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Autore: Red_Coat    16/10/2019    2 recensioni
(SEGUITO DI "IL PRIMO AMORE DI IGNIS SCIENTIA")
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Vivere o morire, queste erano le due opzioni disponibili.
Toccava ripartire da zero, tentando invano di dimenticare l'orrore e il dolore appena vissuto.
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(Dal terzo capitolo: "Alexandra riaprì gli occhi alla vita e la prima cosa che udì fu il silenzio, rotto solo dal ticchettio inesorabile dell'orologio sul comodino. (...) Era sola, esclusivamente di questo si accorse. Sola e disperata, senza più nulla al mondo.
Come avevano fatto gli dei a dimenticarsi della sua esistenza, quel giorno ad Insomnia? Forse erano davvero troppo preoccupati a difendere il loro prescelto?"
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ignis Stupeo Scientia, Iris Amicitia, Nuovo personaggio, Talcott Hester
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il meraviglioso fuoco della conoscenza'
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Paura di amare
 
 

Se hai paura di amare qualcuno
è proprio con quel qualcuno che devi stare.

- Massimo Bisotti-

 

 
Quella sera, prima di salire in camera a preparare le valigie, Alexandra volle vedere per l'ultima volta il promontorio dall'alto del vecchio faro.
Era calmo, come sempre, e il cielo scuro era una distesa d'ebano in cui sfolgoravano tutte le stelle che gli era possibile ospitare; non c'era nemmeno una nuvola, la luna stava sorgendo proprio in quel momento dietro i monti ad est, e l'unico vento che soffiava era quello salmastro proveniente dall'Oceano.
Sospirò, aggrappandosi alla balaustra di ferro.
Quanto avrebbe voluto essere in quelle stesse condizioni di pace!
Nel suo cuore invece imperversava una tempesta inarrestabile, devastante, e soffiavano gli impetuosi venti della paura e dell'insicurezza.
Ignis. Tutto ruotava attorno a lui, o quasi; le restavano circa ventiquattro ore prima di rincontrarlo, e non era pronta, non ancora.
La loro ultima notte insieme, che era stata anche la sua prima notte d'amore, continuava a tornarle sempre, costantemente in mente, e il fiato le mancava, le lacrime sgorgavano a fiumi salate come quel mare che aveva dentro. Era stata perfetta, come lui.
Aveva sempre sentito dire che la prima volta non era mai un granché, che non avrebbe dovuto aspettarsi niente di eccezionale, invece per lei lo era stato, perché sentirlo con quella voce suadente e sicura sussurrare il suo nome con dolcezza, sentire le carezze dolci del suo uomo sul suo corpo, sapersi sua ... era stato già la più bella sensazione, il più bel miracolo che avesse mai potuto chiedere per sé.
Come straziante era stato lasciarlo andare, ma sapeva ormai di averlo legato a sé, era consapevole di dover solo aspettare il suo ritorno.
Poi la guerra, l'attacco a Insomnia come un fulmine a ciel sereno, le ferite e le perdite. Lei non era più la stessa Alexandra di cui Ignis si era innamorato, almeno credeva di non esserlo più.
Il suo corpo era marchiato da ferite che faceva fatica ad accettare, Ignis l'avrebbe amata lo stesso ma era lei a non sopportare che le vedesse, che gliene chiedesse il perché, che le domande passassero anche solo involontariamente nella sua mente.
Si sarebbe preoccupato, lei avrebbe dovuto rispondergli con i ricordi che facevano ancora male. Non era pronta a raccontare quegli attimi, a rinvangare la ferita. Oppure se lui si fosse mostrato ancora una volta comprensivo e avesse evitato di chiedere, lei avrebbe comunque visto il dispiacere nei suoi occhi e di conseguenza, forse, avrebbe finito per odiare anche lui.
Non voleva che accadesse.
Ignis era quanto di più prezioso gli fosse rimasto, ma si sentiva spezzata dentro e prima di riaccoglierlo doveva ricostruirsi, ricomporre i pezzi.
Non sarebbe più stata come prima, ma almeno a lavoro finito non avrebbe rischiato di rovinare anche quel dolce ricordo.
 
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Rimase a inebriarsi della brezza marina fino a che le gambe le ressero poi quando il freddo divenne pungente rientro in ascensore, ma al momento di scegliere a che piano fermarsi le sue dita esitarono un istante sul pulsante che indicava il sottopiano.
Si corrucciò.
Era sempre stata curiosa, fin da bambina, ma durante quel periodo la sua mente era stata distratta da altro.
Oltretutto l'idea di scendere sotto a qualsiasi edificio o strada ora la agitava, tuttavia spinse lo stesso il bottone, ignorando il batticuore per tutto il tempo della discesa.
Solo quando finalmente l'ascensore toccò terra parve risvegliarsi e fece per premere tremante il pulsante per risalire un rumore la distrasse.
Era Cid, il vecchio amico di Regis nonché titolare di Hammerhead, che trafficava con gli utensili da meccanico e faceva avanti indietro dalla cassetta alla nave. In quel momento era saltato giù dal ponte e aveva brontolato una mezza flebile bestemmia.
 
