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Autore: D a k o t a    16/10/2019    10 recensioni
Due volte in cui Fred c'è per Jughead quando FP non c'è e una in cui è FP ad esserci per Archie quando Fred non c’è o forse c’è più che mai / o di una volta in cui FP si chiede cosa vuol dire aver un padre e di una in cui ha la sua risposta.
[Terza classificata al "Back to school contest" di GiuniaPalma]
In loving memory of Luke Perry.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La prima volta che Jughead si chiede se è davvero così che debba essere un padre ha appena undici anni e non ha ancora perso tutti i denti da latte, ma ha già un velo malinconico ad annebbiargli gli occhi verdi. Dimentica come fino a pochi mesi prima le cose andassero bene - come suo padre non abbia mai mancato di ricordargli di mettere il giubbotto prima di uscire e di sgridarlo quando correva troppo veloce con la sua bici. Un Jughead undicenne dimentica e pensa che sarebbe meglio morire piuttosto che essere solo a festeggiare la festa del papà a scuola, con tanto di altri genitori a parlare delle loro attività, mentre suo padre è da qualche parte a smaltire l'ennesima sbronza. A volte detesta il modo in cui abbia tradito tutto, perché davvero, come ha potuto? come ha potuto barattare la sua famiglia per illusioni vane, comprate al prezzo di un liquore? Come ha potuto fare questo a lui, alla sua mamma e a Jelly Bean? E’ mentre pensa questo, mentre si sforza invano di cercare suo padre fra i volti nella stanza e vede solo versioni più anziane e improbabili dei suoi compagni di classe, che Fred si avvicina e gli dice semplicemente “Mi dispiace che tuo padre non sia potuto venire, Jughead, abbiamo avuto molto da fare ieri sera, al lavoro. Ti va di passare da noi, per pranzo?”. Jughead, mentre guarda Fred in attesa di risposta, con la sua fedele piccola ombra rossa accanto, ha undici anni ma sa già che non è vero – che suo padre non è al lavoro, che Fred sta solo mentendo per farlo sentire un po’ meno solo – ma decide che non gli importa, che va bene così; sorride grato, mentre si aggrappa a quella via d’uscita, a quella scappatoia come se fosse l’unica possibile per sopravvivere – e forse lo è davvero.

(FP ha nove anni quando scappa a casa del suo amico Fred e si sente così stupido e impotente perché suo padre ha cominciato a litigare con sua madre ed era ubriaco ed è diventato violento e lui ha cercato di fermarlo ma era più forte e -

Mentre la pioggia cade su Riverdale, la porta di Casa Andrews si apre e quando vede la sagoma di Fred comparire alle spalle del Signor Andrews, sa che non c’è bisogno che dica nulla, che è già chiaro così, che almeno quella briciola di strazio gli verrà risparmiata. Quando il Signor Andrews gli mette il ghiaccio su quell’occhio nero – può ancora sentire nelle orecchie “E’ quello che ottieni per intrometterti, ragazzo” - non piange, ma pensa che forse è questo – il gentile tocco di quelle mani ruvide, da lavoratore - a cui pensa Fred quando pronuncia la parola “papà”. Non piange. Promette solo che sarà così – che dovrà essere così – anche per il suo bambino un giorno, perché lui non picchierà mai suo figlio.)


 

La seconda volta che si chiede se è davvero così che debba essere un padre ha 15 anni, Jughead è in una stazione di polizia dove tutti lo guardano con sospetto, perché sono tempi strani, tempi infami, quelli in cui si spara a testa alta ad un ragazzo, come lui e come te. Jason non gli piaceva, non gli sarebbe mai piaciuto, ma non riesce a credere che qualcuno possa crederlo responsabile di qualcosa del genere, quando la sua unica colpa è quella di essere nato dal lato sbagliato della ferrovia. Improvvisamente ricorda il caso dei Tre di West Memphis, letto in qualcuno dei suoi libri, e non riesce proprio a credere che stia succedendo a lui. Avrebbe solo bisogno di suo padre, dov’è suo padre? Quando Betty gli dice che non riesce a rintracciarlo, che nessuno ci riesce ma che Fred e Archie stanno facendo il possibile per aiutarlo, tutto ciò che sente è una rabbia cieca e confusa, rabbia verso suo padre, che è davvero un casino e che ha rovinato tutto, e rabbia persino per Fred che è il genitore presente e responsabile che non potrà mai avere. Non importa quanto li abbia detestati entrambi in quel momento, non importa quanto abbia sofferto, quanto esce di là è proprio lui, Fred, la prima persona che vede e quando apre le braccia nella sua direzione, lui si lascia abbracciare, come se in quell’abbraccio vi fosse almeno qualcosa di ciò che gli manca, e poi si ritrae bruscamente e gli dice “Non dovrebbe essere lei a essere qui, Mr Andrews”. Fred gli rivolge uno sguardo comprensivo, mentre gli sistema il cappellino con un gesto che suo padre ha smesso di fare prima che Jug aveva effettivamente voluto che smettesse. “Non essere così duro con tuo padre, Jug. Anche i genitori fanno degli errori” gli dice e Jughead annuisce e, un po’ per riconoscenza, un po’ per senso del pudore, non ribatte puntualizzando come il suo, da un po’ di tempo a questa parte, faccia solo errori. Quando FP arriva e gli promette di esserci, Jughead non gli crede neanche un po’, ma decide comunque di fidarsi, semplicemente, perché non ha altra scelta – e tutti, in fondo, abbiamo bisogno di un posto da chiamare casa, qualsiasi cosa ciò significhi.


