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Autore: paoletta76    16/10/2019    0 recensioni
Ecco Gubbio, il suo profilo lungo la collina. Laura chiudeva gli occhi, e si apriva la scatola dei suoi ricordi.
Indietro, indietro, fino al suo primo salire lungo quella strada fra le case, fino alla prima volta di fronte alla facciata di pietra della caserma. Poco più di due anni fa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piccole Storie'
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Massimiliano lo aspettò col cuore in gola, il giorno in cui l'avrebbero lasciato uscire dall'ospedale. Non protestò, quando i suoi genitori decisero che per lui era meglio proseguire la convalescenza a Roma. Non gli faceva neanche più nausea la chemioterapia, e davanti allo specchio si sentiva meno una schifezza, con quei capelli tagliati da naziskin. Quello che non avrebbe mai sospettato era che, passati quei sei mesi, là fuori l'avrebbe atteso un dolore più grande..
Laura era tornata al lavoro, alla scrivania, alla routine. Ed un altro inverno era volato.
- C'è posta per Barbie carabiniere! - la mattina del 16 Gennaio, il maresciallo la raggiunse con enfasi, e con un inchino le allungò una busta. Carta giallina, timbro del Comando - chissà, magari ti rimborsano la punizione.- le disse, con fare furbetto.
Lei sorrise, si affrettò ad aprirla. E dentro ci trovò qualcosa che le uccise il sorriso.
- Che c'è? Che ti hanno scritto? - il maresciallo la vide, e tornò indietro cambiando tono.
- Sono stata trasferita..- disse lei, con la voce ridotta ad un filo.
- Non è possibile, non è possibile.. ancora per quello.. hai solo lasciato un picchetto.. non hai mica ammazzato nessuno..- fece lui, demoralizzato.
- Non credo c'entri più niente, con la punizione.. è.. avvicendamento..- replicò lei, con le lacrime in gola. Qualunque fosse stato il motivo, la scelta era una sola: dire addio a Gubbio, alla sua casa, alla sua famiglia.
 
Una settimana di licenza pre-trasferimento; una settimana passata a pomeriggi interi fra la parrocchia e le scale di Piazza Grande, ad osservare da lontano i movimenti della caserma.
Doveva abituarsi, a guardare da lontano. Doveva rassegnarsi a dire addio.
Le lacrime di Patrizia, confuse con le sue, due sere prima di partire. Sdraiate sul letto, abbracciate, a raccontarsi cose buffe successe in passato, a snocciolare i ricordi più belli di quei due anni trascorsi da sorelle, tutto per non continuare a piangere. Il cuore stretto del maresciallo e di sua moglie, e poi la mattina del 23. L'ultimo giorno di una vita.
 
Non faceva troppo freddo; Laura aveva preparato le valigie, le aveva lasciate in un angolo come a non volerle ancora vedere. Poi era salita fino alla chiesa, a salutare una parte della sua famiglia. Don Matteo l'aveva abbracciata, Natalina aveva preso a piangere. Li aveva lasciati a malincuore, pensando alla prossima tappa del suo lungo addio.
La caserma era sempre là, grande e dorata al sole. C'era stata da sempre, prima di lei, e anche senza di lei sarebbe rimasta al suo posto. Lo pensò con il magone in gola, stando seduta sulla gradinata del comune. Sarebbe arrivato un altro al suo posto, presto l'avrebbero dimenticata. Un sospiro, pesante. Poi, una voce a scuoterla da quei pensieri.
- Ehi! E tu che ci fai qui? Non dovresti stare dentro? - la voce le arrivò alle spalle, le girò attorno. E davanti alla scala comparve la divisa nera del capitano Lotti.
- Signore..- lei accennò a scendere e mettersi sull'attenti, ma lui la fermò con un gesto della mano:
- No, per l'amor di Dio..
Lei sorrise, tornò a sedere con le mani intrecciate sulle ginocchia.
- Posso? - lui le si mise accanto, togliendosi il berretto. La vide incuriosita, e continuò, grattandosi i capelli - sono ricresciuti. Adesso posso tornare a rompervi le scatole.
- Ne sono felice..- fece lei, con un'ombra nel sorriso.
- Tutto bene?
- Sì..
- Hai.. che ci fai, qui fuori?
- Sono in licenza..
- Ma..
-..Questa è casa mia.- lei fece spallucce.
- Ti va lo stesso, di accompagnarmi dentro? - lui si alzò di nuovo, tendendo una mano.
Lei esitò per un attimo, poi sorrise:
- Ok..
- Dammi.- lui le raccolse una mano, se la trascinò dietro.
- Non so mica, se è tanto conveniente, che il comandante entri per mano all'ultima arrivata..
Lui sorrise, e s'indicò, come a dire: lascia fare a me.
 