-Ah, maledetta vecchiaia! Te lo ricordi, Regis? Una volta queste cose le facevo senza nemmeno accorgermene.-
 
Non si era accorto di lei, non ancora; aveva parlato da solo, rivolgendosi nostalgico al vecchio amico mancato.
Alexandra sorrise intenerita, e quella semplice presenza la indusse a restare.
Uscì fuori dalla gabbia di metallo e avanzò piano, quasi temesse di disturbare con la sua presenza. I tacchetti dei suoi scarponcini di pelle era rivestiti di gomma, quindi la aiutarono a mantenere l'anonimato fino a che non fu lei stessa a decidere di rompere il silenzio, commentando tenera.
 
-Voi mi ricordate molto mio padre, signor Sophiar.-
 
L'uomo si riscosse, e si voltò sorpreso a guardarla.
 
-E tu da quanto tempo eri lì?- esclamò sorpreso, corrucciandosi.
 
La ragazza arrossì seguitando a sorridere abbassando gli occhi.
 
-Sono appena arrivata. In realtà ho sbagliato piano, sarei dovuta fermarmi al primo.
Chiedo scusa per averla disturbata.-
 
Cid si sciolse in un sorriso bonario.
 
-Ah, non fa niente. Rimani pure se vuoi, sono sempre solo come un cane qui sotto. Un po’ di gioventù non fa male.- replicò gentile.
-Grazie.- fece lei, unendo le mani sul ventre e accennando un inchino piegando appena in avanti la schiena.
 
Si concentrò ad osservare lo yacht, passeggiando sul molo con calma.
Era un'imbarcazione piccola e dal design moderno, con forme sinuose e una prua appuntita; la carrozzeria era in lucente metallo nero, il ponte in parquet; sul retro vi erano comodi divanetti blu scuro, dentro l’abitacolo, oltre il vetro, c'era la cabina di guida.
Tutto era in perfetto stile Lucian, essenziale, comodo ed elegante.
Ebbe il potere di riportarle alla mente Insomnia e l'imponente palazzo reale, le guglie alte e sfavillanti al sole.
Sorrise confortata.
 
-Era un brav'uomo tuo padre, immagino.-
 
La voce di Cid la risvegliò dai ricordi.
 
-Mh?- fece -Oh, si.- aggiunse quindi, nostalgica -Amava molto pescare, e occuparsi di lavori di manutenzione di ogni genere. In realtà non era sua abitudine star fermo. Aveva imparato da autodidatta a riparare qualsiasi cosa, da un tubo dell'acqua ad un motore di un trattore, e quando in fattoria si rompeva qualche macchina faceva tutto da solo, non chiamava mai gli operai.-
-Mph.- sorrise il vecchio pilota -Un bel risparmio, saper fare tutto da sé.-
 
Alex tornò a guardarlo annuendo e allargando il sorriso.
 
-Quello era uno dei vantaggi che preferiva, in effetti.-
 
S'intristì.
Le mancava molto ... adesso, sperò soltanto che lui, sua madre, Monica, Christine e le bambine fossero finalmente assieme, e che stessero bene.
Cid si voltò a guardarla, allertato da quel silenzio calato all'improvviso.
 
-È morto ad Insomnia?- chiese, dopo aver valutato bene se fare o no quella domanda.
 
Jane Baker sorrise con gli occhi lucidi. Scosse il capo.
-Ci ha lasciati molto tempo prima, quando avevo diciannove anni. Un infarto, per il troppo lavoro.-
 
Sophiar annuì serio.
 
-Capisco ...- disse -È un vero peccato.- aggiunse mostrandosi solidale.
 
La ragazza sorrise, annuendo grata e guardandolo negli occhi. Si scambiarono un breve sorriso di reciproca comprensione, poi con un sospiro la ragazza concluse.
 
-Mi consola, almeno, pensare che forse adesso sono insieme. Forse è tutta un'illusione, ma è l'unico modo che ho per accettarlo.-
 
Cid sorrise triste, e si chiuse nuovamente nel silenzio.
Anche lui, quando pensava ai genitori di Cindy, a Regis e a Clarus, trovava unico conforto in quella vana promessa. Nessuno in fondo era mai tornato dall'aldilà a fargli visita.
 
\\\
 
Rimasero a parlare del più e del meno per un bel po’, mischiando ricordi melanconici ad aneddoti e pillole di conoscenza varia.
Lei gli rivelò qualche segreto di cucina, lui le spiegò qualcosa sulla riparazione di un motore, e per tutto il tempo restarono a far loro compagnia un piacevole senso di serenità, come fossero amici che dopo anni si ritrovano a parlare, e quel profumo intenso che aveva accolto Alexandra appena giunta a Capo Caem.
Tutti e due lo sentirono, ma nessuno dei due potè o forse volle veramente farci caso.
La salsedine nell'aria era così forte che esso si confuse, divenendo solo una scia flebile trasportata dal vento.
Tornarono assieme verso casa, all'ora di cena, e trovarono ad accoglierli i succulenti manicaretti di Monica e Iris. Per primo c'era una zuppa di mare, corposa e dal colore rosso intenso dovuto al succo di pomodoro nel quale era immersa. Per secondo trota al cartoccio con patate, e molte essenze come origano e timo, che gli davano un sapore e un profumo intenso di erbe.
Come dolce la cheesecake che Alexandra aveva preparato quel pomeriggio, con i frutti di bosco raccolti nei dintorni e le fragole rimaste. Il tutto innaffiato con molto vino bianco.
 
