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Autore: Gaia Bessie    15/10/2019    5 recensioni
«E per cosa dovrei sentirmi in colpa?» sbottò lui, passandosi nervosamente la mano tra i capelli. «Perché ho detto a Pansy che non avrebbe mai potuto ambire a qualcosa di meglio? Perché non faccio beneficenza da quando è morta mia madre? Perché ho rifiutato la lettera di una piccola, ingenua, tredicenne?».
«Per quel che vuoi, Malfoy» rispose Asteria, fredda. «Se una qualsiasi di queste cose ti ha segnato, devo saperlo».
«Perché vuoi la tua rivincita» borbottò Draco, abbassando lo sguardo. «Hai detto che non siamo mai stati amici, ma io so bene di che pasta sei fatta».
«Tu non sai niente» sibilò lei. «Posso averti detto che ti odiavo e, sì, in quel momento l’ho anche pensato. Posso averti affatturato e, ti assicuro, lo rifarei. Ma ad aiutarti ci sono io».
Asteria finalmente lo guardò negli occhi, pietrificandolo. «Ci sono io, che ti ho odiato e affatturato diverse volte» continuò. «Ma ti sto aiutando. Puoi davvero dire di sapere come sono fatta, nonostante tutto questo?».
Terza classificata al contest "Dimmi che canzone vuoi e ti dirò chi sei (quasi)" indetto da Imamorgenstern sul forum di Efp
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Daphne Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Pansy
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Una lettera?» Pansy Parkinson sedeva su una delle poltrone della Sala Comune, mangiucchiando una piuma di zucchero con aria annoiata. «Ma cosa hai, dodici anni?».
«Ne ho tredici, quasi quattordici» sibilò Asteria Greengrass, di rimando. «E cos’altro pensi che dovrei fare, dirglielo?».
«Solitamente funziona così» intervenne Daphne, dando un buffetto sulla testa della sorella. «Ma capisco che Malfoy possa sembrarti abbastanza… intimidatorio».
«Draco non è…» intervenne Pansy, stizzita.
«Draco ha un caratteraccio» la rimbeccò la maggiore delle Greengrass, dolcemente. «E tu lo sai meglio di chiunque altro».
«Comunque non penso che la lettera sia una maniera matura di comunicargli i propri sentimenti» sbottò Pansy, pomposa. «Potrebbe trovare il coraggio di dirglielo in faccia».
«Come hai fatto tu?» continuò Daphne, senza scomporsi. «Andiamo, Pansy, penso che tu possa essere abbastanza onesta da ammettere con te stessa che sei solamente invidiosa».
Pansy non fece in tempo a rispondere, che la bionda Greengrass la tirò con sé verso i dormitori, al bisbiglio di «Ne parliamo dopo, sta arrivando».
Asteria si ritrovò a guardare una pergamena arrotolata tra le sue mani, nella Sala Comune ormai deserta, con Draco Malfoy che, incurante della sua presenza, si stendeva su un divano, massaggiandosi le tempie con aria stanca.
«Draco…» cinguettò Asteria, andando a sedersi sul pavimento di fronte a lui. «Mi chiedevo se potessi legg…».
Lui aprì gli occhi, fissando la ragazzina, rossa in volto e con i capelli castani raccolti in una morbida treccia, che gli porgeva un pezzo di pergamena arrotolata.
Malfoy la gelò con un singolo sguardo, mentre con la mano faceva per allontanarla e lasciarlo lì, a riposarsi.
«Non la voglio» disse, secco. «Per quanto mi riguarda, puoi cestinarla».
 
 
Lately, I’ve been, I’ve been losing sleep
 


Lately, I've been, I've been losing sleep
Dreaming about the things that we could be
But baby, I've been, I've been praying hard,
Said, no more counting dollars
We'll be counting stars
 
