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Autore: Kiki87    13/10/2019    1 recensioni
Una giovane ragazza si trasferisce a Glasgow per concedersi un anno sabbatico, alla fine del suo percorso universitario, con la sua migliore amica. Qui incontrerà il suo amico di penna, nuovi amici ma, soprattutto, imparerà a conoscere se stessa. Perché se è vero che tutto è iniziato da un "sogno", Sara deve ancora imparare cosa sia davvero l'amore e come possa essere diverso da ciò che ha sempre immaginato.
La fanfiction è una revisione di un progetto omonimo del 2013: molti personaggi di Harry Potter sono stati sostituiti con quelli di Merlin e ci sono stati significativi cambiamenti anche nelle diverse storyline dei protagonisti.
CROSSOVER CON LA SEZIONE: "CAST DI HARRY POTTER".
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri, Bradley James, Katie McGrath, Nuovo personaggio, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14
 
Perciò dimmi cosa vuoi sentire,
qualcosa che drizzi quelle orecchie.
Sono stufa di tutte le persone insincere,
così svelerò tutti i miei segreti.
Questa volta
non mi servirà un’altra bugia perfetta […].
Non ho motivo, non ho vergogna,
non ho una famiglia che io possa incolpare.
Solo non lasciarmi sparire,
ti dirò tutto.
Secrets – One Republic[1].



 
In quel pomeriggio di Marzo si respirava un’aria diversa nel pub e non soltanto perché il locale era chiuso al pubblico e tutto lo staff, dai magazzinieri fino al personale in cucina, era riunito nella sala privata. Nei sorrisi di tutti i presenti vi era una nota di commozione al pensiero che quello fosse ufficialmente l’ultimo giorno di Amy come dipendente. Il tavolo era stato riempito di pietanze preparate dalle abili mani della Signora Weasley e della Signora Sprite e il signor Riddle in persona aveva scelto lo spumante per il brindisi. Neville ed io l’avevamo attirata in quella sala con una scusa e, appena era entrata, aveva sbarrato gli occhi alla vista di tutti quei volti familiari.
 
“Dai, Amy, ti prego! Solo cinque minuti: se non lo trovo neppure lì, giuro che mi rassegno!” l’avevo supplicata con espressione pietosa.
Lei sembrò a disagio, ma sospirò. “Non è che non voglia aiutarti, Sara, ma devo andare a casa: te l’ho detto che mi aspetta il mio amico per portarmi il suo cane”.
“Ti prego, Amy”, era intervenuto anche Neville con tono preoccupato, guardandosi attorno con espressione molto credibile. “Approfittiamo adesso che non c’è il Signor Riddle!” aveva soggiunto con una credibilissima espressione terrorizzata al solo pensiero.
La ragazza ci guardò con aria impaziente, evidentemente seccata all’idea di ritardare. “Ma non capisco la fretta, puoi sempre chiedere ai colleghi di fine turno di prestarci attenzione mentre puliscono, no?”
Per fortuna mi ero già preparata una possibile risposta a quella remora comprensibile. Le rivolsi nuovamente uno sguardo quasi disperato: “E se lo trovasse una cliente nel frattempo e me lo rubasse?”
Mi aveva guardata come se avessi perso il senno. “Anche volendo, che se ne farebbe di un orecchino solo?!”
Avevo emesso un lamento. “Ti prego! Mi conosci: non riuscirò a concentrarmi sul lavoro se non lo trovo. E poi non è un orecchino qualsiasi: lo indossavo la sera in cui ho conosciuto Bradley!” aggiunsi e dovetti trattenermi dal sorridere perché ero certa che ciò avrebbe fatto la differenza.
Lei aveva sbuffato apertamente. “Mamma mia, quanto la fai lunga”, aveva brontolato ma era vicina alla resa.
“Puoi sempre avvisare il tuo amico che farai tardi,” aveva suggerito Neville in tono conciliante, “sono sicuro che capirà”.
La mia amica, dopo aver capitolato, aveva indicato la sala con un cenno della mano. “Va bene, va bene. Dai, cerchiamo questo cavolo di orecchino”.
Le avevo rivolto uno sguardo raggiante. “Grazie, ti devo un favore”.
“Ti avverto che sto tenendo il conto…” mi aveva ammonita con espressione fintamente severa.
Neville ed io c’eravamo scambiati uno sguardo di intesa e avevamo volontariamente rallentato il passo, cosicché fosse lei la prima a entrare nella stanza. Qualcuno aveva acceso la luce e in coro avevano tutti, noi compresi, urlato: “Sorpresa!”
La mia amica aveva sussultato e lo sguardo castano aveva passato in rassegna tutta la stanza, indugiando sul volto di tutti i presenti fino allo striscione appeso alla parete alle nostre spalle. In una bella calligrafia erano state scritte le parole: “Goodbye Amy and good luck!” e intorno alle stesse si avviluppava Nagini, il simbolo del pub stesso. In un angolo dello striscione vi era una sua caricatura in vesti di cameriera, di cui si era occupato Dean Thomas[2].
 
Ancora non riuscivo a credere che non l’avrei più vista dietro al bancone o intenta a trasportare i vassoi di cibo. Certo, come aveva detto a più colleghe commosse, non avrebbe sicuramente smesso di frequentare il locale come cliente e non avrebbe smarrito i contatti con le persone con le quali aveva instaurato un legame che andava oltre il rapporto professionale.
Ma non sarà stata la stessa cosa, ragionai tra me e me.
Tuttavia, la mia era un’egoistica nostalgia e non potevo che essere fiera di lei. Era palpabile quanto fosse entusiasta di quel nuovo progetto lavorativo, mentre salutava tutti i colleghi. Rankin e Smith si risparmiarono sorrisi ipocriti, ma furono piuttosto pomposi nello stringerle la mano e congedarla. Persino Coulson, notoriamente persona di poche parole e poco propensa alle confidenze, sorrise con espressione affabile, le strinse la mano e le augurò cortesemente di realizzare le sue ambizioni professionali. Morgana e Sean, come promesso, erano passati a loro volta per un saluto e Luna era sembrata particolarmente “stordita” dalla presenza di tante persone con così diverse “aure” e “vibrazioni”. Di certo non collaborò il fatto che Neville, in quello stesso momento, si fosse fatto scappare di mano il vassoio con le tartine. Il Signor Riddle sembrò trattenersi a stento dall’urlargli addosso ma Amy, Coulson e io fummo rapidi ad aiutarlo a pulire il pavimento.
Quando il nostro datore di lavoro si schiarì la gola per prendere parola, la mia amica arrossì vistosamente e dovetti trattenermi dall’incrociare lo sguardo di Morgana. Avevo giurato su quanto avevo di più caro che non le avrei riferito quegli “strani sogni” di stampo erotico che coinvolgevano il “passato” e “presente” Signor Riddle. Quest’ultimo sembrò cercare le parole per pronunciare il brindisi: “Quest’oggi il nostro pub perde una collaboratrice molto diligente e zelante, coraggiosa e onesta. Quasi sempre professionale sul posto di lavoro,” e qui scoccò a me e a lei uno sguardo quasi di rimprovero, “e sempre disponibile e cordiale coi propri colleghi. O almeno con quelli che lo meritano…” aggiunse con una nota ironica che mi fece ridacchiare. Tutti, persino Sean e Luna, si volsero ad osservare Percy il quale aveva aggrottato le sopracciglia e si era guardato alle spalle, quasi cercando la fonte del nostro divertimento e la persona a cui quelle parole erano rivolte. “E sempre paziente coi clienti, persino i più petulanti”. E qui dovetti ben guardarmi dall’incrociare lo sguardo di Amy o di Susan al pensiero della “tattica Amy” che sarebbe divenuta leggendaria tra coloro che condividevano il segreto.
“Ma tutti noi quest’oggi vogliamo augurarle di trasferire e affinare queste qualità nella sua prossima avventura. Non ci resta quindi che augurarle, di tutto cuore, buona fortuna!” esclamò il Signor Riddle con un breve sorriso. Sollevò il calice e tutti noi facemmo altrettanto.
“Scommetto che è il discorso più lungo che gli abbiate mai sentito fare in pubblico…” insinuò Morgana, scoccandomi un’occhiata maliziosa.
Le rivolsi uno sguardo perplesso. Non trovavo nulla di male in quella dimostrazione di stima. Al contrario, ciò non faceva che alimentare la mia consapevolezza che, dietro quella cortina di severità, Riddle fosse un uomo molto premuroso verso i suoi dipendenti. “E allora?” le domandai con uno scrollo di spalle.
Morgana sospirò. “A volte non so chi sia più ingenuo tra te e Sean”, commentò tra sé e sé.
Le rivolsi uno sguardo canzonatorio, dopo aver sorseggiato dal mio calice: “Stai dicendo che ti sei sentita attratta da Sean perché ti ricordava me?”
“Forse”, rispose con uno scrollo di spalle e un sorriso altrettanto furbo. Mi indicò Riddle che, in quel momento, stava stringendo la mano di Amy. Quest’ultima sembrava essere divenuta più rossa dei capelli della Signora Weasley. “Ma sembra che i complimenti gli facciano proprio bene”, alluse nuovamente all’equivoco della fotografia.
Scossi il capo e la guardai con aria di rimprovero: “Ti prego, almeno oggi non ricordarglielo”.
“Ci proverò”, promise con un sorrisino, ma tacemmo quando fu Amy a prendere la parola con voce decisamente emozionata e flebile.
“Ci tengo a ringraziarvi tutti”, mormorò e lasciò vagare lo sguardo su tutti quei volti familiari con un sorriso più dolce che ne faceva baluginare lo sguardo. “Soprattutto lei Signor Riddle”, aggiunse con maggiore imbarazzo. Io dovetti calpestare il piede a Morgana perché la smettesse di ghignare come suo solito. “Lei mi ha concesso una possibilità nonostante, al mio arrivo, conoscessi a malapena la vostra lingua e mi è sempre venuto incontro, quando ne ho avuto bisogno. Non dimenticherò questo posto e tutte le persone con cui ho lavorato e sarò una delle vostre clienti più affezionate. Grazie a tutti!” concluse e l’applaudimmo tutti. “Posso chiedervi una cortesia? Vorrei un’ultima foto con tutto lo staff!” dichiarò e tutti parvero ben lieti alla prospettiva. “Soprattutto tu, Sara…” soggiunse in mia direzione, notando come avessi cercato di defilarmi dietro a Morgana e a Sean. “Sei già scampata a quella di Natale, non me lo sono dimenticata!”
“Va bene, va bene”, mormorai, appoggiando il mio bicchiere sul tavolo. “Ma lo sai che odio farmi le foto”, piagnucolai più per dispetto che per reale intenzione di darle un dispiacere.
“E sia”, commentò il Signor Riddle. “Faremo una foto tutti insieme, ma poi si torna al lavoro!” aggiunse con quell’anelito più severo. Sembrava che dovesse sempre premunirsi di mantenere la sua facciata più severa e inflessibile. Amy porse la sua macchina fotografica a Sean e ci mettemmo tutti in posa in diverse file, dai più alti ai più bassi per immortalare quel momento che, lo sapevo, contrassegnava la fine di un capitolo particolarmente bello della mia vita a Glasgow.
 
