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Autore: elfin emrys    13/10/2019    3 recensioni
{post5x13, sorta di postApocalisse, Merthur, 121/121 + epilogo}
Dal capitolo 85:
Gli sarebbe piaciuto come l’aveva pensato secoli prima, quando era morto fra le braccia del suo amico, non ancora consapevole che sarebbe tornato, con Merlin, sempre, sempre con lui.
In fondo, non aveva mai desiderato null’altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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I Donald – Capitolo 12

 
Sistemarono l’ultimo fascio e si allontanarono velocemente. Elisa guardò in alto, scrutando il cielo per capire quanto tempo avevano ancora per accendere il fuoco. La legna era stata seccata accuratamente e le erbe erano state colte e asciugate in maniera impeccabile. La ragazza gettò lo sguardo verso Eveline, che respirava piano poco lontano. Le mani della giovane erano come accartocciate le une sopra le altre, ma a parte quello il resto del corpo non tradiva alcuna emozione.
Elisa si girò accorgendosi del movimento delle persone, che lasciavano libero il passaggio perché alcuni uomini portassero il corpo del morto, avvolto in un lenzuolo.
Eveline smise di respirare quando srotolarono il cadavere sulla pira funeraria, rivelando il volto smagrito di suo padre, ma non disse nulla, né fece alcun movimento.
Le persone si allontanarono e una giovane con due torce ne diede una alla ragazza. Lei la prese senza neanche guardarla e si avviò piano alla tomba.
La avvicinò attentamente alla legna.
La accese.
 
Quello che doveva essere Daniel aprì la porta e alzò un sopracciglio in maniera critica. Lo osservò da capo a piedi e Arthur si impegnò a non fare alcun movimento, come se fosse stato perfettamente a suo agio in quegli strani vestiti Donald. L’uomo fece una strana espressione e si spostò dall’uscio per farlo entrare.
-Prego, si accomodi.
Il biondo fece il suo ingresso nell’ufficio del capo reparto. Era una stanza piccola, dai muri bianchi pieni di scritte. Arthur si accorse che le pareti erano fatte di un materiale che non conosceva, ma non fece domande per non destare sospetti.
Daniel gli fece cenno di sedersi e lui stesso si sistemò comodamente sulla propria poltrona.
-Mi dica.
Il biondo prese un plico di fogli spillato che si era portato dietro e una penna.
-Innanzitutto la vorrei ringraziare per la disponibilità e…
-Sì sì, vada direttamente alle domande.
Doveva aver sbagliato qualcosa. Arthur non credeva che quella fosse la risposta che doveva ottenere, si era preparato un discorso totalmente diverso. Si maledisse per aver dato retta a Donald e aver scelto di fingersi un giornalista (qualunque cosa fosse), respirò a fondo, poi, con calma e sperando di non combinare altri disastri dalle motivazioni ignote, iniziò le domande.
 
I pollici di Merlin continuavano a rincorrersi senza scontrarsi mai. L’uomo fissava con insistenza il giochetto che stava facendo con le dita per distrarsi, ma l’attesa si faceva sempre più pressante. Controllò l’orologio: Arthur era andato da Daniel solo da quindici minuti e, probabilmente, avrebbe avuto bisogno di molto più tempo.
Il mago si alzò, maledicendosi di essersi lasciato convincere a non venire, e cominciò, stancamente, a camminare per la dimora reale. Dopo la fuga della notte precedente, non riusciva a trovare la voglia di tornare in giardino, perciò si avviò verso una sala che nei giorni prima aveva visto solo di sfuggita: la stanza aveva grandi finestre e mura bianche, era luminosa e alta e, al suo centro, c’era una curiosa fontana. La figura da cui usciva l’acqua era astratta e aveva forme geometriche: il mago supponeva, in realtà, che, vista in un determinato modo, avrebbe assunto una silhouette ben definita, ma doveva sperimentare la teoria.
Quando Merlin fece il suo ingresso, notò di non essere stato l’unico ad avere l’idea. Seduto sul bordo della fontana c’era Winfred.
Il bambino aveva in mano una chiave inglese giocattolo e, intorno a lui, erano sparsi diversi pezzi, rotelline, un paio di cacciaviti finti e chiodini di plastica. Poco lontano, c’era l’inizio di una struttura con una specie di elica attaccata.