- Buongiorno! - la voce del capitano fece eco al piano degli uffici, ed in un attimo la sua figura nera fu circondata da tutti.
- C'è il capitano! C'è il capitano! - le voci si rincorsero per tutte le stanze, e poi alle voci si unirono gli abbracci.
- Stasera ragazzi si festeggia! E offro io. - Massimiliano s'indicò, lanciando uno sguardo d'intesa al maresciallo che gli circondava le spalle con un braccio come avesse avuto a fianco un figlio e non un superiore.
Laura era rimasta in disparte, poco avanti alla porta. Le sue dita s'erano sciolte da quelle del capitano, aveva lasciato che prendesse il suo posto da protagonista. Si mosse solo quando, dopo essersi accorto della sua fuga, il capitano aggrottò le sopracciglia invitandola ad avvicinarsi.
- Perché sei rimasta lì? - lui l'aspettò, cercò la sua mano ma senza trovarla - va bè che sei in licenza, ma stasera devi esserci anche te, a festeggiare.
- Ok..- lei sorrise, leggera - ci vediamo stasera.
Questo lo disse indirizzata al maresciallo, e Massimiliano lo percepì come una cosa strana, almeno quanto la risposta opaca di Cecchini.
- A stasera..- disse quello.
 
Verso le sei, ecco il catering arrivare dal bar della piazza con pasticcini e spumante.
- Capitano..! - il maresciallo aprì le mani, stupito ed entusiasta di tanto ben di Dio.
- Ha visto, Cecchini? - replicò quello - gliel'ho detto, che avremmo festeggiato!
- E il suo fisico, e lo sport, e la corsa, e la canoa..?
- A quello ci pensiamo domani.
Il maresciallo sorrise: la divisa del superiore gli sembrava un po' larga, dopo tutti quei mesi di ospedale. Non sarebbe stato un peccato, recuperare un po'..
Chiamarono i ragazzi a raccolta, stapparono lo spumante. Un brindisi, due.
- Alla salute! - il maresciallo alzò il bicchiere, col suo solito modo da buffa canaglia.
- E speriamo, maresciallo.- replicò il giovane, toccando il bicchiere col suo.
Due chiacchiere, un po' di relax dal solito tran tran del lavoro. Ogni tanto, il maresciallo intercettava un'occhiata furtiva all'orologio, e gli scappava un sorriso velato di malinconia. Gli sarebbe piaciuto che quel momento non finisse mai, che la persona che il capitano aspettava con tanta trepidazione non arrivasse.
 
E invece Laura arrivò, con un ritardo studiato apposta per non essere costretta a festeggiare una giornata fra le peggiori della sua vita.
- Eccomi.- si diresse subito alla scrivania del maresciallo, cercando conforto nel vedere la cartella gialla già pronta in un angolo -..fatto?
- Manca la firma del capitano.- lui si alzò, lanciando un'occhiata sconsolata in direzione della porta a vetri - vieni; ti accompagno.
Lei gli rivolse un'occhiata interrogativa.
- La prenderà molto male.- fece Cecchini, raccogliendo la cartella e precedendola.
 