~
 
Mancavano circa tre mesi alla messa in scena dello spettacolo e quella settimana era stata particolarmente impegnativa: malgrado avessimo ormai memorizzato le nostre battute e i costumi e le scenografie fossero quasi ultimati, sembrava che Lupin non riuscisse a placare le sue preoccupazioni. Gli era decisamente di conforto la presenza di Bradley che sempre più spesso prendeva l’iniziativa, si occupava delle questioni organizzative e logistiche. Seppur lui stesso mi sembrasse talvolta pallido di sonno, riusciva con la sua posatezza e la sua sicurezza a placare l’irrequietudine del docente. Personalmente non sapevo come riuscisse a star dietro a tutto e seguire persino alcuni allievi, me compresa, senza perdere il sorriso o le energie. Lupin stesso aveva notato quanto quelle sessioni private mi stessero giovando, rendendo più fluide le scene che provavo con Tom di fronte a tutto l’auditorium, Emma compresa. Ogni volta che me lo trovavo di fronte, prima di iniziare, eseguivo quegli esercizi di respirazione che mi aveva consigliato e riuscivo più facilmente a scollegare il personaggio di William dalle fattezze di Tom. Mi era, inoltre, di grande aiuto il fatto che quest’ultimo avesse mantenuto il suo proposito: non ci rivolgevamo la parola se non strettamente necessario. Aveva smesso di esibire, in mia presenza, quei sorrisetti provocanti e irritanti. In compenso sembrava che Emma fosse divenuta una presenza fissa anche al pub ma, quando avevo la sfortuna di doverla servire, cercavo di liquidarla il più rapidamente possibile o mi mostravo indaffarata. Avevo la netta sensazione che se fossi rimasta troppo a lungo con lei, avrei finito con il cacciarmi nuovamente nei guai o di intavolare una conversazione che mi avrebbe solo innestato l’ennesimo travaso di bile.
“E stop”, aveva mormorato Bradley quando eravamo giunti alla fine della scena su cui ci eravamo concentrati quel pomeriggio.
“Come è andata?”, gli domandai ansiosamente, dopo aver tracannato avidamente dell’acqua. Avevo ormai la gola secca dopo aver provato con lui nell’ultima ora e mezza.
Il suo sorriso era parso piuttosto eloquente e si era appoggiato alla scrivania con espressione piuttosto rilassata. “Molto bene: migliori di giorno in giorno. Sono molto contento. O meglio lo siamo entrambi: anche Remus me lo stava dicendo ieri”.
Non potei che sentirmi sollevata e al contempo orgogliosa. “Devo ringraziare entrambi di cuore: è uno dei progetti più faticosi a cui abbia mai preso parte e uno dei più soddisfacenti”.
Lui sorrise.  “Credimi: quella sera ci sarà solo la gratificazione e la consapevolezza che questi sforzi e queste difficoltà hanno portato a un risultato che non avresti mai immaginato”, mi incoraggiò con uno scintillio appassionato nello sguardo.
Sorrisi e non potei fare a meno di chiedergli: “E’ così che ti sei sentito alla fine del vostro spettacolo?”.
Bradley sembrò rievocare quel ricordo con un’espressione particolarmente lieta. “Sì, anche se poi qualcuno mi ha distratto”, mi confidò con un sussurro più dolce. Mi rivolse uno sguardo così allusivo che sentii il mio cuore scalpitare più rapidamente. “Spero di poter ricambiare la cortesia quella sera”.
Sentii le guance ardere, ma il sorriso continuò a sfiorarmi le labbra: “Lo spero anche io”.
Inclinò il viso di un lato e mi scrutò più attentamente. “Lavorerai tutte le sere di questa settimana?”
“No,” gli sorrisi con espressione piuttosto compiaciuta, “ho la giornata libera domani”.
“Sembra proprio che io sia fortunato allora…” mi rivelò con un sorriso. “Ho ufficialmente finito di svuotare gli scatoloni e di arredare il mio appartamento.”
“Ci hai messo solo un mese. Lodevole, considerando che Lupin sia diventato più presente di uno stalker nella tua vita”, avevo commentato con un sorriso ironico.
Sorrise appena alla battuta, ma continuò a guardarmi intensamente. “Ti andrebbe di cenare da me?  Non sono neppure lontanamente Gordon Ramsay ma potrei preparare qualcosa di semplice o, molto più probabilmente, supplicare la Signora Weasley di aiutarmi a non fare una figura meschina”.
Sbattei le palpebre a più riprese e un familiare senso di vertigini mi avvolse, come ogni volta che mi trovavo vicina a lui.
“Finalmente potremmo parlare liberamente”, aveva aggiunto con la medesima tranquillità. Seppur fosse stato molto esplicito sulla necessità di attendere per un appuntamento galante[3], mi sembrava evidente che quell’invito sembrasse una sorta di preliminare per appurare se il nostro rapporto potesse evolversi. La consapevolezza era insieme emozionante e terrificante, ma la voce mi uscì più flebile: “Sì, mi piacerebbe”.
Sorrise a sua volta. “Bene, ci speravo davvero”.
Ci accordammo per la serata successiva e mi premunii di farmi scrivere il suo indirizzo su un foglio del mio block-notes. Mandai un messaggio alle mie amiche, nel nostro gruppo, e i loro commenti mi accompagnarono nel tragitto verso il pub.
 
