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Autore: MaxT    13/10/2019    7 recensioni
Questo racconto è basato su Somewhere only we know di marianna1317, rielaborato e completato da MaxT con l'aiuto dell'autrice originale.
Anni dopo essere morto nel mondo da incubo all'interno di un libro magico, Cedric redivivo si presenta alla porta della donna che ancora lo ama, la guerriera Orube.
Al rifiuto di dare spiegazioni sulla sua resurrezione si creano sospetti e incomprensioni, mentre le storie dei due personaggi si intrecciano con le realtà dei loro mondi natii, e con esuli che vivono in incognito nella città di Heatherfield.
Combattuti tra l'affetto per Orube e il loro dovere, le Guardiane e i saggi di Kandrakar cercano risposta a una domanda: c'è ancora una minaccia nascosta nel Libro degli Elementi?
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cedric, Orube
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RITORNI

Di MaxT e marianna1317



 

Capitolo 1

Ritorno nella tempesta

 

 

Nel cielo di Heatherfield, la sera di mezzo agosto sta volgendo verso una nottata di tempesta.

Il sole del tramonto trasmette a fatica il suo saluto color pesca tra le venature delle nuvole, mentre una massa plumbea incombe dalla direzione del mare.

I passanti camminano frettolosi verso le loro case per mettersi al riparo prima dell'acquazzone imminente.

Quando l'individuo esce dal negozio buio, nessuno gli dedica più di un'occhiata distratta, nonostante il suo inquietante mantello nero. Il suo viso, nell'ombra del cappuccio, sembra distorto da una smorfia di dolore.

 

 

A Villa Rudolph, il vento dal finestrone aperto scompiglia i capelli corvini della giovane donna, mentre lei armeggia per sbloccare il battente della finestra a ghigliottina con una spada lucente e affilatissima.

Dopo avere fatto leva nella fessura di scorrimento, osserva poco convinta le scalfitture create, poi ripone l'arma e porta entrambe le mani al battente. Raccoglie le forze e, con un ultimo strattone, riesce a richiuderlo con un suono secco. Uno dei riquadri di vetro si incrina con uno scricchiolio sinistro.

Questa volta ha veramente rischiato di dover passare il temporale con la finestra del soggiorno aperta, pensa Orube. Questa vecchia casa ormai ha bisogno di manutenzione. Del resto non può pretendere molto: è ospite in una casa non sua, in un mondo non suo, con un nome non suo. Rebecca Rudolph.

 

Riappende alla parete la sua splendida spada, poi la rimira con qualche rimpianto. Rappresenta il suo status di Guerriera, ma deve ammettere che il picco della sua utilità negli ultimi anni è stato proprio forzare la finestra. A parte questo, le è servita solo per qualche allenamento occasionale.

All'esterno, i fili telefonici ondeggiano sotto lo sferzare delle raffiche.

Dopo un'occhiata al cielo sempre più plumbeo, torna a sedersi sul divanetto da due soldi con il quale ha sostituito le antiquate poltrone della professoressa Rudolph, ormai da anni all'altro mondo. Non morta, per carità: semplicemente ritornata nel Metamondo da cui proveniva.

 

In una domenica sera così, senza la compagnia delle amiche, senza la possibilità di uscire a camminare, le pesa più che mai l'assenza di Cedric. Sa che molti di quelli che l'hanno conosciuto lo ricordano come l'infido braccio di un tiranno crudele, anche se per educazione non lo dicono mai in sua presenza.

Per lei invece era l'uomo che aveva poco a poco cominciato ad amare mentre lo sorvegliava, e che era morto da eroe per salvarle la vita. Una morte avvenuta nel misterioso universo parallelo di un libro magico, dal quale non aveva potuto neppure riportare indietro il corpo da onorare: dopo il suo ultimo respiro stentato, lo vide disciogliersi in qualcosa che somigliava a una pozza di inchiostro, obbedendo alle leggi crudeli di quel mondo assurdo.

