te senza espressione e ti vedo ad occhi sgranati che mi fissi immobile. Sorrido leggermente e mi avvicino a te. Intercetto i tuoi occhi lucidi ma non sono in grado di sostenere il tuo sguardo, mi dispiace. Ti accarezzo una guancia e mettendoti una mano sotto al mento alzo il tuo viso verso il cielo. Ti vedo spostare lo sguardo sul manto di stelle. Sorrido di nuovo e mi posiziono alle tue spalle. Lascio che la mia mano scivoli sul tuo braccio e avverto un brivido dal tuo corpo caldo passare sul mio. Sospiro e poggio una fila di baci sul tuo collo risalendo poi sulla guancia. Sento le labbra che premono sulle tue gote bagnate e sorrido tristemente circondando con la mano il tuo polso e alzandolo verso il cielo. Tu punti con l’indice il cielo e sorridendo inizio a contare a bassa voce muovendo il tuo dito sulle stelle che scelgo le più luminose. Il tuo piccolo corpo contro il mio trema mentre alcuni piccoli singhiozzi ti scuoto il petto e risuonano sopra il mio conto.

-Conta con me…-

Ti sussurro con dolcezza cercando di reprimere la paura per quel futuro che cercherà di dividerci. Eppure il tuo corpo vicino a me mi fa sentire bene, mi da speranza. Se ci sei tu, se anche solo tu mi pensi o dici di amarmi io ci crederò.

-…trentatre, trentaquattro,trentacinque, ti verrò a trovare ogni week-end…trentasei, ogni momento libero…trentasette, ogni giorno ti chiamerò…trentotto, ti basterà contare le stelle e io ci sarò…-

Singhiozzi e il trentanove muore sulle tue labbra mentre piangi convulsamente senza avere tempo per parlare, o chiamare altri numeri. Vorrei poterti trattenere qui con la scusa che ogni sera dovrai contare le stelle in un pezzo di cielo con me, ma ora ho più coraggio, sono più realista. Ho preso la mia decisione.

Ci crederò… e tu?

- quaranta, quarantuno, quarantadue, quarantatre, quarantaquattro, quarantacinque…-



Sei un miracolo
mi dai il coraggio di stare dove sto
sul ciglio di un equilibrio che non ho
questo son io, ma con te ce la farò.
Provaci tu...ci provo io
provaci adesso che ci provo anch'io
provaci ancora di più

Sei un miracolo
e all'improvviso mi sento in bilico
sul ciglio di un equilibrio che non ho
ma con te c'è la farò


 

-… quarantasei, quarantasette, quarantotto, quarantanove, cinquanta, cinquantuno, cinquan…Chad!-

Rido interrompendoti, ti accarezzo il naso e tu ridi. Mi afferri la mano e mi baci l’indice. Poi lo mordi e io sussultò togliendolo dalla tua presa con un mezzo urlo infastidito.

-Ehi!-

Siamo stesi sull’erba. Fra poco saremo laureati entrambi. Abbiamo dato l’ultimo esame e finalmente l’incubo è finito. Abbiamo vinto…la consapevolezza più bella e grande. Abbiamo battuto la lontananza senza rinunciare ai nostri sogni. È stata dura ma…

-…ce l’abbiamo fatta.-

Mormori come per terminare il mio pensiero. Sorrido accarezzandoti la testa. Indossi un vestitino bianco con una fascia sul seno e poi ricade morbido, persino trasparente in alcuni punti. È fresco e delicato…come l’estate. Come noi.

Ti accarezzi una caviglia perché anche se è fine estate fa fresco, l’autunno sembra già arrivato. Fisso nuovamente le stelle mentre sento che mi baci il palmo della mano. Incredibile. Pensare che per più di cinque anni non ho avuto un attimo di pace. Ero diventato un pendolare tra studio e cuore. Non facevo altro. Ero a pezzi dalla stanchezza e distrutto dalla lontananza invece…ogni volta che ti ritrovavo era come rinascere, mi davi la voglia di affrontare quei 1000 Km.

-Si…e non mi fermerò a cinquantuno…una volta sono arrivato a contarne trecentoquarantacinque…-

Ti volti verso di me, mi sorridi e poi con dolcezza mi stampi un bacio sulle labbra dicendomi con amore.

-Io ne ho contate seicentoquattro.-

Rimango zitto, sento vampate di caldo per l’emozione.

-Ti amo…-

Sorridi emozionata e accaldata ti sporgi e mi baci di nuovo. Voglio sposarti. Abbiamo quasi venticinque anni e voglio che tu sia mia, voglio amarti perché so che anche tu provi lo stesso.

-Anche io.-

Affermi sicura. La mia piccola Presidentessa degli Stati Uniti. Ti bacio il collo e mi metto a sedere, poggi la testa sulla mia spalla e fissiamo ancora le stelle.

-Grazie per l’aiuto. Ora lo so che le stelle sono seicentoquattro.-

Mi guardi e ridi, di gusto assaporandoti la tua stessa risata che sgorga dalla gola inondandomi come mille campanellini d’oro le orecchie e inevitabilmente mi stendo su di te baciandoti ancora più profondamente, soffocando la tua risata che è così bella ma non come i tuoi baci che sanno di cioccolato e vaniglia, che sanno di te e di amore.

-Un giorno…ti chiederò se vuoi sposarmi.-

Resto immobile a qualche centimetro dal tuo viso a godere dell’espressione felicemente scioccata che ti dipinge le labbra, i tuoi occhi limpidi si fanno lucidi di lacrime e poco dopo ti ritrovo che mi stringi ossessivamente. Mentre piangi mormori che mi ami, fino a farmi ridere. Mi baci e io mi rigetto con foga sulle tue labbra. Sei mia e senza di te non ce l’avrei mai fatta…

 

 

 Questo sono io, ma con te c'è la farò.
Sei un miracolo
mi dai il coraggio per stare dove sto
sul ciglio di un equilibrio che non ho
ma con te ce la farò.
... ce la farò

 

  
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