Merlin si avvicinò incuriosito e si sedette ad appena un metro di distanza, ma il piccolo principe parve non accorgersi della sua presenza. Fissava semplicemente il vuoto. Il mago si schiarì la gola e Winfred sobbalzò.
-Ah… È lei…
Merlin rimase sorpreso dalla formalità: visto che i primi tempi il bambino gli aveva dato del tu, probabilmente era stato sgridato.
-Cosa ci fai qui da solo?
Lui alzò le spalle.
-Ho mandato via la tata.
-…In che senso hai “mandato via la tata”?
-Mi dava fastidio, voleva per forza farmi giocare.
-E tu non volevi giocare?
-Ovviamente no, stavo pensando.
-Ah, capisco… Se vuoi me ne vado.
-No no, resti pure. Tanto stavo finendo.
Il bambino cominciò a roteare la chiave inglese fra le dita, sporgendo le labbra e gettando sguardi verso l’ospite, finché non si mise a sedere in direzione dell’uomo.
-Ma lei è lo spirito?
Merlin alzò le sopracciglia, sorpreso. Non sapeva che Winfred fosse a conoscenza di quel particolare. Considerando che quella era, probabilmente, la cosa più segreta dell’intera missione, il mago pensava fosse molto poco saggio che un bambino ne fosse al corrente.
-Chi ti ha detto questa cosa?
-Non importa chi me l’ha detto, chiedo solo se è vero! Lei mi dica solo…
Merlin capì subito dove stava andando a parare e quindi lo precedette.
-Dimmi chi te l’ha detto e ti dirò se è vero.
Winfred spalancò le labbra con aria oltraggiata e, per un attimo, parve a corto di parole. Osservò bene l’ospite, poi si avvicinò e mormorò con aria cospiratoria.
-Ho sentito mamma e papà che parlavano del suo arrivo e pensavo…
-Hai origliato?
Il bambino saltò in piedi e incrociò le braccia.
-Non ho origliato!
-Ah, no?
-Mia madre dice che un re dovrebbe essere sempre a conoscenza di tutto.
Alzò il mento, come se quella frase spiegasse l’intera vicenda. Merlin si umettò le labbra, già godendosi la scena.
-E allora?
-E allora…!
Il bambino sbuffò e attese un secondo per riprendere la calma, per poi spiegare con più chiarezza. Il mago doveva ammettere di starsi un po’ divertendo a farlo parlare e a fargli perdere le staffe.
-E allora io, in quanto futuro re, devo sapere cosa succede nel mio castello. Tutto quello che accade o viene detto dentro queste mura è affare anche mio.
C’era una certa dose di accondiscendenza nella sua voce, ma non durò a lungo. Il bambino fissò il moro con un luccichio avido e curioso negli occhi.
-Allora? Le ho detto dove l’ho sentito, ora mi dica se è lei lo spirito o no!
Merlin attese un istante, per poi rispondere un secco “No”. Gli occhi di Winfred si illuminarono.
-Allora avevo ragione! È lei.
-Io avrei detto di no.
-No no, capisco la sua posizione. Deve essere un segreto…
Il bambino si rimise seduto composto, ma durò solo pochi secondi.
-Dev’essere bello essere così tanto forti!
-Non essendo lo spirito che dici, non ne ho idea.
Lo guardò, facendo una smorfia con la bocca.
-Ah. Ah. Non ci casco mica, sa, lei sa mentire molto male.
Il bambino sembrò iniziare un altro discorso, poi si bloccò, come colpito da un’idea.
-Strano! Dalle cose che avevo sentito su di lei ero convinto dovesse essere bravissimo con le bugie.
Si rigirò a guardarlo, mentre si arrotolava la gamba sinistra dei pantaloni.
-Evidentemente fra i suoi poteri non c’è quello di dire farfalucche.
Si sistemò in modo da essere a cavalcioni sulla panca che circondava la fontana e fissò l’acqua.
-Però dovrebbe essere importante; intendo che se vuole rimanere qui non può certo andare in giro a dire che è lo spirito foltacabbana, eh, coi tempi che corrono poi…
Merlin sorrise e precisò.
-Voltagabbana.
-E io che ho detto? Comunque non è certamente per questo che le volevo parlare.
-Volevi parlarmi? Sono onorato.
-Sì, già, dovreste.