-Allora quando hai intenzione di partire?- chiese a fine pasto Cid, guardandola col suo solito cipiglio.
 
Tutti gli altri tacquero, Iris sperò che almeno avrebbe dato il tempo ai ragazzi di arrivare, ma fu disillusa.
 
-Domattina presto me ne andrò con Monica.- disse, guardando l'amica.
 
Questa annuì con sorriso, trattenendosi imbarazzata dal guardare la faccia sgomenta di Iris. Aveva cercato in tutti i modi di convincerla ad aspettare almeno qualche ora, ma non era servito a nulla. La notizia del possibile arrivo del suo futuro marito a Capo Caem sembrava averle messo le ali ai piedi e una gran voglia di evadere.
 
***
 
-Andata? Come sarebbe se n'è andata? E dove?- 
 
Noctis, seduto a terra sulla roccia sulla quale si erano accampati, con la schiena poggiata al dorso del suo chocobo bianco e una partita di Kings Knight aperta sullo schermo dello smartphone, si voltò a guardarlo preoccupato. Anche Prompto, che era volto di spalle a scattare una foto all'alba, gli rivolse la sua attenzione. Non riuscirono ad udire la risposta, ma la faccia di Gladio fu comunque molto eloquente. Il Principe e il suo migliore amico si guardarono e scossero il capo. 
 
-Pessime notizie?- ipotizzò sottovoce Prompto. 
-Forse.- Assentì Caelum. 
 
Gladio nel frattempo prese a fare su e giù, la mano libera sprofondata nei capelli. 
 
-Va bene, allora andremo noi. Sei sicura sia lì? Non sa che noi sappiamo, vero?- disse determinato, sospirando. 
 
Annuì ascoltando la risposta, poi salutò con affetto la sorella ringraziandola e chiuse la chiamata, traendo un profondo respiro nervoso. Il primo a chiedere fu Noctis. 
 
-Che succede, Gladio?- 
-È per Alex?- avanzò Prompto, illuminandosi. 
 
Amicitia annuì serio.
 
-Se n'è andata. È partita stamane da Capo Caem.- 
 
Noctis sgranò gli occhi e Prompto spalancò sorpreso la bocca. Loro erano ad appena un paio d'ore di cammino da lì, si erano avvicinati proprio per poter favorire un loro nuovo incontro, e adesso la ragazza mandava tutto all'aria. 
 
-Perché?- chiese il principe, sconvolto. 
-Dov'è andata?- gli fece eco Argentum. 
-A Galdin, le hanno offerto un lavoro al ristorante del molo.- 
 
Si fecero tutti riflessivi. 
 
-Pensi che lo abbia fatto perché ha saputo del nostro arrivo?- domandò Noctis. 
 
Amicitia scosse le spalle.
 
-Probabile. Una volta conosciuto Cid, saranno stati costretti a dirglielo.-

Caelum sospirò a sua volta. 

-Dovevamo arrivare prima ... -commentò scuotendo il capo. 
-Ma perché sta fuggendo da Ignis? Credete sia messa così male da non volersi far vedere?- domandò tristemente Prompto, preoccupato per l'amica. 
 
Se la ricordava forte e sicura, un atteggiamento del genere non era da lei. Soprattutto, dopo il modo in cui lei e Iggy si erano lasciati, pensava che rivederlo le avesse fatto piacere. Doveva davvero aver passato attimi terribili per essere indotta a una simile scelta. La ricordò spaventata il giorno dell'annuncio dell'armistizio, ricordò la sua espressione terrorizzata nel rivelargli di quella sua speciale "sensibilità" che le permetteva ogni volta di "fiutare la tragedia" prima che avvenisse. Si sentì in colpa per non esserci stato, come amico. Lei invece lo aveva confortato e incoraggiato infondendogli un po’ di autostima in più, che gli era servita tantissimo nei giorni seguenti. Non lo avrebbe mai detto, ma forse il suo ingresso negli angoni per accompagnare Noct in quel viaggio sarebbe stato molto più difficile a livello emotivo senza il ricordo di quelle parole. Gladio tornò a scuotere il capo.
 