A tre anni da quella morte, Orube non è stata più la stessa di prima. Si era ritirata a piangerlo per un periodo nella sua casa di famiglia su Basiliade, poi era tornata al servizio della mistica Congrega di Kandrakar, sperando che le responsabilità e l'azione come guerriera l'aiutassero ad elaborare quel lutto.

Purtroppo non è stato così: per la maggior parte del tempo la vita a Kandrakar è molto statica, e lei faceva sempre più fatica a capire quale fosse il ruolo di una Guerriera in quella Congrega di vecchi dedita al mantenimento dell'equilibrio tra i mondi... qualunque cosa ciò voglia dire.

 

 

Continua a guardare il temporale attraverso la finestra mentre i suoi pensieri divagano.

 

Pensa alla libreria riaperta con l'aiuto delle sue amiche terrestri, le Guardiane di Kandrakar.

Will, la rossa detentrice del potente amuleto detto Cuore di Kandrakar.

Cornelia, la bionda ed elegante Guardiana della Terra.

Irma, la Guardiana dell'Acqua.

La mulatta Taranee, detentrice del Potere del Fuoco.

E infine Hay Lin, la Guardiana dell'Aria, che ha ereditato il ruolo di sua nonna Yan Lin quando lei, simulando la sua stessa morte, si è trasferita definitivamente alla fortezza di Kandrakar, diventando uno dei saggi della Congrega.

E' stata Hay Lin, le hanno raccontato, a inventare l'acronimo W.I.T.C.H. per definire il gruppo, a partire dalle iniziali dei loro nomi. A dispetto della sua assonanza, questo acronimo non è stato quasi mai usato né da loro né, men che meno, a Kandrakar.

Sembra buono solo per la copertina di un fumetto, disse una volta Cornelia.

La prima volta che le incontò in una missione, quelle ragazze non le piacquero: le diedero l'impressione di essere infantili, impreparate e assolutamente prive della disciplina necessaria.

Vedendole poi al naturale, non nello splendido aspetto trasformato di Guardiane, era anche chiaro che erano troppo giovani e acerbe per quelle responsabilità.

Perchè poi scegliere un altro gruppo di Guardiane terrestri, dopo la pessima prova che aveva dato quello precedente, a parte la saggia Yan Lin? Fino a quel momento, le ripeteva spesso la sua mentore Luba, le Guardiane erano quasi sempre strate scelte tra Guerriere di Basiliade, che hanno una ben altra idea della disciplina e del sacrificio.

Dopo le riserve iniziali, però, aveva dovuto ammettere che anche questo gruppo era capace, sia pur tra alti e bassi.

Le cinque ragazze l'avevano accolta bene al suo ritorno a Heatherfield.

Viste al naturale, erano maturate nei tre anni passati, nei quali le aveva incontrate solo occasionalmente a Kandrakar, e sempre con il loro aspetto trasformato di Guardiane.

Erano tutte cresciute, con Cornelia che la superava in statura, Will coi capelli più lunghi dietro e scalati, Irma che non era più così paffutella, Hay Lin con un po' di ciccia nei punti giusti e Taranee diventata agile e atletica come una gazzella, con delle corte treccine sul dietro, dove la lunghezza dei capelli lo permetteva già.

E' stato merito loro se è riuscita a rimettere in piedi la casa dove abita e il negozio, dopo anni di quasi abbandono in cui avevano usato questi luoghi solo come loro ritrovo occasionale.

Grazie a loro e grazie al denaro con cui la Congrega l'aveva sovvenzionata, era riuscita a riaprire la libreria al pubblico, e ora si stava lentamente ricreando un giro di clienti.

A vedere quel denaro, mentre Orube lo contava disorientata, Cornelia aveva avuto un moto quasi di ribrezzo e aveva detto che era falso. Chissà cosa voleva dire? Comunque nessuno aveva mai fatto difficoltà ad accettarlo.

Le vedeva quasi ogni giorno, anche perchè il seminterrato di quel negozio era il loro luogo di riunione abituale.