Il bambino si mise una mano sul petto, sfoderando un perfetto sorriso.
-Non capita certo tutti i giorni di essere al cospetto di un principe.
-Sei molto consapevole della tua carica.
-Sì, beh, che posso dire? È il mio lavoro.
Immerse la gamba sinistra nell’acqua, accomodandosi sulla panca in quel modo. Fece un sospiro di godimento, poi fece un gesto con  la mano, come a scacciare un pensiero.
-Comunque volevo chiederle tante cose.
Merlin sorrise.
-Se ho la fama del bugiardo, dell’ingannatore e del traditore, perché…
-Non dimentichi del bip.
-Bip?
-Mia madre dice che non posso dire quella parola.
-Ah.
Le labbra del mago erano tirate, ma sicuramente non se la sarebbe presa con un bambino il quale, fra l’altro, era evidentemente l’unico che in quei giorni si stava ricordando della sua identità. Quel pensiero aveva un sapore amaro, ma Merlin lo ingoiò e andò avanti, curioso dalle parole del principe.
-Se ho la fama di bugiardo, ingannatore, traditore e di bip –va bene così?- perché allora vuoi pormi delle domande? Cosa pensi di ricavarne?
Winfred alzò le spalle.
-Insomma, a quanto si dice lei è immortale e potentissimo, se non le sa lei certe cose! Perché penso che lei ne sappia…
-Questo è vero, so tante cose, ma non so quale di queste potrebbe esserti utile.
-L’energia.
Merlin alzò un sopracciglio. Non si aspettava che un bambino tirasse fuori quell’argomento.
-L’energia?
Winfred distolse lo sguardo e dondolò i piedi, battendo piano i talloni sui due lati della cornice della fontana.
-I miei sembrano molto preoccupati perché stiamo avendo dei problemi… Penso sarà qualcosa che dovrò affrontare anche io, quando sarà il momento… Però i miei non mi spiegano mai nulla… Mio padre mi tratta sempre come se non fosse contento di quello che faccio, dicendomi che se non vorrò stare vicino a Daniel per la direzione dei tecnici posso pure non farlo, che non mi costringerà e stupidate del genere. Mamma penso che creda in me, ma penso anche che non capisca che papà non troverà la soluzione prima che io diventi re.
-Come fai a esserne così sicuro?
Il bambino alzò le spalle.
-Li ho sentiti dire che tutto è iniziato quando c’era ancora il nonno, ma secondo me non se n’è preoccupato abbastanza.
-Perché dici questo?
-Ma perché al nonno importava solo di quel mercato del cavolo!
-E questo chi l’ha detto?
-I domestici.
-E tuo padre?
-E a mio padre interessa solo di fare nuovi piani e nuovi palazzi e statue e mosaici e tutte queste cose.
-E questo, invece, l’ha detto…?
-Questo lo dico io.
Merlin annuì seriamente. Esistevano solo due tipi di bambini al mondo e, col tempo, lui ne aveva incontrati tanti: quelli che non avevano un problema nell’intero universo, che o si fidavano ciecamente dei genitori o della propria limitata e infantile visione delle cose, oppure quelli che si preoccupavano costantemente di quello che era accaduto e che doveva accadere, insomma, quelli che, fondamentalmente, erano solo degli adulti molto bassi, con un vocabolario limitato e senza molte responsabilità oggettive, sebbene loro si sentissero addosso il peso del mondo. Winfred, un po’ come anche Lenore, era della seconda categoria. Era chiaro che quel secondo tipo di bambini era molto più percettivo del primo, soprattutto quando i piccoli erano anche dotati di una mente acuta e di una grande curiosità. Forse il giovane principe stava parlando con una certa arrogante ingenuità, ma stava rivelando molte cose interessanti e Merlin si sentiva il dovere di ricambiare la sua fiducia facendolo parlare, facendogli rivelare le cose che osservava e pensava senza usarle per fare del male alla sua famiglia o al regno che, prima o poi, avrebbe governato. Winfred, non sentendosi rispondere, indicò la statua al centro della fontana  con la testa.
-Quella l’ha progettata e scolpita il mio papà.
-Davvero?
Il bambino sporse le labbra.
-Sì. Se la vedi dai quattro angoli della stanza capisci che non è una figura senza senso, ma rappresenta l’albero piantato da un nostro antenato, quello enorme in giardino.