«Dottoressa» un’infermiera infilò la testa nell’ufficio di Asteria Greengrass, sollevandola dalla contemplazione del proprio caffè. «C’è un paziente per lei».
«Peccato che oggi non sia il mio turno, per le visite» ribatté la donna, sistemandosi pensierosa lo chignon bruno che minacciava di disfarsi sul suo collo. «Come minimo deve essere il Ministro, se vuole farsi visitare da me».
«Oh, è che lei è la migliore, nel suo campo, e…» osservò l’infermiera, con convinzione.
E lui ha i soldi per pagare, pensò Asteria, sbuffando leggermente. «Fallo entrare» disse, infine. «Vediamo un po’ qual è il problema di questo misterioso paziente».
Negli anni, la Medimaga Greengrass era diventata estremamente brava nel controllo delle proprie emozioni, arrivando a disprezzare le colleghe che si scioglievano in lacrime nel comunicare brutte notizie, riuscendo a mantenere un tiepido controllo di sé anche nelle situazioni maggiormente gravi. Per questo, quando vide Draco Malfoy varcare la soglia del suo ufficio, Asteria non si scompose minimamente, né diede segno di mostrare sorpresa.
«Buongiorno, signor Malfoy» disse, porgendogli la mano e indicandogli la sedia libera di fronte a sé. «Si accomodi pure».
«Ti ringrazio» rispose lui, prendendo posto.
Asteria storse un po’ la bocca sottile, segnalandogli che non aveva gradito l’uso della seconda persona singolare, e si sistemò leggermente sulla propria poltrona.
«Il suo deve essere un problema grave, per scomodare un Medimago in ferie, signor Malfoy» disse, freddamente. «Mi spieghi cosa l’ha condotta qui».
«So che sei… che lei è la migliore, nel suo campo» cercò di blandirla Malfoy. «Ho pensato che, in nome della nostra vecchia amicizia…».
«Non capisco di che vecchia amicizia tu stia parlando» lo rimbeccò lei. «Noi non siamo mai stati amici».
«Asteria…» borbottò lui, a disagio. «Intendi dire che non mi aiuterai?».
«Sei un paziente, per di più immagino che tu sia anche pagante» rispose Asteria. «Quindi non posso rifiutare di visitarti».
Si accorse a malapena di essersi adeguata al tono informale usato da lui e, quando se ne rese conto, si morse la lingua, infastidita. Ma ormai era troppo tardi per tornare al freddo lei che gli aveva rivolto, facendolo accomodare nel suo studio.
«Te ne sono grato, davvero» disse Malfoy, chinando il capo. «So quanto possa costarti».
Solo perché pensi che io sia rimasta la tredicenne cotta di te, avrebbe voluto dire lei, ma si trattenne.
«Bene, adesso spiegami perché sei qui» disse invece, prendendo una piuma e un pezzo di pergamena. «Sintomi, da quanto durano, se prendi pozioni o altri medicamenti».
«Non dormo» mormorò lui e, improvvisamente, Asteria si accorse di quanto doveva essere stanco. Aveva cerchi scuri che gli segnavano lo sguardo e, ma forse era solamente la sua immaginazione, sembrava quasi che la stanchezza gli avesse scavato nuove rughe sulla fronte, invecchiandolo.
«Mi sembra un po’ vago» rispose, mantenendo il suo abituale contegno. «Non dormi?».
«Non dormo» ripeté lui, come se lei non fosse in grado di comprendere una simile ovvietà. «Cioè, qualche ora sì, quando dopo qualche giorno mi addormento a tavola, o sulla poltrona».
«Malfoy» disse Asteria, scandendo il suo cognome come se fosse un insulto. «Fammi capire. Sei venuto qui per un problema che poteva essere risolto in trenta secondi con una pozione soporifera?».
«Ho provato di tutto» borbottò Draco Malfoy, mentre un delicato rossore gli tingeva la pelle lattea. «Ma non funziona niente, io… non lo so, so solamente che non riesco più a dormire».
Lei sospirò, mentre annotava qualcosa sulla pergamena. «Da quanto va avanti, questa tua insonnia?» domandò, con la piuma ancora in mano. «Qualche giorno?».
«Da due anni».
Asteria Greengrass, per la prima volta in sei anni che esercitava la propria professione, si ritrovò a non riuscire a mascherare la propria sorpresa. «Due anni?» disse, con voce leggermente stridula. «Ed esattamente, cosa stavi aspettando? Un miracolo?».
«Ho pagato ogni Medimago con un curriculum degno di nota» bisbigliò lui. «Ma sapevo che c’era una persona più competente di tutti loro».
Per la prima volta da quando era entrato nella stanza, Draco Malfoy si concesse un suono che somigliava lontanamente a un risolino.
«Ed è per questo che, dopo due anni, sono venuto qui da te».
 