-Non ne ho idea. So solo che il proverbio ha ragione: chi si somiglia si piglia.- replicò contrariato. 
-In merito a cosa?- 
 
La voce di Ignis alle loro spalle riscosse bruscamente tutti quanti. 
Era andato a cercare qualche ingrediente per implementare le loro scorte ed era tornato giusto in tempo per sentire le loro ultime parole. Aveva capito. Tutto. Che loro sapevano dove era Alexandra e che stavano cercando di riunirli, ma che, per qualche strano motivo, lei non voleva farsi trovare. Eppure decise di far finta di nulla con loro, continuando a fingere che non sapesse. Noctis tornò solerte a concentrarsi sullo smartphone, cercando di evitare il più possibile lo sguardo del suo consigliere. Lo stesso fece Prompto dopo averlo salutato con l'imbarazzo a imporporargli il volto.
 
-Nulla, parlavamo del più e del meno.- fu pronto a rispondere Gladio, ignorando il sorriso sornione dell'amico -Ad ogni modo dobbiamo tornare a Galdin, c'è un'ultima cosa che dobbiamo fare.- risolse. 
 
 Scientia inclinò appena il capo di lato e incrociò le braccia sul petto con aria supponente. 
 
-Mh. Che genere di missione?- fece 
-Dino.- fu la risposta sbrigativa di Noctis, che continuò a tenere la testa bassa sul cellulare -È una missione troppo importante per ignorarlo.- 
 
Gladio annuì serio guardandolo, lo stesso fece Prompto tornando a voltarsi speranzoso verso di lui. Ignis sorrise, sistemandosi le lenti sul naso. 
 
-Se è così, allora ci conviene fare il pieno se non vogliamo rimanere di nuovo a piedi.- 
 
Argentum rise. 
 
-Perfetto! Allora partiamo?- esclamò guardando Noctis, che a quel punto fu costretto a chiudere il cellulare, e alzarsi pigramente.
 
-Solo se prima di tornare a Caem ci concediamo un paio di notti in albergo.- decise -Sono stanco di dormire nel sacco a pelo.- 
-Mph, la solita principessina.- ridacchiò Amicitia, e gli altri si unirono al coro.


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Il mare era calmo come sempre, una brezza pacifica soffiava nel ristorante all'interno del molo affollato di turisti, nonostante la crisi che aveva colpito il territorio di Insomnia c'era ancora qualcuno che non voleva rinunciare ad un weekend di relax, anzi soprattutto in virtù di quel momento buio.
La maggior parte erano facoltosi visitatori provenienti Lestallum e dai territori limitrofi, qualcuno era venuto da Altissa e dopo la chiusura dei collegamenti navali aveva deciso di prolungare il proprio soggiorno lì mentre cercava di trovare un modo alternativo per tornare a casa.
C'era per questo motivo un via vai di imbarcazioni private che giungevano dalla città sull'acqua per traghettare i passeggeri, e mentre svolgeva il proprio turno di lavoro dietro al bancone circola adibito a cucina professionale, tagliando verdura e sfilettando carne ma soprattutto pesce fresco, Alexandra ascoltava attenta i racconti di questi stranieri, sorridendo mentre cercava di immaginare la magnificenza di Altissa, e pregando per la vita della Sciamana, la Principessa Lunafreya, che in un primo momento era stata data per morta, a quanto pare sembrava essere appena stata ritrovata viva e condotta al sicuro presso l'ambasciata.
Dicevano fosse bella, molto bella. Tuttavia, per ora nessuno l'aveva vista per davvero, perché data la presenza minacciosa dell'Impero, sempre a detta dei ben informati, preferiva nascondersi presso l'ambasciata e continuare a far finta che fosse morta per davvero.
Difatti erano pochi coloro che asserivano il contrario, il resto era ancora in lutto per la sua scomparsa e per la mancata celebrazione delle nozze.
Ormai, sempre a quanto risultava dai racconti, il suo vestito da sposa era diventato una reliquia che i sudditi affettuosi andavano a visionare anche più volte al giorno, lasciando baci e preghiere per lei. Aveva sentito dire che fosse il più bell'abito mai confezionato, degno della messaggera degli dei; cercava di immaginarselo con la sua fervida fantasia di scrittrice mentre lavorava, soprattutto durante le ultime ore, quando la stanchezza acutizzava i dolori e l'unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stata rifugiarsi nella camera che le avevano concesso (una stanza dell'albergo, ovviamente detraendole qualcosa dallo stipendio comunque abbastanza lauto), e dormire fino a che i suoi occhi ne avrebbero avuto voglia.
Anche quella mattina, tra un pensiero e l'altro, lo stava facendo. Erano passati in tutto già tre giorni di prova, e lei stava lottando con tutta se stessa contro il suo stesso fisico per non mollare.
Quel lavoro le piaceva davvero: cucinare in mezzo alla gente, col suono e il profumo del mare a farle compagnia, e vedere nell'immediato la reazione dei commensali quando il cameriere portava loro i piatti.
Era proprio ciò che voleva, ma come aveva previsto il fisico debilitato che si portava dietro non reggeva, spesso temeva di non farcela e doveva fare appello a tutto il suo autocontrollo per impedire che la paura la spingesse alle lacrime.
Non poteva chiedere di ridurre ulteriormente l'orario di lavoro, era già passato a quattro ore al giorno, tre pomeriggi e tre mattine e la domenica di riposo, dividendosi con un'altra ragazza con la quale aveva legato sin da subito. Ma era disperata, perché di questo passo avrebbe perso anche quella opportunità. Sospirò seguitando ad affettare a rondelle le fragole fresche per i pancakes che le erano stati richiesti da un bimbo. 
 