Il mago annuì.
-È molto bravo: questa fontana è davvero bellissima…
-È stato sempre lui anche a decorare tutto l’ingresso del palazzo.
Si lasciò sfuggire un verso di sorpresa e ammirazione.
-Caspita!
-So che preparerà qualcosa anche per il mio decimo compleanno, però in realtà è da tanto che non lo vedo lavorarci.
-Sarà molto impegnato, ma sicuramente finirà il progetto per il tuo compleanno!
Winfred fece dei cenni con le mani.
-Sì sì, però è strano. Per anni l’ho visto pensare a queste cose e farle mentre non si occupava per nulla di stare al fianco di Daniel e poi, improvvisamente, dice che non ha più voglia, che non riesce più e cose di questo genere.
-Pensi che sia turbato?
-Boh! Ha iniziato a preoccuparsi quando io ho cominciato a fare tanti incubi e…
Il bambino alzò un dito indice e si fece serissimo.
-Ah, ma io non avevo paura. Chiaro?
-Sono sicuro che eri coraggiosissimo. Ma che genere di incubi facevi?
-Sognavo di fare cose senza senso, tipo disubbidire ai miei per cose stupide e cose così.
-In che senso?
-Beh, per esempio mamma detesta quando chiedo cosa c’è per cena a colazione. Non è colpa mia se voglio sapere cosa mangerò durante la giornata! Comunque, lo detesta, quindi mi impegno a non chiederlo. Invece durante la notte sognavo che dovevo chiederlo a tutti i costi. Oppure quando mamma mi ha detto che non avrei avuto le scarpe nuove che avevo chiesto e ho sognato che, invece, dovevo fare i capricci finché non me le avrebbe date. 
-Non capisco…
Winfred batté una mano.
-Esattamente! Non capisco neanch’io! Non ha senso, sarebbe fare una cosa tanto perché ti va di dare fastidio, ma non ne ricavo nulla in realtà!
-E adesso, invece?
-E adesso nulla.
-Non sogni più niente.
-No. Una notte ho sognato che mi giravo e c’era una persona, io gli ho detto di andarsene perché mi dava fastidio e quello è sparito. Comunque non facevo mai niente di quello che sognavo, quindi…
Merlin alzò entrambe le sopracciglia.
-Notevole. Devi essere stato molto deciso.
-Mamma dice sempre che un re deve essere una persona decisa.
Il bambino sorrise e annuì, poi fece cenno al mago di sedersi dall’altra parte. Winfred si asciugò approssimativamente la gamba sinistra, poi si girò, alzò i pantaloni e immerse la destra nell’acqua come aveva fatto prima con l’altra.
Merlin inclinò il capo.
-Non capisco perché non hai messo subito entrambe le gambe nella fontana.
-Perché mi piace stare a cavalcioni qui sopra. Comunque, stavamo parlando dell’energia. Allora? Cos’ha da dirmi?
-Non hai curiosità più specifiche?
-Mi verranno in mente mano a mano che parlerà.
Il moro sospirò e unì le mani distrattamente, pensando a cosa dire.
-Non so se lo sai, ma io c’ero quando Robert Donald scelse questo luogo per il suo popolo.
-Davvero?
-Sì, e non solo: c’ero anche prima, quando il vostro sistema di produzione di energia elettrica è stato creato.
Batté un piede sul pavimento e notò che gli occhi di Winfred erano già luminosi e in attesa.
-Vedi, quella di cui parlo era un’epoca molto diversa da questa. Non c’era ancora la foresta e ancora non c’era stata l’ultima catastrofica guerra. La popolazione continuava ad aumentare e aumentare in maniera incontrollata; i governi avevano provato ogni cosa per far cessare quella crescita costante, dal controllo delle nascite al più semplice perfezionamento dei contraccettivi e al loro…
-Cosa sono i contraccettivi?
Merlin impallidì.
-Eeeeeh… Sono una… mmmh… Lascia perdere, dimentica tutto e non dire a tua madre che te ne ho parlato. Beh, no, non dimenticarli del tutto, ricordatene solo quando sarai più grande. Ma non è questo il punto. Vedi, il vero problema non era il numero di persone in sé, bensì che tutta quella gente andava sostenuta. Col tempo riuscirono a risolvere la questione dell’acqua, del cibo, persino dello spazio. Le grandi città iniziarono a essere costruite su più piani con un’attenzione maniacale, in modo che la luce del sole potesse raggiungere tutti i loro abitanti. Tuttavia, c’era un grande problema. Sicuramente tutte queste persone non avrebbero gradito dover stare al lume di candela, no?