***
 
«Signor Malfoy» Asteria Greengrass aveva ancora la bacchetta in mano, che aveva usato per esaminarlo da cima a fondo, e un’espressione turbata sul volto. «Ho fatto ogni esame di rito, più altri che mi sono venuti in mente e…».
«E non hai trovato niente» completò lui, seppellendo il viso tra le mani. «Lo so. Ti avevo portato la mia cartella medica, non l’hai letta?».
«Ho ritenuto fosse la cosa migliore, ripetere gli esami» rispose lei, piccata. «Ma i miei colleghi hanno ragione, non c’è nessuna causa fisica perché tu… non possa dormire, ecco».
«E allora perché?» chiese Malfoy, con aria esasperata. «La mia vita è un inferno, da due anni, e nessuno sa darmi uno straccio di spiegazione».
«Immagino» disse Asteria, recuperando la sua aria professionale. «L’insonnia prolungata può portare allucinazioni, depressione e una quantità di altri sintomi che sicuramente conosci già».
«Cosa suggerisci di fare?» domandò lui, acido. «Di lasciare perdere? Perché finora mi è stato detto solamente questo, dai tuoi colleghi».
«Posso darti qualcosa per ridurre al minimo i disturbi causati dalla mancanza di sonno» rispose lei. «Ma, fossi in te, valuterei se questa tua insonnia non abbia radice… psicologica, ecco».
«Perché dovrebbe?» Draco Malfoy la guardò e, per la prima volta da quando lo aveva rivisto, Asteria si sentì rifiutata come quella volta, anni prima, in cui lui si era rifiutato di leggere la sua lettera. «Io sto bene. Ho una casa, un lavoro, un discreto conto in banca alla Gringott e…».
«E basta per rendere felice una persona?» domandò lei, laconica. «Posso darti il contatto di una mia collega, che si occupa di psicologia».
Asteria si voltò, alla ricerca di un pezzo di pergamena vuoto, pronta a segnare il nome della psicologa da cui intendeva indirizzarlo.
«No» disse lui, abbandonando la freddezza che l’aveva animato fino a qualche secondo prima. «Puoi… Puoi occupartene tu?».
«Non ne ho le competenze, Malfoy» disse Asteria, stupita della richiesta. «Perché vorresti affidarti a una persona che non si occupa di psicologia dai tempi della scuola di Medimagia?».
«Perché ti conosco» rispose Malfoy, fiaccamente. «E se qualcuno deve scavarmi nella testa, preferisco che sia qualcuno che conosco».
Lei non ebbe la forza di dirgli che, sì, lei lo conosceva. Ma che, sempre lei, lo aveva odiato per così tanti anni da renderla davvero poco qualificata a fare quel lavoro.
Ma non disse nulla. Guardandolo negli occhi, e vedendolo così stanco e disperato, non ne ebbe la forza.
«Ti pagherò il doppio di quanto prendi di solito» disse lui, interpretando il suo silenzio come incertezza. «Ma, per favore, non lasciarmi nelle mani di un estraneo».
Lei, talmente stupita da quell’improvviso frammento di gentilezza, non ebbe nemmeno la forza di dirgli che non era nei soldi, che giaceva il problema.
 