-Alex, se vuoi continuo io.-
 
Si riebbe. A parlare era stata la sua collega, una ragazza dai lunghi capelli biondo grano, sempre raccolti in uno chignon quando aveva a che fare con la cucina, che ora le stava davanti oltre al bancone, col suo solito sorriso affabile.
Guardò l'orologio posto di fronte a lei, sulla cassa. Erano quasi le tre, mancavano meno di un paio di minuti alla fine del suo turno di mattina. Il sospiro si trasformò in uno di sollievo.
Per fortuna cucinare le concedeva almeno di far passare il tempo senza che se ne accorgesse.
 
-Tranquilla, porto questi al mio ultimo cliente e chiudo. Grazie.- disse indicando i pancakes già pronti nel piatto, e gli altri tre che sfrigolavano in padella.
 
Coctura, questo era il suo nome, sorrise intenerita e si voltò a guardare il bambino dai capelli castani ricci e morbidi che la salutò da lontano, dal tavolo al quale era seduto coi suoi genitori, sventolando entusiasta la manina.
Era un bel bimbo, non doveva avere più di cinque anni. Alexandra si sciolse in un sorriso a sua volta, inclinando intenerita la testa e ricambiando il saluto. Poi finì di decorare il dolce con una bella spruzzata di panna e le fragole fresche appena tagliate, si pulì bene le mani sotto la fontana, e scusandosi con la collega si affrettò a recapitare il piatto, raccogliendo un abbraccio di ringraziamento speciale dal bimbo e i complimenti grati dei genitori.
 
-Li conoscevi già?- le chiese Coctura al suo ritorno, mentre prendeva il suo posto in cucina.
-No.- rispose tranquilla lei -Mi sono fermata a chiedere come fosse il pranzo e parlando è venuto fuori che il suo dolce preferito è il mio cavallo di battaglia.-
-Sei incredibile ...- fu la risposta della collega, che scosse il capo con un sorriso. Baker non rispose, limitandosi ad arrossire chinando il capo con un sorriso.
-Buon lavoro.- la salutò cordiale -A stasera.-
-Riposati!- la salutò l'altra annuendo tranquilla, per poi tornare a concentrarsi sulle comande.
 
Rientrata nella sua stanza, la prima cosa che fece fu togliersi gli scarponcini e tirare un sospiro di sollievo nel sentire la pianta dolorante del piede a contatto con la ceramica fresca delle mattonelle. Si sentiva distrutta, ci aveva impiegato quasi dieci minuti a raggiungere l'ascensore a causa dei dolori lancinanti che l'avevano costretta a starsene seduta a riposare qualche istante. Il collega del bar era stato gentile, le aveva portato un succo di mela (come sapeva che era il suo preferito poi, non era ancora riuscita a capirlo), le aveva procurato una sedia e si era anche fermato a parlare con lei per qualche istante, tra un cliente e l'altro. Infine l'aveva perfino accompagnata sotto braccio all'ascensore, raccomandandole di concedersi un po’ di meritato relax. Si sedette sull'orlo del letto, con ancora addosso il vestito che aveva indossato quella mattina, uno degli abiti della madre di Iris, lunga gonna nera di cotone e parte superiore composta da un corpetto color panna e maniche bombate sulle spalle e più strette sui polsi. Sciolse i capelli dalla coda nel quale li aveva legati e si lasciò cadere all'indietro sul morbido materasso, chiudendo gli occhi appesantiti. 
Non era nemmeno male quel ragazzo, forse di qualche anno più giovane ma comunque gentile. Capelli neri appena un po’ lunghi sopra le orecchie, un viso da bello e ribelle e profondi occhi azzurri. Sorrise, ma in realtà non seppe nemmeno di farlo. 
"Basta ..." Fu il suo unico, ultimo pensiero prima di addormentarsi di sasso. Fu svegliata di soprassalto da tre colpi alla porta, dopo essere stata immersa in un mondo in cui i ricordi si mescolavano a immagini fasulle e stralci di realtà.
La voce di Yvette, un'altra delle sue colleghe, la richiamò del tutto al mondo reale. 
 
-Jane, sei sveglia?- le chiese.
 
Riuscì solo a mugugnare un sì a mezza bocca, in un tono talmente impastato da risultare solo preoccupante. 
 
-Stai bene?- fu la successiva, prevedibile domanda. 
 
Un altro sospiro, stavolta impaziente. 
 
-Si, tranquilla.- replicò dopo essersi schiarita la voce, alzandosi poi svogliatamente e allungando le braccia verso il soffitto, stiracchiandosi un po’ -Dovevi dirmi qualcosa?- 
-Si, volevo sapere cosa vuoi da mangiare stasera.- le ricordò sorridendo. 
 