Winfred ridacchiò al pensiero e il mago proseguì col suo racconto che, per quanto semplificato, continuava a sembrare convincente per la mente di un bambino di neanche dieci anni.
-Vedi, questo gran numero di abitanti consumava energia a non finire. Bisognava produrne sempre di più, ma si era giunti a un punto in cui la situazione sembrava aver raggiunto un insostenibile punto morto. O almeno, questo era il futuro che ci si prospettava, finché una giovane non ebbe un’idea. Sarebbe meglio dire che prese una “riflessione” del passato e lo migliorò: non era stata certamente la prima ad avere un pensiero come quello, ma fu la prima a fare in modo che quella rappresentasse una soluzione. Cosa creò, tu già lo sai.
Merlin batté nuovamente il piede sulle mattonelle.
-I pavimenti di Asgol Ewchradd non sono semplici rivestimenti.
Winfred annuì.
-Più persone e oggetti si muovono sulla superficie, più energia viene creata.
-Esatto. Vedi, altre persone avevano avuto l’idea prima di lei, ma non erano mai riusciti a fare in modo che questo metodo producesse abbastanza elettricità. Il problema non era mai stata il “cosa”, ma il “quanto”. Non solo, questa giovane riuscì a fare in modo che anche il costo fosse sostenibile, e la sua invenzione iniziò a essere usata ovunque. Inizialmente usarono il metodo solo sulle strade più trafficate, usando il passaggio costante di auto e pedoni; le prime strutture a utilizzarla furono i grandi luoghi pubblici, dai parchi fino agli ospedali, dai centri commerciali alle scuole, che divennero sostanzialmente centrali indipendenti.
-Caspita! Deve essere stato difficile per lei!
-Per la ragazza?
-Non per la ragazza, per lei lei.
-In che senso?
-Beh, le persone come lei disturbano tutto: se usate i vostri poteri inizia a non funzionare più nulla, come se annullaste ogni cosa!
Merlin inclinò la testa.
-Non è proprio così. Vedi, quando io o una qualunque altra persona capace di fare incantesimi usiamo la magia, sostanzialmente richiamiamo tutte le energie di questo mondo sfruttando la nostra. La magia è un catalizzatore, un mezzo trasmissivo.
-Mezzo trasmissivo?
-Sì, uno talmente forte da attrarre le cose attorno a sé, anche quando quello non è il percorso che è stato stabilito.
Winfred parve confuso e si grattò la spalla.
-Non credo di aver capito bene. La magia è come un filo fortissimo?
Merlin rise.
-Sì, non è proprio una definizione ortodossa, ma è così.
Il principe socchiuse gli occhi, pensando attentamente.
-Ed è anche come un magnete fortissimo.
-Sì, diciamo di sì.
-Quindi…
Il bambino si zittì. Pareva perplesso o, per lo meno, molto concentrato. Il mago gli sorrise con aria incoraggiante.
-C’è qualcosa che mi vuoi chiedere a proposito?
-Non lo so… Voglio dire… No… No, forse è stupido. Ci devo pensare. Comunque queste cose devono essere successe tipo un sacco di tempo fa.
Merlin annuì, stringendo le labbra.
-Sì… Sì, effettivamente sì.
-Lei è davvero immortale?
-Così pare.
-E come ci si sente a vivere per sempre?
Il moro sbatté le palpebre, impensierito dalla domanda.
-È come… Ecco, tu sei ancora molto giovane, quindi probabilmente ti sembrerà che il tempo scorra molto lentamente. Ti è mai capitato che i tuoi genitori ti abbiano detto che quando si è adulti, invece, sembra che tutto vada avanti in modo molto rapido?
-Sì, lo dicono un sacco di volte quando raccontano delle cose che sono successe quando erano ancora giovani.
Merlin ridacchiò a quella considerazione, pensando all’età che effettivamente avevano Donald e Delilah, i quali dovevano essersi sposati molto presto, poi continuò.