~
 
Sospirai per l’ennesima volta, camminando nella mia stanza con l’accappatoio addosso e i capelli ancora umidi, sentendomi vicina alla nausea. O a creare un fossato nella mia camera e poi seppellirmici dentro. Avevo avuto l’impressione che quella giornata fosse durata la metà del consueto e continuavo a immaginare possibili scenari di quella serata: da quelli più romantici e sentimentali a quelli più “shondiani[4]” e drammatici nei quali ne sarei uscita con il cuore a pezzi e compromessa da lì ai prossimi mesi, fino alla fine della rappresentazione. Le mie amiche, in verità, non mi stavano rendendo le cose più semplici. Amy e Luna erano arrivate un’ora prima: mentre la seconda si era accomodata sul divano e stava beatamente leggendo la sua rivista e di quando in quando spostava gli oggetti secondo i principi del “feng-shuj” o qualcosa di simile, la prima stava discutendo animatamente con Morgana.
“Ma quante volte te lo dobbiamo dire?!” sbuffò per l’ennesima volta. “Non è un appuntamento romantico! Non può vestirsi troppo elegante! Darebbe l’impressione sbagliata!”
Non avevo potuto fare a meno di notare che l’inizio del nuovo lavoro aveva sancito un abbigliamento più formale per lei. Indossava un tailleur che Morgana stessa le aveva messo da parte nel periodo dei saldi e che aveva abbinato a delle scarpe eleganti che aveva gettato malamente da parte non appena era entrata. Seppur non indossasse mai tacchi molto alti, si era lamentata parecchio dei dolori ai piedi.  
E’ Sara a credere che non lo sia,” specificò Morgana, “forse anche Bradley inconsciamente, ma non le permetterò di uscire da questo appartamento con un look informale!” sottolineò l’aggettivo con una smorfia schifata.
“Sei sicura di voler uscire questa sera?” trasalii nel riconoscere la voce mistica di Luna: ero così impegnata a perdermi nei meandri dei miei pensieri più confusi, che neppure mi ero accorta che si era alzata dal divano e che mi si era avvicinata. Mi stava osservando con espressione parecchio incupita. “Venere non è nella posizione migliore per il tuo segno: penso che dovreste rimandare di una settimana. Forse anche due”.
Sentii un nodo serrarmi la gola e mi volsi verso le altre ragazze.  
“Non ti ci mettere anche tu: disfattista!” l’additò Amy dopo aver sollevato gli occhi al cielo.
“Magari ha ragione!” ribattei io con voce più acuta del normale. “Dovrei chiamarlo e rimandare: mi sto sentendo male. Sto per dare di stomaco. E se lo facessi davanti a lui? O peggio ancora, nella sua casa nuova!” enfatizzai con un brivido al solo pensiero.
“E’ solo un po’ di ansia”, mi blandì Morgana con uno scrollo di spalle.
“In effetti non ha un bel colorito”, convenne l'altra.
“Tanto le passo il fondotinta”, replicò distrattamente l’altra, prima di estrarre dall’armadio una mise che mi mostrò con un sorriso piuttosto compiaciuto. “È elegante ma non è provocante, è adatto a una cena informale, ma non suggerisce doppie intenzioni”.
Amy sembrava dubbiosa. “E se lui fosse vestito con jeans e maglietta? È pur sempre casa sua”.
Morgana la fulminò con lo sguardo. “In quel caso lo depennerò dalla lista dei miei contatti. Allora, cosa ne dici?” mi incalzò nuovamente.
“Mi piace”, approvai.
Amy sospirò. “Ma fa sempre così? Accetta la tua prima proposta?”.
Morgana sorrise compiaciuta. “Perché lei a differenza tua si affida a me completamente e sa che è la cosa migliore”, sancì con voce sicura di sé e uno scintillio piuttosto vivace nello sguardo.
“O forse è troppo buona”, replicò l'altra con uno scrollo di spalle. Immaginai che si divertisse semplicemente a contraddirla e non volesse darle la soddisfazione di mostrarsi a sua volta conquistata dalle sue scelte o dai suoi consigli.
Le sentii discutere durante tutta la mia preparazione, ma se non altro ciò mi permetteva di non concentrarmi troppo sui miei pensieri. Avevo persino cominciato a provare mentalmente qualche risposta sulle classiche domande che concernevano la mia famiglia, i miei studi e il mio lavoro al pub. Ma sapevo cosa fosse a terrorizzarmi all’idea di quella serata. Uscii dal bagno e le trovai entrambe nel soggiorno e pronte a osservarmi, chiedermi di fare un giro su me stessa.
Indossavo un paio di pantaloni scuri dal cavallo alto e una giacca abbinata a doppio petto. Al di sotto, quando avrei slacciato la giacca, si sarebbe intravisto il top bianco con lo scollo a cuore e le spalline abbassate. Ai piedi delle semplici décolleté per slanciare ulteriormente la silhouette[5].
“Scherzi a parte, sei sicura di stare bene?” mi domandò Morgana alla fine della seduta di make-up e dopo avermi arricciato qualche ciocca di capelli. Era la stessa pettinatura che avevo esibito la notte dello spettacolo a Londra e quel dettaglio mi era sembrato di buon auspicio.
Amy mi scrutò a sua volta con aria guardinga. “Hai a malapena aperto bocca da quando sei uscita dal bagno. Sei così nervosa?” indagò.
“No”, avevo ribattuto frettolosamente per poi sospirare. “Cioè, sì… ovviamente sono un po’ nervosa anche se non è un appuntamento vero e proprio…” specificai ancora una volta come se ciò mi potesse aiutare a ridimensionare le mie paure.
Morgana contrasse le labbra ma sembrò riuscire a trattenersi dal ribattere sul punto e mi guardò più intensamente per poi annuire tra sé e sé. “Hai deciso di dirgli tutto quanto, vero?” mi domandò.
Sentii un silenzio intenso seguire quella domanda.
Annuii. “Non voglio mentire a Bradley”.
“Certo, non puoi iniziare a uscire con lui senza che sappia cosa c’è quasi stato tra te e Tom,” commentò Amy in tono solidale, “ma in fondo aveva già intuito qualcosa la sera in cui vi siete conosciuti. A parte criticare il tuo dubbio gusto sui ragazzi, non dovrebbe fartelo pesare…”
“Non si tratta solo di Tom…” specificai e rilasciai un profondo sospiro.
Le vidi scambiarsi uno sguardo piuttosto eloquente e rivelai loro le mie intenzioni.  Approvarono la mia decisione e lodarono la mia determinazione. Seppur entrambe continuassero a pronunciare parole di incoraggiamento, nessuna delle due avrebbe potuto prevedere l’esito di quella serata. Considerando, inoltre, l’ammonimento precedente ero più che decisa a non chiedere il responso di Luna.  Apprezzai che fossero tutte presenti durante il tragitto in auto con Sean.
“Cerca di passare una buona serata” mi aveva augurato il mio amico, sporgendosi a darmi un bacio sulla guancia.
“Andrà tutto bene”, aggiunse Amy, stringendomi la spalla.
“E se così non fosse torneremo da lui con forconi e torce!” aggiunse Morgana con un ammiccamento, riuscendo a farmi ridere. Mi volsi in direzione di Luna che sembrava troppo concentrata a canticchiare tra sé e sé, dando sempre l’impressione di trovarsi lì con noi per puro caso ma con la mente già persa in ben altri pensieri mentre scrutava fuori dal finestrino.
Rivolsi loro un ultimo sorriso e scesi dall’auto di Sean. Tenevo tra le mani un’alzata con un dolce che avevo preparato per l’occasione e, camminando cautamente per i tacchi, percorsi il breve viottolo e suonai il campanello mentre l’orologio scoccava l’orario convenuto.
Quando Bradley mi aprì la porta e ne contemplai il sorriso, seppi che sarebbe valsa la pena affrontare tutto il nervosismo e l’ansia che avevano accompagnato quella giornata solo per quell’istante.
“Ben arrivata”. Si scostò premurosamente di lato così che potessi valicare la soglia dell’appartamento e mi guardai attorno curiosamente, quasi cercando nei mobili, nell’arredamento e nella scelta delle suppellettili, altri indizi sulla personalità del ragazzo che avevo di fronte. Lo sentii chiudersi la porta alle spalle e mi sentii invadere dal suo profumo: “Vuoi lasciarmi il cappotto?” sussurrò e dovetti trattenermi dal rabbrividire in modo troppo evidente.
Lo ringraziai e lasciai che lo appendesse all’attaccapanni.
“Stai benissimo”, mormorò l’attimo dopo, chinandosi a baciarmi la guancia.
Sentii la mia pelle intirizzirsi, ma gli sorrisi: “Anche tu”.
“Lo so”, rispose con un sorrisetto complice.
Sorrisi con leggerezza di quella risposta, prima di porgergli l’alzata che avevo confezionato. “Ho pensato di portare questo dessert: l’ho preparato ieri ma potrei aver avuto dei suggerimenti da un certo aspirante pasticciere”, spiegai con un sorriso nel porgerglielo.
“Mhm, non vedo l’ora di assaggiarlo, grazie del pensiero”, mormorò, prima che mi facesse strada.
“Come vedi è un ambiente molto semplice, ma l’importante è che sia funzionale fino a Giugno e non troppo impegnativo da gestire e da tenere in ordine”, mi spiegò con un atteggiamento pragmatico che potevo ben comprendere. Dopotutto, pensai razionalmente, era anche possibile che, alla fine dello spettacolo, sarebbe tornato a Londra. O persino che il suo lavoro lo portasse dall’altra parte dell’oceano. Aspettai che tornasse e lo sentii aprire il frigorifero per riporre il dolce.  
“Mi piace molto e capisco cosa intendi: anche io e Morgana abbiamo cercato di non complicarci troppo la vita. Spero solo che la tua affittuaria non sia parente della nostra e non abbia strane manie”. Seppur l’avessi pronunciata come una battuta, al pensiero di Dolores Umbridge sentii un brivido e ringraziai che l’ultima ispezione, che aveva dato buon esito, fosse avvenuta mentre mi trovavo al lavoro, ma Morgana non aveva avuto problemi a gestirla. O un ragazzo da nascondere.
“E’ stato Silente a fornirmi un contatto”, si schermì con un sorriso. “La cena è quasi pronta, che ne dici di un cocktail… analcolico, giusto?”.
“Volentieri”, replicai dopo aver annuito.
Entrai nella cucina moderna coi ripiani in acciaio e un’isola con un ampio ripiano che doveva aver usato per cucinare. Si muoveva fluidamente e agevolmente tra gli scaffali e non potei che osservarlo con il volto reclinato di un lato e un sorriso durante la breve preparazione. Pochi istanti e mi porse un calice di un colore vivace e dal profumo intuii che era un concentrato a base di frutta.
“Allo spettacolo”, mormorò, facendo cozzare i due bicchieri.  
Sorrisi e ne ricambiai il gesto prima di sorseggiare la bibita e mugugnare. “Ma è buonissimo. Una fortuna che tu non sia Assistente di Riddle o avrei dovuto temere la concorrenza”.
Bradley sorrise. “Ho lavorato anche io in un pub a Londra”, mi rivelò e annuì di fronte alla mia espressione sorpresa. “Non volevo pesare eccessivamente sui miei genitori e cercavo di contribuire per pagarmi gli studi. Avevo una particolare predilezione per i cocktail…”
“Sembri muoverti bene in cucina, complimenti.” Dovevo ammettere, probabilmente complice la mia natura golosa e i diversi reality a sfondo culinario che guardavo nel tempo libero, di trovare particolarmente affascinante quella caratteristica in un ragazzo.
“Diciamo che so fingere bene…”, replicò con un sorriso più vispo. “Potrei aver imbrogliato e aver ordinato qualcosa a casa”, aggiunse in un sussurro e un breve ammiccamento.
Risi per risposta. “Non volevo darti tanto disturbo, magari potremmo andare a cena fuori… la prossima volta”, mi sentii dire e le mie guance divennero incandescenti.
“Ne terrò conto”, mormorò per risposta, dandomi un buffetto sulla punta del naso. “In realtà me la cavo bene con i piatti della nostra tradizione, ma volevo accertarmi che il menù fosse di tuo gradimento. Giuro che ho preparato da solo il pollo alla diavola. Ma potrei aver ordinato le lasagne in un ristorante italiano che mi ha suggerito Sean”.
“Fingerò di non aver sentito allora,” mormorai in tono complice, “piuttosto… posso aiutarti in qualcosa? Posso apparecchiare?”
Scosse il capo. “Ti ringrazio, ma assolutamente no”. Mi indicò la zona soggiorno con un sorriso. “Perché invece non ti metti comoda e finisci il tuo drink?”
“Sicuro?”
“Insisto”, mi esortò con un sorriso.
Mi mossi verso il divano ma la mia attenzione fu catturata da delle cornici che erano adagiate su un mobile insieme a una ciotola nella quale erano riposte le chiavi dell’appartamento e dell’auto. “Posso?” domandai in sua direzione.
Si sporse dall’uscio per capire a cosa mi stessi riferendo e sorrise. “Ovviamente, ma devo avvertirti che potrei averle scelte strategicamente per far colpo”.
Scossi il capo con un sorriso, ma studiai le immagini, contemplando quei momenti familiari e privati che dovevano aver un significato importante per lui e che erano immortalate. La prima foto che catturò la mia attenzione fu quella con Colin e riconobbi i vestiti eleganti che avevano indossato dopo essersi spogliati degli abiti di scena. “Come sta Colin?” domandai di slancio.
“Sta già facendo dei provini, ma ha promesso che non mancherà. Dovrebbe arrivare qualche giorno prima dello spettacolo e temo proprio che mi toccherà ospitarlo”, commentò con un sospiro stoico che immaginai fosse tutta finzione. Era evidente dalle loro espressioni quanto fossero complici anche dietro le quinte. Nella seconda cornice era in compagnia di una bella signora più bassa e in carne, ma la cui espressione buffa erano simile alle sua. “Complimenti: tua madre è una donna bellissima”.
“Mi premunirò di ricordarglielo quando mi telefonerà per la buonanotte”, rispose con la stessa disinvoltura, ma con una nota di dolcezza nella voce.
“Devo correggermi: tutta la famiglia è bellissima[6]”, mormorai e studiai più attentamente l’immagine che lo ritraeva con i genitori e una ragazza molto affascinante che aveva i suoi stessi occhi ma i capelli di una tonalità più scura. Il suo sguardo era reso raggiante e si cingeva con le mani un bel pancione. Bradley esibiva lo stesso taglio che aveva durante lo spettacolo, ragion per cui doveva essere stata scattata più o meno nello stesso periodo.
“Ma spero di mantenere il primato”, commentò in tono più suadente e ringraziai che non potesse osservarmi, mentre mi schiarivo la gola e arrossivo. Lo sentivo muoversi nella cucina, aprendo di quando in quando il forno per controllare le due preparazioni e riordinando gli utensili e gli ingredienti con cui aveva trafficato.
Il mio sguardo saettò verso la fotografia che lo ritraeva con un bambino in braccio che doveva avere circa due mesi e non potei fare a meno di sospirare per la tenerezza che emanava. Ero talmente presa da quella contemplazione che quasi sussultai quando mi resi conto della sua presenza alle mie spalle. Mi porse lo scatto perché potessi studiarlo da più vicino. “Mio nipote nonché figlioccio Lowell[7]: è nato a Dicembre”.
“Deve essere difficile perdersi questi suoi primi mesi”, mormorai e sollevai lo sguardo verso di lui.
Il sorriso sul suo volto parve appena più amaro, ma inclinò il viso. “Mia sorella mi manda tutti i giorni fotografie e video e ci sentiamo su Skype, ma ho promesso di far loro visita il più possibile. Non voglio certo che si dimentichi il suo meraviglioso zio”, soggiunse con un sorriso più compiaciuto. “Ogni lavoro richiede dei sacrifici e talvolta i compromessi non sono semplici, ma tu lo sai meglio di me.”
Annuii, pensando a quella sensazione che talvolta mi stringeva la gola per la nostalgia di casa. Scossi il capo, dicendomi che non fosse il momento adatto per rifletterci. Non potei fare a meno di domandarmi quanto sarebbe stato bello vederlo alle prese con suo nipote, mentre riponevo la cornice al suo posto. “Devono essere molto orgogliosi di te”.
“Molto. Mi chiedono notizie dettagliate dello spettacolo, di Silente, di Lupin e naturalmente di te”.
Il mio cuore cominciò a scalpitare più rapidamente e mi domandai in quale accezione avesse parlato di me, ma non osando pronunciare quella richiesta.
“Ad ogni modo, Milady, la cena è servita: se volete seguirmi…”
Sorrisi. “Con molto piacere e un discreto appetito.”
 