Lei aveva portato con sé da Kandrakar il libro magico della loro tragica avventura, quello dove Cedric aveva trovato la morte. Il Libro degli Elementi, lo chiamavano. La Congrega le aveva concesso di tenerlo, e lei lo conservava come una reliquia.

Non pochi saggi avevano storto il naso davanti a quell'oggetto, ma nessuno di loro aveva mai osato criticarla apertamente. Il libro aveva ormai perso la sua magia. Lo stesso Oracolo, dopo una lunga meditazione, aveva concluso che lo spirito del suo malefico autore, Jonathan Ludmoore, era ormai dissolto.

Quando lei era scesa nello scantinato della libreria, intenzionata a riporre il libro nella nicchia dov'era stato incastonato ai tempi di quella tragica avventura, aveva avuto la sorpresa di trovare sulla parete un oggetto simile a uno specchio dalla cornice stravagante. Le ragazze le avevano spiegato che era un portale per comunicare con Kandrakar, installato dopo la sua partenza tre anni prima. Così lei aveva dovuto cercare un posto d'onore di ripiego per il Libro degli Elementi, ben in vista sullo scaffale più vicino.

Le ragazze non avevano fatto obiezioni, anche se più di una volta aveva notato Irma che, passandogli davanti durante le riunioni, faceva un gesto strano dietro la schiena, con l'indice e il mignolo protesi.

 

Afferrato il telecomando della TV, si raggomitola come un gatto nel buio della sala. Vuole vedere cosa mostrerà quella scatola parlante stasera. Almeno coprirà questo inquietante silenzio screziato dallo spettrale rumore del vento.

Inizia a passare da un canale all’altro, annoiata. Programma di cucina, programma dove due tizi cercano di rivoluzionare il guardaroba della malcapitata di turno mandata dalle presunte amiche, programma con un gruppo di sconosciuti su un’isola sperduta, ancora un programma di cucina. Perché ai terrestri piace così tanto guardare altra gente cucinare?

Cambia un'ultima volta, finendo su un notiziario.

“... di un'unità dei marines di stanza a Tikrit. L'ordigno, nascosto a lato della strada...”.

Storce il viso. In questo mondo non hanno idea di cosa sia il Codice d'Onore dei Guerrieri.

“In un'intervista, il segretario di stato ha ribadito...”.

La stanza sprofonda lentamente nella semioscurità, e il blaterare monotono della trasmissione si fa sempre più lontano e confuso mentre sprofonda lentamente nel dormiveglia.

 

 

 

E' ormai buio. Un altro lampo illumina la strada. Il figuro intabarrato avanza lungo la via, tentando di trattenere le falde e il cappuccio del mantello agitati dalle folate.

Inizia a piovere, e in meno di un minuto la pioggia si fa grossa, sferzante.

L'uomo allunga il passo, trattenendosi il cappuccio calcato sul viso, mentre le falde inferiori si agitano come impazzite, lasciando i suoi pantaloni ormai fradici esposti allo scroscio.

I lampi disegnano sagome di luce sulle falde del mantello che si agita sempre meno, ormai appesantito dall'acqua onnipervasiva.

 

 

 

Il suo riflesso nel verde di una vasca a Kandrakar. Il viso triste, gli occhi arrossati dal pianto.

Il riflesso dell'Oracolo alle spalle del suo. “Orube, è tempo di decidere. Potrai prendere il posto di Luba come Guardiana delle stille, come lei voleva”.

 

 

“... nelle strade di Miami. Secondo i resoconti della polizia...”

 

Una lacrima cade nel caldo verde della vasca. Increspature che si allontanano concentriche. Il riflesso di Luba, la sua maestra ormai morta. Risente le sue parole: “Orube, la tua vita sarà un continuo addestramento. Tuo padre Hoclotos sarà fiero di te, osservandoti dal paradiso dei giusti”.

 

“... due casi di influenza aviaria sono stati segnalati nella Russia meridionale...”

 

Un'altra lacrima. Le increspature si allargano e si disperdono. Il viso severo di suo Padre.