-Ecco, quando sei immortale questa cosa cambia. O forse aumenta a dismisura. Sì, forse è la seconda opzione. Ti è mai capitato di vedere una cosa tanto veloce da non riuscire a vederla?
Winfred annuì.
-È lo stesso. Passi l’infanzia a vedere il tempo che scorre in maniera così pigra, poi comincia ad accelerare, sempre di più, e poi, improvvisamente, è come se si fermasse. Come se… Sì… Come se rimanesse incastrato, fisso in un determinato momento.
La voce del mago si fece seria e il suo sorriso meno sincero.
-Tu vedi il mondo che cambia, eppure non te lo senti addosso. È come se il tempo fosse un filo e tu un chiodo e questo filo ti passa attorno e fa giri su giri intorno a te senza che tu ti sposti di un millimetro. Diventa come cercare di spostare qualcosa che è immobile a terra e che è impossibile da muovere e…
-Ecco dov’era, padroncino!
Winfred sobbalzò e uscì totalmente dalla fontana, rimettendosi velocemente in ordine. Merlin si girò per vedere Theodore venire verso di loro. Il maggiordomo li raggiunse e gettò uno sguardo critico al mago.
-Di cosa stavate discorrendo?
Il principino si guardò attorno, cercando con lo sguardo i giocattoli che aveva abbandonato, poi incrociò le braccia.
-Del vestito che voglio per il mio decimo compleanno.
-Capisco.
-Lo voglio proprio come l’ho sognato. Mamma ha detto che loro ne sanno di stoffe e volevo chiedere.
-Sono sicuro che i suoi genitori stanno pensando molto seriamente alla sua proposta, padroncino.
Theodore gettò un’altra occhiata verso Merlin, il quale incrociò placidamente le mani in grembo. Nonostante tenesse il volto fisso verso quello del mago, il maggiordomo continuò a parlare con il bambino.
-La regina ha richiesto la sua presenza. È arrivato il gioielliere e…
-Finalmente si è fatto vivo! Voglio una nuova spilla e voglio anche vedere i bottoni per il mio vestito.
Winfred fece cenno verso gli oggetti che aveva abbandonato a terra.
-Se ne occupa lei, Theodore?
L’uomo annuì.
-Certamente, signorino, ma prima la devo accompagnare ne…
-Mamma l’avrà sicuramente accolto nella sua anticamera, come al solito.
-Effettivamente è così.
-Ci posso anche andare da solo, allora. Ciao! Forse prima o poi continueremo a parlare di… del mio vestito.
Winfred fece un occhiolino e salutò Merlin con la mano, correndo via. Theodore impallidì,
-Signorino, non corra!
Il moro si alzò in piedi appena il bambino sparì alla vista e fece un educato cenno di saluto verso il maggiordomo, il quale ricambiò con fredda cortesia. Il mago scivolò via, cercando un’altra stanza dove appartarsi e attendere il ritorno del re.
 
Arthur tagliò la carne e se ne portò un pezzo alla bocca. Il cibo dei Donald era strano: aveva sapori e odori che il re non aveva mai sentito prima, in alcuni casi anche i colori gli sembravano diversi, sfalsati rispetto a quelli che si ricordava lui. Da quando era ritornato in vita, aveva assaggiato tante cose diverse (molte gli piacevano, altre poco), ma né quelli che erano i Grant né gli ex-Lamont avevano la varietà che, invece, aveva la dieta di quella tribù. Anche al mercato, quando lui e Merlin ci erano passati durante le giornate, o nelle locande dove spesso pranzavano, il biondo aveva visto pile di spezie a lui sconosciute, frutta e verdura che non aveva mai visto. Una mattina, qualcuno gli aveva anche fatto assaggiare una bevanda calda dal sapore amaro; non gli era piaciuta per nulla e Merlin gli si era raccomandato di non berne tanto e, soprattutto, di non farlo subito prima di andare a riposarsi. Il giorno dopo il mago gliel’aveva fatto mettere nel latte e in quel modo Arthur doveva ammettere che era più sopportabile… Ciò nonostante, il biondo aveva deciso di evitarlo a tutti i costi.
Tese le labbra verso l’alto, abbassando gli angoli, al ricordo di quel sapore orribile.
-…Il cibo non è di suo gradimento?
-Mh?