La cena trascorse in modo molto piacevole: al di là del mio nervosismo e delle mie ansie non avrei mai saputo ringraziare abbastanza Bradley che riusciva a mettermi a mio agio, alternando momenti più scherzosi e giocosi a momenti nei quali mi lasciava parlare e ascoltava con reale interesse. Fu affascinante sentirlo argomentare della sua passione per il teatro, nata quando era ancora un bambino e accompagnava i genitori agli spettacoli. Sembrava che avesse sempre saputo, fin dalla tenera età, che quello sarebbe stato il suo destino e non potei fare a meno di ammirarlo e persino invidiarlo. Registrai le informazioni sulla sua famiglia e sulla sua vita a Londra e gli chiesi maggiori dettagli della preparazione del loro spettacolo e dell’amicizia quasi fraterna con Colin.
Lui era altrettanto curioso della mia vita, ma non mi faceva alcuna pressione, lasciando che mi prendessi il mio tempo per spiegargli le cose o cercare di formulare i miei pensieri nella sua lingua madre. Non fu affatto semplice spiegargli l’ambito nel quale mi ero laureata ma non potevo fargliene una colpa perché persino i miei familiari avevano difficoltà a capirlo e non era facile ricordare la terminologia adatta nella sua lingua. Fu decisamente più agevole parlare della mia famiglia, della mia amicizia con Morgana, del mio incontro con Amy fino agli aneddoti del pub che lo divertivano e incuriosivano molto. Fu particolarmente colpito dall’atmosfera di cameratismo che gli stavo descrivendo, con la dovuta eccezione di Rankin, e naturalmente del Signor Riddle.
“E’ un uomo così modesto poi…” commentò Bradley. “Nell’Accademia di Londra abbiamo persino dei filmati di lui e posso assicurarti che raramente si vedono attori con la sua preparazione e la sua naturalezza. Era puro talento”, mi spiegò. Vidi nuovamente quell’anelito di mera ammirazione farne quasi brillare lo sguardo nel parlare di lui.
“Non mi sorprende: Silente ne parla ancora con grande orgoglio, ma sembra aver accettato e compreso la sua scelta di ritirarsi dalle scene”, spiegai seppur fossi sempre confusa al riguardo.
Bradley sembrò accigliato. “Anthony stesso ancora non si spiega il motivo e rimpiange di non essere riuscito a portarlo a Londra. Ma è sempre stato l’uomo di Silente, fino alla fine.”
“E giurerei che sia ancora così: sembra essere l’unico in grado di metterlo in soggezione ancora oggi”.
Bradley ridacchiò al riferimento. “Non mi sorprende: io stesso mi sento così in sua presenza”.
Annuii con la stessa enfasi. “Quando l’ho conosciuto mi è sembrato un Babbo Natale ma credo che non sopporterei mai l’idea di deluderlo. Anche per lui voglio fare del mio meglio allo spettacolo”.
“Ci riuscirai”, mi rassicurò lui. “Anche perché io stesso non me lo perdonerei. Ma parlami invece un po’ di te. Credo di aver capito, più o meno, il tuo percorso di studi, la tua famiglia, il tuo rapporto con Sean e con le tue amiche”.
Mi sentii tendere, immaginando che stessimo giungendo al momento cruciale, ma attesi che formulasse la domanda, stringendomi le mani in grembo e promettendomi, per l’ennesima volta, che avrei affrontato la situazione con maturità e onestà.
“Quali sono le tue passioni? Cosa ti piace fare nel poco tempo libero a disposizione, a parte passare il tempo con le amiche?”
Non avevo bisogno di riflettere sulla risposta. Mi sarebbe salita alle labbra istantaneamente ma, seppur fino a quel momento Bradley mi fosse sembrato molto rispettoso ed attento, sarebbe stata la prima volta che condividessi una simile informazione con qualcuno di diverso dalle mie amiche. Persino coi familiari avevo difficoltà ad esternare qualcosa di così personale e privato.
“La scrittura…” risposi e sollevai lo sguardo a incontrare il suo.
Bradley sbatté le palpebre e poi sorrise, raddrizzandosi sulla sedia. “Questo sì che è un hobby particolare: lo fai da molto?” mi domandò e si sporse per osservarmi con più attenzione.
“Ho iniziato quando ero poco più di una bambina e ringrazio il cielo che su internet e sui vecchi floppy non ci siano tracce di quegli obbrobri!” commentai in tono sincero, facendolo ridacchiare. “Sono seria: erano schifezze”, precisai e sollevai la mano quasi ad invitarlo a non chiedermi ulteriori dettagli. “Si trattava di brevi racconti ispirati da serie tv o da manga giapponesi. Lo trovavo rilassante, ma con il tempo, crescendo, mi sono resa conto che era un modo di esprimermi attraverso i personaggi. Poco contava che fossero inventati da me o presi da altri autori e rielaborati: ognuno di loro aveva qualcosa di mio o qualcosa che avrei voluto esprimere ma non ero in grado di farlo personalmente. Sono sempre stata una persona piuttosto… introversa”.
“Lo trovo davvero affascinante”, ribatté Bradley. “Non lo dico per educazione o per far colpo: credo che non sia molto diverso dall’essere un attore. Entrambi indossiamo metaforicamente o meno i panni di qualcun altro e a volte ci illudiamo che quelle emozioni rimangano nel personaggio e non sia uno riflesso delle nostre. Scrivi ancora?”
“Vorrei continuare a farlo”, confessai. “Non ho molto tempo libero ultimamente, ma è sempre piacevole tornare tra quelle pagine anche solo per una mezzoretta e dimenticare i problemi, le preoccupazioni e tutto quello che mi circonda…” cercai di spiegare con uno scrollo di spalle.
“E’ catartico, è vero.” Convenne e non potei fare a meno di sorridere perché avevo la sensazione che lui fosse realmente empatico in quel frangente. “Fammi indovinare: stai per caso scrivendo dell’epoca vittoriana?”
“Colpita e affondata”, mormorai con uno sbuffo.
Lui ridacchiò. “Me lo dicesti fin dal primo incontro che ti piaceva quel contesto storico e potrei aver notato tra le mensole della tua libreria, dei volumi a tema, oltre alla collezione di Jane Austen ovviamente…” mi informò con un ammiccamento che mi fece arrossire. “Immagino che siano storie d’amore”.
Mi schiarii la gola e allungai la mano a prendere il bicchiere di vino con un gesto eloquente che lo fece sorridere non poco.
“Non intendo essere invadente più del dovuto per oggi”, mi rassicurò per poi guardarmi più dolcemente. “Hai mai pensato di farlo per lavoro?”.
Scossi il capo e aggrottai le sopracciglia. “Non seriamente: è sempre stata un’attività relegata al tempo libero o qualcosa da fare come hobby o per affrontare un momento difficile…” gli spiegai.
“Forse dovresti riconsiderare l’idea”, mi suggerì con voce più intensa.
Scossi il capo e scrollai le spalle. “Sei gentile, ma leggermente imparziale. Non ho la formazione adeguata e neppure l’esperienza”.
“Ma hai la passione che muove tutto il resto: per quanto l’impegno e lo studio siano importanti e così una buona dose di talento, è quella motivazione interiore a guidare tutto il resto. Dovresti guardarti mentre ne parli: ti brilla lo sguardo…” mormorò in tono più dolce.
Mi sentii arrossire. “Non lo starai dicendo nella speranza che ti lasci leggere qualcosa?” finsi di accusarlo con aria indagatrice, anche affinché cambiassimo argomento. Non mi sentivo molto a mio agio a continuare quella conversazione.
“Sono serio”, sussurrò Bradley sporgendosi appena in mia direzione.
“Lo so”, mormorai più intensamente. “Posso prometterti che ci penserò ancora se ti fa piacere”.
“Bene. Ma ovviamente non mi offenderei se chiedessi a Morgana di tradurre i tuoi scritti. Soprattutto se avessi immaginato un affascinante personaggio a mia immagine e somiglianza” si indicò con un gesto ampio delle mani.
Mi schiarii la gola in modo eloquente: “Credo che mi avvarrò del diritto di non rispondere”.
Bradley rise ad annuì. “Concesso. Che ne dici se ci spostiamo sul divano? Preparo il caffè e ci gustiamo il tuo dolce”.
“Posso aiutarti almeno a sparecchiare?” mi offrii nel tentativo di impilare i nostri piatti.
“Certo che no. Mettiti comoda: farò presto”.
“Solo se prometti che potrò ricambiare e la prossima volta sarò io ad occuparmi di tutto”.
Sorrise più dolcemente e ammiccò. “Spero proprio di sì”.
Lo seguii con lo sguardo mentre si dirigeva in cucina e tornai in salotto per poi accomodarmi sul divano.  Ero felice di come stavano andando le cose tra noi: era stato incredibilmente piacevole parlare con lui e mi sembrava che la sua figura divenisse sempre più concreta e reale, a mano a mano che ne conoscevo il carattere, i punti di forza, i difetti che si attribuiva, le sue passioni e ciò che non gli piaceva o che lo infastidiva. Fino a pochi minuti prima non avrei mai neppure immaginato di aprirmi con lui fino a quel punto e raccontargli della mia passione per la scrittura, come non ero mai riuscita a fare neppure con le compagne di liceo con le quali ero stata gomito a gomito per ben cinque anni. Ed era il primo ragazzo in assoluto ad esserne a conoscenza.
“Ha un aspetto delizioso” mormorò Bradley con voce golosa, trasportando il vassoio e appoggiandolo sul tavolino da caffè di fronte a noi.
“Spero lo sia anche il sapore…” mormorai con un sorriso nervoso, sperando di non aver dimenticato nulla, anche se avevo telefonato a Neville un paio di volte e gli avevo persino mandato delle foto. Attesi che prendesse posto e presi con un ringraziamento il piattino che mi porgeva.
Bradley assaggiò e mugugnò di delizia con aria così infantile da strapparmi una risata, prima di deglutire. “Lo è davvero, complimenti: saresti da sposare solo per questo”.
“Lo inserirò nel mio curriculum”, risposi giocosamente, ma scuotendo leggermente il capo.
Sospirai e appoggiai la tazza di caffè ormai vuota sul tavolino. “Ho paura di guastare questa bella serata, ma sei stato molto paziente da quando sei arrivato e meriti delle spiegazioni”.
Lui stesso sembrò rendersi conto di quel cambiamento repentino di atmosfera e abbandonò il dessert per volgersi in mia direzione e prendermi delicatamente la mano. “Non è mia intenzione farti pesare i tuoi trascorsi con Tom, soprattutto considerando che nelle ultime settimane sembrate ignorarvi bellamente, quando non state provando…” mormorò in tono gentile. “Ma per quanto mi dispiaccia ammetterlo, è evidente che abbia avuto un ruolo molto importante nella tua quotidianità, persino la sera in cui ci siamo conosciuti.”
Mi morsi il labbro ed annuii ma ne trattenni la mano, quasi avendo bisogno di un punto fermo.
“Ti prometto che cercherò di rispondere a ogni domanda in modo sincero: non voglio mentire. Non a te…” soggiunsi con enfasi e lo guardai negli occhi.
Inarcò le sopracciglia con evidente sorpresa e quasi una sorta di timore di scoprire una verità che avrebbe potuto non piacergli e compromettere tutto.
Sospirai ma raccolsi coraggio e lo osservai. “Vorrei partire da un paio di premesse se non ti dispiace”.
Mi fece un cenno di assenso e raccolsi i miei pensieri, sentendo la mente brulicare e una morsa all’altezza dello stomaco per l’ansia. La mia voce uscì più tremula e flebile del consueto: “La prima è che non ho mai avuto una relazione fino a questo momento”. Sentii le guance bollire ma continuai. “Non ho mai neppure ricevuto un bacio”.
Bradley mi sfiorò il dorso della mano, inducendomi a tornare ad osservarlo in volto per quanto mi sentissi mortificata da una rivelazione simile. Inclinò il viso di un lato e mi guardò più dolcemente e con un moto di preoccupazione. “Non sei obbligata a parlarne adesso, se non ti senti pronta.”
Scossi il capo, consapevole che non mi sarei perdonata se non fossi arrivata fino in fondo. “Credimi è meglio che me lo lasci fare o potrei non trovare più il coraggio”.
“D’accordo: fai con calma, non vado da nessuna parte.” sussurrò più dolcemente.
Gli sorrisi come implicito ringraziamento, prima di riprendere le fila del discorso. “La seconda premessa è che, affinché tu capisca meglio tutte le implicazioni del mio rapporto con Tom e delle ingerenze di Emma, devo fare un passo indietro e parlarti di un’altra persona: Matteo.”
Sembrò completamente confuso e smarrito e provò a ripeterne il nome in uno stentato italiano, quasi a chiedermi una conferma.
Annuii. “Il vero Matteo e quello fittizio…” specificai e fui lieta che non mi ponesse domande, nonostante la sua espressione apparisse sempre più interdetta.
Ancora una volta, rievocai i ricordi delle scuole medie e cercai di fornirgli una sintesi breve ma abbastanza esaustiva della sua personalità, delle nostre interazioni quotidiane, fino a quella scintilla scattata qualche anno dopo. Aveva ascoltato tutto con attenzione e quel sorriso dolce non aveva lasciato le sue labbra, nonostante gli stessi parlando di un perfetto sconosciuto.
“Sembra che tu avessi un debole per i bad boy”, mormorò con un moto di comprensione e di curiosità.
Sorrisi quasi ironicamente a quel pensiero e annuii.
“Rimpiangi spesso che non sia stato lui il tuo primo ragazzo?” mi domandò in un sussurro delicato. Sembrava realmente interessato a scoprire quella parte più intima e personale dei miei pensieri.
“A volte sì.” ammisi con voce flebile.
Annuì. “Sinceramente mi dispiace molto per quella ragazza con gli occhiali, timida e introversa che cercava il suo spazio nel mondo attraverso quei primi racconti”.
Mi morsi il labbro ma sorrisi. “Quei primi orribili racconti” precisai con una risatina più amara.
Inclinò il viso di un lato. “Pensi ancora spesso a lui?”
Lo guardai più intensamente, ma scossi il capo, dopo averci riflettuto per qualche secondo. Probabilmente avrei continuato, soprattutto nei giorni di maggiore fragilità, a interrogarmi su come sarebbe stata la mia vita se fossimo stati insieme, ma non vi avevo più riflettuto così intensamente dalla fine della storia tra Amy e Daniel. “Non in quel modo.”
Mi guardò con persino più premura nello sguardo e sussurrò: “Non ti biasimerei se fosse così”.
“Posso assicurartelo.” mormorai per risposta, “Ma sono stata io a richiamarlo in causa mio malgrado, dopo aver conosciuto Tom ed Emma”.
Il ragazzo non parve sorpreso, ma inarcò le sopracciglia. “Avevo intuito che fosse molto gelosa e possessiva nei confronti di Tom…” mormorò quasi tra sé e sé.
“Per quanto mi piacerebbe, non posso attribuirle tutte le responsabilità: ho mentito e non sono stata sempre rispettosa del suo rapporto con Tom”, rivelai in tono quasi stanco e con un moto di vergogna.
A quelle parole, lui era sembrato rabbuiarsi ma aveva atteso pazientemente che riprendessi il mio racconto e non mi aveva interrotta, se non per chiedermi qualche ulteriore delucidazione, soprattutto sul ruolo di Dario nelle vesti di Matteo e sulle circostanze che, quella sera a Londra, mi avevano spinto a discutere e poi riappacificarmi con Tom. Di fatto, così facendo, avevo rimandato il nostro incontro.  A quel punto lui stesso mi aveva rivelato che, il giorno dopo, aveva sperato di incontrarmi con Silente per la visita guidata alla loro Accademia. Dopo avergli proposto quell’incarico, il Preside stesso lo aveva esortato ad accompagnarlo in hotel.
“Tornai con lui in albergo,” continuò a parlare in un sussurro più triste, “ma il direttore ci disse che stavi passando la giornata in giro per la città con l’altro ospite di Glasgow.” Concluse in tono pacato che non fece che accrescere il mio disagio e il mio senso di colpa.
Sospirai pesantemente e scossi il capo quasi a rimproverare il mio alter ego di qualche mese prima. “Non sai quanto abbia rimpianto di esser stata così sciocca da concedergli l’ennesima occasione. Soprattutto perché ho temuto che non ti avrei mai più rivisto”, confessai più mestamente.
Bradley mi sfiorò il dorso della mano e sorrise. “E’ stato Silente a suggerirmi di tenerti nascosta la mia assunzione, così da darti tempo per affrontare la tua confusione e non accrescerla…” mormorò e non potei che sorridere per l’infinita saggezza e la dolcezza del Preside. Non potei fare a meno di ripensare alla nostra chiacchierata in aereo nella quale aveva sfacciatamente fatto allusione al “colpo di fulmine” tra noi, tenendomi tuttavia nascosto il suo ruolo nei prossimi mesi.
“Non gli sarò mai abbastanza grata.”
Fu quindi con un sospiro che ripresi e gli raccontai delle ultime vicissitudini e di come avessi toccato il fondo solo dopo il regalo di Tom, smascherato dalle parole di Emma e le tensioni che erano state alimentate dal suo arrivo e dal suo ruolo di Assistente. Alla fine di quella lunga narrazione mi ero sentita sopraffare dalla stanchezza. Soprattutto, mi ero resa conto, di come gli eventi avessero assunto uno schema ripetitivo e quasi patologico nel quale io e Tom, in un modo o nell’altro, creavamo un equilibrio precario che finiva inevitabilmente per sgretolarsi, ogni volta che lui compiva qualche gesto inappropriato nei miei confronti e in quelli della sua fidanzata storica. Mi ero resa conto, obiettivamente, che avevo sbagliato a mia volta a concedergli troppa confidenza, nonostante i pareri negativi delle mie amiche e ogni volta avevo finito con il pentirmene. In verità le ultime settimane nelle quali le nostre interazioni si erano limitate esclusivamente alle prove scolastiche avevo provato un senso di pace e di liberazione che non sentivo da prima di conoscerlo. Era come se la sua presenza fosse divenuta un gas nocivo a cui non solo mi ero abituata, ma che mi aveva persino assuefatto in talune circostanze. Avevo la gola quasi secca e allungai la mano a recuperare il mio bicchiere d’acqua mentre Bradley sembrava avere lo sguardo fisso in un punto indefinito. Mi resi conto che i suoi lineamenti apparivano più rigidi e aveva un solco tra le sopracciglia a testimoniarne lo stato d’animo tutt’altro che lieto. Mi morsi il labbro inferiore ma mi imposi di lasciargli tutto il tempo necessario per poter processare tutto ciò che gli avevo rivelato e rendersi conto di come i fatti si fossero intrecciati, compresa la sua apparizione nella mia vita. Dopo quella che parve un’eternità si voltò in mia direzione e sospirò. Ogni traccia di sorriso era scomparsa dal suo volto e persino i suoi occhi sembravano spenti e ciò bastò a farmi tendere.
“E’ davvero molto da assimilare.” Sembrò volersi giustificare per la difficoltà di trovare qualcosa da dire, probabilmente incapace di decidere quale fosse il modo consono di reagire.
“Me ne rendo conto.” mormorai e mi sforzai di apparire tranquilla e comprensiva. “Non potrei certo biasimarti se tu ti sentissi diffidente nei miei confronti: ho fatto un casino dopo l’altro e avrei potuto porvi rimedio subito se avessi avuto più coraggio e fossi stata sincera da principio.” In fondo, avevo continuato a ripetermi, perché avrei dovuto curarmi del giudizio di Emma? Avevo sospettato fin dalla prima conversazione privata che tra noi non sarebbe mai nata una vera amicizia. E neppure lo avevo mai desiderato, se dovevo essere del tutto onesta con me stessa.
Il ragazzo si alzò dalla sua postazione e quasi sussultai ma lo vidi raccogliere le stoviglie sporche per portarle in cucina, probabilmente cercando di prendere tempo e radunare le idee. Pensai che non fosse il caso di chiedergli nuovamente se avesse voluto il mio aiuto e lasciai che si prendesse quegli istanti per restare da solo.  Quando rientrò in soggiorno, mi scostai dallo schienale del divano e attesi in silenzio, seppur mordicchiandomi il labbro inferiore.
Sembrò faticare a trovare le parole ma alla fine prese di nuovo posto al mio fianco e parlò con la consueta pacatezza. “Capisco che non sia stato facile parlarne e conoscendo i fatti posso capire perché apparissi così rigida ogni volta che mi riferivo a Tom.” convenne con un sospiro. Le sue labbra si incresparono appena nell’ombra di un sorriso. “Apprezzo che tu sia stata sincera con me”.
Mi tesi istintivamente, perché avevo la sensazione che stesse per arrivare la parte sgradita del discorso e volesse attenuarne l’impatto. Persino in quel momento si comportava come un “cavaliere”. Inclinai il viso di un lato. “Ma?” lo esortai a parlare direttamente.
Strinse le labbra. “Non ho alcun diritto di giudicarti e non vorrei mai ferirti, ma voglio e devo essere onesto con te.” mormorò con voce più grave, guardandomi negli occhi.
Trattenni il fiato ma lasciai che parlasse e ne sostenni a fatica lo sguardo.
“In questo momento mi riesce estremamente difficile riconoscere la ragazza che ho osservato e ammirato da quella sera di Dicembre in quella che hai descritto in queste situazioni.” mormorò in tono accorato che ne fece scintillare lo sguardo. “La stessa che ha volontariamente mentito e omesso la verità per timore del giudizio e delle azioni di un narcisista patologico e della sua svenevole ragazza”. Pronunciò gli aggettivi riferiti alla coppia con evidente disprezzo.  
Non potei fare a meno di sentire un nodo in gola, seppur ne comprendessi la reazione e non potessi trovare una giustificazione ai miei comportamenti. Trovavo amaramente ironico che Morgana mi avesse messa in guardia affinché non idealizzassi il ragazzo che avevo di fronte ma, in fin dei conti, lui sembrava aver fatto lo stesso con me. E, in quel momento, realizzai con un nodo in gola, era evidentemente deluso dal confronto tra le sue fantasia e la realtà dei fatti.
“Non cercherò di giustificarmi.” mormorai con voce più flebile, cercando di restare aggrappata al mio respiro e di mantenere un minimo di dignità e di autocontrollo. “So di essere una persona ancora immatura sotto diversi punti di vista e mi rincresce molto di averti deluso.” Cercai nuovamente il coraggio di guardarlo in volto. Sembrava in procinto di voler rispondere ma lo interruppi. “Era giusto che tu sapessi tutto per conoscermi davvero”.
“Sai cosa mi dispiace davvero di tutta questa storia intricata?” mi domandò con espressione contrita. Sembrava che pronunciare quelle parole fosse per lui difficile come per me ascoltarle. “Tutti noi abbiamo dei rimpianti guardando al nostro passato, ma ho l’impressione che tu non abbia mai perdonato quella liceale introversa, silenziosa e sognatrice che trepidava per recarsi a quella fermata dell’autobus nella speranza di rivedere la sua prima cotta”.
Mi morsi il labbro a quelle parole e distolsi lo sguardo, fin quando non mi strinse più delicatamente la mano.
“Quella ragazza è ancora dentro di te: ne ho visto uno spiraglio quella sera a Londra e sono quasi certo che tu sia stata vittima più volte dei raggiri di quei due perché nelle persone cerchi sempre il meglio, anche quando non lo meritano. O, peggio ancora, approfittano della tua buona fede e della tua sensibilità…” pronunciò con calma e il cipiglio si corrugò nuovamente al pensiero.
“Devo chiederti del tempo per riflettere su tutto questo.” Sussurrò dopo quella che parve un’eternità nella quale persino il mio respiro era rimasto in sospeso.
“Certo.” mormorai per risposta. Mi sforzai di sorridere e di simulare tranquillità. “Ti ringrazio molto per la cena, ma credo che sia ora di tornare a casa.”
Bradley annuì e fu lesto a rimettersi in piedi e a recuperare le chiavi dell’auto, insieme ai nostri cappotti.  “Ti accompagno”.
 
