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Autore: beep beep richie    16/10/2019    2 recensioni
IT [ REDDIE!AU ]
Di cosa profuma Richie Tozier? Un quesito simile, prima di quel momento, Eddie non se l’era mai posto. Se ne stava in piedi davanti allo specchio del bagno a fissare il proprio riflesso ed aveva appena finito di constatare che la camicia con le palme di Richie fosse molto, anzi tremendamente larga, cazzo. Di cosa profuma Richie Tozier? Di stupido, innanzitutto. Aprì gli occhi e si rese conto di star sorridendo, piuttosto soddisfatto, ma farlo in assenza del suo amico gli sembrò un attimo dopo un po’ sciocco. Che gusto c’era ad insultare Richie se quello non poteva sentirlo? Se lo figurò proprio: s’immaginò quello che, ridendosela, quella sua risatina del cazzo, gli diceva che insultarlo in sua assenza fosse poco producente e poi faceva un’imitazione di qualcosa che Eddie non conosceva. «Sta’ zitto, Richie!» Un. Attimo. Cavolo. «Oh, perfetto, adesso per colpa tua mi metto anche a parlare da solo!» Era peggio di un’infezione, Rich gli avrebbe fatto venire una malattia mentale e non andava bene, oh, non andava proprio bene. Se gli avesse fatto venire una malattia, sua madre ne sarebbe uscita pazza.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una bugia per mammina

 

Due anni dopo

 
DRIIIIIIIIIIIIIIIINN!!!!!
Come cazzo era possibile che la campana dell’ultima ora fosse già suonata?! Eddie non aveva ancora cancellato dal suo banco quella R scritta a matita, cazzo cazzo cazzo! Sentì il suo compagno di banco chiudere con un tonfo il libro di storia, le sedie strusciare violentemente contro il pavimento dell’aula, tutti gli studenti mettersi in piedi e le voci alzarsi, mentre lui stava cercando in fretta la gomma da cancellare per nascondere ogni prova. Cazzo, cazzo, cazzo! Nessuno deve leggere! C’era anche scritto che non si scrive sul banco, perché l’ho fatto?!  Ogni suono, ogni rumore del cazzo nella sua testa veniva amplificato perché non c’era abbastanza tempo, quella dannata eppure benedetta lettera continuava a restare lì, peggio di un segno indelebile, e nessuno, nessuno doveva vederla. Poteva essere l’iniziale di qualsiasi parola, ce n’erano molte che cominciavano per R, ma la paranoia lo portava a credere che, se qualcuno avesse letto, avrebbe capito immediatamente. Avrebbero capito perché Richie era sempre la soluzione, la sola. Era il suo migliore amico, ma chi, quale sano di mente avrebbe scritto il nome del proprio migliore amico sul banco? Gli avrebbero dato della fighettina.
Erano passate alcune ore da quando aveva lavato le mani nel bagno della scuola per l’ultima volta e il polpastrello ormai era entrato in contatto con troppi batteri, non poteva farsi una passatina sulla lingua per cancellare la scritta con la saliva. Non importava, però. Morire per quello sarebbe stato meno tragico che far sapere agli altri che gli piaceva Richie.
Nel momento in cui si passò un polpastrello sulla lingua, chiedendo scusa all’Eddie del futuro, probabilmente malato o morto, una mano si posò sulla sua spalla. SANTISSIMO GES–

«Ci s-, c-c-ci sei, E-Eddie?» domandò Bill senza far caso a cosa, sul banco, il suo amico stesse coprendo non con un dito, ma con ben due mani intere. Le gambe di Eddie tremavano più di quanto facessero le pupille, ma era sicuro che non si notasse restando seduto. Il problema era che si doveva alzare.

«Sì, sto... Arrivo!»

Bill attese un solo istante e cominciò ad avviarsi quando vide Eddie tirarsi su. Per fortuna! Quest’ultimo si guardò attorno e quando fu sicuro che nessuno avrebbe letto del suo piccolo peccato si impegnò a sfregare per bene il polpastrello sul banco. Ti odio, Richie. Mi farai ammalare. Tirò un bel sospiro e finalmente uscì dalla classe. Nel corridoio si mischiò a qualche studente degli altri anni e presto riuscì a raggiungere i Perdenti.

«Ho una sorta di dono! Non devo far altro che ripetere nonchiedermiCarloMagno-nonchiedermiCarloMagno-nonchiedermiCarloMagno e boom, Carlo Magno scampato!» sentì dire a Richie.

«Certo, non ti ha chiesto Carlo Magno perché non ha proprio interrogato te.»