***
 
«Stenditi» disse Asteria, secca, indicandogli il lettino che aveva collocato nello studio in occasione della loro prima seduta. «Userò un incantesimo simile al Legilimens, man mano che tu parlerai proietterà tutto quello che passa per il tuo inconscio».
Si interruppe, per assicurarsi che lui capisse. «Qualunque cosa: pensieri, ricordi, fantasie…» spiegò. «E io vedrò tutto quanto. Vuoi farlo comunque?».
«Ti pago per questo» rispose lui, gelido. «Sono pronto».
Lei diede un leggero colpetto di bacchetta, mentre Malfoy si accomodava su un lettino, e si sedette di fianco a lui.
«Allora» mormorò, improvvisamente incerta. «Due anni fa, quando tutto questo è iniziato, ti era capitato qualcosa, un evento traumatico?».
«No» disse Malfoy, secco. «Niente di tutto questo».
Eppure, nel momento stesso in cui lui pronunciava quelle parole, davanti ad Asteria si dipanò la figura di Pansy Parkinson, il viso rigato di lacrime, che urlava qualcosa a un Draco dall’espressione asettica.
«Cosa ti stava dicendo?» domandò, quindi. «Pansy, intendo. Sembrava molto arrabbiata».
«Che i soldi non possono comprarmi ogni cosa che mi passi per la testa» mormorò lui, sovrappensiero. «Che potevo continuare a contare i miei galeoni, se preferivo, ma che… non avrei mai conosciuto la gioia che si prova nel contare le stelle».
«Perché ti ha detto una cosa del genere?» chiese Asteria, conciliante. «Sono parole molto… poetiche».
«Molto stupide, vorrai dire» rispose Malfoy. «Le avevo chiesto di sposarmi, dicendo che io, al contrario di chiunque potesse essere altrettanto pazzo da chiederglielo, potevo offrirle un certo tenore di vita».
«Deve essere stato un duro colpo, per te» disse la Medimaga, dolcemente. «D’altronde, è un modo molto duro, per rifiutare una persona».
«Ma io non l’amavo» intervenne lui, atono. «Mi serviva solamente una moglie che facesse una bella figura, a casa mia».
«Però il suo rifiuto deve avere smosso qualcosa» insistette Asteria. «Forse ti ha ricordato qualcosa?».
O qualcuno, pensò, ma tenne questa osservazione per sé, mentre davanti a lei veniva proiettata una scena che conosceva bene.
Asteria Greengrass si rivide, ancora bambina, come un’ombra sbiadita, nel suo studio, mentre consegnava a Draco Malfoy quella famosa lettera che lui non aveva mai voluto aprire. Si rivide scoppiare a piangere, voltare le spalle e correre via, presumibilmente tra le gonne di sua sorella.
«Cosa significa?» disse, fredda. «Che dopo tutti questi anni ti sei pentito?».
Lui si limitò a guardarla, senza mostrare alcuna espressione.
 
***
 
«Accomodati pure» Asteria Greengrass guardò a malapena il proprio paziente, mentre prendeva posto sulla sedia al suo fianco. «Oggi, vorrei riprendere da dove ci siamo interrotti la scorsa volta».
«Vedo che non molli l’osso» borbottò Malfoy, contrariato. «Ti ricordavo meno tenace».
Lei incassò il colpo, senza scomporsi, così, silenziosamente si limitò ad accavallare le gambe, strette in una gonna grigio tortora.
«L’altra volta ti avevo chiesto di riflettere su una cosa» disse, ignorando l’espressione bellicosa del proprio paziente. «Ovvero se la tua insonnia potesse essere generata dal senso di colp…».
«E per cosa dovrei sentirmi in colpa?» sbottò lui, passandosi nervosamente la mano tra i capelli. «Perché ho detto a Pansy che non avrebbe mai potuto ambire a qualcosa di meglio? Perché non faccio beneficenza da quando è morta mia madre? Perché ho rifiutato la lettera di una piccola, ingenua, tredicenne?».
«Per quel che vuoi, Malfoy» rispose Asteria, fredda. «Se una qualsiasi di queste cose ti ha segnato, devo saperlo».
«Perché vuoi la tua rivincita» borbottò Draco, abbassando lo sguardo. «Hai detto che non siamo mai stati amici, ma io so bene di che pasta sei fatta».
«Tu non sai niente» sibilò lei. «Posso averti detto che ti odiavo e, sì, in quel momento l’ho anche pensato. Posso averti affatturato e, ti assicuro, lo rifarei. Ma ad aiutarti ci sono io».
Asteria finalmente lo guardò negli occhi, pietrificandolo. «Ci sono io, che ti ho odiato e affatturato diverse volte» continuò. «Ma ti sto aiutando. Puoi davvero dire di sapere come sono fatta, nonostante tutto questo?».
«Avrei dovuto prendere quella dannata lettera» bisbigliò Draco, con aria stremata. «Da quando l’ho rifiutata, è andato tutto in malora».
«Non puoi veramente pensare che tutto ciò che ti è successo sia stato per colpa di quella lettera» osservò la Medimaga, scettica. «Non penso che se l’avessi accettata ti avrebbe tenuto lontano da Voldemort, o avrebbe convinto Pansy a sposarti».
«Una volta, io e tua sorella eravamo amici» disse Draco, senza preoccuparsi di alzare il tono della voce. «Quando rifiutai di leggere la tua lettera, Daphne me lo disse, che stavo sbagliando. Che tu proteggi sempre le persone che ami».
Per la prima volta da quando aveva deciso di accettare Draco Malfoy come suo paziente, Asteria Greengrass sorrise. «Draco» disse, con una dolcezza tutta nuova. «Ma come avrei potuto proteggerti da te stesso?».
 