Il tragitto in auto fu breve, ma particolarmente silenzioso. Intuivo che il ragazzo alla guida stesse ancora riflettendo sulle mie parole anche dalla presa salda sul volante e dal corrugamento delle sopracciglia. Mi accompagnò fino alla porta del nostro appartamento, al quinto piano.
“Allora ci vediamo in Accademia.” mormorò con un sorriso gentile.
Contai i passi che stava facendo per raggiungere l’ascensore: avevo la sensazione che se lo avessi lasciato andare in quel modo, me ne sarei pentita profondamente. Qualcosa dentro di me scattò e ne richiamai l’attenzione: “Aspetta un attimo, per favore.”
Mi affrettai a ricoprire la distanza e Bradley si voltò con le sopracciglia inarcate, ma attese che prendessi coraggio e trovassi le parole per far chiarezza dei miei pensieri in quel momento.
Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi quasi in un gesto di resa e di frustrazione.  “La mia vita, come avrai capito, è piena di incertezze e da un punto di vista personale, professionale, per non parlare di quello emotivo…” mi sentii pronunciare con voce flebile. Feci un ulteriore passo in avanti e ne cercai lo sguardo, affinché le parole successive fossero ben metabolizzate. “Ma so per certo che quella sera a Londra ha cambiato le cose per sempre.” Sorrisi e inclinai il viso di un lato, cercando di spiegarmi meglio. “Morgana una volta mi ha detto che a volte le persone devono attraversare delle deviazioni sbagliate per trovare la propria strada e credo che Tom e lo spettacolo siano stati esattamente questo per me. Tutto ciò che di assurdo e di caotico è avvenuto dal mio arrivo a Glasgow doveva condurmi a Londra quella notte…” le mie labbra si distesero in un sorriso sincero. “Da te.”
Sembrò che il suo contegno vacillasse e vidi un nervo tendersi sulla sua guancia, ma restò immobile, continuando a studiarmi, mentre inspiravo profondamente per trovare la forza di proseguire.
“Conoscerti e stare in tua compagnia mi sta facendo tornare sul percorso giusto. So che è solo un primo passo, ma spero con il tempo di riuscire a meritarmi il tuo rispetto e la tua fiducia”.
Lui sospirò e sembrò in procinto di ribattere, ma sollevai la mano, pregandolo silenziosamente di lasciarmi terminare. “A prescindere da quello che potrebbe o non accadere tra noi, voglio solo che tu sappia che non potrò mai ringraziarti abbastanza per il bene che mi hai fatto, anche senza saperlo. Non lo dimenticherò mai.” Terminai con voce flebile, sentendomi vicina alla commozione. Mi sollevai sulle punte e ne baciai la guancia.
“Buonanotte”, sussurrai dopo essermi nuovamente abbassata sui talloni.
Un sorriso più dolce gli increspò le labbra e ne fece baluginare lo sguardo, dandomi l’impressione di rivedere quell’affascinante “cavaliere” che mi aveva emozionato dal primo momento. Si chinò verso di me e sentii le sue labbra premere delicatamente contro la mia fronte. “Buonanotte”.
Trattenni il fiato e socchiusi gli occhi. Avrei voluto più di ogni altra cosa supplicarlo di cingermi per un breve istante e dimenticare ciò che gli avevo raccontato. Almeno per un attimo. Avrei voluto sostare in quella bolla, non sapendo cosa sarebbe accaduto dopo, accontentandomi di quel momento. Mi ripetei che non sarebbe stato giusto e lasciai che si scostasse e lo seguii con lo sguardo fin quando non entrò nella cabina dell’ascensore.
Sospirai e quel nodo in gola sembrò persino più forte. Rimasi in corridoio per qualche istante, sentendo attutiti i suoni di chiacchiere e risate che provenivano dagli appartamenti che mi circondavano. Cercai di concentrarmi su quegli schiamazzi, il tempo sufficiente a regolarizzare il respiro, ad asciugarmi il viso e a tornare nel mio appartamento dopo essermi sincerata di apparire il più composta possibile. Insinuai le chiavi nella serratura e mi parve che le voci delle mie amiche si estinguessero istantaneamente. Erano entrambe sedute sul divano e impostarono la pausa al programma che stavano guardano – una puntata di The Big Bang Theory notai distrattamente – e si volsero in mia direzione.
“Ciao ragazze”, mi sforzai di parlare in tono tranquillo, notando che Luna doveva già essere tornata a casa. Vidi Morgana controllare l’orologio con aria sorpresa, ma si drizzò subito in piedi, mentre io mi prendevo qualche istante per togliermi il cappotto e sfilarmi le scarpe eleganti.
“Allora gli hai detto tutto?” mi domandò Amy senza preamboli. “Tutto quanto?”
Annuii, camminando verso il soggiorno e lasciandomi cadere sulla poltrona. Notai distrattamente gli avanzi di pizza davanti a loro, ma sentii lo stomaco contrarsi come per la nausea.
“Stai bene?” mi domandò prontamente Morgana.
“Non proprio…” risposi, ma mi sforzai di sorridere. “E’ stato molto gentile come suo solito, ma anche molto sincero: ha bisogno di tempo”.
“E’ normale che sia così,” sembrò volermi tranquillizzare Amy, “è una cosa abbastanza pesante da mandare giù. Quasi mi pento di aver avuto l’idea di presentarti Dario…” aggiunse con un sospiro.
“Non è assolutamente colpa tua”, mi affrettai a precisare. “Avrei dovuto chiarire subito le cose con Emma e stare alla larga da lei e dal suo amato…” conclusi con una smorfia. Il solo pensiero di quella coppia mi riempiva di rabbia e di acredine.
Dalle loro espressioni era evidente che pensassero lo stesso ma fui grata che non me lo rinfacciassero in quel momento, malgrado più volte avessi ignorato i loro consigli.
“E’ un buon segno che Bradley ti abbia chiesto del tempo, comunque”, continuò Morgana con la sua tipica sicurezza. “Significa che non vuole prendere una decisione affrettata e penso che sia la cosa migliore. Con il tempo ti conoscerà meglio e se così non fosse, io e Sean ci siamo già prenotati per fargli pelo e contropelo” aggiunse in tono più scherzoso.
“Deve essere un record il mio”, mormorai tra me e me, passandomi una mano tra i capelli e appoggiando le ginocchia alla poltrona, stringendomele al petto. Il fatto che Morgana non mi sgridasse per come stavo sgualcendo i vestiti era un chiaro segno della tensione del momento. “Potrei aver rovinato una bella storia ancora prima che iniziasse…” commentai in tono ironico, scuotendo amaramente il capo.
“Non sarebbe comunque finita bene, se fosse iniziata con una simile omissione” mi fece notare Morgana seppur in tono gentile.
Annuii. “Lo so, ho continuato a ripetermelo, ma non mi consola”.
Lei mi strinse dolcemente la mano. “Per quel che vale, sono incredibilmente orgogliosa di te.”
Ne ricambiai la stretta e sorrisi, consapevole che da quel giorno sarei riuscita a guardarmi allo specchio con meno sensi di colpa sulle spalle.
“Se le cose non andassero in porto, potrei provarci io con lui?” mi domandò Amy con una tale faccia tosta che Morgana quasi lasciò cadere il bicchiere che stava portandosi alle labbra. “Certo, lascerei passare un po’ di tempo…” aggiunse quasi a mo’ di consolazione.
Sbuffai ma risi e fui persino grata di quella battuta che riuscì a stemperare la tensione del momento. “Comunque stasera hai avuto molto coraggio e per questo ti stimo.” Aggiunse più dolcemente, prima di battere le mani in un gesto pratico che le avevo visto fare al pub infinite volte. “Allora cosa ti preparo? Una cioccolata? Una tazza di the?”
Morgana scosse il capo e anticipò la mia risposta. “Qui ci vuole qualcosa di più forte”.
Mi sollevò quasi di peso dalla poltroncina e mi condusse con sé in cucina.
 