«Non c’entra niente, Stanley, mio caro! Non mi ha comunque chiesto Carlo Magno! Ripeto nel caso qualcuno non avesse sentito: ho un dono, io! Oh, eccoti, Eds! Dove eri finito? Pensavamo ti fossi chiuso in bagno a controllare di non esserti bagnato i tanga quando ti ha quasi chiamato!» Alluse all’interrogazione del Kaspbrak scampata nei primi minuti della lezione.

«S-s-solo tu lo pensavi, Richie!» commentò Bill. Dopotutto, Eddie non aveva tardato a raggiungerli poi così tanto, era solo quella Boccaccia che a quanto pare aveva dato troppa importanza alla sua assenza. Forse per noia. Forse perché era semplicemente di Richie Tozier che si trattava e doveva trovare ogni maniera di molestare il suo amico. Come avrebbe potuto pensare Eddie, invece, che quello contasse ogni secondo senza di lui? Come avrebbe potuto pensare che, se lui mancava, Richie lo sentiva? E ne soffriva?

«Mio giovane amico!» riprese Richie, rivolgendosi a Bill. «Non vorrai far credere al nostro Eds che non conti niente per noi?» Prima che Bill potesse rispondere, Richie proseguì, stavolta rivolgendosi direttamente ad Eddie.

«Perché in effetti è vero! L’unica cosa che bisognerebbe contare, qui, sono i tuoi centimetri e non parlo del tuo pisello! Sei così piccolo che potresti passare per Sue Storm senza neanche usare il suo potere!» Gli diede due pacche sulla spalla.

«Vaffanculo!»

Stan sbuffò.

«Allora si sta da me oggi?» domandò Ben.

«Io mi sa tanto che passo!» rispose Richie. «Non ho intenzione di anticiparmi un compito per la prossima settimana come voi Perdenti!»

«S-sei u-un Perdente a-a-anche tu, Richie!»

E Richie lo sapeva. Scherzava, scherzava sempre.

«Sì, Big Bill! Ma, e qui mi correggo dandoti ragione, bisogna essere più che Perdente per anticiparsi un compito così lontano, dico bene?»

«Io in realtà non sono d’accordo.» disse Ben. «Prima lo facciamo, prima ce lo togliamo. E poi è sempre meglio farlo in anticipo che in ritardo.»

«Ben – B-Ben ha-a ragione!»

«Come volete, Perdenti! Vorrà dire che io e Eds ci ridurremo all’ultimo! Faremo un ottimo lavoro di coppia, amore mio!»

Eddie spalancò gli occhi, irrigidendosi quando, chiamandolo con quel nomignolo, quello osò anche mettergli un braccio attorno al collo.

«In realtà io ci sono per studiare oggi!» ribatté.

«Sì, mia madre!» gli rispose Richie ridendo. S’azzardò a continuare a camminare con quel braccio ancora lì, cazzo. «E la sua anatomia!» concluse. Alzò la mano libera per farsi battere il cinque, ma nessuno gli diede corda.

«Andiamo, non vorrai anche tu fare il secchioncello, tesoro

Ancora?!
Per la cronaca: sì, Eddie voleva farlo eccome. Non perché avesse tutta quella voglia di studiare, a dire il vero, ma perché sarebbe stato molto più semplice fare il compito con i suoi amici questo pomeriggio piuttosto che un’altra volta da solo o, peggio, solamente con Richie. Quello lo avrebbe sicuramente distratto. Anche solo respirando.
Probabilmente lo compresero solo Stan e Bill il motivo per cui, nonostante questa volontà, Eddie scosse il capo dando ragione a Richie. O forse, in fondo, lo sapevano tutti. Era così palese.

«Ottimo!» risolse il Tozier con allegria, imitando una Voce che forse nessuno del gruppo conosceva. «Quest’oggi allora io e il mio prode cavaliere Eds ce ne andremo in giro per il nostro regno mentre voi Perdenti vi farete il culo sui libri! Ahimé, vi mancheremo come l’aria, dopotutto chiunque morirebbe senza l’adorabile presenza del nostro Eds, ma non piangete per noi!»

«AVEVI DETTO CHE NON CONTAVO NIENTE!»

«HO DETTO CHE DA CONTARE NON CI SAREBBERO NEANCHE I TUOI CENTIMETRI!»

«APPUNTO!»

«APPUNTO!»

«Mi è tornato il mal di testa.» disse Stan a Bill.

Ci vollero parecchi minuti, ma alla fine la coppia sposata uscì dalla loro crisi, i ragazzi dalla scuola e tutti salirono sulle biciclette. Pedalarono verso le loro case, chi avrebbe poi raggiunto Ben qualche ora più tardi e chi...

