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Autore: Mary P_Stark    14/10/2019    2 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. – Epilogo
 
 
 
 
Latona stava sistemando alcuni fiori nell’aiola, quando una voce racchiusa nel suo cuore per millenni le sfiorò le orecchie, emozionandola.

Subito, levò il capo biondo-dorato per scrutare in direzione del cancello della sua proprietà, nei pressi della cittadina portuale di Kos e lì, bello letteralmente come il sole, vide Apollo.

Le sue chiome fulve brillavano sotto il sole come riccioli di rame appena strappati dal calore della fornace, mentre un sorriso insicuro ne ringiovaniva il viso perfetto e bellissimo.

Sorridendo spontaneamente a quella visione, Latona lasciò perdere i suoi bulbi per spazzolarsi le mani nel grembiule che indossava e, dolce quanto insicura, disse: «Entra pure, figlio mio.»

Dopo la visita di Hermes, diversi mesi prima, Latona aveva atteso con trepidazione e paura assieme, l’arrivo dei suoi figli. Dei gemelli, però, solo Artemide si era presentata, portando con sé le sue figlie e gli uomini più importanti della sua vita; Endimione e Felipe.

Latona li aveva conosciuti con immensa gioia, aveva pianto nell’abbracciare le due ultime nate e aveva fatto i complimenti a Hector, autoproclamatosi protettore delle sue piccole, nuove zie.

Quando, però, aveva chiesto notizie di Apollo, Artemide aveva dovuto ammettere con la madre il rifiuto del fratello a presenziare a quella visita. Non potendole dare nessuna spiegazione in merito, la dea silvana si era limitata a chiederle scusa, premurandosi di rassicurarla comunque sull’amore di Apollo per lei.

Latona aveva accettato senza alcuno sforzo la decisione del figlio – pur avendo desiderato vederlo – e Artemide le aveva promesso il massimo impegno nel convincerlo a cambiare idea.

Trovarselo infine innanzi, bellissimo e fiero, portò Latona a lasciarsi sfuggire una lacrima di gioia, lacrima che Apollo raccolse con un dito per poi portarsela alle labbra.

«E’ amara, ma sa ugualmente di felicità» chiosò lui, stringendola poi in un delicato abbraccio. «E’ bello rivederti, madre.»

«E’ più bello rivedere te, figliolo» mormorò lei, lasciandosi scaldare dal potere del dio del sole. Era davvero così piacevole stare tra le sue braccia!

Quando infine si separarono, Apollo si guardò intorno, ammirò il bel giardino curato dalla madre, la piccola casa stuccata di bianco e dalle imposte verde acqua e, infine, disse: «Ti si addice. Qui è tutto molto bello.»

«Entra, e sediamoci al fresco della veranda sul retro» lo invitò lei, prendendolo sottobraccio.

Apollo assentì e, dopo aver oltrepassato la casa, fresca e profumata di fiori di ibisco, si ritrovò a fissare la scogliera dinanzi a lui e il mare dabbasso che, rumoroso, si infrangeva contro la roccia.

L’aria salmastra gli riempì i polmoni, mentre l’aroma delle piante officinali si mescolava a quei sentori marini, procurandogli piacere.

Sospirando deliziato, Apollo si sistemò su una poltrona di vimini e, sorridendo a sua madre, disse: «Perdonami se ho impiegato tanto, per venire, ma volevo risolvere alcuni miei problemi personali, prima di vederti.»

«Avevi tutto il tempo del mondo, per venire – o non venire – perciò non hai nulla di cui scusarti» scosse il capo la titanide. «Spero che tu stia meglio, ora.»

Annuendo, Apollo lasciò vagare lo sguardo su quel meraviglioso panorama e, con un mezzo sorriso, mormorò: «Sentivo di essermi indurito, nel corso dei millenni, di aver perso contatto con il mio spirito più vero, e non volevo sembrarti insensibile o villano, presentandomi a te per come ero mesi addietro.»