 Come di consueto, alla fine del turno serale tutte le colleghe si riunivano a cenare insieme, di solito in un tavolo prenotato in anticipo. Il problema era che la cuoca dell'ultimo turno doveva cucinare per tutte, perciò di solito questa prima di iniziare a lavorare passava a prendere le ordinazioni, o faceva in modo di averle già con sé. 
Questo accadeva verso il tramonto, perciò nel sentire quella domanda la giovane Baker fu alquanto sorpresa e d'istinto guardò fuori dalla finestra della camera, scoprendo il cielo illuminato di arancio pesca e i bagliori di luce solare che riflettevano sulla superfice calma dell'Oceano. Spalancò incredula la bocca e sgranò gli occhi, sprofondando le mani nei capelli. 
 
-Accidenti ...- bofonchiò, scuotendo piano il capo -Per tutti gli dei, quanto ho dormito...- 
 
Yvette bussò di nuovo, facendola sobbalzare. 
 
-Alex, io devo andare. Me lo fai sapere tramite Coctura?- le chiese, tutto sommato paziente. 
-Mh, mh. Si, tranquilla. Scusami.- le disse lei, riavendosi del tutto e strofinandosi gli occhi con le mani. 
-Nessun problema.- le sorrise l'altra -Scusami tu per averti disturbata. Buon riposo.- concluse, tornando poi sui suoi passi. 
 
Alexandra attese che il rumore dei tacchi della donna svanisse del tutto, poi si fece coraggio, si alzò e preparò tutto l'occorrente per un lungo bagno. 
Erano solo le sei, aveva ancora tempo. Scelse un vestito un po’ più largo e morbido, uno smanicato di cotone al quale abbinò una sciarpa dello stesso materiale color lavanda e un cardigan di lana beige chiaro per proteggersi dalla brezza più fresca della sera. 
Calzettoni morbidi che coprivano appena la caviglia e i soliti scarponcini come calzature, dato che erano ormai gli unici a migliorare, seppur lievemente, la sua zoppia. 
Riempì la vasca di acqua calda, bagnoschiuma alla lavanda e oli essenziali tonificanti, vi si immerse e restò a guardare il cielo oltre la finestra, ascoltando lo stridio dei gabbiani e lo sciabordio delle onde in lontananza. 
Sulla mensola dello specchio la piccola sveglia che si era portata dietro da Caem ticchettava monotona e tranquilla, ogni tanto una goccia cadeva ancora dal rubinetto perdendosi dentro a tutte le altre che la circondavano. 
Pace. 
Almeno fuori da lei, finalmente c'era un po’ di pace, anche se nel suo cuore e nella sua mente la guerra sembrava non esser mai cessata.  
 
\\\ 
 
Quasi un'ora dopo, alle 18:45, raggiunse il molo per il suo solito quarto d'ora di "esplorazione dell'orizzonte".
Il mare, benché le piacesse, non era mai stato il suo elemento naturale, ma dalla sua permanenza a capo Caem aveva imparato ad ascoltarne la voce e ad amarne le mille sfumature, perciò quello era un rituale che si era imposta di non perdere.
Certo, il molo era più facile da raggiungere della scogliera, e la voce del mare di Galdin era meno prepotente di quella delle impetuose acque che aveva lasciato.
Però era comunque uno spettacolo rilassante, ricco di ricordi d'infanzia perché di solito era proprio su quel molo che, quando era ancora solo una bambina, osservava suo padre armeggiare con canne da pesca, lenze ed esche per riuscire a cogliere la preda perfetta.
In un certo senso era come averlo di nuovo lì con sé. A volte la memoria era così potente che voltandosi verso la spiaggia si aspettava quasi di trovare il resto della sua famiglia, Christine ancora solo un'adolescente e Monica intenta a giocare con lei una partita a pallavolo. 
Loro ... lo avevano visto nascere quel posto.
E adesso ... Com'erano cambiate le cose. Davvero, davvero tanto. 
Gli occhi le si riempirono di lacrime, e fu talmente assorta nei suoi ricordi che per qualche istante quasi credette ancora di star sognando, quando una voce di uomo, calda, rassicurante e fin troppo famigliare la chiamò per nome, e voltandosi vide due occhi verdi e intensi come smeraldi fissarla increduli e pieni di emozione da dietro il vetro di costose lenti da vista argentate. 
Rimase gelida sul posto, continuando a guardare quell'immagine fino a che si rese conto che no, non sarebbe svanita, perché non era un ricordo. 
Si alzò in piedi, lentamente, stringendosi sul petto il cardigan che aveva solo adagiato sulle spalle. E sforzando l'unico occhio buono che le era rimasto fissò il fantasma che le era apparso davanti, incapace di crederci.
 
-Ignis ...- 
 
Fu un sussurro tremulo, le sfuggì dalle labbra senza che se ne accorgesse, e quando lo fece sentì le gambe tremare fino a perdere solidità.
Cadde, ma fu soccorsa dal suo promesso sposo che la strinse tra le braccia sorridendole.
Era felice di rivederla? Sembrava di sì, perché allora continuava a guardare la benda che le copriva l'occhio destro?
Forse perché non poteva farne a meno. "Oh, Ignis ..."
 