 
Richie bussò più volte alla porta di casa Kaspbrak, imitando un jingle dalla dubbia provenienza.

«Piselliiiiino! Vedi tu chi è alla porta?»

Sonia Kaspbrak se ne stava spaparanzata sulla poltrona del salotto e da lì aveva la perfetta visuale su suo figlio che eseguiva gli ordini ed andava a vedere chi avesse bussato. Non aprì la porta prima di chiedere chi vi fosse dietro.

«Il tuo paparino!» rispose scherzosamente Richie, perdendosi da lì fuori l’occhiata di Eddie alla quando-siamo-fuori-ti-ammazzo-lentamente-ma-anche-velocemente-va-bene. Le battute che l’amico faceva su sua madre erano già abbastanza disgustose così, ma era grave che lui gliene propinasse qualcuna anche quando c’era il rischio che proprio sua madre sentisse. Idiota!

«Idiota.» gli sussurrò aggressivamente, per l’appunto, quando gli ebbe aperto la porta. «Che ci fai qui?» chiese sempre a voce bassa. Lo sai che a mia madre non piaci!

«Come che ci faccio qui?» Richie invece non si curava di usare un tono altrettanto basso. «Ti sei già scordato del nostro appuntamento, amore mio

Eddie fece roteare gli occhi.

«Non possiamo stare qui, a mamma non piaci e crede che studio, tu faresti sicuramente un gran casino, conoscend-»

«Eddie? Chi è alla porta?» lo interruppe sua madre.

Merda. L’idea di rispondere nessuno lo allettava, ma...

«È solo Richie!» la informò lui, prendendo per un braccio l’amico e spostandolo a suo piacimento in modo che entrasse in casa e sua madre lo vedesse. E lei lo vide, perciò Richie pensò bene di alzare una mano in segno di saluto.

«Salve, signora Kappa!»

«Io e Richie andiamo a studiare a casa sua!» inventò Eddie. Qualsiasi cosa per non avere Richie e sua madre nello stesso posto! All’inizio non era così, ma più il tempo passava, più c’era qualcosa che gli faceva scattare un allarme e lo convinceva che non fosse una buona idea tenere nello stesso territorio i due. Forse era solo la paura che sua madre scoprisse quali fossero i suoi sentimenti per l’amico. Forse, invece, semplicemente chiunque avrebbe considerato saggio tenere lontano una Boccaccia come Richie da una donna su cui faceva battute anche spinte. Forse era che a sua madre non piacevano i suoi amici.
Eddie gli lasciò il braccio e fece per uscire di casa, quando sua madre, di nuovo, lo interruppe. Per un attimo pensò che gli vietasse di stare col Tozier.

«Non dimentichi qualcosa?»

Menomale! Cioè, no, cazzo, come al solito! Almeno, però, nessun divieto.
Effettivamente Eddie dimenticava lo zaino con i libri, se doveva studiare insieme all’altro, e con sé aveva soltanto il solito marsupio con l’inalatore e tutti i medicinali essenziali per la sua sopravvivenza, almeno secondo Sonia Kaspbrak. Non era però lo zaino di cui parlava lei. Eddie la raggiunse alla poltrona e le posò un bacio sulla guancia, così tornò alla porta.

«È sicura che anche questa volta non ne vuole uno da me?» riuscì a chiedere Richie prima che Eddie lo spinse fuori casa sua. Libero, poté finalmente insultarlo a voce alta.

«Non fare l’idiota, idiota!»

«Non è di certo colpa mia se tua madre è una donna timida e si vergogna di dimostrare il suo amore per me davanti a te! Sai, la verità è che vogliamo andarci piano con questa relazione e non ci sembra saggio informare tutto il mondo, per quanto sia dura portare avanti il segreto viste le sue urla di notte...»

Eddie gli rispose con uno sbuffo infastidito.

«Comunque potevamo anche restare in camera tua! In fondo oggi dovevamo girare per il nostro regno e casa tua è il mio regno, mia principessa!» Da prode cavaliere a principessa era un attimo.

«Neanche per sogno!» gli andò contro Eddie. «Sei troppo fastidioso, mia madre si accorgerebbe che non studiamo! In realtà, per come sei tu, se ne accorgerebbe anche se stessi zitto!»

Però era solo una scusa, Sonia non si sarebbe accorta di niente.

«Sarà!» rispose Richie stringendosi nelle spalle. «Sei fortunato che in casa mia non ci sia nessuno!» Non sarebbe stato un problema se ci fosse stato qualcuno, comunque. «Comincio a pensare che dal principio il tuo piano fosse quello di restare solo in casa con me, birbantello! Ah, queste principesse di oggi, così monelle!» Gli strizzò una guancia.