***
 
«Daph, devi aiutarmi».
Daphne Greengrass non si sorprese minimamente quando, una grigia mattina di novembre, sua sorella minore si materializzò nella sua boutique, calpestando il modello di un nuovo abito che si stava affannando a creare.
«Buongiorno anche a te, sorellina cara» cinguettò la bionda, chinandosi per togliere l’orlo di raso azzurro da sotto le scarpe di Asteria. «Che piacere vederti, sei venuta perché ti serve qualcosa di decoroso per andare a lavoro?».
Pronunciò la parola decoroso come fosse un insulto, che le deformò, per qualche secondo, il bel viso.
«Mi serve un consulto» spiegò Asteria, senza scomporsi. «E non sapevo a chi altro chiedere».
«Di certo non a Madama McLan» sibilò Daphne, guardando finalmente la sorella. «Quella vecchia megera vende abiti al triplo dei prezzi che faccio io, e di certo non sono di qualità migliore. Che abito ti serve, quindi?».
«No, Daph» bisbigliò Asteria. «Mi serve un altro tipo di consulto».
Daphne Greengrass guardò sua sorella, sbigottita. «Cosa stai dicendo, Asteria?» sibilò. «Non quel che sospetto io, voglio sperare».
«Ho un caso molto difficile di insonnia» continuò Asteria, imperterrita. «Un paziente che ne soffre da due anni, senza che ci siano cause organiche. Sostanzialmente potrebbe dormire, in teoria, ma nella pratica…».
«Forse non vuole» commentò acidamente Daphne. «Di certo, io non voglio darti alcun tipo di consulto. Ho smesso con queste cose, da anni ormai».
«Daph, ti prego. Sei il Medimago più competente che io abbia mai conosciuto…».
«Dopo di te» completò la bionda, atona. «Se è un problema che tu non sai risolvere, io ho ancora meno speranze di riuscirci».
«Se non avessi mollato, saresti stata anche più brava di me» mormorò Asteria. «Ne sai ancora più di me, di queste cose. Hai risolto tantissimi casi».
«Tranne uno» replicò Daphne, mentre meccanicamente si voltava verso il vestito che, interminato, giaceva sul manichino. «Sai cosa si dice di un Medimago che perde un paziente?».
«Merlino, Daph» la interruppe sua sorella. «Tutti noi, nella carriera, prima o poi perdiamo un paziente».
«Dicono che sia un Medimago finito» completò l’altra, atona. «E io sono esattamente questo: una Medimaga finita. Quindi, viene da sé, non posso aiutarti».
«Lo so, ma pensavo che mi avresti aiutato comunque» disse Asteria, sommessamente. «Si tratta di Draco Malfoy».
 
***
 
Draco Malfoy non riuscì a trattenere un’espressione stupita, nel vedere Daphne Greengrass che entrava nello studio di sua sorella, con un vecchio camice da Medimago che le cadeva un po’ largo.
«Buongiorno» biascicò Daphne Greengrass. «Scusami per l’intrusione, Draco. Mia sorella mi ha chiesto un consulto».
«Non sapevo esercitassi ancora» osservò Malfoy, cauto.
«No, infatti» disse la bionda, accomodandosi alla scrivania della sorella. «Però appena ho saputo che si trattava di te, ho pensato che, in qualche modo, te lo dovessi».
«Non mi devi niente, Daphne» borbottò lui, imbarazzato. «Te l’ho già detto che non è colpa tua, se mia madre è…».
«Era mia paziente» lo interruppe lei. «La responsabilità è totalmente mia, l’ha deciso anche la direzione del San Mungo».
«E mi hai pagato un cospicuo risarcimento» continuò Malfoy, comprensivo. «Pensavo che la questione fosse risolta».
«Come se ti fossero serviti a qualcosa, quei soldi» sibilò lei. «Non compensano la perdita».
«Per me è stato sufficiente» disse lui, mentre si accomodava sulla propria sedia. «Ora, dimmi, in cosa consiste questo tuo consulto?».
«Forse posso aiutarti» mormorò Daphne. «Se è successo qualcosa, due anni fa, magari posso aiutarti a ricordare cosa».
 