Massimiliano sentì il cuore aprirsi, alla vista della ragazza oltre le spalle del maresciallo. Si alzò di scatto, quasi avesse dovuto batterli lui, i tacchi. E si ritrovò a sorriderne. Aprì la porta, e mosse un pizzico di rimprovero alla ragazza:
- Siamo un filino in ritardo, eh? Ho dovuto tenerti da parte un po' di pasticcini, sennò quegli altri..
La sua allegria svanì, davanti allo sguardo contrito del maresciallo, a quella cartella gialla consegnata sulla scrivania.
- Che è? - disse.
- Serve la sua firma.- replicò Cecchini, vuoto. Massimiliano girò attorno alla scrivania, aprì la cartella, e trovandoci la foto di Laura insieme a quella lettera del comando si sentì andare in pezzi.
- Che.. che significa? - disse, riuscendo a leggerci solo le parole trasferimento e Liguria.
- L'hanno trasferita.- il maresciallo raccolse le parole che erano morte nella gola della ragazza.
- Ma come..? Non è.. non è possibile! Sono arrivati a tanto! - il capitano agitò quel foglio, con una gran voglia di ridurlo in striscioline.
- Non c'entra, con la punizione. Avvicendamento.
- Bella scusa! E quando-?
- E' arrivato la settimana scorsa.
- La settimana scorsa?! E non mi potevate avvertire?!
Ecco, pensò Cecchini. Ecco com'era davvero il capitano Lotti, quando andava su tutte le furie.
- Era a Roma..- osò trovare una giustificazione. Quello sbatté il foglio sulla scrivania.
- E poi..- proseguì il maresciallo - che avrebbe potuto fare?
- Niente, Cecchini.. che avrei potuto fare..- il capitano si passò una mano sulla faccia, prima di raccogliere una penna e firmare dove doveva, con cattiveria - niente..
Infilò quel foglio nella cartella, chiuse tutto e lo consegnò alla ragazza. Lei lo strinse al petto, senza riuscire ad alzare lo sguardo da terra.
- Io.. vado.- il maresciallo si eclissò, senza neanche aspettare il permesso. Lasciandoli soli.
- Se non c'è altro, signore..- mormorò Laura, come consumata dal fuoco.
Il capitano rimase per un attimo piantato ad odiare la mano con cui s'era appena pugnalato, firmando quell'addio. Scosse la testa, facendo segno di no.
- Comandi..- lei stavolta non batté i tacchi, e gli fece provare una fitta al cuore.
- Laura..- lui la richiamò quando era già sulla porta - una cosa c'è. Una sola.
- Comandi.- lei tornò due passi indietro, aspettandosi di tutto: rimproveri, una scenata, magari solo una parola triste. E invece il capitano fece l'unica cosa che mai si sarebbe aspettata: le si fece vicino, fronte a fronte. Le raccolse la nuca e le lasciò un bacio sulle labbra. Il bacio di un uomo innamorato.
Chiuse gli occhi, persa in quell'attimo di silenzio contro la sua spalla. E poi scivolò via, a raccogliere gli ultimi abbracci degli amici, a sfogare le lacrime e i singhiozzi fuori da lì.
Massimiliano rimase con le mani sulla finestra fino a quando la sua figura esile e leggera non fu un ricordo.
 
- Domattina.- la voce del maresciallo lo abbracciò alla schiena - parte domattina col treno delle otto. Passa da Chiusi, a Firenze prende il treno per Pisa e lì cambia con quello per La Spezia.
- Non me ne frega niente, Cecchini.- replicò lui, grigio - non me ne frega niente, dei treni che prende. Se n'è andata. Doveva essere oggi.. volevo che lo sapesse.. volevo che fosse mia.. e invece se n'è andata.
- Prende il treno delle otto, domattina.- il maresciallo alzò le mani, con tono di resa. Le sue parole significavano: hai ancora un'occasione.
Il capitano sembrò non percepirlo. Restava immobile, rivolto alla finestra. Per un istante, il maresciallo credette di vedergli gli occhi umidi.
  
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