Anime & Manga > Inuyasha
Ricorda la storia  |      
Autore: Napee    15/10/2019    5 recensioni
Questa os è stata scritta per il WritOber indetto da Fanwriter.it
***
Tratto dalla storia:
“Sei un principe demone però…” la realtà irruppe dalle sue labbra come una scure nera sulla testa di un condannato.
L’idillio fu stracciato, ma il demone non voleva che terminasse. Non in quel momento. Non adesso. Non ancora…
“Non ho nessun ruolo adesso con te.” Le rispose tornando a baciarla piano, delicato, lasciandole tutto il tempo di cui avesse bisogno nel caso in cui non le andasse bene.
La sentì allontanarsi da lui e premergli le mani sulle guance per arrestare l’impeto di quel bacio che si faceva via via sempre più intenso.
“Siamo solo Rin e Sesshomaru?” Lo chiese con un filo di voce, umettandosi le labbra e mordicchiandosele per il nervosismo di quel momento.
Forse percepiva anche lei quello che sarebbe accaduto di lì a poco. Forse no.
Sesshomaru annuì una volta sola.
“Saremo sempre solo noi.” Furono le sue ultime parole prima che le loro labbra si ricongiungessero.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'WritOber2019'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
•   Into the woods 




Non sapeva perché l’avesse seguita. Non si domandava mai il motivo dietro le sue azioni, Sesshomaru agiva e basta.
Era istinto il suo, solo istinto che guidava ogni suo movimento all’interno di quel bosco scuro.
Avrebbe dovuto fregarsene di lei, avrebbe dovuto lasciar stare da mesi quella ragazza umana del villaggio che sembrava aver catturato la sua attenzione.
Invece no, come ogni giorno dal loro primo incontro -quando l’aveva seguita per divorarla, ma poi l’aveva lasciata andare per chissà quale motivo- le era dietro sorvegliandola come un cagnolino fedele.
E quella condizione di forzata sottomissione gli bruciava sulla pelle come mille carboni ardenti. L’idea di non riuscire a separarsi da una schifosa umana per il timore che potesse ferirsi era snervante.
Che poi, non sempre la seguiva per quello. C’era anche una sorta di interesse che lo attraeva.
Un qualcosa di lei, dei suoi sorrisi o del suo carattere sempre così felice, lo incuriosiva e lo attirava.
Gli faceva pensare che forse un giorno avrebbe sorriso anche a lui in quel modo. Che forse, continuando a guardarla da lontano, avrebbe condiviso con lei segretamente dei momenti che sarebbero stati soltanto loro.
Come quella volta nella radura di giunchiglie, quando aveva iniziato ad intrecciare gli steli dei fiori per tutto il pomeriggio e aveva creato un sacco di coroncine profumate che poi aveva regalato ai bambini del villaggio.
Ricordava perfettamente la melodia che le sue labbra chiuse avevano intonato per passare il tempo. Ricordava anche di quella coroncina che lei aveva lasciato ai piedi dell’albero sul quale si era appostato per guardarla.
Nemmeno per un momento aveva pensato che fosse per lui.
Nemmeno per un momento aveva pensato che lei si fosse accorta della sua presenza.
Lui si muoveva nell’ombra, silenzioso e letale come il demone predatore che era.
E lei, piccola e fragile umana, aveva calamitato su di sé le attenzioni del principe dei demoni.
La seguì nel bosco finché lei stessa non si fermò in un luogo abbastanza anonimo, senza punti di riferimento di alcun tipo che potessero aiutarla.
Lui non ne aveva bisogno, conosceva quel bosco come le sue tasche.
Il muschio e le radici frastagliavano e coprivano quel terreno fertile come una coperta e senza luce camminare iniziava ad essere difficoltoso per lei.
La vide poggiarsi con la schiena contro un’arbusto e poi attendere.
Non aveva idea di che cosa stesse facendo. Nessun umano si sarebbe mai addentrato nel bosco di notte.
Quantomeno nessun umano sano di mente.
Il bosco era la dimora dei predatori e le ombre lo erano dei demoni, quindi perché quella piccola luce ai era addentrata in quel l’oscurità pericolosa volontariamente?
Sapeva già che la ragazza amasse la solitudine. Spesso la vedeva ritirarsi dal villaggio e rifuggire dagli altri della sua specie e starsene per i fatti suoi contemplando la natura.
Questo però non spiegava perché si fosse addentrata in un luogo tanto pericoloso, così lontano da casa e nel bel mezzo della notte.
“So che puoi sentirmi… anzi, so che mi segui da un po’ di tempo.” Esordì all’improvviso, rivolgendosi alla foresta, ma Sesshomaru sapeva che stava dialogando con lui.
“La vecchia miko del villaggio ha detto che mi proteggi e, anche se non ne capisco il motivo, vorrei ringraziarti.” Aggiunse poi con un sorriso timido e esitante, quasi imbarazzato. Sesshomaru la trovò bellissima in quel momento.