I miei guai sembrarono decisamente molto più leggeri dopo qualche drink preparato appositamente da Morgana e qualche risata in compagnia, cercando di cambiare argomento. Amy, ad esempio, si era premunita di raccontarmi uno degli appuntamenti più disastrosi degli ultimi tempi, in compagnia di un altro ragazzo di origini italiane.
“Io gli dico che non vedo l’ora che esca quella serie tv dedicata ai Medici”, iniziò a spiegare, cercando di restare seria.
Richard Madden[8]…” sospirò Morgana un sorriso colmo di aspettative.Non vedo l’ora”.
“E lui sapete che mi risponde?”. Assunse un’espressione impettita, imitando evidentemente il giovane in questione, cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere. “Non fa per me. A me non piacciono le serie tv ambientate negli ospedali[9]!”
Sbattei le palpebre a più riprese, dapprima incredula e poi scoppiai a ridere convulsamente, in parte per sincero divertimento e in parte per la leggerezza che mi aveva invaso la mente, dopo qualche bicchierino di troppo. La serata culminò con ulteriori imitazioni da parte di Morgana nei panni di Emma e di Amy in quelli di Tom mentre interpretavano due personaggi di una ben nota opera.
 
“Mhm, qual era lo spettacolo che hanno interpretato Tom ed Emma ai tempi del liceo?”
Inarcai le sopracciglia e mi voltai verso Morgana a quella domanda inaspettata. Mentre Amy e io eravamo ancora alle prese con il tiramisù che stavo preparando per la mia cena con Bradley, la mia amica si era concessa una pausa. Negli ultimi minuti l’avevo vista trafficare con il cellulare e immaginai che stesse dandosi a una delle sue attività preferite: controllare i social pubblici dei nostri conoscenti, avvalendosi di uno dei suoi numerosi fake. Aveva le sopracciglia inarcate ma le sue labbra guizzavano come se si stesse trattenendo dallo scoppiare a ridere.
Cercai di fare mente locale e ripensare a quanto mi aveva raccontato quella notte. Sembrava passata una vita da quel folle Sabato sera, quello della prima cena tra amici che avevo dovuto disertare a causa del mio infortunio alla caviglia. “Non ha specificato il titolo”, risposi con uno scrollo di spalle. “Perché?”
Amy aveva sbuffato. “Strano che sia stato così modesto: forse non sarà stato così ben riuscito. E ha pure avuto la faccia tosta di non fare i complimenti a Bradley e al suo collega!” ripensò con uno scuotimento di capo.
“Si sarebbero innamorati durante quello spettacolo?” insistette Morgana.
“Non ne ho idea,” risposi ancora indifferente, “ma perché ti interessa?” le domandai vagamente seccata dal fatto che mi stesse interrompendo durante quella fase delicata nel ricoprire la superficie del dolce con il cacao in polvere senza sporcare dappertutto.
“Sembra proprio che quello spettacolo li abbia consacrati come coppia”, spiegò Morgana con aria gongolante. “Sono stati amanti nella trasposizione teatrale di un’opera che tu conosci bene”, mormorò con sguardo eloquente.
“Ce lo dici o no?” la incalzò Amy.
Le nebbie di Avalon[10]” replicò Morgana.
Sbattei le palpebre e boccheggiai con aria incredula. Si trattava del primo romanzo che mi avesse mai regalato con tanto di dedica: era in virtù di quel romanzo che la madre si era appassionata alla mitologia arturiana e le aveva conferito il suo nome. “Non me lo dire”, mormorai incredula.
“Avalon come quella dei miti di Arthur?” domandò Amy ed io annuii.
“Indovinate chi interpretava Emma?”.
“Ginevra”, risposi senza neppure bisogno di pensarci e risi l’attimo dopo. Se in molti racconti o enciclopedie il personaggio della regina era sempre tratteggiato in modo decisamente molto fazioso, esaltandone la grazia, la bellezza e il profondo amore di Arthur nei suoi confronti; in quel romanzo si veniva coinvolti dal punto di vista della Sacerdotessa Morgana. E si mettevano in luce l’ipocrisia, la superbia, la svenevolezza e il fanatismo religioso della Regina.
Morgana annuì, prima di porgermi il telefono. “E indovinate chi ha interpretato Tom?”.
“Non dirmi Arthur!” aveva esclamato Amy con voce quasi indignata.
Aggrottai le sopracciglia, ricordando i vaneggiamenti del nonno circa i suoi “capelli d’ariano”, ma Morgana aveva già scosso il capo.
A quel punto la risposta poteva essere solo una. “Lancillotto!” esclamai e l’attimo dopo scoppiai a ridere. Era davvero ironica la vita. Lui interpretava quello che poteva definirsi il fedifrago che insidiava l’amore del suo sovrano quando, di fatto, era lui a sabotare la sua stessa relazione.
“Non sapevo che Tom portasse i capelli lunghi all’epoca” mormorò Morgana che finalmente ci porse il telefono. Era stata aperta la pagina Instagram di Emma che aveva postato un “TBT[11]” risalente a qualche anno prima, in occasione del suo anniversario con Tom, ricordando quel giorno che le aveva cambiato la vita e di come, talvolta, dalla finzione potesse nascere un sentimento reale.
Ma il mio sguardo vagò sul volto di Tom e quasi mi cadde il telefono di mano, mentre Amy alle mie spalle stava già ridendo fino alle lacrime. Il ragazzo nella foto aveva i capelli lunghi fino alle spalle, lievemente ondulati e castani. La barba e il pizzetto gli conferivano un'aria più matura. Ma erano radi i ciuffi che gli cadevano sulla fronte, facendo sembrare il suo viso ovale persino più allungato e il mento persino più appuntito[12].
“Dobbiamo procurarci un filmato! Datti da fare!” la esortò, quando finalmente riuscì a controllare l’ilarità degli ultimi istanti.
Morgana annuì con enfasi, ancora ridendo a sua volta. “Devo cercare altri compagni di classe di Londra!”
 
Non era decisamente il dopocena che avevo sperato, ma ancora una volta fui grata di avere al mio fianco delle amiche che riuscissero a farmi sorridere e dimenticare i miei pensieri e le mie preoccupazioni. Almeno per qualche ora.
 
~
 
La casa era più silenziosa del solito. Morgana e Sean quella sera erano usciti con Angel ed Eoin. Era stata la mia amica stessa artefice e complice in quell’abbinamento romantico. Non era insolito che le due colleghe venissero nel nostro pub per un aperitivo preparato dall’ultimo arrivato: Bill Weasley, l’adorato figlio della nostra cuoca. A quanto sembrava Eoin si era letteralmente invaghito di Angel, tanto bella quanto dolce e Morgana non aveva mancato di notare la reciproca scintilla. Affinché la prima uscita per conoscersi meglio non fosse troppo impegnativa, aveva organizzato quell’appuntamento a quattro.
Quella sera non avevo particolarmente voglia né di dedicarmi alla visione di una serie tv o della lettura e tantomeno della scrittura. Aprii l’agenda e presi tra le mani il bigliettino che avevo inserito al suo interno la sera di San Valentino.
 