Sei nata per essere una Guerriera. Non mi aspetto di meno, da te. Ora vai, fai il tuo dovere, e non tornare finché non sarai una perfetta Guerriera, forte e dura come l’acciaio della mia spada!”.

 

“... in ottemperanza al decreto dell'ONU, cinquecento coloni sono stati sgomberati a forza...”.

 

Un'altra lacrima, altre increspature.

Il viso di Cedric, con il sorriso sincero che aveva dedicato solo a lei prima di morire.

La sua stessa voce: “Oracolo, vi prego, concedetemi di riaprire la libreria, per onorare la memoria di quell'uomo morto per salvare la mia vita”.

 

“... sul Golfo del Messico, i primi segni di una nuova perturbazione...”.

 

Ye Olde Bookshop. Il primo cliente. “Signorina, c'è ancora quel giovane libraio? Era burbero, ma come li conosceva lui i libri...”

L'immagine si scioglie nelle lacrime. “No, non c'è più”.

 

Un forte tuono sveglia Orube di soprassalto dal suo sogno. Davanti a lei la TV ha un guizzo, poi riprende a trasmettere: “ … l'andamento crescente dei mercati azionari...”. Dall'esterno, il rimbombo del tuono si smorza e svanisce, lasciando il rumore continuo degli scrosci spinti contro i vetri dalle folate di vento.

All'esterno ormai è buio, pensa. Chissà per quanto sono rimasta addormentata?

Poi riguarda il televisore, che continua imperterrito a blaterare. Le avevano detto che, durante un temporale, era meglio staccare dalla corrente tutti gli apparecchi di qualche valore.

Si alza per spegnerlo, ma prima che possa farlo un altro fulmine guizza in cielo. Prima ancora del tuono, sente uno scatto dall'atrio e il televisore si spegne, facendo sprofondare la stanza nel buio.

 

 

 

Mentre un altro lampo disegna il suo bagliore in cielo, l'uomo cammina a passo lungo e veloce, quasi in fuga, ignorando la protezione che gli ingressi di qualche condominio e una tavola calda ancora aperta potrebbero offrirgli.

Ha ormai perso la sua battaglia per tenere chiuso il mantello. Si limita a trattenere il cappuccio sul viso mentre lo scroscio dilaga sul resto del suo corpo, facendogli aderire i vestiti ormai zuppi.

Guarda in direzione della vecchia villetta dov'è diretto. Esita quando vede che le luci della strada mostrano solo il muro di cinta, ma poi un lampo illumina il cielo a giorno, e rivela la casa immersa nell'oscurità.

 

 

 

Orube, in piedi accanto al finestrone, osserva con disappunto il debole brillìo di una piccola pozza d'acqua che si sta formando sul davanzale interno, per poi colare sulla carta da parati verdina del soggiorno. Ricorda che, sul parquet, una chiazza grigia e leggermente ondulata rimarca che quella non è la prima volta che l'acqua trova il suo accesso.

Quest'infiltrazione va sempre peggio, constata. Questa finestra avrà bisogno di una buona manutenzione.

Quando l'ennesimo lampo illumina il cortile, vede una figura scura e indistinta che sale la scalinata verso l'ingresso, sulla sua sinistra.

Un attimo dopo, tre colpi forti risuonano sulla porta.

“Chi è?” chiede ad alta voce, senza ottenere risposta se non l'ululato del vento.

Orube cerca di ricordarsi dov'è il quadro elettrico per far tornare la luce, ma la sua memoria sotto pressione non le dà una risposta chiara. Da qualche parte accanto all'ingresso, ma ora giace nella completa oscurità.

Lancia un’occhiata alla sua spada appesa al muro, vagamente visibile nella luce, poi decide che un ombrello le sarebbe più utile, se solo lo avesse a portata. Da brava gatta, teme il temporale più di qualunque malintenzionato, da cui potrebbe difendersi anche a mani legate.

Saliti i tre gradini verso l'ingresso, apre la porta con prudenza; si ritrae, mentre l'impeto di una folata di vento e pioggia conquista l'atrio.

