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Autore: G RAFFA uwetta    14/10/2019    1 recensioni
Il mondo come lo conosciamo è quasi tutto sepolto sotto strati di radiazioni a causa della Terza Guerra Mondiale scatenata dalla Cina. Ma l’avidità umana non è morta con lui, è sopravvissuta così come la voglia di conquista dei superstiti.
Nell’ombra c’è chi si muove guardingo, un passo alla volta per raggiungere il proprio obiettivo. Chi è così insaziabile da sfidare le aree contaminate?
Un mistero che avrà un risvolto inaspettato per l’intero genere umano.
Questa storia partecipa al contest ‘My favourite things’ indetto da fiore di girasole sul forum.
Questa storia partecipa al contest ‘I miei ultimi undici libri’ indetto da Claire roxy sul forum.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anno del giudizio 14-41


L’unico vero errore è quello da cui non impariamo nulla. ( John Powell )


Apologia di una guerra


Non fu facile raggiungere il loro obiettivo: la galleria imboccata, oltre ad avere una forte pendenza, era invasa dai detriti. Dovettero anche aggirare un paio di mine anti-uomo, allungando ulteriormente il percorso. Poi, finalmente davanti a loro, quasi a ridosso dello strapiombo, con la cascata iridescente a fare da cornice, trovarono la porta blindata.

«Sebastian, mettiti subito al lavoro. Ho un bruttissimo presentimento,» disse preoccupato Gordon. L’uomo non si fece pregare e, dopo avere tolto dallo zaino un visore, alimentato dalle stesse radiazioni che li circondavano, prese a consultarlo.

Adelhaide si avvicinò al bordo e, voltando la schiena alla cascata, strisciò lungo la lingua di terra a ridosso della parete in cemento. Fatto un centinaio di metri, la striscia si allargò abbastanza da permettere di avere una buona visuale del muro.

«Ma che fine ha fatto l’unità operativa rimasta a custodia di questa area?» chiese Robert che, nel frattempo l’aveva raggiunta.

«Secondo i dati in nostro possesso erano centoventitré, ma di loro non rimase vivo nessuno. Dai rapporti sappiamo che, una volta usciti in perlustrazione, non fecero più ritorno.» La ragazza estrasse da una tasca dello zaino uno scanner e lo passò sulla parete.

«Cosa stai facendo?» domandò perplesso.

«Riproduco la mappa. Guarda tu stesso,» rispose spiccia, troppo impegnata per aggiungere altro. Robert alzò gli occhi e, parzialmente illuminata dalla luce incorporata nella sua visiera, apparve la pianta dell’intera base.

«Come è possibile?» chiese.

«Come sia successo non saprei spiegarlo. Posso solo dirti che, come ben sai, Kippler riuscì a tenersi in contatto con il mondo esterno. Un video, filmato da lui stesso, riporta le immagini sbiadite di questa parete dopo di ché il nulla. Quello fu l’ultimo rapporto che ricevettero dalla base. Comunque, detto tra noi, furono enormemente fortunati a restare vivi. Guarda il cratere alle tue spalle: a quei tempi era una costruzione che ospitava migliaia di unità.» Staccò in fretta lo scanner dal muro e lo ripose nello zaino. «Fatto! Ora che ho finito, è meglio raggiungere gli altri, e anche piuttosto in fretta.»

Girando su se stesso, Robert passò il fascio di luce nel punto in cui l’intonaco era sdrucciolato via.

«Caspita!» esclamò. «Questa sì che è bella! Aspetta! Devi proprio vedere questa cosa,» disse a Adelhaide che già si era persa nell’oscurità. Il muro gli regalò la visione parziale del planisfero politico terrestre suddiviso esattamente come nei tempi attuali, con l’Africa che dominava su tutte le restanti nazioni. Ma ciò che lo lasciò a bocca aperta fu constatare che, nelle zone in cui la guerra aveva fatto più danni – per citarne alcune: Stati Uniti, Italia, Cina e Russia – l’intonaco era sparito lasciando un vuoto troppo crudo per essere vero. Adelhaide rise davanti alla sua espressione sbigottita.

«Affascinante, vero? Tenendo conto che è lì appesa da quando la base è stata costruita. Anzi, ti dirò di più: fu la volontà di mantenere celato il segreto nell’Area 51 che scatenò tutta questa follia.»


