Dedicata a Relie,
che mi ha spinta così fortemente
in questo mondo.
LEGAMI
Uno.
È
l’odore del caffè a svegliarlo.
L
apre gli occhi, rendendosi conto che il letto a fianco al suo
è vuoto. La
manetta è ancora al suo polso, ma dall’altra parte
della catena non c’è
nessuno.
Per
la prima volta da molto tempo, L ha paura.
Scosta
in fretta il lenzuolo e posa i piedi sul pavimento freddo della sua
stanza.
Della loro stanza. Perché ormai da
settimane trascorrono insieme ogni
notte. Lui e Light…
Non
stava più dormendo, non da quando il caso Kira si
è infiltrato nei suoi
pensieri. Passava le ore a leggere documenti sul caso, mentre Light
riposava
tranquillo lì vicino.
Quei
fogli sono ora sparsi per terra, e L non ha tempo per raccoglierli.
Raggiunge
la porta, da cui entra una lama di luce, e si lascia abbagliare dal
sole che
arriva dritto dalla finestra della cucina. La catena striscia dietro di
lui
come una coda.
«Buongiorno,
Ryuzaki. Ho fatto il caffè.»
L
solleva un braccio a coprirsi gli occhi.
«Tieni.»
Light posa sul tavolo una tazza di caffè ricolma di cubetti
di zucchero.
«Dov’è
lo zucchero?»
«È
già zuccherato.»
L
prende un altro cubetto e lo mette in cima alla pila nella sua tazzina.
Poi
sorride a Light.
«Ne
mancava uno.»
Light
solleva gli occhi al cielo. «Si dice grazie,
Ryuzaki.»
L
lo osserva sorseggiare il suo caffè. Nota gli abiti diversi
e nessun orologio
al polso. Grazie, Watari, pensa.
«Non
vuoi sapere come ho fatto?» Light alza una mano, indicando la
mancanza delle
manette.
«Oh,
Light Yagami… so benissimo com’è
andata.»
Light
aprì gli occhi in piena notte. Solo guardando
l’ora si rese conto che mancava
poco all’alba.
Sbadigliò,
si stiracchiò e voltò la testa verso il letto di
L. Pensava di sorprenderlo a
leggere montagne di documenti, invece lo trovò addormentato.
Era
la prima volta che lo vedeva dormire.
Non
era mai successo, in quelle settimane da quando erano legati, che L
chiudesse
gli occhi. Non quando lui era sveglio, almeno.
Portava
gli stessi vestiti che indossava durante il giorno, e teneva i piedi
oltre il
bordo del letto, come se fosse stato pronto ad alzarsi da un momento
all’altro.
Eppure,
guardandolo meglio, Light capì che aveva freddo.
Non
c’era una spiegazione: lo sapeva e basta.
Forse
l’espressione corrucciata, forse il modo in cui si stringeva
il corpo. Forse,
ancora, quella leggera pelle d’oca che L aveva sul collo.
Light
si alzò cercando di non far rumore.
Sentì
solo il suono della catena che picchiò prima contro il
comodino, poi sul
pavimento.
Le
palpebre di L tremarono appena.
Light
prese la pila di fogli e la impilò ordinatamente sul lato
dove L non dormiva.
Poi gli prese le gambe tra le braccia e le spostò sopra al
materasso.
Strappò
via il lenzuolo dal suo letto e lo usò per coprire il corpo
di L. Si assicurò
che i piedi fossero bendati dal cotone morbido, poi, senza sapere
nemmeno lui
il perché, gli rimboccò le coperte.
Spinse
ogni lato di tessuto sotto la figura immobile di L, appoggiando il
corpo al
suo. Prima le gambe, fino a risalire alla gola. Si fermò
solo quando capì che
da un momento all’altro si sarebbe svegliato.
E
avrebbe capito.
Si
sarebbe accorto del lenzuolo, e avrebbe colto lui, Light, lì
a osservarlo.
E
anche lui si rese conto di essere salito sul letto di L per sistemare
meglio il
lenzuolo. Decise di sistemargli anche il cuscino, prima di tornare a
dormire.
Spinse la testa di L contro il petto per spostare il guanciale, poi,
con
delicatezza, la rimise giù.
Si
ritrovò così vicino a lui da coglierne il respiro.
Non
aveva mai notato come le ciocche di capelli gli coprissero gli
occhi… come
arrivassero a sfiorargli il naso. Light aveva in testa lo sguardo scuro
e
luminoso di L, il modo in cui brillava a una battuta.
Aveva
in mente i suoi gesti, le sue mani, e se qualcuno gli avesse chiesto di
descrivere L prima di quel momento, mai avrebbe nominato quella frangia
così
coprente.
Avrebbe
parlato dei suoi occhi, ma mai di come L tentasse di nasconderli.