-Impossibile...- Anche adesso che, preoccupato, lui la invitò a sedere insieme sulla panchina in legno alle loro spalle, prendendole le mani nelle sue, lei continuò a pensare di trovarsi in un sogno.
 
Doveva esserlo.
La vita non poteva volerle così male da restituirle la più bella delle sue speranze. Ma in un attimo, con il suo solito, misurato uso delle parole, lui le infranse anche quell'appiglio. 
 
-Alex ... sono così grato agli dei che tu sia viva!- le disse, illuminandosi. 
 
All'istante i loro occhi, così diversi adesso nella paura più che nel loro apparire, si riunirono nuovamente e da quelli di Jane Baker ruppe gli argini un fiume di lacrime che inondarono il suo volto, già pallido e provato, dando briglia a sciolta a tutto il dolore che aveva creduto e sperato di riuscire a non affrontare mai.
Soprattutto non davanti al suo sposo.
 
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Il principe e la sua scorta arrivarono il pomeriggio del giorno dopo la loro partenza, a causa di un paio di problemucci incontrati lungo il percorso.
Dieci minuto dopo lungo la strada erano incappati in un blocco imperiale che li aveva immediatamente attaccati, stancandoli non poco.
Come risultato avevano ripreso il cammino quasi due ore dopo, e lungo la strada si erano concessi qualche pausa più lunga.
A mezzogiorno avevano deciso di fermarsi a Lestallum, per rifocillarsi come si doveva, ed erano immediatamente ripartiti. 
Lungo il tragitto tuttavia la regalia aveva subito danni a causa di un nuovo attacco imperiale. Per prudenza, una volta raggiunta l'officina di Hammerhead, il gruppo aveva così deciso di fermarsi per una notte nella roulotte in affitto dell'area di servizio, sperando che nel frattempo gli imperiali avessero deciso di lasciarli in pace.
Era servito loro per riposarsi e rifocillarsi come si deve, e, anche se aveva deciso di far finta di niente, ad Ignis per prepararsi al meglio a rincontrare la sua promessa sposa.
Era nervoso, ma anche sollevato nel sapere fosse viva. E non vedeva l'ora di riabbracciarla. Il fatto che gli altri non sapessero che lui sapeva rendeva tutto più facile, perché gli permetteva di vivere tutto con più tranquillità.
Però ... Alexandra era scappata da Caem quando aveva saputo che avrebbe potuto rivederlo, e questo lo preoccupava non poco. Come mai lo aveva fatto?
Dipendeva da come erano stati costretti a lasciarsi? Era qualcosa di personale oppure solo una reazione dovuta a tutto quello che le era capitato in suo assenza?
In quel caso ... cosa le era successo di così sconvolgente da spingerla ad evitarlo?
Ormai la conosceva bene. Era emotiva ma non così fragile, ci sarebbe voluta una vera catastrofe perché scegliesse di stargli lontano, e il solo pensiero lo faceva rabbrividire impedendogli perfino di chiudere occhio, pregando per lei perché, qualsiasi cosa le fosse capitata, riuscisse a guarire.
 
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-Iggy, perché non ti togli la giacca? Fa abbastanza caldo qui.- suggerì Prompto con un sorriso emozionato, dopo esser sceso dalla vettura.
 
Lui sorrise appena. Avrebbe voluto rispondere rimanendo sul vago, ma ritenne di aver tenuto il riserbo troppo a lungo.
 
-Dici?- domandò a sua volta guardandolo.
 
Il biondo annuì.
 
-Non sapevo potessi guidare anche senza occhiali. Stai bene.- si complimentò invece Noctis, battendogli una pacca sulle spalle.
 
Scientia scosse il capo avviandosi verso il molo.
 
-Cosa sono tutti questi complimenti all'improvviso? Mi devo preoccupare?- scherzò, accettando però il consiglio di Argentum e consegnandogli la sua giacca con un avvertimento -Non me la sgualcire.-
 
Il biondo scosse deciso il capo, stringendo il capo di abbigliamento a sé come fosse un bimbo indifeso da proteggere.
 
-Piantatela di fare gli idioti!- li rimbeccò a quel punto Gladio, consegnando uno ciascuno uno scappellotto sulla nuca.
 
Prompto si lamentò massaggiandosi il collo con espressione dolorante, Noctis si ribellò lanciandogli un'occhiataccia.
 
-Hey, vacci piano mister muscolo!- 
-Oh, scusa principessina.- lo canzonò allora Amicitia, arricciando il labbro inferiore con aria falsamente dispiaciuta -Ti ho fatto tanto male?- 
 
Ignis sorrise divertito, scuotendo il capo. Nel frattempo erano già arrivati di fronte alla reception, e guardando verso il bancone del ristorante Noctis e Gladio si lanciarono uno sguardo preoccupato.
Seguendoli con la coda dell'occhio Ignis li vide guardarsi intorno preoccupati, poi a un certo punto vide Prompto slanciarsi verso il molo, con entusiasmo.
 