 

La figura alta e incappucciata è avvolta da un mantello così zuppo che sembra incollato addosso, mentre rivoletti d'acqua sgocciano sul pianerottolo, spinti dal vento verso l'ingresso.

Orube scruta nell'oscurità, ma non riesce a scorgere alcun dettaglio del volto incappucciato. Davanti a quell'apparizione così inquietante, quasi rimpiange di non aver preso la sua arma.

Prima ancora della vista, è il suo olfatto sensibilissimo a riconoscere qualcosa nel misto di odori di quest'uomo esausto e fradicio.

“Ce...Cedric? Non può essere... Cedric!”, balbetta.

Lo sconosciuto si rovescia all'indietro il cappuccio, cercando di vincere il vento che lo ricalca sul suo viso.

Gli occhi di Orube, ormai ben adattati all'oscurità, riconoscono finalmente i lineamenti dell'uomo al quale aveva pensato ogni giorno da anni. Ricorda il suo bel viso affilato, i suoi occhi di un azzurro intenso... ma perchè la sua espressione è così tesa e sofferente?

 

“Orube ti prego, aiutami!”, dice, “Fammi entrare, presto!”.

Lei si fa in disparte, stupita, e lui entra precipitoso, chiudendosi la porta alle spalle.

“Cedric, sei vero o ti...”.

“Ti prego, aiutami, presto!”, ripete Cedric grondando acqua sul pianerottolo. “Aiutami a svestirmi”.

“Come?”, domanda lei incredula con gli occhi spalancati.

“Presto, toglimi questa veste di dosso, mi sta bruciando la schiena!”. Accompagna la supplica con un tentativo di slacciare il mantello, ma rinuncia subito, con un grido inarticolato di frustrazione. “Ti prego!!!”, dice, cadendo in ginocchio.

“Subito...”. Lei, confusa, cerca di ricordarsi dov'è l'interruttore generale per liberare la casa dal buio. Ah già... è proprio lì vicino, sulla parete dell'ingresso. Lo trova a tentoni.

 

Appena ritornata la luce nell'appartamento, guarda Cedric inginocchiato ai suoi piedi che si copre gli occhi abbagliati. I suoi lunghi capelli biondi, inzuppati, sono trasformati in un velo scuro e disordinato incollato alla pelle.

“Ti prego! Toglimi questa veste maledetta!”, geme.

“Subito...” ripete lei incredula, osservandolo. Il vestito fradicio di Cedric sembra una sorta di divisa militare dal taglio simile a quelle di Meridian, ma anziché essere del solito verdeazzurro, questa è completamente nera. Attorno a lui, una chiazza d'acqua si allarga sul pavimento.

Lei prova a sciogliere i legacci del mantello, ma sembrano tenacemente legati, come se avessero una volontà propria di resistere.

Dopo qualche tentativo affannato, con i lamenti di Cedric nelle orecchie, lei guarda verso la sua spada, poi si guarda le dita, e decide che la sua forma originale di Basiliade potrebbe risolvere la situazione. In un attimo, la sua unghia umana viene sostituita da un affilatissimo artiglio retrattile, che in breve tempo ha la meglio sui legacci del mantello.

“Ecco Cedric, il mantello è andato! Ora...”.

“La tunica! Togli la tunica, presto!”, geme cercando di sfilarsela, ma l'indumento zuppo aderisce come se fosse incollato.

“Adesso, Cedric. Ma cos'ha questa maledetta tunica?”. Comincia a inciderla, e poi a staccare prudentemente i pezzi, che aderiscono fortemente alla pelle.

“Fai presto! Presto, ti prego!”.

“Non posso, non vorrei staccarti la pelle... Ma cos'è questa, un'ustione?”. Osserva la cute arrossata e piagata che è riuscita a liberare.

“E' la tunica! Ahi. E' la tunica che mi fa questo!”.