Arthur volse lo sguardo verso Donald, che gli aveva posto la domanda, e poi verso il piatto.
-Ah… No, assolutamente, è delizioso.
Il monarca annuì piano e ricominciò a mangiare.
-Mi è sembrato lo trovasse poco gradevole… Il suo viso…
Il biondo ingoiò il nuovo boccone.
-Stavo pensando a una bevanda che ho assaggiato in questi giorni. Non mi ha entusiasmato.
-Com’è fatta?
-Ehm… Liquida… Molto scura, quasi nera…
Delilah alzò un sopracciglio e Donald la guardò con aria allarmata.
-…La cioccolata?
Merlin intervenne.
-Intende dire il caffè.
Il re parve sollevato.
-Bene, bene…
Ricalò il silenzio e il biondo tentò di mantenere viva la conversazione.
-Cosa sarebbe questa cioccolata?
Donald si pulì le labbra con un tovagliolo prima di rispondere, guardando con soddisfazione il proprio piatto vuoto.
-Onestamente io e mia moglie avevamo intenzione di farvela assaggiare a cena terminata. In particolare vorremmo farvi bere della cioccolata calda.
Arthur assottigliò gli occhi.
-È amara?
-No, anzi, è molto dolce.
-Mh.
Il biondo scambiò un’occhiata con Merlin, il quale cercò di mandargli uno sguardo rassicurante. Il mago prese un altro boccone.
-È un peccato che non ci sia anche Winfred: ai bambini di solito la cioccolata piace molto.
Delilah annuì.
-La nostra ricetta è molto particolare, vista la presenza di alcol. Quella solita, invece, l’ha già bevuta; l’abbiamo fatto già cenare appositamente: domani mattina dovrà svegliarsi presto e quindi abbiamo pensato di mandarlo a letto prima del solito.
-Certo.
-Dopo cena andrò a dare un’occhiata per vedere se la tata è riuscita a metterlo a dormire davvero.
Donald scosse il capo.
-Povera donna. È così… Non so come dirlo, anche se lavora per noi da molto non mi ricordo nemmeno che faccia abbia.
Delilah parve trattenere un sorrisetto compiaciuto.
-Non rientra nei suoi compiti essere appariscente.
Arthur annuì educatamente e bevve un sorso d’acqua per nascondere il viso. Non ci aveva fatto caso, ma effettivamente tutte le donne che lavoravano in quel palazzo sembravano essere invisibili. Erano silenziose, tanto efficienti da non farti neanche notare che stavano facendo il loro lavoro e, soprattutto, dall’aspetto piuttosto pallido e scialbo. Il biondo non aveva potuto fare a meno di notare la momentanea espressione appagata di Delilah alle parole del marito e il sospetto che fosse la regina ad assumerle sembrava essere confermato. Probabilmente le sceglieva appositamente in modo che fossero totalmente dimenticabili; l’idea che la donna potesse essere gelosa divertiva Arthur e lo scoprire che persino Delilah aveva in maniera tanto evidente un’insicurezza gli faceva provare, suo malgrado, un pizzico di soddisfazione.
Il biondo posò il bicchiere e attese che la regina e Merlin finissero di mangiare. Non vedeva l’ora di assaggiare la bevanda che gli avevano nominato. Sebbene avesse avuto diverse brutte esperienze, aveva anche, infatti, il desiderio di conoscerne di più. Aveva sentito quel termine, cioè “cioccolata”, dal mago durante una delle sue lunghe e frequenti lezioni, ma sentirne parlare era un conto, provare di persone un altro.
Straordinariamente, finì prima Delilah la sua porzione, mentre nelle sere prima era stata sempre così terribilmente lenta, e Merlin terminò per ultimo, sottolineando con il suo atteggiamento una tranquillità che, invece, non aveva nella maniera più assoluta.
Donald sorrise e non perse tempo a chiamare dei servitori, che portarono loro le bevande per poi uscire velocemente. Se i rapporti fra i quattro fossero stati meno tesi, probabilmente ci sarebbe stato un margine di chiacchierata, ma non era quello il caso e tutti furono grati di avere la scusa per non parlare, visto che stavano masticando un insieme di semi dal sapore fresco per pulirsi la bocca. Era qualcosa che Arthur aveva già preso nei giorni precedenti e che pareva fosse largamente usato in quella tribù; aveva già imparato a riconoscerne i sapori e aveva anche imparato ad apprezzarlo, sotto alcuni punti di vista.