D’istinto,
scostò una ciocca di capelli di lato, e si
ritrovò con le dita sopra quella
pelle fredda. Pensò che il calore non lo avrebbe
svegliato… che non c’era
pericolo… che forse, forse poteva rischiare.
Sì,
per studiare la sua fronte, per vedere il suo vero volto.
E
se proprio L si fosse svegliato, be’, Light avrebbe trovato
una scusa. Era così
abituato a mentire… e nessuno se n’era mai
accorto… mai… tranne L.
L
lo capiva sempre.
Tolse
la mano di scatto, come se si fosse scottato. Ma non riuscì
ad andarsene.
L
aveva appena schiuso le labbra, voltando la testa di profilo, scavando
nel
cuscino morbido.
Light
si sistemò meglio sul letto, sollevando la catena sul
materasso perché non
facesse troppo rumore. Si chinò sul viso di L, giusto
perché così esposto non
lo aveva mai visto.
Non
aveva mai sentito il suono profondo del suo respiro, non ne aveva mai
percepito
la presenza sulla guancia. Mai.
Era
incredibile come il corpo di L fosse gelido, mentre il suo fiato era
bollente
contro la pelle.
Sistemò
una gamba oltre L, mettendosi a cavalcioni su di lui. Non voleva
svegliarlo, e
non voleva nemmeno cadere dal letto. In quel modo poteva studiarlo
comodamente,
senza troppi rischi.
E
se dovesse scoprirmi, potrò sempre inventare una
scusa…
Sapeva
che L non gli avrebbe creduto. Sapeva che L avrebbe capito.
Ma
cosa importava? Non riusciva a staccare gli occhi dal modo in cui le
palpebre
tremavano a ogni suo movimento. Dalle sue labbra schiuse.
Poi
L spostò la testa, puntandola contro il soffitto. Contro
Light…
E
contro le sue previsioni, gli occhi di L si spalancarono. E fu come se
non si
fosse mai addormentato.
Light
trattenne il respiro, ma non si scostò. Non gli
lasciò spazio per muoversi.
L
non disse una parola. Non gli fece domande e non tentò di
ribellarsi. Rimase
immobile a fissarlo.
Light
sentì il volto andare a fuoco quando lo sguardo di L si
spostò sulle sue
labbra. Aprì la bocca, respiro contro respiro, e si rese
conto dell’affanno.
Come dopo una lunga corsa.
«Light…»
disse allora L in un sussurro, senza staccare gli occhi da lui.
«Shh.»
Light spostò una mano sulla sua guancia fredda, e percorse
il suo viso con il
pollice. Lo fermò sulle sue labbra. «È
solo un sogno, Ryuzaki. Dormi adesso.»
«Se
è solo un sogno, sto già dormendo.»
Light
premette il pollice sulla sua bocca. «Dormi e
basta.»
Lo
vide chiudere gli occhi e sentì un moto di delusione
impadronirsi di lui. Il
calore spegnersi a poco a poco nel suo corpo.
Non
poteva più dormire. Non poteva rimettersi a letto e fingere
che non fosse mai
successo.
Proprio
non poteva. Non ora che si era accorto di quando desiderasse sentire il
sapore
di L sul palato, scoprire se baciandolo avrebbe ricordato il gusto di
qualche
dolce gustato per caso.
Fece
scorrere il pollice sul labbro inferiore di L, aspettando di vederlo
riaprire
gli occhi, ma l’altro non si mosse. Dal suo respiro, Light
capì che era già
tornato nel mondo dei sogni. E si rese conto che era un mondo di cui
non poteva
fare parte… anche se avrebbe tanto voluto.
Scavalcò
L, prese la catena tra le mani e si sedette sul suo letto, lo sguardo
fisso sul
ragazzo addormentato lì accanto.
Poi
schiacciò il pulsante che L usava per chiamare Watari, e
aspettò che l’uomo si
presentasse nella stanza.
Forse
L si sarebbe svegliato, ma che importava?
Era
tornato a dormire proprio nel momento sbagliato. Ed era colpa sua. Era
stato
lui a dirgli di farlo.
Si
sentì uno stupido.
La
porta si aprì piano e Watari apparve davanti al suo letto.
«Sì?»
«Non
riesco più a dormire. Vorrei alzarmi e mangiare qualcosa,
ma…» Sollevò la
catena. «Può risolvere questo problema,
Watari?»
L’uomo
guardò L dormire, e Light capì che si stava
chiedendo cosa fare.
«Posso
portarle ciò che vuole.»
«Gradirei
fare un salto in cucina e vedere cosa c’è. Posso
prepararmi qualcosa da solo…»
«Sa
che non posso liberarla.»
«Dove
potrei andare? Andiamo.» Usò il suo sguardo
supplichevole. «Tornerò qui prima
che Ryuzaki si svegli.»
«Mmm…»
«Lascerò
qui ogni cosa, se è questo che vuole. L’orologio,
i vestiti… Posso indossare
qualcos’altro.»