Avevo esclamato il nome del ragazzo con aria sorpresa e mi ero affrettata a coprire la distanza dalla finestra per sollevarne il vetro e lasciarlo entrare. Era vestito, come sempre, in modo impeccabile con tanto di cappotto lungo per ripararsi dal freddo, ma non era mai apparso così pallido e agitato. Aveva lasciato cadere distrattamente una scatola di cioccolatini e un piccolo bouquet di rose sul mio letto e mi aveva scrutato attentamente. “Stai bene?” mi aveva domandato con voce concitata.
Avevo sbattuto le palpebre a più riprese, ancora spiazzata alla sua vista.
“Ero passato dal pub… Neville mi ha raccontato quello che è successo: mi dispiace di non essere stato lì…” aveva mormorato ed era sembrato mortificato alla prospettiva. “Ma stai bene, vero?” mi aveva incalzato.
Nonostante tutte le incertezze di quel giorno, le emozioni contrastanti e non in ultimo il timore che avevo provato in quei momenti e la successiva scarica di adrenalina, la sua presenza mi aveva scaldato il cuore e mi ero sentita commossa da simili premure.  “Sto bene…” avevo risposto con voce flebile, ma sorridendogli. “Mi dispiace che ti sia spaventato.”
Bradley aveva scosso il capo a quelle scuse, ma con un gesto più fluido e spontaneo, facendomi quasi sussultare, mi aveva avvolto tra le braccia e stretto al suo petto. Mi era sembrato che il tempo si fosse fermato intorno a noi. Il mio cuore aveva scalpitato in modo febbrile e il mio respiro era accelerato ma ne avevo ascoltato il battito regolare e ben scandito. Avevo socchiuso gli occhi e mi ero abbandonata al contatto, sentendo il bisogno del suo calore e della solidità del suo corpo. Lui aveva appoggiato il mento sul mio capo e mi aveva accarezzato i capelli fino a quando non mi ero completamente rilassata. Avevo messo da parte i dubbi, le remore e i timori per assaporare quell’attimo semplicemente perfetto in cui mi sentivo al sicuro. Esattamente dove avrei voluto essere.  Anche quando le mie emozioni erano in subbuglio, credevo che gesti simili fossero più che eloquenti e talvolta più efficaci delle parole. Mi ero costretta a scostarmi e lo avevo guardato con espressione piuttosto confusa: era la prima volta che si presentava nel mio appartamento. “Come hai fatto ad arrivare qui?”
Aveva scrollato le spalle. “Ho chiesto a Neville l’indirizzo e ho visto Amy in auto: è stata lei a consigliarmi di usare le scale antiincendio per non metterti nei guai.” Mi aveva spiegato con voce più pacata. Aveva continuato, tuttavia, a osservarmi come a volersi sincerare delle mie reali condizioni.
Avevo annuito per poi indicare la valigia dimenticata. “Stavo preparando le mie cose per andare a dormire da lei e da Luna”.
“Mi sembra un’ottima idea.” aveva risposto educatamente, passandosi una mano tra i capelli.  Sembrava voler aggiungere qualcosa, ma aveva sorriso con aria di scuse. “Allora vado: volevo solo assicurarmi che stessi bene”.
“Aspetta!” Lo avevo trattenuto e avevo indicato i piccoli cadeaux che aveva abbandonato sul letto.  “Eri passato al pub per lasciarmi questi?” Avevo sentito un moto di calore e di speranza che sembrava aver annullato le preoccupazioni delle ultime ore.
Mi aveva osservato con una punta di rammarico. “In realtà volevo anche scusarmi per quest’oggi…” mi aveva rivelato, prima di scuotere il capo. “Ma non è il momento migliore per parlarne: hai già avuto una giornata pesante e la tua amica ti sta aspettando.”
Avevo rafforzato istintivamente la pressione sul suo braccio. “Non andartene così per favore: non riuscirò a dormire se non terminiamo questa conversazione. Sono certa che Amy capirà”.
Mi ero seduta ai piedi del mio letto e lo avevo invitato, con un gesto, ad accomodarsi al mio fianco. “Per cosa dovresti scusarti?” gli avevo domandato con le sopracciglia inarcate.
Il ragazzo era sembrato combattuto, ma aveva annuito alla mia richiesta di spiegazioni. Si era seduto e aveva cercato le parole adatte per poi parlare con la consueta sincerità e compostezza. “Ho avuto l’impressione che fossi triste quando ci siamo congedati quest’oggi e mi sono sentito responsabile”.
Mi ero sentita arrossire per la vergogna. Anche in quel momento sentivo che non era il caso di raccontargli del pettegolezzo che lo riguardava in prima persona, ma non potevo pretendere che lui fosse del tutto sincero con me, se io non mi sforzavo di fare altrettanto. Senza contare i miei trascorsi con Tom che dovevano sembrargli ancora ambigui. “Quest’oggi, quando ci stavamo congedando, ho pensato che stessi per chiedermi di uscire… ero piuttosto confusa e ho cominciato a chiedermi se non avessi frainteso tutto.” Gli avevo confessato con non poca esitazione.
Bradley aveva annuito alle mie parole, come se avessi confermato la sua impressione. Si era sporto leggermente in mia direzione con un sorriso sulle labbra, seppur di un’incrinatura più amara, come se fosse stato consapevole di non poter del tutto dissipare quel mio stato d’animo. “Ricordi quando alludevo al fatto che in Accademia dovremmo mantenere una certa professionalità?”
Avevo annuito prontamente e mi ero sentita nuovamente in colpa per quel piccolo “incidente” avvenuto durante le nostre prove. “Infatti sono io che dovrei scusarmi per quest’oggi e-”.
Bradley aveva scosso il capo e mi aveva cinto la mano per poi scrutarmi più intensamente. “Se dobbiamo lavorare insieme per il bene dello spettacolo, dovremmo stare molto attenti a non lasciare che quello che accade al di fuori possa interferire, capisci?”
“Certo.” Avevo risposto con un filo di voce. Avevo sospettato che quella giornata sarebbe terminata in modo persino peggiore di tutti i miei San Valentino trascorsi da single. “Lo capisco, ma devo ammettere che non mi risulta affatto facile…” Avevo confessato e avevo sentito nuovamente le guance infiammarsi.
Un sorriso più dolce gli aveva increspato le labbra, facendone baluginare le iridi. “Neanche per me, credimi.” Aveva sussurrato più intensamente. “Ma sto cercando di prendere molto seriamente questa opportunità, quindi sarò costretto ad attendere che tu non abbia più bisogno di me da un punto di vista professionale. A quel punto potrò chiederti un vero e proprio appuntamento.”
“Oh”. Avevo sentito il mio cuore scalpitare persino più intensamente, ma avevo sentito un sorriso aprirsi sulle mie labbra.
“A meno che tu, naturalmente, non sia contraria o cambi idea nel frattempo.” Aveva aggiunto Bradley facendo cozzare la sua spalla contro la mia in modo giocoso. Vi era nel suo sguardo una punta di vanità che gli si poteva facilmente perdonare per quel guizzo più sbarazzino nel suo sguardo.
Avevo scosso il capo con uno sbuffo simile a una risata e, confortata anche dal tocco della sua mano, gran parte dei miei dubbi e dei miei timori finalmente sembrarono placarsi. Lo avevo osservato più intensamente e avevo annuito. “Prometto che farò tutto il possibile per non rendere la situazione ancora più difficile e aspetterò… sempre che non sia tu a cambiare idea naturalmente”.
Aveva finto di rifletterci con fin troppa enfasi. “Chissà…” aveva sospirato. “Potrei sempre invaghirmi di Morgana e cercare di uccidere Sean nel frattempo.” Aveva dichiarato in tono così serio da indurmi a dargli una lieve spintarella.
“Non sarà facile per nessuno dei due, ma potremo comunque passare del tempo insieme e approfittarne per conoscerci meglio”.  Seppur non lo avesse detto esplicitamente era certa che molte delle sue domande gravitassero intorno a Tom e alle tensioni che non sembravano mai appianarsi tra noi. Sapevo che non sarebbe stato facile averlo vicino e cercare di tenere sotto controllo le mie emozioni e il mio stato d’animo, ma razionalmente convenivo che fosse fondamentale restare lucida e non rischiare di invaghirmi di un’idea di lui e di vivere la stessa illusione di Amy nei riguardi di Daniel.  Solo con il tempo avremmo potuto constatare se tra noi potesse nascere qualcosa di più dell’amicizia. Speravo con tutto il cuore che quella sorta di sogno che era iniziato in quella notte di Dicembre, non si rivelasse una fantasia simile ai miei sogni.
“Per questa sera è meglio che mi congedi e ti lasci andare dalle tue amiche: hai avuto una giornata lunga e devi riposare.” Aveva mormorato in tono deciso, prima di rimettersi in piedi.
Lo avevo imitato e gli avevo nuovamente sorriso. “Grazie dei fiori e dei cioccolatini.”
Con tutti gli avvenimenti delle ultime ore, solo in quel momento mi ero resa conto che era la prima volta che ricevevo un pensiero per San Valentino e il fatto che fosse da parte sua, rendeva tutto ancora più speciale.
“Avrei voluto poter fare di più…” mormorò per risposta. Aveva indugiato qualche secondo ma si era chinato e mi aveva sfiorato la guancia con le labbra. Aveva sostato qualche secondo contro la mia pelle intirizzita e io avevo socchiuso gli occhi e ne avevo inspirato il profumo.  “Buonanotte, Milady.” aveva sussurrato al mio orecchio.
Lo avevo seguito con lo sguardo mentre discendeva dalle scale antiincendio. Avevo mandato un messaggio alla mia amica, scusandomi per l’attesa e promettendole che l’avrei raggiunta in pochi minuti. Avevo preso il bouquet e lo avevo riposto in un vaso con un sorriso sognante.
 
Ripensai alla dolcissima emozione che mi aveva scosso nel leggere quelle parole per la prima volta:
 
Milady,
mi rincresce che questo non sia il San Valentino che avresti desiderato o meritato. Ma sono abbastanza megalomane da sperare di poter farmi perdonare, prima del prossimo.
Bradley
 
Lo avevo riposto nell’agenda e avevo sospirato per l’ennesima volta, sfogliando l’agenda e appuntando qualche impegno e promemoria per i giorni seguenti.
Il mese di Marzo era scivolato via rapidamente dopo il compleanno di Sean[13], che avevamo festeggiato al pub, e il cambio di lavoro da parte di Amy. Mi sembrava che fossero passati due mesi, piuttosto che due settimane, dalla cena a casa di Bradley. Mi mancava terribilmente e più volte durante la giornata mi sorprendevo ad aprire le applicazioni di messaggistica e a controllare il suo ultimo accesso o a guardare la nuova immagine di profilo[14]. Sentivo il cuore in gola ogni volta che appariva “online” e desideravo trovare un pretesto legittimo per contattarlo ma, al contempo, non volevo in alcun modo “imporgli” la mia presenza. Avevo giurato a Morgana che non avrei preso stupide iniziative e Amy mi aveva già telefonato per invitarmi ad andare al cinema con lei e con altri suoi amici tra cui Luna e Dario, ma avevo preferito restare a casa. Avevo alluso alla necessità di una “serata tranquilla” e al proposito di finire il libro dei due amanti russi che, più che mai in quel momento, mi era divenuto quasi intollerabile persino alla vista.
Invece accesi il notebook e aprii la familiare pagina del mio blog e lasciai vagare la mente.
 
Tutti mentono, ripeteva spesso Gregory House. Tre bugie ogni dieci minuti di conversazione, precisava Cal Lightman[15]. Sembra una cosa scontata ma è fin troppo vera. Lo facciamo per i più disparati motivi: per evitare di affrontare discussioni, per non ferire i sentimenti altrui, per vigliaccheria, per timore del giudizio altrui, per coprire qualcuno che ci sta a cuore. Talvolta ci concediamo persino delle attenuanti, ripetendoci cose come: “Le bugie bianche non contano, sono dette a fin di bene e non per egoismo” o anche: “Tecnicamente l’omissione non è una bugia” o “Assecondare l’equivoco altrui non è bugia ma educazione”.

Siamo incredibilmente bravi a sminuire le nostre responsabilità. Ma quanti di noi si domandano davvero delle conseguenze? Se avessimo una vaga percezione dei guai a cui potremmo andare incontro, continueremmo a mentire? O avremmo il coraggio di affrontare la verità e tutte le sue implicazioni? Di guardare apertamente le parti di noi di cui ci vergogniamo e camminare comunque a testa alta? Consapevoli delle nostre debolezze e delle nostre imperfezioni?

Francamente non lo so e sono stanca di cercare risposte a queste domande. In tutta onestà, non starei scrivendo questo post se non mi stessi torturando per l’incertezza e per il senso di colpa.

Vorrei poter dire che “questa volta” imparerò dai miei errori e cambierò atteggiamento e crescerò. Posso solo promettere di provarci.

Nulla di più.