Correva l’anno 1954 quando lo studioso Angelo Ferretti Torricelli, dalla Specola Astronomica Cidnea di Brescia1, osservò uno strano fenomeno avvenuto a pochi chilometri dal satellite terrestre.

Sul suo annuario pubblicò: Curioso come l’uomo alzi lo sguardo verso il cielo in cerca di conforto senza conoscere i misteri ivi celati. Eppure, quasi per caso, ho appreso che la magia del nostro satellite può essere offuscata dall’ignoto, da qualcosa di così incomprensibile da risultare, suo malgrado, affascinante[...] Un “ombra” veleggiante nella debole orbita lunare si è frammentata, colpita a tradimento da una meteore. L’impatto ha illuminato il satellite come un albero di Natale e scagliato lontano i frammenti incandescenti, alcuni dei quali si stanno dirigendo verso il nostro pianeta[...] Questa notte tutti con il naso verso il cielo: e buon desiderio a tutti.”

I giornali di tutto il mondo riportarono la sconcertante storia di una donna, Ann Elizabeth Hodges, che, il 30 novembre del 1954 alle ore 6:46 p.m., veniva colpita da un frammento di una di quelle meteorite2 citate nell’articolo di Torricelli.

La divulgazione di questa notizia servì a insabbiare velocemente l’ammaraggio in varie zone del pianeta di materiale di origine aliena, dando inizio a una delle più controverse fasi della Guerra Fredda tra Russia e Stati Uniti.

A metà degli anni ‘60, dei contadini Igbo scoprirono una caverna con all’interno una capsula aliena perfettamente conservata. Il tenente colonnello Chukwuemwka Odumegwu Ojukwu, capita l’importanza del ritrovamento, la vendette sottobanco al migliore offerente. Con il ricavato, armò le sue truppe e, dopo un colpo di stato, diede origine alla Repubblica del Biafra3.

Il nuovo governo ebbe vita breve, e il reintegro delle terre alla Nigeria portò alla nazione inaspettati benefici a lungo termine.

Alla fine degli anni ‘60, gli uomini sbarcano sulla Luna. Ciò che l’umanità ignorava era cosa ci andarono veramente a fare, sul satellite.

Dalle memorie di un appassionato di ufologia del tempo: “Nonostante tutto, il mondo vide e si entusiasmò per lo sbarco. Il vero motivo dell’allunaggio però non aveva nulla a che vedere con la conquista del satellite. Nel novembre del 1954 un oggetto volante non identificato era esploso a una distanza dalla luna che, in termini terrestri, potremmo definire di pochi chilometri, spargendo rottami sulla superficie lunare. Alcuni di questi avevano raggiunto la Terra, permettendo agli scienziati di affermare con assoluta certezza che l’esplosione a cui avevano assistito attraverso i loro telescopi e sistemi di rilevazione era stata causata veramente da un’astronave aliena. Così, usando come paravento la Guerra Fredda, le più alte cariche politiche e militari del pianeta crearono una coalizione atta all’apprendimento della tecnologia aliena. Non ci è dato sapere di preciso cosa hanno trovato – fuorviati sapientemente da molte leggende metropolitane – sta di fatto che ci fu un’impennata nella crescita economico-militare della coalizione.”

L’11 settembre del 2001, i popoli arabi, estromessi dai segreti della coalizione, diedero il via a una serie di rappresaglie che inasprirono i rapporti tra gli stati del pianeta.

La Cina e la Corea approfittarono della situazione e si impossessarono dei cimeli alieni sepolti nella profondità delle foreste dei Paesi che negli anni avevano assoggettato.

Intorno all’anno 2025, la Cina sganciò, su quella che tutto il mondo conosceva come Area 51, il primo ordigno prodotto con la tecnologia aliena, scatenando la Terza Guerra Mondiale.


«Buffo come le grandi potenze dell’epoca definirono il “resto del mondo”: popoli sottosviluppati,» disse con spregio Adelhaide. «In realtà, mentre i cosiddetti paesi civilizzati intraprendevano una spietata corsa agli armamenti, la Nigeria, in grande segreto, si specializzò in prodotti di difesa utilizzando la tecnologia aliena che Ojukwu non aveva venduto. Ogni oggetto che utilizziamo oggi viene prodotto e commercializzato dal “disprezzato” popolo del Biafra. È grazie agli Igbo se l’umanità non si è ancora estinta.»