Watari
raggiunse l’armadio di L e lo aprì. Prese una
camicia bianca e un paio di jeans,
e glieli porse.
«Dovrei
indossare i vestiti di Ryuzaki?!»
«Così,
o aspettare che lui si svegli…»
Light
lanciò uno sguardo di sbieco a L. Non l’aveva mai
visto dormire, quindi non
sapeva per quanto sarebbe andato avanti. Magari aveva da recuperare
settimane
di sonno arretrato… magari sarebbe rimasto a letto fino a
mezzogiorno.
Sospirò
e prese i vestiti che Watari gli porgeva.
«E
va bene.»
«Esco.
Quando si sarà cambiato, suoni nuovamente.
Tornerò a prendere le sue cose e a
liberarla.»
Light
fece come gli era stato detto.
«Davvero?»
chiede Light.
L
ha la sensazione che sia successo qualcosa. Lo sente a pelle,
così come sente
ancora un vago profumo addosso. Un profumo che non è il suo.
Lo
guarda a occhi sbarrati. «Sai, Light… stanotte ho
fatto uno strano sogno.»
Light
ha un piccolo spasmo. Prende un altro sorso e chiude gli occhi.
«Ah sì?»
«Sì.»
L fa ruotare il cucchiaino in cerchio sopra la tazzina, ma non stacca
gli occhi
da Light. «È stato strano.»
«Capisco.»
Watari
entra in quel momento, lanciando un’occhiata di
disapprovazione a Light.
«È
arrivato un messaggio sul telefono di Light.»
L
lo prende con due dita, poi lo porge a Light. «Non ci dici
chi è, Light?»
Light
non solleva gli occhi dallo schermo. «Misa. Vuole che vada
con lei in montagna,
per festeggiare un nuovo contratto.»
«Ottimo.»
«Come,
ottimo?» Lo sguardo di Light segue Watari fuori dalla stanza,
finché L non
sente la porta chiudersi.
Ora
ha di nuovo la sua completa attenzione.
«Adoro
la montagna, Light Yagami. Quindi accetto
l’invito…»
«Ma
veramente… io non pensavo di accettare.»
«Ma
come, Light? La tua fidanzata vuole festeggiare con te e tu vuoi darle
buca?»
«È
uno scherzo?» Light si alza, dandogli le spalle.
«Spero non sia l’ennesima scusa
per tentare di capire se sono Kira. Che so… dal modo in cui
potrei scaldarmi
vicino al fuoco, o da quello che potrei dire durante una partita a
carte.»
L
si lascia sfuggire un sorriso. «Non preoccuparti, Light. Le
probabilità che tu
sia Kira sono appena salite all’otto percento.»
«Che
cosa?!» Light si volta, furente.
«Perché, Ryuzaki? Perché non voglio
passare
due giorni da solo con te e con Misa? Per questo?»
L
abbassa il cucchiaino, pestando lo zucchero che si sta sciogliendo.
«Non
saremo soli» mormora.
«Vuoi
portare mio padre e tutta la squadra con noi in montagna? Ma sei
pazzo?!»
«Oh,
no… non mi riferivo a questa squadra. Non preoccuparti,
Light. Ti piaceranno…
Hanno un’intelligenza sopra la media, proprio come la
tua...»
Light
sbatte la tazzina sul tavolo, poi si sposta alla finestra. È
di profilo, eppure
L riesce a leggergli dentro, come se stesse facendo tutto un discorso
su quanto
ha detto. Su quanto è successo…
«Allora,
Light… non vuoi sapere che cosa ho sognato?»
Lo
vede contrarre la mascella, mentre un tenue rossore sale a colorargli
il collo.
«Male,
Light… è stato un sogno interessante, sai?
C’eri anche tu…» dice in un
sussurro, guardandolo abbassare gli occhi sul pavimento.
«Cavalcavi un elefante
e dicevi a tutti di essere Kira.»
Stringe
gli occhi, cercando di capire la sua reazione. E quando lo vede
rilassare i
muscoli capisce di aver avuto ragione.
Non
era un sogno.
N.d.A.:
Oh
cavoli, cavoli, cavoli. Quando ho iniziato a guardare Death Note, mai
avrei
pensato di buttarmi così tanto in questo fandom. Eppure non
riesco a farne a
meno. Non riesco a smettere di pensare, vedere, immaginare L e Light. E
parlarne con Relie non aiuta. Relie: GRAZIE. Perché tutti
quei prompt che mi
hai lasciato hanno aperto una voragine dentro di me. Per questo ho
deciso di
usarne diversi (per ora tre) e scrivere una mini-long. Grazie a te. E
ai tuoi
bellissimi prompt.
Prompt
di Relie: L si
addormenta al fianco di Light e quest’ultimo prova
l’impulso di baciarlo.