Latona sbatté le palpebre, sorpresa da quella confessione, ma assentì e Apollo, rinvigorito dalla sua comprensione, aggiunse: «Sento il desiderio di abbracciarti, e il mio cuore si duole per i millenni che ci hanno visto separati… ma sono lieto di sentire questo genere di dolore. Mi ero come… perso

Allungando una mano verso il figlio, la poggiò sul suo avambraccio e, piena di amore materno, mormorò: «Vivere per millenni può fare questo effetto, ma sono felice che tu abbia ritrovato te stesso e il tuo equilibrio.»

«Ci sto provando, per lo meno» ammiccò lui, facendola ridere.

Apollo si beò di quel dolce suono e, nel chiudere gli occhi di fronte al profondo senso di pace provato in quel momento, sussurrò: «E’ così bello stare qui… c’è molta pace.»

«Piace anche a me, anche se scendo spesso a Kos per stare in mezzo alla gente» ammise Latona, carezzando debolmente l’avambraccio del figlio per trasmettergli la sua vicinanza, sia fisica che psicologica.

Apollo sorrise e annuì, mormorando: «Anch’io mi sono riavvicinato al mondo degli umani. Ho anche fatto pace con Clizia.»

«Ne sono lieta» sorrise Latona. «Quindi, lei sta con te, adesso?»

Scuotendo il capo, Apollo tornò a guardarla e, dubbioso, disse: «Desidero prima di tutto imparare a conoscerla bene. Pensi sia sbagliato?»

Latona gli sfiorò il viso con una carezza, scosse il capo e replicò: «No, caro. Non è affatto sbagliato. Fin troppe cose, nella vostra gioventù, vennero fatte per l’impulso di un momento, anche per causa mia, perciò è giusto che questo nuovo corso ti veda più riflessivo. Più di ogni altra cosa, però, devi chiederti; tutto questo ti rende felice?»

Lui assentì e, nel rivolgere uno sguardo al mare blu zaffiro e alla sottili onde che lo increspavano, mormorò: «Desidero davvero conoscerla. Non voglio più vivere un’esistenza superficiale. Non è più per me. Ho solo un problemino, però.»

Latona si fece attenta e, disponibile, disse: «Se posso esserti d’aiuto in qualche modo…»

Apollo, però, scosse il capo e, indirizzando un dito verso le immensità del mare, ammise: «Domani devo vedere Oceano, e non ho la più pallida idea di come andrà il nostro incontro. Hai qualche consiglio per me?»

Latona scoppiò a ridere, si allungò per abbracciare il figlio e ammise: «Tesoro mio, non saprei davvero cosa dirti, a parte di essere sincero con Oceano e sui tuoi sentimenti per Clizia.»

Apollo storse il naso e borbottò: «Quanto sincero?»

«Oh, beh, tesoro… non fino a quel punto, è ovvio» sottolineò Latona, scuotendo il capo con aria falsamente inorridita.

Apollo rise divertito e, nell’annuire, chiosò: «Okay, mediamente sincero.»

Latona ci pensò sopra un attimo ma, alla fine, disse: «Facciamo un quarto di sincerità. Può bastare. Con i padri, non si sa mai.»

Febo la fissò per un momento con aperta sorpresa, prima di lasciarsi andare a una risata liberatoria, cui si unì anche la madre.

Sì, forse avrebbe omesso molto, con Oceano, ma non le cose più importanti. Lui teneva a Clizia e voleva imparare – finalmente – a conoscerla.






N.d.A.: qui terminano - per ora - le avventure di Apollo. Naturalmente lo incontreremo ancora (non vi lascerò nel dubbio riguardo al suo rapporto con Clizia) ma, per il momento, la nostra attenzione verrà catalizzata su Zeus, nel prossimo capitolo. Vedremo come, le recenti vicende legate ai figli, lo abbiano colpito, e come abbia - finalmente - deciso di porre rimedio al solco sempre più grande che lo divide da loro. 
Non necessariamente, è chiaro, tutto filerà liscio. Quando mai succede, con me? ;-)
Alla prossima, e grazie per avermi seguito fino a qui!
  
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