Si palesò ai suoi occhi mortali nella sua forma antropomorfa. Rimase distante, a diversi metri da lei e dalla sua fragile vita che avrebbe preso se solo lo avesse voluto.
Se solo avesse avuto il coraggio e la forza di porvi fine e far cessare quella malata fissazione per lei.
Appena i suoi occhi castani lo incontrarono, il suo sorriso aumentò a dismisura, divenendo quasi raggiante.
“Ciao!” Lo salutò entusiasta facendo per andargli incontro, ma il terreno frastagliato non le fu d’aiuto e perse l’equilibrio inciampando sui suoi stessi passi.
Sesshomaru scattò fulmineo e l’acciuffò al volo prima che potesse farsi male.
Non l’aveva mai toccata. Quella era la prima volta che osava tanto.
La morbidezza della pelle del suo braccio era qualcosa di magico. Sembrava seta pregiata fra le sue mani. E il profumo di lei, dei suoi capelli e della sua pelle, non era mai stato tanto intenso e delizioso.
“Oh… caspita! Grazie mille!” Lo ringraziò trillando con la sua voce cristallina.
Il demone riuscì a scorgere le guance di lei che si facevano via via più scarlatte. Il battere incessante del suo cuore divenne frenetico e assordante.
Era strano. Era una sensazione strana avere un’umana fra le braccia senza che fosse circondata dall’olezzo del sangue e della paura.
Quella ragazza era emozionata… profumava di un misto di emozioni che non gli aveva mai sentito addosso prima.
Ed erano emozioni belle, intense. Erano forti, concrete e dominanti, sovrastavano le altre senza problemi e Sesshomaru non poté non chiedersi il motivo di tante belle sensazioni in sua presenza.
Lui che avrebbe potuto ucciderla e cibarsi del suo corpo, lui che le avrebbe tolto la vita in un secondo se solo lo avesse voluto…
E forse era proprio quello il punto: lui non voleva.
Quella piccola e fragile umana che si affacciava appena alla primavera della vita, era divenuta il fulcro di ogni suo pensiero.
Il centro esatto del suo essere attorno al quale si muoveva. Ogni suo gesto, ogni cosa che faceva lo riportava sempre lì da lei perché era esattamente dove volesse stare.
E poteva negarlo a sé stesso quanto volesse, poteva mentirsi e far finta che un giorno o l’altro l’avrebbe uccisa, ma la verità era che la voleva viva.
Come in quel momento, viva e pulsante di vita fra le sue braccia.
“E-ecco io…” iniziò la piccola umana, sorridendogli impacciata.
“Vorrei sapere il tuo nome…” esalò in un respiro flebile. Le guance più arrossate che mai.
Non riusciva a sostenere il suo sguardo. Ogni volta che i suoi occhi nocciola incontravano i suoi ambra, percepiva l’odore dell’imbarazzo sporcarla.
Le prese il mento con delicatezza e la costrinse a guardarlo negli occhi. Voleva vederla bene, voleva imprimersi il suo viso nella mente, voleva ricordare tutto di lei, ogni cosa.
“Sesshomaru.” Rispose semplicemente e la vide strabuzzare gli occhi sorpresa.
“Come il principe dei demoni?” Chiese improvvisa e stavolta fu Sesshomaru quello sorpreso.
Annuì silenzioso e la vide agitarsi fra le sue braccia come se fosse stata punta da un insetto.
S’inchinò a lui umilmente, inginocchiandosi fra le radici senza pensarci due volte.
Ricevere elogi di quel tipo aveva sempre gonfiato il suo ego già smisurato. Amava scatenare quel genere di reazioni nella gente, amava che chiunque udisse il suo nome o incrociasse la sua strada gli dovesse dimostrare tutto il suo rispetto.
Era l’autorità che il suo titolo gli aveva conferito e il suo animo egocentrico andava cibandosi di quel rispetto imposto per dovere e per paura, come se non dovesse finire mai.
Ma in quel momento, nel bosco scuro con quell’umana, vederla prostrata ai suoi piedi non gli dava quel senso di onnipotenza che da sempre aveva provato.
Al contrario, si sentiva sbagliato e fuori posto, come se quell’inchino fosse la cosa più sbagliata che potesse esserci.
Allora s’inginocchiò anche lui, arrivando alla sua altezza e carezzandogli la testa delicatamente per fargli capire che poteva rialzarsi.
La ragazzina lo guardò confusa per un secondo, poi riprese a guardare in basso imbarazzata.
“Ci tenevo a ringraziarvi personalmente, vostra grazia.” Il cambio di registro lo disturbò. La rigidità che le spalle di lei avevano assunto in quel momento lo infastidì.
E quel sentore di paura e rispetto che sentiva provenire da lei e mescolarsi con il suo profumo  come un olezzo disgustoso, lo innervosì ulteriormente.
“Il tuo nome?” Chiese. Per la prima volta in vita sua aveva chiesto qualcosa e non lo aveva ordinato.