***
 
«Dimmi, Draco, da quanto tempo va avanti questo tuo problema?» domandò Daphne, prendendo un distratto appunto su un pezzo di pergamena. «Asteria mi ha detto da due anni, giusto?».
«Sì» mormorò lui, socchiudendo gli occhi. «Non so di preciso cosa è stato, sono successe molte cose, due anni fa».
«Tua madre» sussurrò Daphne, chinando il capo. «Pansy…».
«Pansy non conta niente» disse lui, irrigidendosi. «Semplicemente non ha saputo cogliere una buona occasione, quando le si è presentata davanti».
«Draco» disse lei, dolcemente. «Non puoi davvero pensare che si possa comprare tutto, con i soldi».
«Non vedo perché no» rispose Malfoy, acidamente. «Mio padre…».
«Non mi sembra che tuo padre abbia fatto tutta questa strada, con i suoi soldi» osservò Daphne. «Io lo so che tu non pensi davvero che il mondo intero sia in vendita, deve esserci stato qualcosa che non potevi comprare».
In quel momento, l’incantesimo che Daphne aveva borbottato, prima di iniziare la seduta, proiettò sul muro l’immagine sorridente di sua sorella Asteria, sorridente, in abito bianco.
«Lo sapevo, che te ne eri pentito» disse lei, dolcemente. «L’ho pensato circa due minuti dopo aver saputo che avevi rifiutato la sua lettera».
«Non me ne sono pentito» borbottò lui, freddamente. «A cosa mi sarebbe servita, la patetica confessione di una ragazzina?».
«Accettarla ti avrebbe reso umano, Draco» rispose Daphne, sorridendo leggermente. «Ti avrebbe protetto».
«Come avrebbe potuto proteggermi?» chiese Malfoy, amaramente, citando le parole che gli aveva detto Asteria, il giorno precedente. «Non mi avrebbe tenuto lontano da Voldemort».
«No. Ma ti avrebbe reso più umano» continuò la bionda. «E, forse, anche mia sorella sarebbe diventata meno dura con sé stessa».
«Non paragonarmi a lei» borbottò lui. «Io sono qui, da solo, forse malato. Lei ha una carriera, tutto quello che può desiderare, un marito…».
«Si tratta di questo?» domandò Daphne, indicando i pensieri di Draco, che non si erano mossi dall’immagine di Asteria, stranamente sorridente nel suo abito da sposa. «Era per questo che volevi sposare Pansy?».
«Pensi che io sia il tipo che va avanti per ripicca?».
Daphne non badò minimamente al fatto che Malfoy sembrava sempre più infastidito dalle sue parole e proseguì, implacabile. «Lo penso, invece» mormorò. «Penso anche che mia sorella si è sposata due anni fa».
«Lo sanno tutti, che quel matrimonio era finito ancora prima di cominciare» borbottò Draco, sovrappensiero.
Entrambi lo videro, ed entrambi fecero finta di non notarlo, che, nei pensieri di Draco, lo smoking di Theodore Nott non ospitava più il suo proprietario, ma un sorridente Draco Malfoy.
 
***
 
«Ciao».
Asteria Greengrass non riuscì a non sbuffare, di fronte alla snervante abitudine di Malfoy di entrare nel suo studio senza bussare.
«Malfoy» lo salutò, facendogli segno di accomodarsi alla sua postazione. «Com’è andata, con mia sorella? È riuscita ad aiutarti?».
«Stanotte mi sono addormentato» mormorò lui, come se ne vergognasse. «È stato strano, non ero più abituato, a fare una cosa così normale».
Asteria sorrise, mentre segnava qualcosa su un pezzo di pergamena. «Ne sono felice» disse. «Ovviamente, se il problema dovesse ripresentarsi, non esitare a venire in studio. Vista la nostra, amicizia di lunga data, potrei farti un prezzo di favore».
«Prenditi tutti i galeoni che vuoi, per quanto mi riguarda puoi anche bruciarli» disse lui, sorridendo. «Ho imparato la lezione».
«Una lezione lunga, da studiare» osservò Asteria, ironicamente.
«Sono piuttosto lento, a imparare» rispose Draco, calmo. «Ma imparo».
E, lasciandola definitivamente senza parole, lasciò sul suo tavolo un rotolo di pergamena.
«Non dirmi che non lo accetterai» mormorò, alzandosi dalla sedia. «Dimostrami che sei una persona migliore di me».
Lei lo guardò, muovendo lentamente la mano verso la pergamena. «Il mio matrimonio è finito da così poco» mormorò. «Io nemmeno ti conosco, Draco».
«Non potrei mentirti, e dirti il contrario» disse lui, sulla soglia. «Ma ho imparato la lezione e, se hai imparato qualcosa anche tu, da tutto questo, accetterai la mia lettera».
Asteria avrebbe voluto replicare, ma si sarebbe trovata a rispondere solamente alla porta chiusa, come una sciocca, e con un pezzo di pergamena stretto in mano.
 