 


 

La terza volta Jughead non si chiede come deve comportarsi un padre, perché non è necessario. E’ orgoglioso del suo, di tutto ciò che ha fatto per la sua famiglia, per stare meglio. Lo stringe forte a sé e nel farlo, il cappello da sceriffo di FP cade per terra – l’uomo scuote la testa e non può fare a meno di pensare a quanto ironica sia la vita, a come stia seppellendo Fred mentre è vestito da sceriffo proprio dopo essere stato così vicino a spendere il resto della sua vita in una cella, consumato dalla cirrosi .

Jughead sospira, perché si rende conto che, nonostante tutti gli errori, nonostante tutte le litigate, nonostante tutto, loro sono ancora lì. Non si è mai reso conto di quanto tutto ciò fosse tutt’altro che scontato, non prima di vedere Archie piangere e sembrare così piccolo, senza nessuna idea di come avrebbe potuto percorrere le numerose strade che gli si ponevano davanti, senza suo padre a correggerlo e a dargli una spinta. FP scioglie l’abbraccio e va verso Archie e lui resta a distanza, quasi a non voler invadere un momento privato.

(FP ha diciassette anni quando Fred va da lui con gli occhi rossi e gli dice che suo padre è morto mentre lui era a divertirsi con il Midnight Club, che non ha avuto la possibilità di dirgli addio, che non ha avuto la possibilità di dirgli un’altra volta quanto gli voleva bene, che non conoscerà mai suo figlio. Deglutisce mentre gli risponde, che no, non c’era bisogno di un’altra volta, di un altro “ti voglio bene”, perché lui lo sapeva già. Deglutisce e pensa che almeno questo strazio gli sarà risparmiato – FP non saprà mai cosa vuol dire perdere un padre, perché non ne ha mai avuto uno.)

FP pensa che glielo deve, nonostante tutto, non ad Archie, ma a Fred ed è tutto istinto quando si siede accanto a quel ragazzino tremante che potrebbe essere suo figlio e che fissa una tomba, e gli stringe la mano. Non può fare a meno di pensare come, senza Fred, Riverdale sembrasse essere dimagrita di venti chili, tutto d’un colpo, come dopo una lunga carestia, mentre il giovane dai capelli rossi si guarda intorno e pensa a come in fondo nessuno capisse davvero. Non capivano cosa volesse dire essere il figlio di Fred Andrews e perderlo così. Non capivano cosa avrebbe significato non incontrare più il suo sguardo di approvazione ogni volta che suonava qualcosa. Avrei voluto dirgli addio” inizia il giovane Andrews. “Invece non credo di averlo salutato, l’ultima volta che ci siamo visti... Non ricordo neanche cosa ci siamo detti l’ultima volta che ci siamo visti”. FP lo abbraccia, mentre il ragazzino cerca di imporsi un contegno da principe di neve, e non può fare a meno di pensare a come la storia si ripeta, a come aveva dovuto consolare tanti anni prima un altro Andrews, in un tempo troppo lontano perché abbia ancora significato.

Non c’era bisogno, ragazzo. Lui lo sapeva già”.


 

E non importa, perché anche se il tempo non ci ha permesso un ultimo abbraccio, io lo sapevo.

E spero che tu riesca a sentirla, questa mia consapevolezza, questo mio orgoglio, Archie.

Anche se non urlo.

Anche se sussurro – perché la direzione è solo cambiata: prima ero per terra, adesso sono nell’aria.

Note dell'autrice 

- primo tentativo nel fandom, spinta dalla necessità di omaggiare un po' la memoria di Luke.

 


 

   
 
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