Dopo qualche minuto, il suo artiglio e la sua tenacia hanno avuto la meglio sull'infernale indumento, abbarbicato alla schiena e alle spalle dell'uomo. Una volta staccato da queste, le altre parti della tunica e i pantaloni si sfilano senza particolari difficoltà.

Cedric tira un forte sospiro di sollievo sofferente, guardando gli indumenti ormai stracciati sul pavimento bagnato. “Finalmente libero, Orube, Grazie... Sapevo di poter contare su di te!”.

Lei osserva le spalle piagate. “Ma cosa ti è successo? Vuoi che ti porti al Pronto Soccorso?”.

“No grazie. Orube... Orube cara, sapessi quanto mi sei mancata!”. Con sforzo si rialza in piedi.

Lei lo guarda incredula. Cedric è ferito, fradicio, esausto, e non ultimo puzza di sudore, di stanchezza e di stress.

Non è come nei suoi sogni, nei quali ritornava da lei sorridente e profumato, con i suoi lunghi capelli biondi lisci e fluenti come fili di seta e qualche frase romantica di amore eterno, diversa ogni volta.

A Kandrakar, Orube aveva meditato su come avrebbe potuto rientrare nel libro per cercarlo, aveva addirittura pensato di scongiurare la Congrega per aiutarla con qualche magia segreta o con qualche rituale di invocazione alle Divinità. Tutto ciò che voleva era riaverlo indietro.

Ora lui è lì, al di là di ogni sua ragionevole speranza, e senza che lei avesse fatto alcunchè.

Il vortice di emozioni che l’aveva travolta nel rivederlo lascia il posto alle domande: “Ma... ma come hai fatto? Tu... tu eri...eri... Come fai a essere vivo, ora? E come sei uscito dal libro?” .

 

 

 

Note sul capitolo 1:

 

Il capitolo iniziale di Ritorni riprende abbastanza da vicino quello di Somewhere we only know di Marianna1317.

Le principali differenze sono le scene di Cedric per strada sotto il temporale, alternate a quelle di Orube in casa per movimentare il capitolo, e la scena finale con l'arrivo di Cedric, non romantica come nel lavoro originale ma drammatica per la presenza della diabolica veste che lo strazia.

Vi anticipo che questa storia si chiuderà col botto in quello che, nella cronologia del racconto, è il mese di dicembre. Se vi interessa sapere come, non avete che da seguirla fin alla fine.

A chiunque voglia lasciare un suo commento alla storia, promettiamo una risposta rapida e colma di gratitudine.

 

La cronologia della saga di W.I.T.C.H.: parte 1

 

Nello scrivere le mie storie su W.I.T.C.H., ho cercato di dare spessore e coerenza all'assieme introducendo alcuni riferimenti cronologici.

Il punto di partenza è stato una frase di Cedric riferita alla Muraglia, detta durante l'agguato nella palestra in W.I.T.C.H. n.1: “Quando un millennio finisce la sua struttura si allenta...”.

Visto che l'ultimo anno del millennio è stato il 2000 e l'agguato è avvenuto il giorno dopo la festa di Halloween, mentre Will è apparsa in scena il giorno prima della festa, si può dire che la storia narrata dal fumetto inizia il 30 ottobre 2000.

Su questa base, possiamo dire che la presente storia è ambientata nella tarda estate dell'anno 2005. Anche le notizie accennate alla TV durante il dormiveglia di Orube sono coerenti con ciò che avveniva attorno al 17 agosto di quell'anno.

 

Come collocazione geografica, sarà chiaro a tutti che Heatherfield è una città di fantasia.

In una delle rubriche del fumetto hanno fatto sapere che esiste una Heatherfield in Irlanda, ma è una proprietà privata, e quindi non è proponibile per essere identificata con la città delle W.I.T.C.H.

Tentando di trovare la collocazione più verosimile, ci si accorge che gli elementi del fumetto sono contraddittori: un paese di lingua inglese dell'emisfero boreale, in cui le auto tengono la destra... Anche se certe architetture fanno più pensare all'Europa, ho optato per la costa orientale degli U.S.A.

  
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