Non rilessi neppure il breve intervento, ma lo pubblicai e abbassai lo schermo del portatile, prima di lasciarmi cadere sul letto e socchiudere gli occhi. Mi avvolsi nel plaid e mi concentrai sul mio respiro, attendendo solo di assopirmi.
Non appena valicai la soglia della stanza riconobbi l’ambiente in cui mi ero già ritrovata precedentemente. La sala da ballo era fiocamente illuminata e dalla terrazza proveniva una piacevole brezza e nel cielo stellato brillava una meravigliosa luna piena. Mi guardai attorno, cercando altri indizi già noti, ma questa volta non vi era una rosa bianca ad attendermi sulla superficie del pianoforte, ma seguii la curiosità ed uscii nella terrazza. Solitamente era un profumo a rivelarmi la presenza del misterioso Principe ma, in quel momento, sembrava tutto silenzioso.  
“Sei qui?” domandai speranzosa.  
Scossi il capo. Sembrava tutto immobile e addormentato intorno a me e mi appoggiai alla balaustra per rimirare il meraviglioso giardino e l’insidioso labirinto in cui avevo smarrito la strada.
Mi riscossi a uno scalpiccio di passi alle mie spalle e mi volsi con un sorriso lieto alla prospettiva del suo arrivo, ma mi sentii gelare il sangue alla vista del ragazzo. Mi stava studiando con espressione annoiata, fumando e indugiando con lo sguardo sul mio abito e sull’acconciatura.
“Sul serio?” mi domandò Tom con voce strascicata e derisoria. “Sei ancora intrappolata in questo stupido sogno?” mi incalzò, gesticolando con la sigaretta ancora accesa.
Sbuffai e scostai la nuvola grigia con un movimento seccato della mano. “Di certo non ti ho invitato!”
Strinse gli occhi in due fessure ma mi rivolse uno sguardo canzonatorio, dopo aver scrutato l’ambiente circostante. “Non sei un po’ troppo grande per credere ancora in queste stronzate?”.
Sollevai le mani per interromperlo. “Risparmiami l’emicrania: non avevi detto che questa volta avresti chiuso definitivamente con me?” Non ne attesi la risposta ma cercai di circumnavigarlo per rientrare nella sala.
Tom mi trattenne per il gomito e mi costrinse a voltarmi di nuovo. “La vita non funziona così: credevo l’avessi già capito”.
“Va’ al diavolo ma restaci questa volta!” risposi infastidita. Lo strattonai e mi allontanai da lui con passo rapido, ma finendo bellamente per inciampare nella lunga gonna dell’abito. Gemetti per il dolore alla caviglia e ma la massaggiai, con il sottofondo umiliante della sua risata di scherno.
Prima che potessi rimettermi in piedi, lui si mise a coccoloni e allungò la mano per cingermi il mento e costringermi a incontrarne lo sguardo perlato. “Svegliati, love, prima che sia troppo tardi…” mi ammonì ma sulle sue labbra serpeggiava ancora quel sorriso perfido.
“Vattene!” gli intimai con un nodo in gola.
Il vento fece aprire la porta della sala e spense tutte le candele accese, lasciandomi al buio e senza fiato. Non sentivo più il respiro del giovane e mi avvidi che il mio bell’abito era sparito, sostituito dai miei abiti quotidiani e i capelli mi ricadevano disordinati sulle spalle.
“Sembra che la tua bella favola sia finita”.
Sussultai nel riconoscere la voce della ragazza e incontrai il sorrisetto divertito e compiaciuto di Emma che stava giocherellando con una rosa bianca dal lungo stelo.
“La rosa”, mormorai confusamente. Cercai di rimettermi in piedi, nonostante il dolore alla caviglia ancora pulsante e allungai la mano affinché me la restituisse.
Lei mi guardò quasi disgustata e la strinse più forte. “Vorresti rubarmi anche questa?” mi domandò in tono pungente per poi ridere e scuotere il capo. “Non è mai stata per te, povera stupida…” mormorò con un finto sorriso affettato nell’avvicinarsi in mia direzione e osservarmi con il viso inclinato di un lato. “Oh, tu ci credevi davvero?” mi domandò con aria di scherno, fingendosi preoccupata della mia reazione.
Mi morsi il labbro inferiore, sentendo una profonda tristezza all’idea che fosse stato tutto un raggiro che lei e Tom avevano orchestrato sapientemente alle mie spalle. Forse fin da subito. Ma non le avrei dato la soddisfazione di capire quanto ciò mi facesse male. Finalmente mi rimisi in piedi. “Forse non era per me,” convenni seppur volessi solo strappargliela dalle mani e magari schiaffeggiarla per toglierle il sorriso, “ma scommetterei la mia vita che non fosse neppure per te”.
Arrossì furiosamente e quella patina leziosa e premurosa si disintegrarono, lasciando spazio alla rabbia e all’insofferenza. “Come osi? Ti credi forse migliore di me?”
La studiai attentamente, come se volessi memorizzarne i lineamenti tanto eleganti e sofisticati e quel sorriso in apparenza svenevole e mieloso che nascondeva una certa durezza delle labbra e un guizzo più freddo nello sguardo. Mi strinsi nelle spalle. “Il punto è questo: non mi spaventa più il confronto con te”.
Me la lasciai alle spalle, incurante delle sue parole e dei suoi richiami, ma quando uscii dalla sala da ballo, sembrò che tutto fosse scomparso, la ragazza compresa. Vagai cautamente in quella penombra, cercando di orientarmi per trovare l’uscita, ma sussultai nel sentire una mano calda e morbida artigliarmi delicatamente il polso.
“Eccoti finalmente.” mormorò una voce roca e calda.
Mi volsi, quasi timorosa che fosse l’ennesima illusione ma lo sguardo azzurro ricambiò il mio e il sorriso già gli increspava le belle labbra.
“Bradley” ne sussurrai il nome con un moto di sollievo.
“Dove ti era nascosta per tutto questo tempo?” mi domandò senza lasciarmi il braccio ma scostandomi le lacrime dal volto. Non attese risposta ma mi cinse e affondai contro il suo petto. Socchiusi gli occhi e mi sentii finalmente in pace. Sorrisi contro la stoffa della sua camicia, cingendone il collo e inspirandone il profumo[16].
“Sara”.
“Bradley”, mormorai per risposta. Mugugnai quando mi sentii strattonare a una maniera decisamente poco cavalleresca e sussultai.
Morgana, già con la camicia da notte e i capelli stretti in una treccia, era seduta ai piedi del letto e mi osservava con espressione preoccupata.
Mi sollevai con il torso, inarcando le sopracciglia. “E’ successo qualcosa?!” domandai subito, pensando ai nostri amici e a Bradley stesso.
“Mi ha chiamata Sean poco fa,” mormorò Morgana in tono piuttosto grave, “sembra che Tom ed Emma si siano lasciati”.
 “Cosa?” riuscii solo a mormorare.
Sbattei le palpebre a più riprese e scossi il capo, cercando di discernere dalle nebbie di quel sogno incredibilmente vivido. 
 
 
To be continued…

13 Ottobre 2019. 
Ben ritrovati!
Mi rendo conto che è passato più di un mese dall’ultimo aggiornamento. Ma, come vi avevo preannunciato, avevo bisogno di rileggere i capitoli precedenti e fare ordine tra le idee appuntate fino a questo momento. Ciò mi è stato molto utile per prendere delle decisioni importanti e per definire uno schema che mi aiuterà nella conclusione di questa fanfiction. Come è evidente con la pubblicazione inedita di un capitolo 14 (la versione originale si fermava al 13), la storia è divenuta più lunga e complessa e dovrebbe arrivare a un totale di 20 capitoli.
La mia amica Amy a cui devo molte delle idee di questa nuova versione, mi è testimone nell’appurare che era tutto nato dal proposito di una semplice revisione per correggere molte sbavature nello stile e modificare i nomi di alcuni personaggi. Tuttavia, con il trascorrere del tempo e il nostro rifletterci sopra e confrontarci, mi sono resa conto che non mi bastava più questo tipo di intervento. La versione originale di questa storia (che conserverò nei miei archivi come ricordo) non mi rispecchiava più e, soprattutto, era intrisa di messaggi piuttosto “distorti” sull’amore e sull’amicizia che allora non ero abbastanza matura per cogliere. Francamente, pur ringraziando ancora tutte le persone che hanno apprezzato lo scritto iniziale, non volevo più associare il mio nome a quelle idee.
Vi prego di non fraintendere: questa nuova versione non nasce con alcun intento “infantile” di denigrare gli attori che hanno fatto parte della mia adolescenza. Sarò sempre affezionata a Tom Felton per quello che ha rappresentato per me e non è mai stato mio desiderio mancare di rispetto né a lui né tanto meno a Emma Watson. Si tratta sempre di una mia interpretazione e dei personaggi che ho loro attribuito in questo contesto. Dal momento che, in questa mia creazione, sono delle “pedine”, credo sia opportuno rimarcare il più realisticamente possibile i loro difetti e il loro comportamento negativo nei confronti della protagonista.
Sono molto più felice di come stanno andando le cose in questa ritrattazione e spero di poter giungere al compimento di questo progetto nel più breve tempo possibile :)
Grazie dell’attenzione e della pazienza :)
Kiki87
 
 
[1] Una volta tanto ho avuto le idee più che chiare nella scelta della canzone da usare come colonna sonora. Colgo l’occasione per ringraziare Evil Queen che mi ha suggerito di ascoltare questo gruppo. Questa è stata la prima traccia a colpirmi e sono davvero felice di aver trovato un contesto adatto in cui usarla :)
Per ascoltare il brano e leggerne il testo originale cliccate qui. 
[2] Essendo una sorpresa non poteva occuparsene Amy stessa :D Inoltre ricordo che nei libri più volte viene citato Dean proprio per la sua abilità nel disegno.
[3] Tranquilli, non vi siete persi pezzi di fanfiction. Troverete la scena in cui se ne parla in forma di flashback ;D
[4] Termine coniato da me e dalla mia amica per far riferimento a una cosa drammatica almeno quanto le serie tv prodotte da Shonda Rhimes tra le quali la più volte citata: “Grey’s Anatomy”.
[5] Non ho fotografie perché me lo sono inventato sul momento :D E’ stato uno dei dettagli inseriti in fase di revisione sia perché sono sempre in crisi quando si tratta di descrivere l’abbigliamento sia perché non è particolarmente rilevante ai fini della scena. Checché Morgana insista NON è un appuntamento galante :P
[6] Ribadisco che Bradley è una persona estremamente riservata. Ho letto su wikipedia che dovrebbe avere due sorelle maggiori, ma in ogni caso preferisco inventare le notizie sulla sua famiglia, come ho fatto in precedenza con quella di Sean e quella di Tom. Quindi non prendete queste notizie come attendibili!
[7] Il nome del nipotino l’ho preso dal personaggio che Bradley ha interpretato in iZombie :D Avendo già tra i personaggi il Signor Weasley e Morgana, non mi sembrava il caso di chiamarlo Arthur come il suo personaggio in “Merlin” :P
[8] La serie tv dei “Medici” è uscita effettivamente in Italia nell’Ottobre del 2016 😊 Richard Madden ha interpretato Cosimo de Medici. Piccola curiosità e involontario ma ulteriore riferimento alla favola di Cenerentola: come di certo saprete ha anche rivestito il ruolo di Principe Azzurro nel film del 2015.
[9] Mi sono permessa di prendere spunto da un aneddoto molto simile accaduto davvero alla mia amica. Ancora ricordo la sera in cui me l’ha raccontato e ho riso per almeno un quarto d’ora :D
[10] E’ il romanzo principale della raccolta “Ciclo di Avalon” di Marion Zimmer Bradley. E’ a metà tra ucronia e fantasy e racconta le vicende di Morgana e di altre protagoniste delle leggende arturiane.
[11] Come credo sappiate TBT sta per “Throwback Thursday” ed è un’iniziativa in voga sui social,  Instagram soprattutto, che consiste nel postare, di Giovedì per l’appunto, fotografie di ricordi ed eventi del passato.
[12] Per farvi un’idea vi consiglio di cercare il look di Tom nella serie: “Labyrinth”. Vi allego un’immagine come esempio. Devo dire che è piuttosto ironico vederlo coi capelli così lunghi, considerando in quale stato siano attualmente :P 
[13] Ho lasciato a Sean il suo reale compleanno: il 15 Marzo. Forse ricorderete che Tom aveva aggiunto un commento sarcastico anche su quel giorno nell’agenda di Sara.
[14] Non seguite questo esempio :D Piuttosto trovatevi un’amica come Morgana che lo faccia per voi :P
[15] Protagonisti, rispettivamente, delle serie tv: “Dottor House” e “Lie to me”.
[16][16] Fun fact: ho scritto la bozza di questa scena per un capitolo 12. Originariamente Sara avrebbe dovuto fare questo sogno nella notte precedente alla prima lezione di Bradley come Assistente, ma alla fine ho deciso di tagliarla perché il capitolo era già abbastanza corposo. Inoltre, pensavo ci fossero stati abbastanza colpi di scena e volevo riproporla in un altro contesto. Ho pensato, schematizzando gli eventi di questo capitolo, che avrebbe potuto essere perfetta in questa fase, dopo la chiacchierata tra lei e Bradley. E per il finale di capitolo che state per leggere :D
 
   
 
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