«Ma allora, cosa ci facciamo qua?» chiese interdetto Robert, allargando le braccia. «Tutto quello di cui abbiamo bisogno è risanare il pianeta da queste stramaledette radiazioni. Non procurarci altri guai.» Adelhaide lo guardò con tenerezza, come se fosse stato un bimbo a cui bisognava indicare la strada smarrita di casa.

«Perché nel bunker 14 c’è racchiusa la panacea di tutti i mali,» rispose enigmatica. «Forza, torniamo indietro. Sebastian dovrebbe avere fatto, ormai.»

Un secondo prima di sbucare nello spiazzo dove stavano gli altri due uomini, avvertirono chiaramente i latrati degli Abali Abali.

«Accidenti, questo non era previsto!» Adelhaide smozzicò le parole tra i denti mentre estraeva dallo zaino un pugnale dalla lunga lama sottile. «Cos’è successo?» sbraitò, raggiungendo Gordon. «La notte è ancora lontana.»

«Non ne sono certo,» ansimò preoccupato Sebastian, ancora chino sul pannello. «Ma credo che siano i guardiani di questo luogo.»

«Impossibile! Non sono senzienti,» rispose quasi aggressiva la ragazza.

«Eppure, ti dico che è così,» insistette l’uomo. «Ho annullato tutti i sistemi di difesa, senza eccessiva difficoltà, a essere sincero. Ma quando ho iniziato a districare il sistema che tiene sigillata la porta, abbiamo avvertito come una vibrazione sonora. Non vi ho prestato molta attenzione, all’inizio, ma poi sono arrivate le prima urla amplificate dal tunnel e...» si interruppe terrorizzato quando una di quelle bestie con un salto atterrò a due passi da lui. Gordon, che era preparato, scattò nella sua direzione affondando il suo coltello direttamente nella gola dell’Abali, uccidendolo.

«Andate alla porta,» balbetto Sebastian, con le mani affondate tra i fili colorati. «Non ho tempo di riprogrammare il sistema,» continuò sbrigativo. «Uno di noi deve rimanere qui per richiuderla, altrimenti la Wepu Radieshon4 non potrà entrare in funzione.»

«No! No! No!» urlò Gordon, mentre Robert lo trascinava via. Dietro di loro la porta scattò e Adelhaide la spalancò infilandosi dentro un secondo prima che altri due esemplari di Abali piombassero dal tunnel.

«Addio!,» gridò Sebastian con gli occhi spiritati. Tra le mani teneva un cimelio: una bomba a mano usata nella guerra contro i Viet Cong. «Ka Chukwu chekwaa ndi Igbo!5»

Davanti agli occhi sgomenti dei tre esploratori la porta si sigillò, facendoli piombare nel buio.



Note dell’autrice: questa storia partecipa al contest ‘My favourite things’ indetto da fiore di girasole sul forum.

Questa storia partecipa al contest ‘I miei ultimi undici libri’ indetto da Claire roxy sul forum con il pacchetto ‘Io sono leggenda’:

Genere6: Sovrannaturale (vampiri).

Citazione: ‘Poi un giorno il cane non si presentò’.

Ambientazione: un America post-apocalittica.

Obbligo: finale negativo.

La giudice chiede di scrivere una storia basandoci obbligatoriamente su due dei prompt elencati nel pacchetto, un punto in più a ogni prompt aggiunto.

Ulteriori note: il numero nel titolo non è lì a caso. Infatti, il 14 è il mio numero preferito e il 41 è il suo opposto. Inoltre, un giorno, ferma in un parcheggio commerciale, ho notato che il posto auto era, appunto, 1441.

Buona lettura e i commenti sono graditi.

Disclaimer: l’immagine non è mia ma appartiene agli aventi diritto.

1La Specola esiste davvero cit. http://www.comune.brescia.it/servizi/arteculturaeturismo/museoscienze/Pagine/Pagina-specola.aspx

L’avvistamento e l’articolo sono di mia invenzione.

2La notizia è vera, io ci ho solo ricamato sopra. https://it.wikipedia.org/wiki/Sylacauga_(meteorite)

3Come prima, notizie vere su cui ho ricamato https://it.wikipedia.org/wiki/Biafra

4Camera togli radiazioni in Igbo – mi sono immaginata una cosa tipo la camera iperbarica.

5Che Dio preservi gli Igbo in Igbo.

6Non necessariamente il principale ma fondamentale.

   
 
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