Fece caso a quel cambiamento seppur minimo, ma così importante. Quella donna umana lo cambiava. Era strana ed eccentrica, aveva attirato la sua attenzione e adesso mutava il suo carattere con la forza di una sola frase.
“Rin… mi chiamo Rin, mio signore.”
“Gli umani non riconoscono i demoni come loro sovrani.” La riprese subito con tono duro, deciso a farla smettere con quel tono che lo teneva più lontano da lei di quanto pensasse.
Presa in contropiede, si scusò abbassando la testa in un altro inchino.
Sesshomaru le tirò su il mento per l’ennesima volta e la costrinse a guardarlo negli occhi.
“Non devi inchinarti a me, Rin.”
“Ma voi siete-…”
“Solo Sesshomaru adesso.” E forse aveva usato troppe poche parole per spiegare quello che intendeva. Dopotutto la sua era una sensazione di inadeguatezza alla quale non era abituato. Tantomeno se, come in quel caso, gliel’aveva imposta involontariamente una donna umana.
Gli sorrise di nuovo, stavolta in modo più rilassato. Semplice.
Era a suo agio e il suo profumo delizioso ne era la conferma.
Era bellissima. La creatura più splendida che avesse mai visto.
“Ecco… io volevo ringraziarti per avermi protetta per tutto questo tempo, Sesshomaru.”
“Non ti stavo proteggendo.” Puntualizzò lui e Rin si sentì un po’ impacciata di nuovo.
“Allora perché mi seguivi?”
Era una bella domanda. La domanda alla quale Sesshomaru cercava di rispondersi da mesi a quella parte.
Era stupido, insensato, ma non poteva esimersi dal cercarla ogni mattino e lasciare che i suoi occhi si beassero della sua splendida figura.
Lasciò che fosse il suo istinto a parlare. Lasciò che la mano sotto al suo mento si distendesse in una dolce carezza e permise alle sue labbra di protendersi alla ricerca di quelle rosee di lei.
Fu lieve e delicato. Qualcosa di tenero e appena nato. Un bacio così breve che sembrò quasi una carezza.
Rin sorrise emozionata. Era così bella… le sue guance erano infuocate e i suoi occhi sognanti lo guardavano in un modo in cui non lo aveva mai guardato prima ma in cui segretamente sperava di essere guardato.
“Sei un principe demone però…” la realtà irruppe dalle sue labbra come una scure nera sulla testa di un condannato.
L’idillio fu stracciato, ma il demone non voleva che terminasse. Non in quel momento. Non adesso. Non ancora…
“Non ho nessun ruolo adesso con te.” Le rispose tornando a baciarla piano, delicato, lasciandole tutto il tempo di cui avesse bisogno nel caso in cui non le andasse bene.
La sentì allontanarsi da lui e premergli le mani sulle guance per arrestare l’impeto di quel bacio che si faceva via via sempre più intenso.
“Siamo solo Rin e Sesshomaru?” Lo chiese con un filo di voce, umettandosi le labbra e mordicchiandosele per il nervosismo di quel momento.
Forse percepiva anche lei quello che sarebbe accaduto di lì a poco. Forse no.
Sesshomaru annuì una volta sola.
“Saremo sempre solo noi.” Furono le sue ultime parole prima che le loro labbra si ricongiungessero.
E fu come trovare il centro esatto del suo universo, come nascere di nuovo ad ogni bacio, come sentirsi più vivo ogni minuto che passava con lei.
Lei era la sua vita, era il suo ossigeno e si stupiva se pensava a quanti secoli avesse passato in apnea.
Le tolse il kimono con delicatezza, facendola ricadere su di esso. La sovrastò subito dopo, lasciando che le manine inesperte di lei lo privassero dei suoi vestiti.
La prese con calma e delicatezza, due qualità che non sapeva nemmeno di possedere. Ma lei lo cambiava con una tale velocità che neppure riusciva ad accorgersene.
Consumarono il loro amore segreto e clandestino in quel buio bosco, dove i rami degli alberi coprirono la visione dei loro corpi uniti e dove il rumore delle foglie sovrastava quello dei loro gemiti.
Fu come scoprirsi di nuovo, scoprire una nuova parte di sé stesso che era venuta fuori solo con lei, grazie a lei.
Si abbandonarono l’uno fra le braccia dell’altra con naturalezza, come se i loro corpi fossero stati creati unicamente per stare insieme. Come due metà perfette di uno stesso intero.
E quando il piacere fu abbastanza e l’orgasmo li colse entrambi, Sesshomaru non ebbe alcun dubbio e lasciò che lei accogliesse i semi della sua discendenza.
Forse fu la scelta sbagliata, forse per il mondo crudele in cui vivevano dove umani e demoni si odiavano, non era stata la scelta più saggia.
Ma in quel fitto bosco scuro, lontano da tutti e lontani dal mondo, i loro ruoli non avevano importanza. 
Erano solo Sesshomaru e Rin. Niente di più.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Napee