 
Make that money, watch it burn
Old, but I'm not that old
Young, but I'm not that bold
I don't think the world is sold
I'm just doing what we're told
I feel something so wrong
Doing the right thing

 
 ***
 
«Tu non impari mai, non è vero?» Daphne Greengrass lo squadrò, per quanto le fosse permesso dalla lunga frangetta bionda, che quasi le copriva gli occhi verdi. «Quando capirai che se vuoi una persona non devi per forza lasciarla andare?».
Draco Malfoy sbuffò, infastidito.
«Lo dici perché si tratta di tua sorella» osservò, atono. «Non capisco con che presunzione tu possa affermare che a me, che potrei avere chiunque, possa piacere una ragazzina».
«Ma ti piace» osservò lei, dura. «E la stai lasciando andare perché, alla pari di Potter, vuoi proteggerla. Da cosa, poi».
Malfoy tacque, costringendosi a non pensare in cosa, effettivamente, avrebbe potuto coinvolgere chiunque gli restava vicino.
«A me non piace tua sorella, Daphne» insistette lui. «Fattene una ragione, e smettila di darmi fastidio».
«Io lo so, che vuoi evitarle qualcosa» mormorò Daphne. «Che pensi di star facendo la cosa giusta. Ma, alla lunga, ci starai male».
Lui pensò ad Asteria Greengrass, con i capelli scuri acconciati in una morbida treccia, e gli stessi occhi della sorella. Per un momento, gli parve quasi di sentire il proprio cuore sussultare, mentre si diceva che, sì, stava prendendo la decisione migliore possibile.
«Non so di cosa tu stia parlando» disse lui. «E, ora, per favore, lasciami stare».
«Quanto ci metterai, per imparare questa lezione, Draco?» domandò Daphne, scuotendo il capo. «Quando imparerai che non devi comprare le persone, come i tuoi amici, se piaci per davvero a qualcuno?».
Lei lo guardò, aspettandosi una risposta, ma tutto ciò che si trovò a fronteggiare fu il suo silenzio e una porta che sbatteva.
 
Take that money
Watch it burn
Sink in the river
The lessons are learnt
(OneRepublic, Counting Stars)
 
 

 
 Qualche nota su questa storia: la canzone, che avevo scelto per partecipare a questo contest, è Counting Stars dei OneRepublic. Essa è citata apertamente sotto forma dei tre inserti inseriti (?) nella storia, e indirettamente nella frase pronunciata da Pansy, che nella canzone è Said, no more counting dollars/We'll be counting stars che ho leggermente adattato al contesto.
Anche la frase pronunciata da Daphne è ripresa dalla canzone, ovvero nel passaggio The lessons are learnt citato anche come conclusione della storia.
Altre citazioni sono il rifiuto di Draco di accettare la lettera di Asteria, che è preso da uno degli anime che preferivo quando ero più giovane, ovvero Itazura na kiss (se siete giovani e vi piacciono le cose molto romantiche, guardatelo). Mentre invece la frase “Imparo lentamente, ma imparo” è presa da un’altra mia grande ossessione, ovvero Game of Thrones.
Infine, tutte le nozioni sulla Medimagia sono una mia invenzione che, spero, risulti plausibile.
Per il resto, spero che la storia vi piaccia, ultimamente ho il pallino delle Draco/Asteria, anche se qui ho il sospetto di aver leggermente sfiorato l’OOC con Draco, ma spero che si possa giustificare in virtù di come ho voluto impostare la storia.
Grazie mille per essere arrivati fino a questo punto.
 
Bess
   
 
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