-Eccola!- gridò, correndo verso le scale.
 
Scientia sentì il cuore dentro al suo petto accelerare all'improvviso i battiti, e per un istante, un brevissimo istante, si sentì confuso.
Gladio lo invitò a seguirli, sorridendogli, e quando raggiunto il molo finalmente la rivide, volta di spalle, seduta sul porticciolo in legno a piedi nudi, stretta dentro ad un leggero cardigan beige che a poco serviva contro la brezza del tramonto, in un istante tutto il resto sembrò svanire di fronte a quell'immagine.
Sola, tremante, lo sguardo malinconico e stanco perso nell'orizzonte e la schiena ricurva.
La rivide come quando si erano conosciuti, fragile ma forte contro il vento che trasformatosi in uragano aveva devastato la sua vita, ancora non sapeva quanto.
Eppure, quando dopo aver fatto qualche passo e chiamato il suo nome, la vide voltarsi, capì subito che anche quella sua forza interiore, quella che nemmeno lei sapeva di avere, era stata intaccata.
La possedeva ancora, ma era troppo poca per permetterle di sopravvivere a lungo, dopo tutto quello che era accaduto.
Una benda di pelle nera le copriva l'occhio destro, i suoi movimenti erano lenti e faticosi, e una lieve zoppia era mascherata dalla lunga gonna del vestito che indossava.
Per certi versi, il suo repentino peggioramento lo colpì allo stesso modo di quello che appena qualche mese addietro aveva colpito Re Regis, compianto e ancora fin troppo limpido nella loro memoria.
Sembrava un albero piegato dalle intemperie, una vecchia quercia china sotto la forza del vento.
E lui ... 
Lui le era stato lontano, quando quella tempesta era iniziata.
Quando? Quali danni aveva già subito, oltre a quelli che già si vedevano?
Stava cercando con tutte le sue forze di darsi una risposta, anche se tutte quelle che riuscì a trovare gli piacevano una meno dell'altra, quando la vide cadere, e d'istinto, come la prima volta in cui si erano conosciuti, accorse a sorreggerla, prendendola fra le braccia e accarezzandole con una mano il viso.
Alle loro spalle, Prompto ebbe paura e fece per raggiungerli, ma un braccio di Gladio lo fermò.
 
-Lasciamoli soli, per il momento.- gli disse serio.
 
Così il biondo dovette arrendersi e limitarsi a sperare da lontano che si riprendesse.
Cosa che fece, pochi attimi dopo, riaprendo gli occhi pieni di lacrime e abbracciandolo forte, come se temesse di vederlo svanire di nuovo se lo avesse lasciato andare.
Lo strinse a sé, singhiozzando e legandogli le braccia attorno al collo, ripetendo il suo nome in un sussurro, tra i singhiozzi.
Scientia sorrise, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime, e la sorresse stringendola sopra al suo cuore, riempiendo di carezze i suoi capelli e affondando il naso tra le loro onde profumate di lavanda.
Rimasero per lunghi istanti così, senza riuscire a lasciarsi andare.
Infine lei sembrò riprendersi, e guardandolo negli occhi scosse appena il capo, e senza dir nulla lo baciò, a lungo, quasi volesse riprendersi tutto il tempo e il fiato persi a sognarlo, a volersi sincerare, una volta per tutte che fosse davvero lì con lei, e non un altro sogno intangibile.
Lo strinse ancor di più, affondando le mani nell'oro dei suoi capelli. Lui, dopo un primo momento di sorpresa, la lasciò fare, sorreggendole con una mano la nuca e avvolgendole con l'altro braccio il ventre.
 
-Okkey, forse è davvero il caso che andiamo a bere qualcosa?- decise Noctis, arrossendo appena e risalendo quasi immediatamente le scale.
-Concordo. Andiamo Prompto.- fece Gladio ad un quasi sconvolto Argentum, che ci mise qualche istante in più a riprendersi ma subito dopo, immediatamente, si coprì il viso con le mani e corse a raggiungere il resto del gruppo.
-Uff, ragazzi non sono abituato a certe scene.- disse, scrollandosi letteralmente l'imbarazzo di dosso.
-Esagerato. Quanti anni hai, dieci?- replicò con un mezzo ghigno Gladio, sedendosi ad uno degli sgabelli del bar.
-Io concordo con Prompto ...- replicò Noctis, stordito, bevendo il suo bicchiere d'acqua ad occhi quasi spalancati.
-Tu non fai testo, ti ricordo che devi sposarti. Cosa credi che farete tu e Sua Grazia una volta a letto, giocherete a carte?- 
-Gladio, smettila!- esclamò a quel punto sconvolto il principe, guardandolo esterrefatto.
 
Amicitia rise delle loro facce, trangugiando tutto d'un fiato il suo drink e poi ordinando al barista, che intanto faceva di tutto per apparire professionale e non ridersela.
 
-Prepara altri due bicchieri di questi per le due mammolette, qui. Credo sia il caso di iniziare ad introdurli alla vita adulta.-
 
(Continua ...)
   
 
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