«Oh, stai zitto, Rich!»

«La mia principessina... col pisello!» sghignazzò lui, salendo sulla bici e partendo per la meta. Quando arrivarono in casa, poco dopo, si chiusero direttamente in camera sua.

«Beeeene, Piselliiiino!» esordì Richie sdraiandosi comodamente sul proprio letto, per non dire saltandoci proprio sopra. «Hai appena mentito alla tua bella mammina, questo come ti fa sentire? Affranto? Pentito? Finalmente un uomo con un pisello abbastanza lungo da far concorrenza al mio?»

«Dovresti smetterla di vantarti tanto delle tue lunghezze, dato che qui nessuno le ha mai viste!» incominciò Eddie, riuscendo magicamente a non sentirsi a disagio nel pronunciare una frase del genere, dato che, insomma, stava parlando pur sempre del sesso del ragazzo per cui aveva una cotta. Cioè. Del suo migliore amico. Anche se poi in realtà il suo migliore amico era Bill, invece Richie era su un altro livello, naturalmente superiore. «E no!» capì di dover aggiungere, gesticolando. «Non è un invito a mostrarmelo!» Anche se... Si lasciò cadere sullo stesso letto, ma seduto, lì dove trovò un po’ di spazio e per averne un po’ di più con le mani spostò le gambe del padrone di casa. «E poi hai già dimenticato che due anni fa le ho praticamente raccontato solo bugie?!» Con It...

«Complimenti!» rispose Richie, modulando la voce, mentre cercava di resistere alle braccia di Eddie che volevano spostarlo. «Abbiamo il nostro vincitore! Signore e signori, la ruota stasera è girata per Edward Kaspbrak! Eduardo, non ti starai scordando i ringraziamenti ai tuoi cari?»

Eddie capì subito che stesse imitando il presentatore di un programma famoso che faceva in tv. Non gli rispose e Richie lo prese come un invito a continuare.

«Quante balle avrai raccontato a tua madre in tutta la tua vita?»

«Troppe?» buttò lì Eddie.

«Spara un numero!»

«Tu quante gliene hai raccontate alla tua?»

«Almeno venti al giorno!»

«Allora io molte meno!» ribattè l’altro lasciando perdere le gambe dell’amico, ma afferrandogli una sola caviglia. Richie ignorò apparentemente la cosa.

«Eduardo sta forse cercando per la prima volta di perdere di proposito una sfida? La ruota ha smesso di girare?» chiese imitando nuovamente quella Voce.

Eddie tornò all’attacco, tirandogli la caviglia per prendersi più spazio sul letto. Richie lo lasciò vincere e spostò l’intero corpo su un lato perché Eddie potesse sdraiarsi. Questo non si sdraiò però, invece spostò solo un po’ il sedere verso il centro del materasso.

«Non sto perdendo, sto vincendo!»

«Non mi sembra! Credevo sapessi contare e se la matematica non è un’opinione, allora molte meno sono molto meno ed i numeri più bassi perdono!»

«Guarda che non vince chi dice più bugie a sua madre, semmai il contrario!»

«Eds, mio dolce angioletto, questo è perché tu sei un fottutissimo leccaculo!»

«Io non sono leccaculo con mia madre!» gridò, arrabbiato, il dolce angioletto.

«Hai ragione! Per carità!» gli concesse, teatrale. «Sono io che lecco il culo a tua madre e per la precisione anche... –»

«NON LO DIRE!» lo rimproverò subito Eddie, tappandosi le orecchie e colpendolo con un calcio ad una gamba. «SEI DISGUSTOSO, CHIUDI QUELLA FOGNA!»

Richie rise.

«SMETTILA DI PARLARE IN QUESTO MODO DI MIA MADRE!» continuò Eddie.

«E non sai neanche il sapore che...»

«OH CAZZO, CAZZO CAZZO CAZZO, BEEP BEEP RICHIE!» lo sgridò ancora, prima di colpirlo nuovamente.

Richie continuò a ridersela finché le acque non si calmarono. Si tolse le scarpe e coi calzini ai piedi andò a molestare una guancia dell’amico. Sempre meglio di Eddie che i calci glieli tirava pure con le scarpe, almeno!

«Qual è la cazzata più grossa che hai sparato a tua madre?» domandò all’improvviso, quasi serio.

E questa domanda del cazzo? Perché? Forse glielo chiedeva per noia. Stette al gioco, dunque. Ci pensò per qualche secondo ed alla fine si strinse nelle spalle. «No, mamma, non ho mai fatto un bel bagno nelle acque nere.»