Quando ebbero finito, Delilah stessa si alzò per prendere i quattro bicchieri e portarli al tavolo, porgendone uno a ognuno. Erano piccoli, un po’ più grandi di uno shottino; Merlin lo trovò curioso, ma rimase in silenzio, domandandosi solo quanto alcol poteva contenere quella cioccolata calda per dover essere bevuta tutto d’un fiato.
Donald fece un sorriso imbarazzato e alzò il bicchierino, come a fare un brindisi.
-Spero vi piaccia.
Lo mandò giù tutto d’un fiato, Delilah fece altrettanto e, contemporaneamente, anche Merlin. Arthur, che non aveva capito andasse preso tutto insieme, ne prese un sorso molto piccolo, tanto che si poteva dire si fosse bagnato appena le labbra, e si guardò intorno confuso quando si rese conto di essere stato l’unico a non fare un unico sorso.
-Oh, perdonatemi, non sapevo…
Donald sorrise.
-Non importa, se ne può godere anche così.
Delilah gli fece cenno di continuare.
-Ma sarebbe meglio fare tutto d’un fiato. Forza.
-Non forzarlo; è molto forte e potrebbe non essere di suo gradimento.
-Dai, tutto in un colpo.
Arthur alzò un sopracciglio e guardò per un attimo il liquido denso, preparandosi. Anche solo il bagnarsi le labbra gli aveva fatto capire che si trattava di qualcosa di speziato e molto alcolico. La stranezza era che non aveva sentito tutta la dolcezza che gli era stata detta.
Si portò tranquillamente il bicchierino alle labbra, quando udì un suono strozzato e una mano pallida colpì la sua, facendogli cadere la cioccolata.
-Merlin, ma cosa stai…?!
Il moro aveva una mano alla gola e lo guardava scuotendo la testa. Apriva e chiudeva le labbra, ma non sembrava riuscire a prendere fiato.
-Merlin!
Il re gli venne incontro.
-Questo è…
Tenne il mago prima che cadesse al suolo e ne accompagnò il corpo sulla sedia. Gli sbottonò la maglietta per farlo respirare, poi fissò i due monarchi di fronte a lui con sguardo furente.
-Questo è tradimento.
Donald scosse la testa, come per riprendersi dalla sorpresa, e chiamò a gran voce Theodore, il quale arrivò con calma. Il re gli indicò Merlin, il quale faceva sempre più fatica a respirare.
-È stato avvelenato. Cosa fa lì impalato? Chiami il medico, forza!
Il maggiordomo uscì di corsa, poi il sovrano chiamò altri domestici per aiutarli e si avvicinò al mago.
-Non capisco come possa essere accaduto, io non capisco, non…
Donald alzò gli occhi verso la moglie, che era rimasta immobile per tutto il tempo. Il suo viso impallidì; sembrò divenire di marmo e la sua bocca si fece una linea dritta e sottile.
-…Delilah… Cosa hai fatto?

Note di Elfin
ZAN ZAN ZAAAAAAAAN!!
Non c'è un momento di pace fra i Donald, non uno che sia uno.
Sono tornata in Italia, è stato un viaggio molto lungo e stancante. L'unica cosa che mi consola è che di solito non sento per nulla il jet lag, quindi so che non avrò forti ripercussioni.
Comunque, grazie a tutti per aver letto fin qui. Lo so che stanno succedendo tutte cose in 'sti capitoli, ma vi prometto che so quello che sto facendo. Purtroppo ci sono ancora diverse cose da scoprire e da scrivere, ma alla fine dovrei essere in grado di spiegare e chiudere tutto... Già vi avviso, quindi, di stare attenti, perché se vedete qualcosa di strano me lo dovrete dire quando finiremo i Donald.
Questo capitolo ci lascia con una marea di domande, tipo cosa è successo durante l'incontro Daniel/Arthur? Perché Arthur non sembra essere stato avvelenato? E che c'entra tutto il discorso con Winfred? Lo scoprirete solo nei prossimi episodi XD
Ringrazio tantissimo dreamlikeview e lilyy, le quali mi hanno scritto le loro opinioni. Siete delle bravissime persone :)
A domenica prossima <3
Kiss

 

   
 
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