Richie rise silenziosamente. «Non le hai mai detto una cosa simile!»

«È vero.» gli diede ragione Eddie. «Ma non le ho mai detto neanche di averlo fatto!»

«Allora nell’ultima settimana!»

Quali balle ho raccontato a mia madre nell’ultima settimana?

«“Torno a casa alle due e mezza”?»

«A che ora sei tornato?»

«Due e trentacinque!»

«Ma vaffanculo!» Richie gli mollò un calcio sulla nuca ed Eddie si grattò immediatamente il punto colpito.

«Vaffanculo tu!» Per il calcio. Si vendicò tirandogliene un altro.

«Ci vuole un’evoluzione del personaggio qui!» dichiarò Richie. «Bisogna passare al livello successivo o finirai a quarant’anni sposato con una donna uguale a tua mamma ed anche a lei non racconterai mai balle! Non grosse, almeno! O peggio!» aggiunse, ripensandoci. «Finirai sposato direttamente con tua madre!»

«Non ho capito e non so se voglio capire!» Non voleva capire, avrebbe realizzato appena dopo.

«Dobbiamo inventarci una bella balla da raccontare a tua madre così finalmente potrai dire di essere quell’uomo con un pisello abbastanza lungo da far concorrenza al mio di cui parlavamo prima!» spiegò.

«Non mi va di mentirle solo per far divertire te!»

«Quanto sei noioso, Eds!»

Questo bastò a fargli cambiare idea. Mise su un broncio e domandò: «E che tipo di bugia dovrei raccontarle?»

«Non lo so!» rispose Richie. «Sii fantasioso! Sorprendimi!»

Eddie iniziò a pensarci, ma non gli venne in mente nessuna buona idea. Non prima di Richie, sicuramente. Anche se le sue, poi, non erano affatto buone idee.

«Puoi dirle che fumi!»

«Sei pazzo?! Mi uccide prima che possa farlo il fumo!» Fu così che Richie si prese un altro calcio. «Se fumassi e lo scoprisse, non mi farebbe uscire di casa per i prossimi cinque anni, in cui starei all’ospedale a curare i miei polmoni rovinati per colpa di quelle sigarette del cavolo! E tua!»

«Te la fai con Beverly!» propose nuovamente, stavolta ridendosela sommessamente.

«Tu non riesci ad avere una buona idea che sia una

«Puoi dirle che te la fai con me!» fu l’ultima proposta di Richie.

«Certo, ammazzerebbe anche te!»

«Pensaci!» continuò a scherzare il coglione. «Io e il mio amore che ci sbaciucchiamo nel salotto della signora Kappa e facciamo anche rumori molesti! Mmmhh! Oooohhh! Uhh, sì, Eds!»

«Finiscila!» Stavolta Eddie gli tappò letteralmente la bocca con le mani e lo sovrastò col corpo reggendosi sulle proprie ginocchia. «E poi, geniaccio, se ci sbaciucchiamo davanti a lei, allora non è più una bugia che me la faccio con te, no?!»

Richie parve analizzare e prendere come esatta la frase detta dall’amico, così quando gli spostò le mani dalla propria bocca rispose: «Hai proprio ragione, Eds. Allora il tuo cervellino, anche se piccolo, funziona ancora abbastanza bene!»

Eddie sbuffò, spostando l’intero corpo e lasciandosi cadere al lato dell’amico, ora sdraiato sulla schiena, ma il volto non verso il soffitto, bensì il Tozier.

«Vuol dire che dobbiamo farcela veramente! E mentire a tua madre sostenendo che non ce la facciamo!» continuò Boccaccia.

Che scherzo di cattivo gusto per uno a cui piaci, coglione. Questo pensò il Kaspbrak, che però – sebbene nessuno l’avrebbe detto mai – non s’incupì in volto stavolta, invece sorrise.

«Forse devo evitare di dire bugie a mia madre e basta.»

Detto ciò, Eddie inclinò un po’ la testa e riuscì a poggiare la fronte contro la spalla di Richie. Da lì iniziò a trattenere il fiato per evitare di sentire il profumo di Richie Tozier e morire per colpa di quello.

«Oppure, mio piccolo angelo, potremmo...»

DRIIIIIIIIIIIIIIIINN!!!!!
Richie saltò e senza volerlo fece allontanare l’altro. Si tirò in piedi in fretta per uscire dalla camera e raggiungere l’ingresso, domandandosi, infastidito ed un po’ anche preoccupato: «E ora chi cazzo è?»
 
MA... COSA?!? POTREMMO COSA?!??!?!?!?!
  
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